In uno scambio di battute, qualche settimana fa, si parlava con Alberto Lusiani della battaglia di Lepanto, combattuta nel 1571 tra le flotte cristiana e musulmana. È stata l'occasione per andarsi a leggere e rileggere due libri sull'argomento.
Si tratta di "Imperi del mare" di Roger Crowley e "La Croce e la Mezzaluna" di Arrigo Petacco. Di taglio più giornalistico il secondo e un po' più storiografico il primo, ma entrambi di lettura assai piacevole e non troppo difficile. I fatti sono affascinanti e terribili, dato che si racconta di massacri, guerre, razzie e violenze per noi oggi inimmaginabili.
Il Mediterraneo, a partire dalla seconda metà del '500 fu il teatro di una costante pressione da parte delle flotte ottomane contro le coste e le isole cristiane. In particolare, ad essere minacciate erano le isole greche (allora per la maggior parte in mano veneziana) e le coste dell'Italia meridionale e della Spagna. I turchi, oltre che da voglia di conquista, miravano anche e soprattutto a rifornirsi di schiavi che, smerciati nei grandi mercati di Algeri, Tunisi e Istanbul erano indispensabili per consentire il commercio marittimo, dato che rappresentavano il carburante umano senza il quale le galee non erano in grado di viaggiare.
Tutti i paesi costieri del sud Italia hanno le loro storie e tradizioni di saccheggi e massacri perpetrati dai pirati saraceni e tutta la costa del Mezzogiorno è puntellata dalle torri di avvistamento che furono edificate proprio per avvertire in tempo l'avvicinarsi delle navi pirata, spesso comandate da rinnegati cristiani, magari nati in Calabria, Sicilia o Serbia. Dopo la conquista di Rodi nel 1522 e la cacciata dei suoi Cavalieri che andarono a ricostruire il loro dominio a Malta, fu una continua escalation che culminò nell'assedio di Malta del 1565 e, soprattutto, nella conquista di Cipro, strappata ai veneziani dopo un epico assedio della città di Famagosta durato un anno, con 80.000 morti tra i turchi e il terribile supplizio del comandante veneziano, Marcantonio Bragadin, torturato, scuoiato vivo ed impagliato dopo essersi arreso. A Venezia, mi dice Michele, si commenta ancora "Non scordarti di Marcantonio Bragadin!"
Le vicende di Cipro accelerarono l'alleanza cristiana: vincendo reciproci sospetti e rivalità l'impero spagnolo e Venezia aderirono alla Lega Santa promossa da Pio V, papa inquisitore e nemico delle eresie. A temere per la propria stessa sopravvivenza era Venezia, che dopo aver cercato una decennale politica di convivenza con l'impero turco, fatta di corruzione dei gran visir, doppio gioco, neutralità ostentata durante l'assedio di Malta, si ritrovava ora col rischio concreto di vedere i mori in laguna. Fu quindi in una atmosfera di fine imminente e di ultima spiaggia che fu costituita la flotta della Lega Santa, che sempre tra sospetti e timori reciproci, riuscì tuttavia a sconfiggere il turco a Lepanto.
La battaglia di Lepanto è, a suo modo, una battaglia "italiana" (termine controverso e un po' poco preciso data l'epoca storica; a breve discutiamo più a fondo la composizione delle truppe). Non nel senso politico, ovviamente, ma nel senso nazionale del termine. Sebbene la flotta fosse comandata da Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V e quindi fratellastro di Filippo II di Spagna, erano italiani i principali comandanti, dal veneziano Sebastiano Venier, al genovese Gianandrea Doria, al romano Marcantonio Colonna ed erano italiani la maggior parte delle navi e degli equipaggi, dato che la componente spagnola della flotta era in realtà composta soprattutto da galee napoletane o siciliane e solo pochi furono i vascelli esclusivamente spagnoli (qui l'ordine di battaglia).
Naturalmente Venezia, che aveva maggior interesse a fermare i turchi oltre che maggiori risorse e competenze, fornì la maggior parte delle navi, mentre le spese furono sopportate al 50% dalla Spagna, da Venezia per un terzo, dal Papa per un sesto ed il resto dagli altri "soci" di minoranza, vale dire il ducato di Savoia, Genova, i Cavalieri di Malta ed il Granducato di Toscana e naturalmente in egual misura fu ripartito poi il bottino.
Va poi ricordato, che in una battaglia navale dell'epoca, la nave col suo equipaggio rappresentava solo una parte del potenziale militare, dato che altrettanto importanti erano i fanti e gli archibugieri imbarcati che conducevano gli arrembaggi.
I veneziani erano a corto di fanti e dovettero far ricorso a 1.200 calabresi per rafforzare le proprie fila, oltre che contare sui propri rematori che per la maggior parte non erano schiavi e quindi idonei al combattimento, mentre il resto della fanteria imbarcata era composta, oltre che da tremila mercenari tedeschi, da circa novemila italiani e da altrettanti spagnoli.
In realtà molti "spagnoli" provenivano dai possedimenti italiani dell'Impero di Filippo II, tanto che a difendere la "Real", nave ammiraglia di Giovanni d'Austria, dall'abbordaggio della "Sultana", nave ammiraglia turca, furono i soldati e gli archibugieri del "tercio" di Sardegna.
Entrambi i libri consigliati raccontano la battaglia e i numerosi episodi di valore, di odio e di violenza che accaddero: dalla rivolta degli schiavi cristiani su alcune galee turche, ai quali pure era stata promessa la libertà in caso di vittoria, agli schiavi turchi sulle galee cristiane ai quali erano stati invece raddoppiati i ceppi affinché fosse chiaro che sarebbero andati a fondo con la nave in caso di sconfitta (Michele da buon economista si chiede quale dei due sistemi fosse incentive compatible), al settantacinquenne ammiraglio Venier che lanciava dardi con la sua balestra, alla galea dell'Ordine di Malta nella quale solo il comandante fu ritrovato in vita, alla testa dell'ammiraglio turco Alì Pascià issata sull'albero maestro della Real dopo la vittoria e così via.
Si trattò di una anticipazione dei massacri che le guerre future avrebbero portato: in sole quattro ore morirono più di quarantamila uomini e più di cento navi vennero distrutte. Si trattò anche di una guerra ideologica, dove l'ideologia era la religione delle rispettive flotte, con le navi cristiane che innalzavano la croce su ogni pennone mentre le navi turche erano guidate dalla bandiera verde dell'Islam issata sulla Sultana, sulla quale era stato ricamato innumerevoli volte il nome di Allah. Come disse Miguel de Cervantes, che combattè a Lepanto, venendo ferito ad una mano,
"fu la giornata più avventurosa che abbiano avuto le armi cristiane".
Dopo Lepanto la spinta turca perse vigore, senza ovviamente che la minaccia scomparisse, e ancora sino al '700 le coste meridionali d'Italia furono esposte al pericolo dei pirati saraceni, ma se il Mediterraneo non divenne un lago turco è stato "merito" di Lepanto. Ancora una volta riporto le parole di Cervantes, attraverso Don Chisciotte:
In quel giorno che riuscì per la Cristianità sì felice, essendosi disingannato il mondo dell'errore in cui stava che i turchi fossero invincibile in mare.
I libri consigliati sono una buona occasione per riscoprire un periodo storico oggi poco conosciuto. Ma forse è meglio così: considerando che si trattò effettivamente di scontro tra Islam e Cristianesimo, alla Lega (non santa, ma Nord) potrebbe venir voglia di farci un film, dopo quello su Alberto da Giussano e Barbarossa.
Dal profondo della mia ignoranza riporto qualcosa che ho appreso in un altro forum e che riporto qua scusandomi per non citare fonti. Magari chi sa' confermi.
E' vero che la maggior parte delle navi erano veneziane, e che Lepanto e' stata vinta probabilmente grazie all'introduzione delle galeazze (una innovazione tecnologica che i turchi non avevano), ma viene trascurata la composizione dell'equipaggio.
I veneziani mantenevano praticamente tutte le navi da guerra lungo la costa istriana e dalmata nei vari porti, e il loro equipaggio non era tanto composto da vicentini e veronesi, ma da schiavoni.
Insomma, la maggior parte dei protagonisti della maggior (e tecnologicamente piu' avanzata) flotta venivano dall'altra parte dell'Adriatico, percio' non so se si puo' parlare di battaglia "italiana".
Se poi questi marinai parlassero dalmata o slavo a casa loro, non lo so, ma considerare la marina veneziana come "italiana" non mi pare corretto perche' credo fosse una forza multinazionale con dentro anche tante realta' provenienti dal mondo greco.
C'è da dire però che la slavizzazione dell'istria e della dalmazia è avvenuta a partire dal 1600 per acutizzarsi durante l'impero austro-ungarico. Infatti fin al XVI secolo gli slavi in dalmazia e istria non erano esigua minoranza e tali terre erano parte della VSR già prima del mille, altro che Padova, Treviso o Verona, la marina della VSR è da considerearsi mononazionale ossia Veneta e non italiana.
Se fai un giro (ma l'hai sicuramente fatto) in Istria e dalmazia vedi tutti questi paesi, ex colonie venete, che sembrano una copia fedele (in piccolo) di venezia, la cucina è veneta, perfino la parlata è veneta.
Non c'è alcun dubbio, a parte rari casi isolati, che gli abitanti di quelle città si sentissero cittadini della Serenissima, sicuramente molto di più dei padovani, quindi, al di là di ogni successiva conquista, gli abitanti di quelle città di mare si sentivano italiani, d'altronde l'Istria è stata italiana fino al 1945.
Vari studiosi di storia delle battaglie navali hanno messo in dubbio la reale efficacia delle galeazze, autentiche corazzate dell'epoca, vista la poca manovrabilità, tanto che la prima carica delle galeazze sfondò senza problemi la linea turca, senza riuscire a fermarsi, infatti le galeazze rientrarono in battaglia solo dopo, peraltro completando un accerchiamento "involontario" insieme alla riserva di trenta galee genovesi, vero ago della battaglia.
Le navi turche erano molto più maneggevoli delle galee, e solo la protervia di credersi invincibili portò i turchi a sfidarsi nel golfo di Lepanto, in cui avevano poco spazio di manovra, ciò nonostante riuscirono a incunearsi fra l'ala e il centro, la tattica turca prevedeva l'accerchiamento e poi la distruzione del nemico, solo l'intervento provvidenziale della riserva genovese (che da bravi genovesi si volevano risparmiare..) spezzò l'accerchiamento, con il paradosso che l'accerchiante finì accerchiato dal rientro delle galeazze. A quel punto la battaglia divenne una battaglia "terrestre" con i vari abbordaggi, e, sembra, determinante fu proprio l'italiano (lingua): in quel caos incredibile i rematori delle navi turche liberati in cambio della promessa della libertà, sentirono parlare la propria lingua e si ribellarono ai turchi. Inoltre i comandanti delle varie navi poterono comunicare fra loro in una lingua comune, cosa che non sarebbe successa se invece ci fosse stata un'accozzaglia di lingue (o dialetti incomprensibili, ma sembra che i bergamaschi non fossero presenti..).
Concordo che Lepanto fu una battaglia italiana, qualsiasi cosa questo voglia dire, ma dico anche che i protagonisti non si sentivano assolutamente tali, ma genovesi, veneziani, papalini, etc.
Innanzi tutto va ricordato che le due sponde dell'Adriatico sono state in osmosi per tutto il medio evo e l'età moderna, dato che, per esempio, è in Italia (Abruzzo, Calabria, Puglia e Sicilia) che trovarono rifugio a fine '400 migliaia di albanesi in fuga dagli ottomani, fondando città dove ancora oggi è viva la loro tradizione
Così come va ricordato il popolamento operato sulle coste adriatiche delle Marche dopo la peste nera del '300, facendo immigrare genti croate e montenegrine.
Le epidemie e le guerre sono poi anche la causa della "slavizzazione" dell'Istria, dato che la popolazione della penisola era stata decimata dalla peste, la malaria e le ripetute guerre. Come si può leggere da wikipedia:
Insomma, l'elemento slavo in Istria inizia ad essere preponderante a partire dal '600, ma tutta la costa e le isole dalmate rimasero prevalentemente veneto-italiane sino all'impero asburgico. Se ti capita di fare un viaggio a Dubrovnik (a.k.a. Ragusa), fai una visita al museo navale della città. Vi sono conservati numerosissimi documenti e materiali a partire dall'alto medio evo, sino alla prima guerra mondiale: è interessante e sorprendente notare come siano tutti in italiano, dai registri di carico delle navi, ai libri matricola dell'equipaggio, mentre inziano ad essere scritti in croato solo a partire dalla metà dell'800.
In parte hai ragione e del resto se dai un'occhiata al link con l'ordine di battaglia a Lepanto, poi trovare conferma che circa 20 galere provenivano da Candia, ossia Creta, che era all'epoca un dominio veneziano. L'atteggiamento di Venezia con le sue colonie, in caso di guerra, era molto simile a quello della Gran Bretagna con il Commonwealth
Se invece vuoi un'idea di come venissero armate le galee, ti invito a leggere questo documento, che sebbene si riferisca ad avvenimenti di un secolo posteriori rispetto a Lepanto, è comunque una buona fonte di informazioni.