Due anni fa, la sera delle elezioni presidenziali di novembre, la cellula niuiorchina di nFA e alcuni amici tra cui Maria Teresa e Glauco si sono riuniti a casa mia a vedere l'apertura dei seggi e la vittoria di Obama. Alcuni di noi - me incluso - erano entusiasti. Vedevamo in Obama le magnifiche sorti e progressive. Naturalmente avevamo dubbi ma avevamo scelto di tenerli nascosti nel profondo della corteccia - che ogni tanto è bello essere naif. Altri erano più scettici. Tra questi certamente Maria Teresa e Glauco (e un celebre biologo che eviterò di nominare e che è uscito di casa sbattendo la porta, evidentemente convinto di essere finito al centro di una vera cellula di rivoluzionari).
A due anni di distanza, possiamo dirlo: avevano ragione loro. (A dire la verità, chi avesse voglia di vedere le mie colonne su La Stampa noterà che ho cominciato ben presto a prendere posizione contro le scelte di Obama in politica economica - che vabbè naif ma pirla proprio no). Non rinnego certo l'entusiasmo per la novità, per il superamento del tabù razziale, ..., di quella sera. Ma in politica economica Obama non ne ha beccata una, a partire dallo stimolo fiscale.
Io ho letto il libro come un gigante te l'avevamo detto noi! Ma a prescindere da questo, il libro è davvero molto bello. Scritto in modo chiaro e diretto, contiene una disamina dettagliata delle varie decisioni di politica economica e di politica estera di Obama nei due anni passati. La disamina è sempre attenta ai dati, senza essere pesante - giusto quelli fondamentali per capire le questioni discusse, come ad esempio la distribuzione per età di coloro che non hanno assistenza sanitaria per capire gli effetti della riforma (e criticarne giustamente le premesse politico/retoriche).
Il capitolo sullo stimolo fiscale è ben documentato - e si legge bene come un attacco alla sinistra italiana che pensa che l'Amerika sia divisa tra Krugman e i maledetti banchieri lobbisti e un po' fascisti. Il capitolo sui Tea Party si legge bene come un attacco alla sinistra italiana che pensa che l'opposizione a Obama consista di uno sparuto gruppo di cretini che, armati di tutto punto, vaga per le praterie alla ricerca di neri cui sparare.
A mio avviso, il capitolo sulla lotta al terrorismo è un po' troppo duro. Mi pare un po' ingiusto sostenere che Obama ha rinnegato le posizioni prese in campagna elettorale (uscire dall'Iraq, chiudere Guantanamo,...). Certo che lo ha fatto, ma le promesse in campagna elettorale sono fatte per essere disdette - ancora una volta, vabbè naif ma ... Anche interpretare il pragmatismo di Obama su questi temi come una vittoria ex post di Bush mi pare un po' tirato. Il pragmatismo è cosa buona e giusta. E il fatto che Obama stia cercando apertamente di coniugarlo ad un rifiuto etico di pratiche come la tortura è ancora meglio. Il problema di Bush, secondo me, era che intellettualmente non aveva obiezioni a queste pratiche. Insomma, un presidente che accetti quel che s'ha da fare senza giustificarlo o esserne fiero mi pare il migliore dei mondi possibili. Ma su questo si può discutere.
Il capitolo che attacca Michelle Obama e le sue tentazioni paternalistiche - per combattere l'obesità, mi rende particolarmente e personalmente felice.
Infine, mi piace che il libro non abbia posizioni preconcette. Ad esempio, i tentativi di Obama sulla scuola (a favore delle charter schools) sono presentati per quello che sono: tentativi nella direzione giusta - speriamo funzionino.
P.S. Scrivo queste note alla Law School della University of Chicago, davanti all'ufficio che fu di Obama. Per davvero!! E' vuoto. Chissà se lo tengono libero in vista del suo ritorno tra due anni. Se lo fanno, secondo me sbagliano: Obama ce la farà, nonostante la foto dietro Obama nella copertina faccia paura (l'Amerika rossa è quella repubblicana)!
Troppo presto per dire. Ma per chi (come me) non può fare a meno di guardare a sondaggi, studi e proiezioni, ecco cosa è stato sfornato da poco:
Regola del pollice: tutto ciò che viene pubblicato prima di Labor Day (3 settembre) 2012 è roba interessante solo per i malati di sondaggi. Dopo Labor Day, ossia a due mesi dalle elezioni, i sondaggi iniziano ad avere un serio potere predittivo. A meno che ovviamente i repubblicani non commettano suicidio nominando la Palin o qualche altro lunatico. In tal caso la vittoria di Obama sarà scontata.
Mi sembra che i candidati scelti da Fox N. vs. B.H. Obama, per un motivo o per l'altro, abbiano poche chances. Ad esempio la decisione di includere nella lista anche il secondogenito di G. Bush sr. è un chiaro indizio della mancanza (attuale) di alternative. Tuttavia, visto che mancano ancora oltre 18 mesi alla conta, hanno tutto il tempo per trovare qualcuno sufficientemente competitivo. La possibilità che scenda in campo qualche "pezzo grosso" è inversamente proporzionale alla forza elettorale che viene attribuita ad Obama. Se non sbaglio, prima delle elezioni del '92 i potenziali candidati democratici più in vista si defilarono perchè preferirono non rischiare vs. Bush sr. (magari per provare al turno successivo) e lasciarono il campo libero al quasi sconosciuto W. Clinton. Sappiamo che l'inserimento di R. Perot stravolse il quadro e Clinton si ritrovò ad essere presidente.
La domanda è c'è veramente qualche "pezzo grosso" del partito repubblicano che potrebbe decidere di accettare la sfida ? Ad esempio M. Bloomberg ?