Marc Chagall

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“È un fenomeno curioso e che si è dato molte volte nella storia della letteratura, dell’arte, della scienza o della filosofia, quello che due spiriti, senza conoscersi né conoscere una per una le loro opere, senza porsi in relazione l’uno con l’altro, abbiano perseguito uno stesso cammino ed abbiano tramato analoghe concezioni o arrivati agli stessi risultati. Si direbbe che è qualcosa che fluttua nell’ambiente. O meglio, qualcosa che è latente nelle profondità della storia e che cerca chi lo riveli” (VIII, 501).

Miguel De Unamuno

Miguel de Unamuno nel 1923 dopo essersi imbattuto negli scritti di Pirandello, scrive un articolo intitolato Pirandello y Yo,  pubblicato nel ‘39 su “la Nacion”, ove sottolinea la medesima lunghezza d’onda circa la visione della vita, dell’arte e della storia da entrambi sviscerata e sviluppata pur non conoscendosi e che appare invece profondamente legata nei due autori da un comune filo conduttore. Egli scrive:

 

“È un fenomeno curioso e che si è dato molte volte nella storia della letteratura, dell’arte, della scienza o della filosofia, quello che due spiriti, senza conoscersi né conoscere una per una le loro opere, senza porsi in relazione l’uno con l’altro, abbiano perseguito uno stesso cammino ed abbiano tramato analoghe concezioni o arrivati agli stessi risultati. Si direbbe che è qualcosa che fluttua nell’ambiente. O meglio, qualcosa che è latente nelle profondità della storia e che cerca chi lo riveli” (VIII, 501).

 

 
 

“C’è un ingegno, X, un io più profondo del mio io empirico o fisiologico e che l’io empirico e fisiologico dello scrittore Pirandello, che ha cercato ingegno in lui ed in me, un Io X, come direbbe Silvio Tissi, un altro scrittore italiano. E questa distinzione fra l’io empirico o fisiologico e l’io trascendente -forse immanente- o storico è ciò che apparenta le nostre singole opere, quella di Pirandello e la mia” (VIII, 501-502).

 

 

Uscendo dal contesto Unamuno-Pirandello ed estendendo questo concetto a tutta la produzione artistica di un dato secolo, sia essa pittura, scultura, cinema, musica, poesia, narrativa …,  diremmo quindi, che il pensiero è un qualcosa di a sé stante, fluttuante ed in costante divenire che va a permeare di epoca in epoca, e quasi inconsapevolmente, l’operato di ogni artista intrecciando nessi e stringendo legami nel simbolo, nell’immagine, nel suono, nel grido che ciascun autore esprime nella propria forma d’arte.

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Cubismo e Surrealismo in Chagall – Eros, Agape e Torah

M. Chagall - la tenerezza

 

“Mio padre aveva gli occhi azzurri, ma le sue mani erano piene di calli. Egli lavorava, pregava e taceva. Osservai le mie mani. Erano troppo delicate… Dovevo cercare un’occupazione che non mi costringesse a voltare le spalle al cielo ed alle stelle e che mi consentisse di trovare il senso della mia vita”. dall’autobiografia di Marc Chagall

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Osservare i quadri di Chagall è tuffarsi nell’immaginifico ed evocativo mondo della poesia e dell’emozione. In lui ogni aspetto della vita, dal quotidiano allo spirituale, sembra uscire dalla penna-pennello d’un poeta d’emozioni, e temi come l’amore, la solitudine, la città natale, la festa, i suonatori di shofar (il corno di montone della tradizione liturgica ebraica)  il circo, la guerra e la morte prendono forme oniriche popolate di galli, cavalli, mucche, agnelli, tori, sposi amanti, traslati in un mondo distaccato, come in volo, facendoci compiere un’immersione nell’azzurro cristallino dell’occhio che vede oltre il reale, al di sopra dei tetti.

Tuttavia, bisogna dire che non si può prescindere nella lettura delle opere di Chagall dalla considerazione del suo stretto legame con la Torah o, meglio, dal rapporto fra la Torah e la simbologia utilizzata nelle sue tele, che assume sempre nuove sfaccettature di senso attraverso l'utilizzo associativo di immagini sempre più complesse, che finiscono per creare un dizionario simbologico che ha poco a che fare con la Torah, pur essendone essa stata punto d’origine e fine.

Nel primo Chagall, ad esempio, troviamo una ragazza intenta a disegnare  un agnello, immagine sì sacra, ma altrettanto comune e naturale nell’immaginario di una ragazza di campagna intenta a disegnare; e poi ancora una successione di quadri che rappresentano scene quotidiane: interni d’abitazione, animali domestici e aie pullulanti di galli ed agnelli, ... dunque in questa prima fase artistica evidenziamo l’ordinario e comune simbolo del quotidiano come pregorativa principale che verrà poi a fondersi oniricamente con significati più che sacri, comuni ad un immaginario fantastico della tradizione popolare, affollando via via tutto il suo universo artistico.

M. Chagall - Io ed il villaggio

 

Nelle illustrazioni della Torah dei primi anni ’30, invece, troviamo “trascrizioni” precise dei testi sacri prive di simbolismo fantastico ed assolutamente aderenti alle sacre scritture.  Tutto appare “reale”, la descrizione paesaggistica è verosimile, essendo stata tra l’altro realizzata successivamente ad una serie di viaggi-pellegrinaggio in Palestina. Si tratta di rappresentazioni di grande ed intensa spiritualità in cui, ad esempio in “Abramo”, l’immagine dell’agnello è fedele descrizione biblica del sacrificio di Isacco, nel cui sfondo però si intravede la scena della Crocifissione, quasi ad anticipare un senso drammatico di impotenza davanti alla malvagità storica, cui nessun popolo pare sapersi sottrarre.

M. Chagall - Il sacrificio di Isacco

 

La simbologia di Chagall non prescinde, inoltre, dal dolore di un’epoca macchiata dall’infamia della shoa, così saranno del periodo americano il “Cristo ebreo”, opera in cui ritrae un Cristo sulla Croce ricoperto da un tallit (tallet, mantello quadrangolare della tradizione ebraica che presenta un fiocco per ogni lato), che divenne presto icona di contestazione e rivendicazione del dolore di un intero popolo “crocefisso”. Sembianze Cristologiche verranno molto più tardi, nel 1975, attribuite anche al suo “Giobbe”, dipinto nel quale ritroviamo la simbologia degli agnelli accostata ad un crocefisso, anch’esso polemicamente presente nel quadro.

M. Chagall - Il Cristo Ebreo

 

Nel Cantico dei Cantici, invece, Chagall sembra fondere l’attenzione per l’Eros propria al Surrealismo – di cui nella sua opera di maturazione e superamento/interiorizzazione del Cubismo,  può considerarsi a pieno titolo precursore –  con la tradizione mistica dell’Agape, in un unicum d’amore ascendente e discendente, che rapisce al di là della potenza espressiva dei versi che lo ispirano, ad essi plasmandosi magicamente:

 

M. Chagall - Il cantico dei cantici

 

7-11 Io sono per il mio diletto
e la sua brama è verso di me.
7-12 Vieni, mio diletto, andiamo nei campi,
passiamo la notte nei villaggi.
7-13 Di buon mattino andremo alle vigne;
vedremo se mette gemme la vite,
se sbocciano i fiori,
se fioriscono i melograni:
là ti darò le mie carezze!

M. Chagall - Il cantico dei cantici

 

2-6La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia.
2-7
Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle o per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l’amata,
finché essa non lo voglia.

M. Chagall - Il cantico dei cantici

 

3-16Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni,
soffia nel mio giardino
si effondano i suoi aromi.
Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti.

M. Chagall - Il cantico dei cantici

 

3-4 [...] quando trovai l’amato del mio cuore.
Lo strinsi fortemente e non lo lascerò
finché non l’abbia condotto in casa di mia madre,
nella stanza della mia genitrice.

M. Chagall - Il cantico dei cantici

 

4-1 Come sei bella, amica mia, come sei bella!
Gli occhi tuoi sono colombe,
dietro il tuo velo.
Le tue chiome sono un gregge di capre,
che scendono dalle pendici del Gàlaad.


Chagall aderì al gusto per le forme del Cubismo personalizzandolo e interiorizzandolo fino ad arricchirlo di visioni fantastiche, surreali e mistiche, derivanti dalla sperimentazione diretta del malessere di un’epoca che lo portò a vivere la Rivoluzione Sovietica e l’esperienza della persecuzione nazista. A Chagall si deve riconoscere la capacità di penetrare la spiritualità rivivendola e ripercorrendola simbolicamente fino a dar voce alla sofferenza e significato al dolore, quasi a voler dire, dissacrando-sacralmente, che la malvagità, tipicamente umana, sovrasta qualunque credo religioso, qualunque fede.

*** *** ***

Note:

*La Torah è formata da 5 libri e per questo essa è anche chiamata Pentateuco. Fu scritta da Mosè su ispirazione divina e contiene le leggi del popolo ebraico, tra cui i Dieci Comandamenti, e la sua storia fino alla morte di Mosè. I 5 libri sono: Genesi (Bereshìth); Esodo (Shemòth); Levitico (Vaikrà); Numeri (Bemidbàr); Deuteronomio (Devarìm).

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Brevi cenni Biografici:


Marc Chagall nacque a Liosno, presso Vitebsk, in Bielorussia nel 1887 da una famiglia di religione ebraica lituana. Studiò all’accademia di Pietroburgo fino al 1910, quando si trasferì a Parigi. Qui conobbe, venendone affascinato, Fauvismo e Cubismo ed entrò in stretto contatto con gli ambienti artistici ed intellettuali del momento, divenendo amico di Guillaume Apollinaire e Robert Delaunay. E fu proprio grazie all’amicizia con Delaunay che conobbe Herwarth Walden, musicista e gallerista berlinese, che nel 1914 allestì per lui una mostra personale presso la famosa galleria Der Sturm. Nel 1914 per via della guerra fece ritorno a Vitebsk, dove fondò l’Istituto d’Arte, di cui fu direttore fino al 1920. Trasferitosi a Mosca, si dedicò alla realizzazione degli allestimenti e delle decorazioni per il teatro ebraico statale “Kamerny”, per poi ritornare nel ’23 a Berlino e dopo poco nuovamente a Parigi dove gli vennero commissionati, dall’amico Ambroise Vollard, le illustrazioni di vari libri. Nel 1924 venne realizzata un’importante mostra su Chagall presso la Galerie Barbazanges-Hodeberg, mentre negli anni a seguire realizzò una serie di lunghi viaggi in Europa ed in Palestina. Nel 1933 si tenne una nuova esposizione delle sue opere presso il Kunstmuseum Basel ma a causa dell’ascesa del nazismo egli, ebreo, non si sentì più sicuro in Europa e preferì partire per l’America. Le sue opere vennero confiscate ai musei tedeschi. Nel 1947 fece ritorno a Parigi, stabilendosi poi definitivamente a Vence nel 1949. In quegli anni, superato il periodo di stasi creativa xche succedette alla morte dell’amata moglie Bella, si dedicò alla decorazione di grandi strutture pubbliche e nel 1962 realizzò le vetrate per la sinagoga dello Hassadah Medical Center di Gerusalemme e per la cattedrale di Metz. Del 1964 sono le pitture del soffitto dell’Opéra di Parigi e del ’65 le pitture murali sulla facciata della Metropolitan Opera House di New York. Nel 1970 sono le vetrate del coro e del rosone del Fraumünster di Zurigo ed il grande mosaico di Chicago. Morì a Saint-Paul-de-Vence nel 1985.

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Commenti

Ci sono 8 commenti

Bel post.

bentornata.

Bel post.

Bentornata.

Tum Balalaika, è una canzone d'amore ebraica, e nello stesso tempo una musica tradizionale russa.


"Giovane sprovveduto, perché domandare ancora?
E’ la pietra che può crescere senza pioggia
E’ l’amore che può ardere per molti lunghi anni
Ed é il cuore che può agognare e piangere senza lacrime.
"

 

@Marco and Marco: grazie ;-)

Avendo letto tanti anni fa Nebbia, Unamuno era scomparso dai miei orizzonti, dimenticato più che trascurato. Leggerne il nome, mi ha immediatamente richiamato alla memoria Augusto Perez ed i suoi eterni sogni. Mi è piaciuto l'accostamento letteratura-pittura e molto le osservazioni sull'opera di Chagall. Insomma il piacere di leggere un bel post si aggiunge al piacere di ritrovarti qui. E non ci lasciare.

Ogni tanto mi faccio scrupoli: "ma commentare solo per dire "bello" che senso ha?"Poi penso che non mi faccio scrupoli a criticare quando, a mio insindacabile giudizio, c'è una virgola fuori posto.

Quindi : bell'articolo! e soprattutto bentornata!

Niebla... è un gran bel libro, ricordo di averlo letto tra i testi del corso monografico di letteratura spagnola all'università (praticamente una vita fa) e leggendolo io stessa restavo sorpresa dalla similitudine con le tematiche pirandelliane, a me molto care. Un libro da leggere, lo posseggo nella versione spagnola, ma credo sia facimente rintracciabile anche in italiano.

ringrazio Corrado e l'amico Luzo con un abbraccio.

lascio come saluto un sonetto di Pirandello, si intitola "A un olivo" perché nell'ironia amara del suo sguardo ritrovo tutta l'atmosfera del nostro presente.

 

A un olivo

 

Quante cose saprai, tu che non cedi

da trecento e più anni, o fosco olivo,

dei venti all’urto, e qui ferrigno in piedi

ti stai su questo solitario clivo…

 

Ma forse è ver che il vento fuggitivo

nuove ti reca, o che tu gliene chiedi?

Nulla sai, nulla pensi, nulla vedi;

e sei solo per questo ancora vivo.

 

Che se nel tronco tuo scabro e stravolto

queste piaghe del tempo fosser occhi

e tu fossi nei rami cervelluto,

 

ripensando che vivere è da sciocchi

e che a morire si profitta molto,

non saresti trecento anni vissuto.

*

Così è (se vi pare) … brevi considerazioni

Henri Bergson[i] in “l’evoluzione creatrice” diceva che “l’intelligenza è caratterizzata da una naturale incomprensione della vita”, incomprensione che deriva dalla molteplice possibilità di verità distinte e soggettive con cui si osserva la vita stessa, che perde – anzi non può avere – assoluta oggettività, riducendosi ad essere continua ricerca di individuale coerenza assoggettata a voleri di “maschera”, ruolo e tempo, che fanno soccombere l’individuo in un costante divenir-si, fino alla naturale deriva delle certezze e, quindi, alla crisi d’identità che caratterizza la poetica e la produzione pirandelliana in senso lato.

Per Pirandello l’uomo scopre la propria ineluttabile solitudine nell’impossibilità di far coincidere le diverse verità in un unico percorso comune, nasce così la poetica dell'incomunicabilità e dell’impossibilità, cui le uniche vie di fuga sembrano essere la follia, il rifiuto, la fuga dallo schema sociale nell’auto-isolamento, nella morte (nel peggiore dei casi), o nella consapevole assunzione del proprio ruolo e maschera, con l'ausilio dell’ironia e dell'autoironia con cui scavare e svelare le contraddizioni della propria ed altrui esistenza, mettendone in rilievo gli aspetti tragicamente comici e realisticamente paradossali.

_______________________ 

[i] Henri-Louis Bergson (Parigi, 18 ottobre 1859 – Auteuil, 4 gennaio 1941) filosofo francese. Premio Nobel per la letteratura nel 1927.

Ciao Natàlia, che bel ritorno.

Devo ammettere che Chagall mi ha sempre trasmesso una sensazione di malessere e al contempo di speranze oniriche.

Una capacità sovranaturale di raccontare la vita di quei anni.

Non posso che congratularmi con i ns colleghi di NFA, autori come partecipanti come me, della tua presenza e delle tue preziose contribuzioni. Ci ricordi che il concetto di umanità esiste anche dalla parte artistica, facendoci dimenticare le brutture della ns presenza su questo pianeta.

Grazie!

 

^_^ io sono affezionata a questo posto e a tutti voi, lo dico sinceramente.