La vittoria di Trump: alcuni commenti a temperatura ambiente

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L’attenzione si concentra sulle cause del voto e sugli effetti della presidenza Trump. Credo che non si possa giudicare la vittoria di Trump come un episodio sfortunato, determinato dalla scelta sbagliata del candidato democratico. La ritengo invece, e non sono il solo, parte di un trend nazional-populista anti-globalizzazione che sta, in forme diverse, caratterizzando la scena politica in tutto l’Occidente. A questo punto, mi sembra necessario porsi una domanda - che fare?

La vittoria di Trump ha, come prevedible, innescato un enorme interesse, con migliaia di articoli di giornali, post etc. Indubbiamente diventerà oggetto di approfonditi studi politologici che ne indagheranno le cause con raffinate analisi dell’elettorato (perchè le donne ispaniche con reddito familiare inferiore a 30000 dollari non sono andate a votare? Gli omosessuali ebrei sposati hanno votato sulla base delle scelte sessuali o della politica verso Israele? etc.). Ovviamente non ho la pretesa di partecipare a questo dibattito tecnico. Noto solo che l’idea di tagliare l’elettorato a fettine e offrire a ciascuna di esse un messaggio personalizzato non funzionò nella prima campagna di Hillary vs. Obama (yes we can) e non ha funzionato questa volta. Forse gli elettori votano in base ad una pluralità di motivi non riconducibili meccanicamente al loro status socio-economico (quando ero giovane si parlava addirittura di idee o ideologie).

Non entrerò neppure nell’arte della divinazione delle caratteristiche della presidenza Trump sulla base del primo discorso, del contratto con gli americani testè annunciato e/o di voci (forse interessate) sulle nomine. Spero solo che mantenga non più del 10% delle sue promesse elettorali, altrimenti siamo davvero nei guai.  E spero che le reazioni degli altri paesi (Europa, Cina) ad eventuali mosse azzardate, tipo l’imposizione di dazi doganali unilaterali, siano misurate. Non abbiamo certo bisogno di una guerra commerciale e di un ritorno agli anni Trenta. Mi sembra invece importante distinguere fra due interpretazioni generali di quello che sta accadendo.

Da un lato abbiamo una visione "ottimista" che vede la vittoria di Trump (e prima la Brexit) come un episodio molto sgradevole ma determinato da circostanze specifiche – in particolare la scelta di una candidata democratica secchiona, antipatica, ostaggio dell’alta finanza, donna (purtroppo può aver contato) etc. La Clinton ha vinto il voto popolare e sarebbero bastate poche migliaia di voti in più in alcuni stati chiave per farla diventare presidentessa. In questa narrazione, Trump avrebbe perso se solo i democratici avessero scelto un candidato migliore. Non ho ancora capito se ne avrebbero avuti, che per complesse alchimie politiche abbiano deciso di non presentarsi (lasciando solo Sanders, che non aveva nulla da perdere), o se invece la Clinton non avesse veramente alternative credibili. 

La tesi "pessimista" alternativa è, ovviamente, che l’elezione di Trump sia parte di un trend nazional-populista anti-globalizzazione che sta affermandosi in tutto l’Occidente. Unisce spinte protezionistiche vecchio stile, avversione cultural-razzista verso l’immigrazione e la società multiculturale, paura del futuro e nostalgia del passato, ostilità verso l’establishment accusato della crisis finanziaria etc. Il mix esatto differisce da un paese all’altro e da un elettore all’altro e conoscerlo sarebbe utile per capire cosa fare. Ma per questo, come detto, ci sono i politologi, sperando che ci riescano.

Personalmente spero che la tesi "ottimista" sia vera, ma non ne sono convinto per una ragione molto semplice. Anche se Trump avesse perso, avrebbe comunque vinto le primarie repubblicane e avrebbe ottenuto decine di milioni di voti. Inoltre la scelta del candidato non spiega la Brexit o il successo dei partiti populisti in Europa. Rischiamo molto seriamente di avere la Le Pen presidente in Francia e Di Maio presidente del consiglio in Italia (i tedeschi sembra siano molto meno affetti dal trend, giustificando la mia ammirazione per loro). Houston, abbiamo un problema.

Credo non ci sia bisogno di spendere parole in questa sede per difendere la globalizzazione e per criticare il nazional-populismo. Siamo tutti d’accordo, ma che facciamo? Cosa può fare l’élite globalizzata (ahem) per contrastare l’ondata nazional-populista? Ho letto un sacco di commenti ipocriti sulla necessità di "ascoltare", "venire incontro al disagio", "essere umili" etc. – e sopratutto una continua invocazione del "primato della politica". Ma ho letto ben poche analisi concrete su cosa dovrebbe fare la politica. Allora provo a dire la mia. Visto che sono un pessimista cronico, in una frase: non vedo una strategia vincente e neppure una strategia difensiva con possibilità di successo.

Ovviamente la globalizzazione (cum progresso tecnico, non dimentichiamocelo) ha avuto effetti differenti fra paesi ed all’interno dei paesi. Riporto un (affascinante ma discutibile, quindi ve ne offro dozzine di versioni alternative e critiche) grafico di Milanovic sulla crescita del reddito reale per ventili (5%) della popolazione mondiale dal 1988 al 2008 e 2011.

Dal 1988 al 2011 il reddito è raddoppiato o più che raddoppiato nelle fasce mediane (con reddito dal 45% al 65% della media mondiale), è aumentato del 40% per i ricchi (top 5%) ma solo del 10-15% per la fascia 80-95%  (nota tecnica: la composizione dei ventili per paesi/individui non è costante e le variazioni di un singolo gruppo possono essere  molto più ampie).  Semplificando molto, si potrebbe dire che il top 5% comprende quasi tutta l'élite globalizzata dei paesi occidentali (più i ricchi degli altri continenti) e  la fascia 80-95% il resto della popolazione dei paesi occidentali. Una parte di essa ha subito un calo del reddito, pero' il grafico suggerisce che la massa abbia avuto benefici modesti, ma positivi, dalla globalizzazione. Evidentemente, non è questa la percezione prevalente. Molti pensano che il loro reddito assoluto sia calato, moltissimi si sentono insicuri del futuro e quasi tutti ritengono profondamente ingiusto l’aumento del divario fra se stessi ed il 5% più ricco. Quasi nessuno sembra rendersi conto che non si possono avere i benefici della globalizzazione (iPhone, internet etc.) senza i relativi sacrifici (p.es. la concorrenza asiatica).

In teoria, la strategia vincente sarebbe un mix di convincimento della massa della popolazione, trasferimenti verso i veri perdenti (p.es. operai anziani senza possibilità di reimpiego) e forti investimenti in istruzione per rafforzare le competenze dei giovani ed evitare che fra vent’anni finiscano fra i perdenti. Non credo che questa strategia "socialdemocratica" possa funzionare perchè non capisco come sia possibile smontare la narrazione prevalente sulla crisi e convincere la massa che la globalizzazione ha avuto ed avrà effetti benefici. Fra le caratteristiche più negative dell'ondata anti-globalizzazione è la crescente sfiducia nei confronti degli "esperti" in genere, e degli economisti in particolare, rafforzata dallo sviluppo dei social media. Mi colpisce p.es. la partecipazione di giovani di alto livello di istruzione, che potenzialmente fanno parte del 5% che ha beneficiato e continuerà a beneficiare della globalizzazione, alle manifestazioni contro i trattati di commercio. Pensano che siano un complotto delle multinazionali. Se non si convincono loro, quante speranze ci sono per gli altri? D’altra parte convincere la massa che le sue condizioni non sono così terribili e (magari) che potrebbe fare qualche modesto sacrificio è indispensabile per poter concentrare risorse sufficienti sui veri perdenti e sull’istruzione. E’ ovvio che un trasferimento verso il 50-60% della popolazione è impossibile. Tanto per chiarire, è impossibile che un bancario allo sportello possa tornare al reddito relativo ed allo status sociale dell’era pre-internet. Al massimo si può (nei limiti del possibile, si deve) garantirgli una pensione minima per una dignitosa sopravvivenza.

Una strategia difensiva di successo implica una scelta di quale aspetto della globalizzazione da sacrificare – il commercio, il libero movimento dei capitali o l’emigrazione? Guardando da un punto di vista di pura strategia politica, è probabile che il male minore sarebbe l’introduzione di barriere all’emigrazione non qualificata. L’immigrazione è economicamente necessaria per contrastare l’invecchiamento della popolazione, ma l’effetto è di lungo periodo e comunque le restrizioni possono sempre essere abolite. Inoltre, la presenza di immigrati, magari molto abbronzati e/o abituati a pregare cinque volte al giorno verso la Mecca, suscita ostilità e reazioni anche in persone non direttamente danneggiate. Però le restrizioni all’immigrazione sono difficili da far rispettare, a meno di provvedimenti drastici e moralmente abbastanza ripugnanti. Il protezionismo è, come tutti sanno, estremamente dannoso. Rimarrebbe la restrizione ai movimenti di capitale – cioè versioni più o meno dure della Tobin tax. A parte i danni economici, sicuramente gravi (ma forse meno di quelli del protezionismo), si pone la domanda – basterebbe?

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Commenti

Ci sono 84 commenti

A stretto giro nulla risulta efficace. E tutto rimarrà inefficace se si cerca un sotterfugio. Inoltre bisogna anche chiedersi se esista veramente questo famigerato “establishment”, il quale potrebbe prendere iniziative a piacimento.

Ad esempio trovo azzeccata l'accusa di Hillary all'FBI, non tanto perché questo serva per scagionarla, quanto perché mette in discussione proprio l'interpretazione più gettonata che sostiene che lei avrebbe perso perché rappresenta l' “establishment”, mentre Trump ne sarebbe fuori. Un pezzo dell' “establishment”, dunque, sarebbe sfuggito al controllo? Ma non esiste nessun “establishment”, ovvero “establishment” è l'intera società nel senso di chiunque gestisca una sua rendita di posizione, dunque anche il clochard che prende l'elemosina in questo quartiere tenendone lontani gli altri suoi “competitori”.

Se ho una qualche ragione in questo, ripropongo un mio spunto non raccolto nel post precedente che tentava di impostare il problema non sullo scontro di interessi, e men che meno di classe, ma sul destino dell'intera società. Del resto, mi pare che il mio stesso dubbio pervada questo nuovo articolo.

Trump è completamente inesperto, Hillary direi un poco di meno. Come mai si vota per l'avventurismo? Non è un reality, si dovrebbe pensare che è in gioco il destino del mondo. O mettendola come in questo articolo: come mai la competenza viene vista di cattivo occhio?

“Fra le caratteristiche più negative dell'ondata anti-globalizzazione è la crescente sfiducia nei confronti degli "esperti" in genere, e degli economisti in particolare, rafforzata dallo sviluppo dei social media.”

Popper, prima di morire, scrisse “Cattiva maestra televisione”, e fu criticato perché si disse che era una critica d'altri tempi, ma lui intendeva riferirsi al tracollo culturale dell'era moderna. Ultimamente Oddifreddi nel suo “Dizionario della stupidità” ha riportato un giudizio analogo: l'AUDITEL misura la stupidità degli spettatori.

Ora, se tutto quanto dico ha senso credo che una strada, lunga da percorrere e non una scorciatoia, potrebbe essere quella di Socrate: migliorare i propri concittadini. E cioè puntare su una maggiore cultura del popolo, ridare fiato ad una istruzione che in tutto l'occidente è diventata un problema secondario, ma allarmante. In uno dei suoi ultimi interventi che si trova in rete Marcello De Cecco ha sostenuto un parere simile. Io lo condivido, ma attenzione, si tratta di investire, e molto. Poi, certo, nel breve periodo si può provare con la Tobin tax, o qualche altro ordigno de genere, ma il problema di fondo non lo si risolverà così.

il che ci riporta al grosso tema dell'analfabetismo funzionale. Spesso ne discutiamo relativamente all'Italia ma il fenomeno riguarda tutto l'occidente. Il mondo è diventato via via piu' complesso e la sua complessità non è più comprensibile sulla base delle conoscenze che mediamente ha la popolazione. A questo si aggiunge che alcuni "banalizzatori", o semplificatori, sanno fornire spiegazioni e soluzioni semplici e accattivanti, diventando capipopolo. 

Che il benessere assoluto sia aumentato anche per le classi medie dei paesi ricchi è fuor di dubbio anche secondo me, ma ciò che importa a molti di loro è il benessere relativo.

La classe media occidentale per un certo periodo ha tenuto in piedi la propria nazione ed il mondo stesso, adesso vede che con la globalizzazione da una parte la classe ricca va più avanti di loro (grazie alle possibilità di poter agire in un contesto internazionale), dall'altra la classe più povera, nazionale ed internazionale, recupera lo svantaggio: diventa economicamente più importante, ma anche, a livello nazionale (ma anche internazionale, almeno in europa), riceve più aiuti perché più povera.

Alla classe media occidentale sembra che le proprie risorse vadano a favorire l'arricchimento dei più ricchi e dei più poveri (il che non è vero, in realtà è la torta che si ingrandisce e loro semplicemente ricevono meno degli altri della nuova torta).

Se a questo si aggiunge anche lo sdoganamento culturale di chi prima era civilmente svantaggiato (per origine, cultura, religione, orientamente sessuale, ed in parte genere), ciò che risulta è, per molti, un rifiuto di chi controlla la società e dei loro valori egualitari.

Siamo di fronte ad una sorta di rivolta restauratrice da nobili dell'ancien regime: nel feudalesimo erano lo scheletro portante della società, ma pian piano furono soppiantati dalla corte del re da una parte, e dai borghesi arricchitisi con le arti ed il commercio dall'altra.

condivido appieno il ragionamento e le preoccupazioni, e guardando al passato direi che non c'è che da preoccuparsi per quelle che potrebbero essere le ripercussioni... la cosa certa è che senza dare strumenti a tutti per avere una maggiore comprensione del mondo che ci circonda non si andrà lontano.

 

tuttavia, penso sia estremamente difficile per un blue-collar capire che grazie al fatto che lui ha perso il lavoro in un paese occidentale a favore di un Vladimir o Lee (nomi di fantasia per personaggi ipotetici dell'europa dell'est e asia) in genere stiamo tutti molto meglio; però è altrettanto difficile spiegare agli shareholders/imprenditori/grandi investitori che pagare tasse più elevate sugli extra-redditi legati alla delocalizzazione per alzare il livello del welfare state nei paesi di origine potrebbe ridurre i rischi che il sistema economico/politico - come noi lo intendiamo - potrebbe andare in cortocircuito (ops, forse è già troppo tardi).

 

una variabile che non è stata presa in esame nell'analisi sopra è la social mobility, quello che è il vero "american dream", un evento sempre più improbabile visto le statistiche di questo indicatore e, a conti fatti, il vero motore del nostro modo di vivere occidentale: crescere, migliorare le condizioni rispetto a quelle di partenza.

 

La classe politica dovrebbe concentrarsi sulle generazioni future, mentre è più attenta ai pensionati e chi il lavoro l'ha già perso per accaparrarsi qualche voto di più oggi...

Vero. E' una componente rilevante della protesta. In teoria, il principale fattore di ascesa sociale dovrebbe essere l'istruzione, che sarebbe parte della mia 'strategia vincente'.  Sarebbe opportuno agevolare l'accesso ai figli della classe medio-bassa alle università migliori per favorirla. Purtroppo è una strategia di lungo periodo, e non c'è tempo.

del buon commento del prof. Federico, dico che anche se affronta il tema nella prospettiva opposta a quella che prediligo, ne apprezzo la compostezza e noto che giunge a conclusioni per me condivisibili.

 

Guardando da un punto di vista di pura strategia politica, è probabile che il male minore sarebbe l’introduzione di barriere all’emigrazione non qualificata.

 

E' più che probabile.
Aggiungerei l'aggettivo "regolare". Il fatto che l'immigrazione sia più/meno qualificata è significativo per gli effetti economici. Ma in chiave politica è più significativo che l'immigrazione sia regolamentata e le regole siano fatte rispettare. Il cittadino, soprattutto quello più debole, percepisce (non senza ragione) come minaccia un processo così palesemente fuori-controllo, di fronte a cui le autorità manifestano e spesso confessano la loro impotenza.
Si lavori per portare under-control il fenomeno, per quanto possibile. Ciò implica una chiarificazione e semplificazione del binario regolare, ma anche una ferma determinazione a respingere chi si serve del binario irregolare.

 

L’immigrazione è economicamente necessaria per contrastare l’invecchiamento della popolazione, ma l’effetto è di lungo periodo e comunque le restrizioni possono sempre essere abolite.

 

Questo è vero, purtroppo. Si potrebbe dire che se l'invecchiamento della popolazione (la denatalità, il trend demografico degli ultimi 30 anni in tutto l'occidente) è la madre di tutti i problemi (compresi la crisi dei migranti e la crisi economica) allora una strategia politica lungimirante sarebbe quella che tenta di capirne le ragioni, e poi di agire su di esso per invertire la rotta, con qualcosa di meglio che una ridicola campagna di spot in stile Lorenzin.
Ma questo è forse è un parlare politicamente scorretto, nella civiltà borghese occidentale del terzo millennio.

L'immigrazione irregolare è spesso il primo argomento di chi vede il proprio contesto sociale peggiorato. E' un argomento di forte impatto mediatico. Penso anche io che creare della modalità per cui il fenomeno sia percepito e diventi al 98% regolare possa aiutare moltissimo.

Parlando di Europa e di USA significa in realtà che i paesi che stanno immediatamente a sud dovrebbero essere interlocutori stabili, mentre spesso si ha a che fare con mondi in guerra (civile, fra stati, fra narcos, criminalità organizzata, etc.). Quindi oltre alle regole serve farle rispettare. Se io decido che entrano 100, ma in Messico o in Libia ci sono 3000 persone che aspettano di entrare irregolarmente non ce la farò mai. Riportare quei paesi alla normalità non dipende solo da noi e sarà sicuramente una strada lunga.

Qui c'è un altro aspetto del problema. Che ha a che fare con i trattati internazionali che sono stati un cavallo di battaglia di Trump e la cui rinegoziazione tanto spaventa. Per quanto riguarda quelli economici, la gente ne sente parlare almeno dagli anni 90. Probabilmente molti si aspettavano che i benefici avrebbero limitato l'immigrazione. Ma sappiamo che vaste aree del pianeta non ne hanno beneficiato (Africa?). Il Messico ha sicuramente accordi di libero scambio con gli USA, questi hanno beneficiato la popolazione messicana? In che misura? In quali aree del Messico? Infine dobbiamo sempre ricordarci che esistono aree geografiche in cui si sta meglio a prescindere dal reddito. Al di là del legame con la propria terra, è perfettamente logico che un giovane del pueblito messicano dell'altipiano voglia trasferirsi a San Francisco. Idem per un giovane del Sudan che aspira a vivere a Barcelona. Tanto più se questi hanno accesso a internet.

I trattati militari come la NATO, hanno, in questi ultimi anni, sicuramente posto le basi per una accusa molto comune rivolta ai politici e ai loro esperti e consiglieri. Cioè che mentono. Troppe campagne militari inutili, violente, basate su un motivazioni addirittura false (armi di distruzione di massa docet). Sembrano temi difficili, ma poi in guerra a morire per chissà quale motivo ci vanno i ragazzi reclutati nelle provincie depresse degli USA. Le famiglie saranno poco scolarizzate, ma capiscono e anche loro votano. Vogliamo parlare del bisticcio/pasticcio Siria? Dell'alleanza con i sauditi, tanto cara a Hillary? Delle sanzioni economiche alla Russia, che tanti danni economici fanno in casa nostra?

 

non credo che abbia letto con sufficiente attenzione il post. Ripeto il punto: solo una minoranza dei 'protestatari' ha perso veramente dalal globalizzazione e solo una parte di loro sono in grave sofferenza. Gli altri o hanno perso in termini relativi o non hanno perso affatto, ma razionalmente sperano di ottenere comunque qualcosa o sono irrazionalmente spaventati.  E questi 'altri' sono troppi per fare qualcosa per loro mantenendo l'architettura del sistema economico attuale. Al massimo si può (e si deve) fare qualcosa per i veri perdenti - il 5%-10% al massimo.

La retorica del 'bisogna ascoltarli', 'bisogna fare qualcosa', il 'primato della politica' è inutile.  Ci sono tre opzioni

i) qualcuno li convince che stanno tutto sommato bene e quindi il movimento si esaurisce spontaneamente. Non sono credente, non credo ai miracoli

ii) si 'cede' su qualcosa sperando che questo li soddisfi.  Ho suggerito, con un certo disagio, alcune idee alla fine del post

iii) vincono loro (e i demagoghi che pretendono di interpretarne il disagio) e si ritorna agli anni Trenta - protezionismo, niente migrazioni, niente movimenti di capitale. Tutti perdiamo, anche (gran parte dei) protestatari, che però avrebbero la grande soddisfazione di vedere ridotte le differenze sociali e di reddito con l'élite


che la prima cosa da fare sia cambiuare disco.
Insistere con questa supponente prosopopea che sa solo insultare chi non vota come piace a noi, con la sussiegosa litania dell'analfabetismo funzionale, dell'ignoranza, del populismo, del razzismo e via così, senza cercare di capirne le ragioni, serve solo a portare altra acqua al mulino della cosiddetta "antipolitica".
Facile previsione: le "sorprese" non sono finite, questo è solo l'inizio.
Dare degli stupidi (e degli razzisti, e degli analfabeti, e chi più ne ha più ne metta) a 60 milioni di cittadini americani oggi, come ieri al 51% dei cittadini britannici, o pure a un terzo dei cittadini italiani, è la più inutile e stupida delle strategie.
Ci si concentri sulle ragioni di questo voto. Si cerchi di capire quali sono le istanze prioritarie di chi lo esprime, e si cerchi di offrire delle risposte a queste esigenze, che sono reali.
Se non lo sappiamo o vogliamo fare, se la nostra risposta alla sofferenza di questi cittadini è negare che i loro problemi esistano ed insultarli, se lasciamo questa domanda senza una offerta corrispondente, arriverà qualcun altro a coprire questo vuoto politico.
Con Trump, come con gli altri imbonitori, comici, cabarettisti e puttanieri che si sono visti fin qui, c'è ancora andata bene.

L'analfabetismo funzionale è una realtà.
Oggettiva. Anche la stupidità (vedi leggi di Carlo Cipolla) ed anche il razzismo e la xenofobia. 

Naturalmente si devono capire i motivi di disagio ma se le soluzioni populiste e banalizzanti proposte dei capipopolo sono più allettanti di quanto razionalmente possiamo fare noi, rimaniamo ai piedi della scala. Il problema non è capire le ragioni del disagio (sì, qui c'è ancora da discutere e approfondire ma gli studiosi sono attrezzati per questo) ma le ragioni che portano a preferire soluzioni banali ed impraticabili a soluzioni complesse ma adatte alla realtà che si vuole cambiare. Non è solo un problema di comunicazione. È che per comprendere soluzioni complesse occorre essere attrezzati. 

A me comunque hanno insegnato che se uno sbaglia e fa una stupidata, è cosa buona e giusta farglielo notare, con tutta la delicatezza comunicativa che vogliamo ma le cose vanno dette apertamente.  Chi vota in modo stupido deve sentirselo dire. Prima o poi lo capirà comunque (e forse sarà troppo tardi) e sicuramente gli roderà ricordare che gli era pure stato fatto notare, ma sarebbe peggio adularlo o far finta di nulla. "Ma come, non me lo avevate mai detto che stavo  sbagliando!". 

PS: per quanto  riguarda la "supponente prosopopea" per ora faccio finta di niente (fair play) ma intanto segno un "+1". Visto che ci siamo faccio oggettivamente notare che l'analfabetismo funzionale in Italia riguarda il 47% come minimo (direi ben piu' di 1/3) ma a seconda di dove mettiamo l'asticella delle competenze necessarie per rispondere in modo adeguato alla realtà di oggi (non solo competenze di comprensione del linguaggio e matematiche per capire cio' che ci viene detto ma anche di "problem solving" per capire la qualità delle soluzioni in campo) si arriva al 63%. Il che è quasi i 2/3. Credo che non sia difficile trovare in rete i due principali lavori in merito. 

Articolo molto interessante e che tocca una questione molto molto importante.

Alcune considerazioni in ordine sparso:

- Credo sia in atto un cambiamento nell'economia che implica frizioni. L'innovazione tecnologica (e.g., il digitale, la sharing economy, la robotica) e il mondo globale aperta (e.g., spostamento di capitali, persone, servizi in luoghi specializzati) portano cambiamenti nelle societa': fanno avanzare societa' che erano arretrate portando piu' benessere e un'uscita dalla poverta', arricchiscono chi riesce a prendere questo treno nei paesi ricchi (il top 5%), insidiano chi tra le popolazioni occidentali e' meno elastico, vedi la classe media con professioni e saperi a medio o basso valore aggiunto

- C'e' una crisi di leadership nel mondo occidentale perche' la classe politica e la classe dirigente di molti paesi occidentali questo fenomeno non l'hanno visto arrivare e/o non l'hanno spiegato per tempo alle loro rispettive popolazioni e/o non hanno previsto policy per gestire il fenomeno anziche' subirlo

- Cosa fare a questo punto? Una prima ipotesi che ho in mente (senza averci pensato troppo, e quindi sono pronto a discutere e cambiare idea) e' di dire la verita' e cioe' che il bel mondo antico degli anni '60/'70'/'80 in cui sono cresciuti i baby boomers non c'e' piu' e che non potra' tornare perche' oggi ci sono forze che spingono il mondo in un'altra direzione. Inoltre, dire che questo e' avvenuto anche, in parte, per una mancanza di leadership e lungimiranza della classe politica e classe dirigente. Inoltre dire che serve trovare una classe dirigente che sappia esprimente leadership, cioe' comprensione del mondo reale globale, comprensione della realta' nazionale, una visione su dove si vuole collocare il paese in questo scenario globale e perche' questo posizionamento sia auspicabile e un piano per come arrivare a questo posizionamento, tenendo conto dei costi di transizione (i.e., rendendo questo cammino quanto piu' indolore e accettabile per il paese).

Questo tipo di soluzione va bene per parlare alla testa della gente. Non sono sicuro che vada bene per la pancia, pur essendo la verita'.

 

dire la verita' e cioe' che il bel mondo antico degli anni '60/'70'/'80 in cui sono cresciuti i baby boomers non c'e' piu' e che non potra' tornare perche' oggi ci sono forze che spingono il mondo in un'altra direzione.

 

 

Questa è quella che ho chiamato la strategia vincente - convincere la gente. Sarebbe splendido se fosse possibile. Ma non mi sembra possible nel mondo dei social media

La 'leadership' è una variante del 'primato della politica', altrettanto vuota.  Le classi dirigenti hanno sicuramente molte colpe, ma non credo che avere il Mahatma Gandhi o Wiston Churchill avrebbe fatto molta differenza.

 

 

 

qua e là traspare una voglia inconfessata, forse inconsapevole, di rottura. Rottura con chi vota in un certo modo, con chi soffre per le conseguenze della globalizzazione e di un'immigrazione che si presenta in forme inusitate, con chi non è colto come noi e non capisce quello che noi riteniamo di capire, magari con il suffragio universale.

Non abbiamo nulla da rimproverarci?

Questa e' una cosa che ho sentito piu' di una volta dopo la vittoria di Trump: la democrazia e' arrivata al capolinea/bisogna mettere dei limiti al suffragio universale, etc.

Io sono estremamente conservatore su questo: la liberta' di voto e' una conquista recente e ci penserei non due volte, ma duecento volte prima di decidere di limitarla non solo per il fatto di limitare il diritto di voto in se', ma anche perche' questa limitazione di liberta' potrebbe poi favorire la limitazione di altre liberta' successivamente.

L'unico caso in cui potrei considerare (ma non sono ancora completamente convinto) e' se si decide di introdurre una tassa sul reddito negativa, cioe' se si decide di dare un reddito a chi guadagna in un anno al di sotto di una certa soglia da stabilire. Ovviamente chi rientra in questa categoria dovrebbe dichiarare di accettare questo tipo di sussidio. In questo caso, si potrebbe decidere di usare il parlamento bicamerale per specializzare una sola delle due camere a votare e decidere sulla politica fiscale (che include la decisione sul reddito minimo da dare e sulla soglia di reddito sotto cui farlo scattare). Si potrebbe decidere che avrebbero diritto a votare e sarebbero eleggibili per questa camera tutti i cittadini maggiorenni che non hanno preso il sussidio.

Questo coniugherebbe il fatto di assistere i cittadini in difficolta' in maniera diretta e chiara e e di avere una politica fiscalmente responabile.

Che ne pensate?

La complessità, ha rotto le palle. E l'insicurezza. Questo soltanto guardandomi attorno, e certo non è rispetto al vostro un dintorno molto decoroso. 

che bisogna semplificare, affidandosi ad un despota illuminato e benevolente che riduca la complessità e ci liberi dall'insicurezza.

Questo non sarebbe neppure fascismo, sarebbe il ritorno all'Ancien Régime.

1. La dicotomia tra l'analisisi "pessimista" e quella "ottimista" non è convincente, in quanto le due analisi non si contraddicono logicamente.

2. Le due analisi sono entrambe vere ed è più facile ragionare partendo da un quadro sintetico in cui l'enfasi è su entrambi i processi descritti.

3. Ciò che c'è di vero nella tesi "pessimista":

- Ci sono stati cambiamenti significativi nello spazio politico e si è affermato un nuovo tipo di offerta politica, connotata in senso "post-ideologico" (rispetto alle ideologie precedenti), e caratterizzata da un'avversione per i processi di globalizzazione (o i loro effetti). La tradizionale bipartizione dello spazio politico nei sistemi bipolari (destra-sinistra, conservative-liberal, nell'accezione prevalente dei due termini a partire dagli anni '80) non è più attuale. Non voglio dire che le idee di "destra e sinistra" non abbiano più alcun senso, perché hanno sicuramente ancora senso come categorie (platoniche) del pensiero. È la loro rilevanza causale che è ridotta - spiegano e motivano meno di quanto lo facessero in passato. (Le persone possono ancora definirsi "di sinistra" o "di destra", ma, statisticamente, questo incide di meno rispetto al loro comportamento politico, rispetto a prima.)   In un sistema bipolare, un partito che si ostini a utilizzare le vecchie categorie per analizzare lo spazio politico, organizzare il consenso, e quindi definire la propria offerta politica, si ritrova in una posizione di svantaggio, se si trova a competere con a chi sa operare con categorie che colgono meglio la nuova "componente principale" della varianza politica.

- le nuove categorie polarizzanti per il quadro politico (almeno, di uno che sia inerzialmente orientato ad assumere, per ragioni istituzionali o storiche, una configurazione bipolare) sono, come l'analisi da lei offerta suggerisce, "ostilità verso la globalizzazione" vs. "apertura verso la globalizzazione". Ogni individuo può essere considerato come più o meno "vicino" a ciascuno di tali poli sulla base di ragioni oggettive (i nuovi "interessi di classe" in senso Marxista, ma diversi da quelli specificati da Marx; e.g. rispetto alla globalizzazione gli interessi di chi si vuole spostare dall'Africa all'Europa  o un professionista colto con padronanza dell'inglese sono allineati), sia sulla base di ragioni soggettive (valori morali e culturali, e.g. rispetto per il diverso e lo straniero, curiosità e amore verso la diversità). (Ovviamente ci sono relazioni di interdipendenza e mutuo rinforzo tra i due. Ad esempio, è ipotizzabile che si trasferisce in un paese straniero per lavoro o gestisce un'azienda con persone da tutto il mondo, potrebbe essere più portato a sviluppare determinati valori di apertura, e viceversa) 

4: ciò che c'è di vero nella tesi "ottimista":

- non c'è alcuna ragione storica oggettiva per cui sia inevitabile la vittoria del polo "anti-globalizzazione" [Trump, CinqueStelle, etc.] se il polo "pro-globalizzazione" è almeno altrettanto organizzato, coeso, e realista negli obiettivi politici di breve termine da perseguire. Certo, la vittoria di Trump e Brexit vanno nella stessa direzione, e questo può fare pensare alla "fine di un'era", ma in entrambi i casi le parti vittoriose hanno vinto di poco. (E.g. si consideri la vittoria del voto popolare da parte di Hillary Clinton, a prescindere da valutazioni sulla bontà del candidato.)

- questi schieramenti sono circa 50% ciascuno e ci sono alcuni potenziali "swing voters": la battaglia si vince ai margini.

Sulla base della mia analisi (solo in parte alternativa alla quella da lei esposta), la risposta politica adeguata (per un sistema istituzionalmente tendente al bipolarismo politico) dovrebbe essere:

1. riconfigurare i partiti politici in modo più coerente possibile rispetto alle nuove categorie polarizzanti dello spazio politico. Nessuno dei nuovi partiti vincenti potrà essere categorizzato come di "destra" o di "sinistra" (nel senso che coglie le associazioni di idee tradizionali con i due termini). Un partito che voglia essere elettoralmente vincente dovrà essere ottimizzato per la nuova battaglia e quindi, molto probabilmente, finirà per essere soltanto transversale rispetto a quelle vecchie. [Inciso: questo in Italia l'ha capito molto bene Casaleggio. Forse anche Renzi l'ha capito. Sicuramente non l'ha capito Bersani.]

2. riconfigurare il partito "pro-globalizzazione" "a specchio" rispetto a quello "anti-globalizzazione" (un po' come fa l'allenatore della squadra di calcio della Germania), massimizzando la complementarietà (l'offerta "alternativa") e minimizzando la sovrapposizione. Enfatizzare i tratti di unione condivisi di un partito che si possa spendere a tutti i livelli per una politica ragionevolmente pro-globalizzazione. Puntare sul "consenso di sovrapposizione" (per dirla alla Rawls) tra le diverse anime del polo "pro", mettendo in secondo piano le differenze. Nella pratica, questo si traduce nel  de-enfatizzare gli elementi di contrasto all'interno dello schieramento "pro-globalizzazione", legati alle precedenti ideologie trainanti. Ad esempio, il partito "pro-globalizzazione" non dovrà essere fortemente caratterizzato in senso socialmente libertario (per non alienare gli elettori socialmente conservatori) ma neppure in senso socialmente conservatore (per non alienare gli elettori socialmente libertari). Il posizionamento esatto, ad esempio su questioni bioetiche, dovrà essere ottimizzato per massimizzare il "collante ideologico" (o ridurre le dissonanze cognitive) con l'elettorato di riferimento. Quale sia tale posizionamento non può essere definito in modo aprioristico (=ideologia) ma empirico (=e.g. big data). 

3. alcuni elementi a mio avviso strategici nel "vendere" questa piattaforma politica:

3a. combattere le idee, non gli elettori. Occorre avere coraggio nello spiegare a testa alta i benefici della globalizzazione, anche facendo appello a quella galassia di valori che a tale idea si abbinano (apertura, libertà, diversità, etc) - questo può essere fatto a livello emotivo. A livello "razionale", smontare le soluzioni proposte dalla piattaforma "contro" mostrando che non servono a mitigare i problemi che la globalizzazione crea. Il partito deve essere allo stesso tempo post-ideologico (rispetto alla tradizionale divisione destra-sinistra) e fortemente ideologico: deve avere una chiara visione di ciò per cui si batte e deve essere coraggioso, e orgoglioso, nel difendere la propria visione della società. Il partito dovrà essere tanto più partigiano nella battaglia per gli ideali (e contro quelli opposti), tanto meno interessato e coinvolto nella denigrazione delle qualità umana di chi sostiene gli ideali opposti. 

3b. diversificare (o, come si dice oggi "personalizzare") il messaggio a seconda dell'interlocutore. Se devi vendere la globalizzazione a una persona di sinistra, devi enfatizzare la coerenza della globalizzazione con gli ideali di società aperta, di libera espressione dell'individualità, e di coesistenza pacifica delle differenze. Se la devi vendere a un imprenditore che votava a destra o liberale, insisti sui benefici economici.

3c. poiché la battaglia si vince ai margini, occorre ascoltare attentamente e capire i bisogni del potenziale "swing voter" (il "perdente nella globalizzazione"). Questo non per proporre politiche che rinnegano i propri valori di fondo, ma per elaborare "aggiustamenti ai margini" (incluso compromessi politicamente accettabili) che possano garantire la vittoria delle elezioni. Tenendo conto del trade off tra "coerenza interna della piattaforma politica" e "attrarre l'elettore al margine", occorre puntare a un margine di vittoria ragionevole (non al plebiscito) senza con questo ritrovarsi con una piattaforma politica di cui (per dirla in modo grossolano) più del 60% sia sicuramente irrealizzabile.  

 

P.S. Piccola nota personale. Mi considero socialmente liberale e ritengo che i valori di rispetto dei diritti individuali siano meglio garantiti in società aperte rispetto alla globalizzazione, rispetto a come lo possano essere  in società chiuse. Pur essendo meno sicuro, rispetto a molti di voi, dei benefici economici della globalizzazione (o meglio, pur avendo molti dubbi sulla giustizia della loro distribuzione), questo tende a determinare la mia attuale scelta di campo. 

dell'articolato commento. Tutto questo mi sembra molto ragionevole nell'ottica della strategia 'vincente' (per usare la mia terminologia) ma temo sia troppo tardi. Il partito 'pro-globalizzazione' non c'è e non mi sembra possa nascere e svilupparsi in pochi mesi. In pratica, svolge il suo ruolo un'alleanza di vecchi partiti, formale (la grande colaizione tedesca) o informale (la probabile convergenza dei socialisti sul candidato gaullista in Francia) - con tutti i problemi di immagine che questo comporta. Spero che basti, ma ho i miei dubbi. Per questo mi domandavo quale politica anti-globalizzazione sia la meno dannosa.

Un piccolo appunto. La tesi 'ottimista' si riferiva all'interpretazione della vittoria di Trump come un black swan determinato dalla scelta di Hillary Clinton come candidata democratica piuttosto che come manifestazione americana di un trend generalizzato

 

Però non sono così convinto che chi ha votato HRC sia pro globalizzazione, se l' ipotetico fronte pro global fosse così vicino al 50% e addirittura più del 50 nel caso di HRC semplicemente non dovremmo preoccuparci troppo, ovvero limitiamo i danni(esempio non cediamo su trade e capitali) e poi torniamo alla carica, ma se come penso siamo lontani dal 50% i tempi si allungano e i potenziali danni aumentano. Fermo restando che la strategia politica da lei indicata rimane ottima, è il tempo che ci manca purtroppo...

http://blogs.wsj.com/washwire/2015/06/22/support-for-free-trade-drops-amid-raging-congressional-debate-wsjnbc-poll/

Nella seconda pagina di FT Money del 12 dicembre c' è un grafico da cui risulta che i britannici over sixty non sono mai stati così bene come adesso in termini di reddito annuale disponibile mentre i giovani fra i 20-29 anni sono quelli che ci hanno rimesso di più dalla crisi. Ma, se ben mi ricordo, mentre i primi hanno votato in massa per la Brexit, i secondi erano per Stay.

il 40%-50% che vota o potrebbe votare per i nazional-populisti comprende i) persone danneggiate dalla globalizzazione in termini assoluti ii) persone danneggiate in termini relativi iii) persone non economicamente danneggiate ma comunque ostili (p.es. verso gli immigrati) o spaventate dal futuro. Il primo gruppo è relativamente ridotto e quindi può essere compensato con politiche di redistribuzione. Gli altri due sono troppo numerosi per essere sussidiati e apparentemente impermeabili alla convinzione razionale. Che si fa?

Sembra proprio strano che nessuno, né l'autore né i tanto (giustamente) quotati commentatori, hanno toccato l'argomento politica estera. A mio giudizio Trump ha vinto perchè ha agito sulle "paure" del popolo americano. Tra queste c'è in prima linea la fallimentare politica internazionale attuata da Obama. Quella stay behind che ha messo a ferro e fuoco l'intero Mediteraneo e il Medio Oriente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e sarà la prima mossa di Trump per tirar fuori gli USA da questo stupido ruolo che hanno asunto a livello internazionale. E' la fine dello "Stare dietro", sia in politica estera che, soprattutto, nella finanza e nel commercio a livello mondiale. Trump metterà di fronte alle proprie responsabilità l'EUROPA e la NATO prime fra tutte. E' possibile che un terzo del Bilancio NATO siapagato dagli USA? L'Ukraina, la sponda sud del mediterraneo, la Siria e poi l'Afghanistan, l'Irak etc, etc,. Credo proprio che sarnno i punti caldi di una bella "richiesta" di presa di responsabilità da parte dell'Europa del ruolo che da tempo viene sbandierato e che, per contro, l'Europa non ha mai voluto assumere (per mancanza di risorse????? Non lo so!)

ho provato a fare passare un po' il tuo messaggio. L'argomento tra l'altro si lega in modo indissolubile all'immigrazione nostra e ai nostri populismi. Tra l'altro sembra che obama abbia già mangiato la foglia...

Io però ho la sensazione che anche in questo caso Trump è stato un ottimo venditore di fumo, come potrà coadiuvare una politica estera decisionista o se vogliamo "interventista" mentre responsabilizza l' Europa ?A me sembra un po' un contro senso, anzi la questione della spesa per la difesa dei paesi europei era già stata toccata da Obama e va nella direzione dello stay behind, se iniziamo a far raddoppiare per esempio la spesa per  la difesa alla Germania,  scommetto che poi le decisioni le vogliono prendere anche loro, cosi come Italiani, Francesi ecc, secondo me significherebbe avere USA meno decisivi,senza contare la lentezza nel prendere decisioni degli europei, esiste anche un rischio concreto in un mondo in cui girano i Grillo,  Le Pen e gli Tsipras vicino alle zone di potere, se poi pensiamo al Giappone, se dovesse iniziare a prendere decisione autonome avremmo la seconda e la terza economia del mondo che discutono e se i fossi l' economia numero uno vorrei certamente avere voce in capitolo. Inoltre non so che effetto possano fare le dichiariazioni di forza di Trump mentre si taglia il budget per la difesa... Ho paura che le organizzazioni tipo NATO rischiano di perdere ulteriormente la propria capicità di prendere decisioni tempestive ed efficaci senza il ruolo degli USA anche dal punto di vista economico all' interno dell' organizzazione.

Scusa Giovanni, il grafico a cui ti riferisci e che sono andato a vedere dimostra chiaramente (lo dici anche tu) che la classe media e medio-bassa dei paesi occidentali è stata colpita dalla globalizzazione. Allora non si tratterebbe più di convincerli della bontà della globalizzazione bisognerebbe parlare di  prenderli proprio per il culo.  

Aggiungo che le classi medio/basse soffrono particolarmente l'immigrazione di bassa qualificazione oltre che per la competizione salariale (che citi) anche per la congestione dei servizi di welfare ed educativi. In altre parole questo tipo di immigrazione non qualificata che subiamo (o non gestiamo) sembra implicare svantaggi di primo ordine per le classi meno abbienti  che soffrono per servizi pubblici congestionati  ma solo  di secondo ordine per quelle abbienti che continuano a usare i servizi privati per salute, educazione e neanche competono per l'assistenza (case popolari, nidi, sussidi, etc. ). Di questo non vedo traccia nelle analisi. Invece, i vantaggi mi sembrano  del primo ordine per  le classi imprenditoriali e solo di secondo ordine per gli tutti gli altri (sostenibilità dei conti pensionistici? prezzi inferiori dei beni e servizi non tradeable?).  

Comunque se si sommano questi  effetti il voto populista, come viene chiamato, mi pare assumere i contorni di un voto razionale a tutti gli effetti. 

Non voglio allargarmi troppo ma mi pare che ragionamenti simili potrebbero essere estesi agli effetti del commercio internazionale ma confesso la mia ignoranza e forse ci sono studi che mostrano benefici netti per tutti i percentili.  In ogni caso, su questo punto, vorrei aggiungere una piccola chiosa. Non so se è solo un mia percezione ma avete notato che con la globalizzazione i prezzi dei prodotti di qualità e di lusso sono aumentati molto di più dell'inflazione?  E' chiaro che se fosse così  la percezione di impoverimento della classe media sarebbe amplificato. Sottilineo l'uso del condizionale perchè non ho dati ma solo percezioni. 

il mio post discuteva che fare - non se la protesta sia giustificata o meno. Non concordo del tutto con l'interpretazione del grafico - in termini assoluti si nota un piccolo aumento per tutti i percentili. Non trascurerei i vantaggi in termini di prezzi dei beni, dalle magliette ai telefonini. In ogni caso, è evidente l'impoverimento relativo nei confronti dei ricchi ed è altrettanto evidente il risentimento contro immigrati etc. indipendentemente dall'eventuale peggioramento dei servizi (probabilmente in Italia più legato ai tagli che all'arrivo degli immigrati).  Che la protesta sia giustificata per il 10-20% ed eccessiva per l'80-90% come penso io o sia giustificata per il 50% ed eccessiva per il 50% o sia giustificata per l'80% ed eccessiva per il 20% non cambia il problema.  I protestatari non si fidano degli esperti e quindi non sembrano disposti a lasciarsi convincere. Quindi o si trova un mago della retorica che non appaia come un esperto tradizionale che li convince, o bisogna fare qualcosa. Cosa? E con quali soldi? Era questa la domanda - e non ho una risposta.

 

I punti di attacco per limitare la globalizzazione sono moltissimi.

Faccio un esempio, preso tra mille:

perchè i giocattoli chi produciamo in Europa hanno giuste , rigorose restrizioni in fatto di sicurezza e quelli che importiamo dallEstremo Oriente no. ? Costando ovviamente molto di meno .

Proseguiamo. L'A. domanda "che facciamo, spariamo sui barconi?"

Non è necessario. Basta che la nostra marina militare ( ma non è stata inventata per impedire invasioni straniere?) navigando ENTRO le acque territoriali dei paesi da cui proviene l'invasione, agganci le barche (ormai diventate quasi di carta per risparmiare sui costi) e le riporti sulle spiagge di partenza. Così come succederebbe a chiunque di noi che si presentasse al confine di uno stato che esige il passaporto.

Mi perdoni l'A. ma ho la PERCEZIONE ( mi si perdoni la parola ormai diventata di moda a torto e a ragione) che lui si comporti, nell'analisi , come le studioso del calabrone il quale , secondo tutte le teorie, non dovrebbe volare.

Per attaccare la globalizzazione non è necessario invocare la scarsa sicurezza dei giocattoli cinesi e/o la mancata protezione dei lavoratori su standards occidentali (sono una forma di protezione - si chiamano NTB non tariff barriers). Basta mettere un dazio. Ma io vorrei preservare il libero commercio

Mandare la Marina nelle acque territoriali di un paese straniero senza autorizzazione è un atto di guerra. E per l'autorizzazione è necessario un accordo. Ma allora tanto vale fare un accordo per impedire le partenze, come con la Turchia

Piccolo problema: con chi si accorda in Libia, dove non c'è governo? Cosa succede se una milizia spara sulle nostre navi? Rispondiamo al fuoco, schierandoci nella guerra civile? Occupiamo un porto per far attraccare le navi italiane in sicurezza ?  Poi cosa facciamo dei migranti riportati - li buttiamo fuori nel deserto o  paghiamo le milizie per riprenderli? Occupiamo tutta la Libia?

o meglio del bombo, perchè è lui l'insetto oggetto di quella che oramai è una vecchia credenza. Sappiamo come fa a volare: turbolenza ed aerodinamica instazionaria

Siamo poi così sicuri che la classe media impoverita abbia determinato la vittoria di Trump? Non ho ancora letto analisi quantitative a sostegno di questa tesi che qui non viene messa in discussione. Opinioni, rispettabilissime senz'altro, ma pochi dati.

Sulla classe media c'è anche chi afferma che abbia fatto qualche soldo nel frattempo.

 https://www.ft.com/content/98ce14ee-99a6-11e5-95c7-d47aa298f769

I dazi, la marina, i migranti... mi sembra tutto un discorso assurdo. La sparizione di lavori e lavoratori poco skillati non era la premessa necessaria di realtà come Silicon Valley? ora sono il problema? E poi quando avremo rimesso al loro posto i cinesi e i migranti con i dazi e l'esercito il lavoro non sarà comunque completo perchè un neoluddismo si affaccia all'orizzonte e già si sentono i lamenti delle Cassandre sui robot e l'AI, le prossime minacce al benessere della classe media. Che faremo allora, impugneremo i forconi e la mazze?