Dopo il gran fracasso intorno a Les Bienviellantes (Gallimard 2006, ora anche in edizione italiana presso G. Einaudi) Jonathan Littell (figlio di un ottimo scrittore) scodella vari parerga e paralipomena. Quello qui suggerito è Il secco e l'umido (Gallimard 2008 & Giulio Einaudi 2009.)
Littell riprende le tesi di Klaus Theweleit (in Männerphantasien: Frauen, Fluten, Körper, Geschichte 1977 Roter Stern Verlag, si trova anche presso Minnesota UP, e presso il Saggiatore) e le applica a Leon Degrelle.
Il soggetto: Degrellle (1906-1994) fu un politico di grande successo in Belgio, attestato su posizioni religiose cattoliche, corporative sul piano della politica economica. Causò una scissione nel partito religioso di cui faceva parte e fondò il Rexisme (prendendo spunto dai Cristeros messicani.) Una specie di partito cristiano combattente. Ammiratore, senza sorpresa, di Benito Mussolini, e in seguito folgorato da Hitler stesso (che apparentemente gli disse "Se avessi un figlio, vorrei fosse come Lei".) Fu, cruciale per ciò che si scrive, fondatore e, in seguito, Standartenführer della V brigata volontaria di Waffen SS Wallonien. Forse pure pretese di essere il fondatore della brigata, la sua formazione venne fatta dai tedeschi e il primo comando venne dato ad un ufficiale dei servizi coloniali. Degrelle, nei secoli fedeli, si fece coscritto come soldato semplice, e fece poi gloriosa carriera.Vide azione sul fronte dell'Europa orientale durante "Barbarossa" e, in seguito a guerra conclusa, si trasferì in Spagna, dove visse felice e contento fino alla fine dei suoi giorni. Dicono, i malevoli, che fu uno dei grandi costruttori di basi della Nato in Europa.
La tesi: la tesi è che esista una mente fascista, e che questa dipenda direttamente da un corpo fascista, la cui essenziale caratteristica è di non essersi mai separato dalla propria madre. Il fascista è un non-nato. Littell riprende in toto il tutto dal Theweleit. La tesi è di natura psicoanalitca e si basa su una analisi verbale del modo in cui il personaggio si esprime, in particolare nel suo tomo "La campagna di Russia" (per chi resista ai conati di vomito, è disponibile on-line; fate attentione se avete un webmaster di Nkvd perché IP indica da dove viene.)
Che cosa si sostiene? Che il pensar di questo personaggio (che non è tanto lontano dal fittizio M. Aue del romanzo) è ossessionato dalla rigidità del soldato vero, che si oppone all'umido calmucco, samojedo, e tataro. Breve citazione per dar un'idea del tono: "[...] i bambini che stanno diventando omosessuali cercano forse di salvarsi dallo stesso dilemma del soldato [fascista, il "non completamente nato"], ma trovano la soluzione in una forma particolare di sessualita, così è un peccato che Degrelle non sia mai stato capace di aprirsi a questa forma di piacere: forse per diventare umano, gli mancava appunto solo una bella inculata)." [J. Littell op. cit. ed. it, p45]
Valutazioni: da leggersi solo per chi ha lo stomaco solido e in buona salute. Contenuto, a mio avviso, interessante per chi non voglia subire waterboarding nel leggere Degrelle medesimo. Giudizio sulla tesi: è interessante perché mette in luce un aspetto della gran normalità del mostruoso - non mancano le usuali scemenze su Abu Ghraib, ma rimane che i colpevoli sono persone normali, e forse non è nefasto ricordarselo.
Sarebbe interessante capire se questi punti di vista (al sottoscritto la psicoanalisi fa un po' ridere come teoria della mente, dato il suo animismo davvero settecentesco) siano compatibili con il situazionismo contemporaneo. Per chi abbia interessi su quest'ultimo, Dr. John Doris of Washington University, St. Louis è la migliore introduzione al tema e il suo libro dedicato alla mancanza di carattere -- non, che io sappia, esiste traduzione in italiano dei suoi lavori. Mentre la teoria (situazionista) si basa su dati empirici, essenzialmente sperimentali, e suggerisce che non esista una natura morale di nessuno ma che, invece, chiunque reagisca a situazioni (ergo Lombroso ha proprio torto, non esiste la personalità violenta o criminale o gentile o inibita) il libro di Littell mostra all'opra come un personaggio, che in altre condizioni avrebbe al massimo le qualifiche per far il chierichetto alla università cattolica di Lovanio (dove studiò), si trovi nell'inferno di Korsun-Shevchenkosky (per chi ama i links, si veda, anche su Wikipedia "Cherkassy pocket") e si metta a scrivere di cavalli col pus e di soldati di cui rimase qualche pezzo della dimensione di un orecchio.
Tesi interessante, la situazionista, ma difficile da accettarsi verbatim a meno che non s'intenda come "situazione" una descrizione totale degli stati del mondo (nel qual caso abbiamo un'inutile tauotologia.
Posto che in situazioni ambientali identiche (per quanto ci è dato osservare e per quanto attiene alle variabili suppostamente rilevanti) persone diverse compiono atti e prendono decisioni diverse (con valenze morali altamente divergenti) come non concludere (senza appellarsi a "diavoletti" inosservabili e nascosti nelle anime d'ognuno) che tali differenti scelte/azioni siano attribuibili a differenti stati dei cervelli in questione, ossia differenti "personalità"?
Ovviamente uno può sempre sostenere che la "situazione" include lo stato del cervello del soggetto che agisce, ma allora si finisce per girare in tondo.
Altra domanda: davvero l'evidenza empirica e sperimentale a disposizione NON suggerisce patterns di comportamento? Ossia che alcuni si incazzano prima/dopo di altri, che alcuni pazientano meno/più di altri, che alcuni mentono meno/più di altri, e via elencando lombrosismi?