Autore: David I. Kertzer
Rizzoli, 2015
Kertzer riassume i lavori di altri studiosi ma anche i risultati di sette anni di propria ricerca archiviale che racconta, sono state un "lavoro raramente noioso, perché le sorprese continuavano ad arrivare". Da quel che racconta, non stento a crederci.
Il dibattito sui rapporti fra chiesa e fascismo si era sinora concentrato sul silenzio di Pio XII di fronte all'olocausto, e poco si conosceva delle responsabilità del papato precedente, tranne la conclusione della questione romana con il concordato del 1929. O almeno questo è quello che ci avevano insegnato, alle superiori, i professori di storia che non si fermavano al 1918. Con le sue informazioni Kertzer rivela i dettagli di un rapporto simbiotico fra le due istituzioni e le due persone che le comandavano.
Mussolini e Pio XI erano persone molto simili (pur nelle ovvie differenze). Estremamente irascibili, entrambi esercitavano un pugno di ferro nei confronti dei subordinati che tremavano quando dovevano incontrarli. Pio XI non amava la democrazia ed era estremamente diffidente nei confronti dei regimi liberali premussoliniani, guidati da una leadership sostanzialmente anticlericale.
L'ascesa di Mussolini fu per il papa l'occasione per ristabilire il primato della Chiesa Cattolica come guida morale degli Italiani. La paura del social-comunismo, in particolare, fu per il Vaticano il motivo principale per accordarsi con il regime. Un vero "patto col diavolo": il Vaticano non esitò ad acconsentire alla cancellazione del Partito Popolare, imporre l'esilio di Don Sturzo, benedire il regime, tacere sull'assassinio di Don Minzoni e fornire un cruciale supporto personale a Mussolini dopo il delitto Matteotti, quando il regime e l'arroganza del duce sembravano vacillare.
In riferimento a quest'ultimo evento, i documenti rivelano per esempio che nei giorni più critici per il duce e il regime, Tacchi Venturi, emissario personale del papa nei rapporti con Mussolini, volle trasmettere al duce il supporto di sua santità. Ma il Vaticano non si limitò a parole di conforto. Nei giorni immediatamente successivi, uno scambio di missive fra Vaticano e la redazione della rivista Civiltà Cattolica discusse la stesura di un articolo pubblicato poco dopo (senza firma) che ribadiva il supporto della chiesa al fascismo, deplorava l'uso della violenza contro il regime, definiva anche la sua caduta con mezzi democratici una "vera sfortuna", e stabiliva che in nessun caso sarebbe stata giustificata un'alleanza del Partito Popolare con i socialisti. Dall'altro lato della medaglia, la moglie e madre di Matteotti chiesero ripetutamente di vedere il papa. Sospettando che questo avrebbe indebolito Mussolini, il papa rifiutò di incontrarle, limitandosi ad istruire il segretario di stato ad accoglierle e a donare loro un rosario da lui benedetto. Dettagli che cambiano la nostra percezione di questo momento cruciale della storia italiana.
Per Mussolini, precedentemente estremista anti-clericale e sempre a disagio fra membri del clero, il supporto della chiesa fu indispensabile per ottenere il consenso popolare di cui aveva bisogno. Fin dall'inizio della sua ascesa al potere adottò provvedimenti che non avrebbero intaccato l'autorità della chiesa cattolica, ma che gli avrebbero consentito di mantenere un saldo comando sugli italiani con l'aiuto del clero. L'imposizione del crocifisso in ogni aula e luogo pubblico, l'imposizione della religione come materia di studio, salario pubblico ai parroci, criminalizzazione delle offese alla chiesa, e, da quasi subito, trattative segrete che sfociarono nel concordato del 1929. Pio XI non esitò a nominarlo un "uomo mandato dalla provvidenza". Dal 1921-22 in avanti l'idillio fra Vaticano (quindi chiesa cattolica nel suo complesso) e regime fascista dura per un decennio abbondante. Le prime frizioni, come vedremo, cominciano ad apparire solo a metà degli anni '30.
Le trattative durante e dopo l'attuazione del concordato rivelano una gerarchia cattolica poco interessata a perseguire gli obiettivi che ci aspetteremmo dovrebbero interessare un'istituzione che si pone a guida morale dell'umanità. La preoccupazione principale evidenziata dai carteggi segreti era quella di mantenere la possibilità per i giovani cattolici di potersi aggregare nei gruppi di Azione Cattolica (la dittatura fascista non permise alcuna diversa aggregazione sociale esterna al regime) e di evitare che gruppetti di fascisti (se fossero allo sbando o invece coordinati mai sarà chiarito) continuassero a molestare preti e guide AC con manganelli e olio di ricino. Ma le molestie, le violenze e financo gli assassini (di nuovo, ricordiamo Don Minzoni) continuarono ovunque entità di base del mondo cattolico manifestavano un atteggiamento critico verso il regime fascista. Ed il Vaticano tacque. Nel rapporto simbiotico fra le due istituzioni, il Vaticano viene evidenziato come costretto a rivendicazioni del tutto secondarie, per quanto penose per gli individui colpiti.
Le rivendicazioni del Vaticano (fatti salvi gli enormi privilegi economico-sociali che il concordato garantiva ed il ruolo di "guida morale della nazione" che il fascismo facilitò) furono progressivamente disattese dal regime nonostante le continue manifestazioni di supporto al duce da parte di tutti i livelli della gerarchia cattolica. Per questo, col tempo e con l'avanzare dell'età, Pio XI divenne sempre più diffidente nei confronti di Mussolini e della sua volontà di stare ai patti. In occasione della guerra d'Etiopia (1935), il papa volle esprimere durante un'adunanza di infermiere cattoliche il suo disgusto di fronte ad una "guerra ingiusta, al di là di ogni immaginazione ... orribile". La gerarchia vaticana, impaurita e imbarazzata dalle parole del papa, fece di tutto per arginare i possibli danni e fece pubblicare sostanzialmente all'insaputa del papa una versione redatta e addomesticata del discorso che, nell'originale, avrebbe avuto non poco impatto sul clero e sul popolo dei cattolici. Vescovi e parroci non esitarono invece a farsi abbindolare dall'estasi collettiva della retorica imperialista.
I documenti di archivio rivelano infatti una complessa serie di intrighi e manipolazioni da parte di alcuni membri della gerarchia vaticana che limitarono considerevolmente la libertà d'azione di un papa oramai anziano. In particolare, di fronte alle leggi razziali e alla subalternità del duce ad Hitler, vinsero le frange più estremiste dell'antisemitismo clericale. Pio XI, che in giovinezza aveva avuto rapporti con un rabbino che gli aveva insegnato la lingua ebraica per motivi di studio, era fra i più moderati, che erano in minoranza e troppo tardi (alcuni mai) si resero conto del pericolo nazista.
Nei confronti di Hitler che, al contrario di Mussolini, non aveva mai esitato ad antagonizzare la chiesa cattolica, la preoccupazione del Vaticano fu principalmente di evitare che venissero condannati centinaia di prelati tedeschi accusati dal regime nazista di crimini sessuali (non è ancora stato investigato con quale forza probatoria).
Le leggi razziali italiane toglievano agli ebrei molto meno di quanto non fosse stato chiesto dalla gerarchia cattolica da secoli, ed i fascisti non esitarono a ricordarlo per giustificarsi. La chiesa si limitò a ribadire, in modo a dir poco imbarazzante, le differenze fra l'antisemitismo nazista, che aveva come oggetto la difesa della razza e nel quale non si riconosceva, e quello cattolico, che si poneva l'obiettivo di difendere la religione. Ma la gerarchia clericale non esitò a sostenere in tutti i modi le restrizioni alla libertà personale imposte agli ebrei. Il Vaticano si limito' a chiedere di evitare l'applicazione delle leggi razziali agli ebrei convertiti, con la minaccia (mai attuata) di negare il sostegno al regime. Tali richieste non furono mai accolte da Mussolini.
Vale la pena ricordare i nomi dei principali responsabili di questa ulteriore pagina oscura della chiesa: Wlodzimierz Ledochowski, superiore generale della Compagnia di Gesù - estremista antisemita in grado di influenzare ogni scritto pubblicato da La Civiltà Cattolica (la quale condizionava poi l'orientamento culturale nei piani più bassi della chiesa); monsignor Pietro Tacchi Venturi - consigliere personale di Pio XI e diplomatico "segreto" nei rapporti fra Santa Sede e Mussolini, ritratto da Kertzer come manipolatore della volontà del papa negli ultimi mesi della sua vita; Agostino Gemelli - fondatore dell'Università Cattolica, fervente antisemita e sostenitore del regime fascista; il Cardinale Eugenio Pacelli, segretario di stato durante gli ultimi anni di Pio XI e di lui successore con il nome di Pio XII (e del cui papato, vale la pena notare, gli archivi non sono ancora stati aperti). [sono stati aperti nel 2020 ed il libro di Kertzer sul papato di Pio XII è uscito a Giugno 2022 - nda]
Un ultimo aneddoto rivelatore. I documenti vaticani recentemente declassificati rivelano che il papa aveva commissionato a John LaFarge, prete gesuita americano autore di alcuni articoli anti-razzisti, la redazione di un'enciclica sull'antisemitismo. I vertici gesuiti riuscirono a mettergli tutti i possibili pali fra le ruote: prima imponendogli l'aiuto di altri due studiosi, poi ritardando la trasmissione al papa del documento, modificandone ed alterandone il contenuto, per finire ad archiviarlo dopo la morte del papa. Negli ultimi giorni di vita il papa stesso volle preparare un discorso ai vescovi sul tema dell'antisemitismo. Anche in questo caso, alcuni cardinali cercarono in tutti i modi di modificare il testo voluto dal papa oramai senile e smemorato. Il papa morì senza riuscire a pronunciarlo. Pacelli, prima della sua elezione a nuovo papa, riuscì a far eliminare in fretta e furia tutte le copie fresche di stampa del discorso la cui sostanza era oramai stata fatta trapelare dagli informatori fascisti. Il direttore dell'ufficio stampa lo rassicurò che non ne sarebbe rimasta "nemmeno una virgola". Il regime venne rassicurato dell'atteggiamento del futuro papato e i rapporti con il Vaticano non vennero compromessi.
Due parole sullo stile del libro: data la natura del soggetto, il rischio di scadere in un elenco arido di aneddoti e dettagli minuziosi era enorme. L'autore tiene costantemente viva l'attenzione del lettore, pur mantenedo il rigore della ricostruzione storica citando minuziosamente ogni affermazione. Alcuni dettagli rinviati in nota sono più interessanti del testo, e per questo motivo consiglio la lettura su un formato elettronico che consenta di saltare facilmente da testo a note.
Probabile che siano inclusi molti dettagli, molti retroscena, molte vicende da corridoio, ma la sostanza non pare così dirompente. Tutto il sostanziale è noto da tempo e acquisito. Casomai stupirebbe, per esempio, l'assenza di riferimenti al concordato stipulato con l'altro campione di democrazia: Don Francisco Franco Bahamonde, ma probabilmente è solo un problema dovuto alla sintesi.
Ma date tutte queste continue attenzioni degli ultimi anni, viene però il sospetto che vi sia qualche rinnovato motivo di rancore da parte dell'Impero nei confronti del Soglio di Pietro. E se così, qualche cosa sfugge.
Anche qui c'e' il complotto! Che diavolo sarebbe "l'Impero"?
Il vaticano deve far parte del complotto imperiale, visto che e' sua la decisione di aprire i propri archivi, prima chiusi, attinenti a quel periodo!
E, no, non e' vero che era tutto noto. Per nulla. La vicinanza fra Pio XI e Mussolini non era cosi' ovvia e documentata. Era, se vuoi, sospettata o probabile, ma il punto della ricerca storica e' proprio quello di renderci "certi" dei nostri ragionevoli sospetti. E questo non era stato fatto. Infatti, anche oggi, orde di clerico-fascisti italici insistono che cosi' non fu, che non vi fu ne' interesse ne' crimine dietro alla santa alleanza.
Tantomeno era noto, documentato ed ovvio il ruolo di Pacelli, poi Pio XII, nel cercare di attenuare ed eventualmente far sparire l'ostilita' anti-nazista di Pio XI, eccetera. Anche questa era ovviamente una cosa "sospettabile" ma, che io sappia, non ancora chiaramente documentata. Ed ora lo e'.
Ma, ovviamente, e' tutto un complotto dell'impero contro il soglio ...