Poco tempo fa mi era capitato di leggere il Manifesto del Futurismo e rimasi assai colpito non solamente dalla forza retorica dello scritto ma anche dall’insistenza con la quale i Futuristi stigmatizzavano alcuni aspetti del costume italiano, che a oltre cento anni dalla pubblicazione di quel manifesto, sono ben vivi e diffusi: il culto per il passato, il potere della Chiesa Cattolica e ancora la condizione di minorità nel quale sono tenuti i giovani sotto il giogo gerontocratico.
L’altro giorno in aereoporto ho trovato, comprato e letto questo libro, appunto perché incuriosito dai Futuristi e dal loro rapporto con la politica. Il libro non è che una trattazione molto introduttiva ai temi dell’estetica futurista ma l’abbondanza di citazioni e passi antologici mi ha però davvero ristorato.
Passo subito ad alcune citazioni. Prima, però, mi pongo alcune domande. Ma la destra italiana, che ora peraltro è al governo del paese nonché controlla parti rilevanti del governo locale, e che mostra sempre il problema-complesso delle sue radici culturali, perché appare così distante nei toni e nei valori da quegli autori che sono nella loro stessa linea culturale e politica? Perché la destra non riparte dagli elementi più attraenti dell’individualismo libertario e anticlericale del Futurismo? Io capisco che alcuni aspetti della prosa futurista possono risultare obbiettivamente imbarazzanti, vedi per esempio l’esaltazione della guerra (anche se pure sulla guerra si può discutere, guardate qui come concepivano lo scontro fra l’Italia e la Germania e la cultura tedesca) o l'esaltazione della violenza o del nazionalismo esasperato. Però mi chiedo sempre: come sarebbe la destra italiana se alcuni aspetti, non tutti ovviamente, della retorica futurista fossero diventati effettivamente parte della cultura di destra?
In effetti, la destra sembra, almeno nella vulgata classica, associarsi a un conservatorismo tradizionalista, con riferimenti del tipo “Dio, Patria e Famiglia”, valori che sembrano averne ipotecato non solo l’orizzonte teorico, ma anche i modi con i quali essa si esprime. Al prezzo di semplificazioni forse eccessive, si può senz’altro affermare che la destra italiana di oggi si caratterizzi, fra le altre cose, per una difesa a spada tratta della famiglia tradizionale e ambisca a collocarsi in una posizione di dialogo privilegiato con le gerarchie cattoliche, oltre che caratterizzarsi per un rigetto abbastanza evidente delle forme moderne dell'individualismo: vedi “lotta” alla droga, anche per consumi individuali, polemiche contro aborto, eutanasia e via discorrendo. Ecco, è proprio a partire da questa constatazione della situazione culturale della destra attuale che la lettura dei Futuristi stupisce, appunto perché mostra un modo “diverso” di essere di destra, che come mostra il libro che cito, non può essere sbrigativamente considerato solo fascista.
Ma così come le tradizioni religiose possono riformarsi, a prezzo di un poderoso e innovativo lavoro di rilettura della propria storia, attingendo alle loro tradizioni scritturali e dottrinali e rintracciando nella tradizione quei fili interrotti di modernità, che se ripresi potrebbero condurre a maturazioni più in linea con i tempi presenti, e senza l’impressione di subire un’imposizione di valori dall’esterno, allo stesso modo una qualunque tradizione ideologica, come la destra appunto, potrebbe riscoprirsi “moderna” semplicemente richiamandosi al filone futurista del suo individualismo libertario e anticlericale. Per lanciare, ancora una volta, la sfida alle stelle.
A proposito, ma alcuni, nell’orizzonte culturale della destra, si chiamano “Fare Futuro” per caso, o questa idea del Futuro cova ancora sotto le braci?
Ma veniamo alle citazioni.
In Italia, si sa, abbiamo il 90% del patrimonio artistico mondiale. Sono numeri sospetti, non solo perché quanto a stime quantitative il paese e le sue istituzioni fanno sempre acqua, ma anche perché sembra che quelle stime implichino che sia possibile distinguere cosa sia arte e cosa non lo sia. Ma questo è un problema teorico, e non mi interessa. Il punto è che avendo abitato a Roma, per esempio, ho capito che pesantezza possono conferire alla programmazione urbanistica l’esistenza di resti e rovine. Un’ipoteca, quella archeologica, che unita al caos amministrativo e alla lentezza dei tribunali italiani, porta a tracciati di metropolitane deviate per il ritrovamento, per esempio, di rovine romane, con sequestri e dissequestri di TAR, pareri di Soprintendenze archeologiche e così via. Il passato è da rispettare, però come non fremere in un paese di storicisti-umanisti, a leggere cose del genere?
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è
arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità.
Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi
simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile
ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della
Vittoria di Samotracia.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le
accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il
femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.
È dall'Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro
manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale
fondiamo oggi il «Futurismo», perché vogliamo liberare
questo paese dalla sua fetida cancrena di professori,
d'archeologi, di ciceroni e d'antiquarii.
Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri.
Noi vogliamo liberarla dagl'innumerevoli musei che la
coprono tutta di cimiteri innumerevoli.
Che ci si vada in pellegrinaggio, una volta all'anno, come si
va al Camposanto nel giorno dei morti... ve lo concedo. Che
una volta all'anno sia deposto un omaggio di fiori davanti alla
Gioconda, ve lo concedo... Ma non ammetto che si
conducano quotidianamente a passeggio per i musei le nostre
tristezze, il nostro fragile coraggio, la nostra morbosa
inquietudine. Perché volersi avvelenare? Perché volere
imputridire?
Volete dunque sprecare tutte le forze migliori, in questa
eterna ed inutile ammirazione del passato, da cui uscite
fatalmente esausti, diminuiti e calpesti?
In verità io vi dichiaro che la frequentazione quotidiana dei
musei, delle biblioteche e delle accademie (cimiteri di sforzi
vani, calvarii di sogni crocifissi, registri di slanci stroncati!...)
è, per gli artisti, altrettanto dannosa che la tutela prolungata
dei parenti per certi giovani ebbri del loro ingegno e della
loro volontà ambiziosa.
E sentiamo che dicono i futuristi della famiglia tradizionale e della Chiesa.
Inutile enumerare le ragioni politiche che rendono indispensabile per l'Italia vittoriosa il liberarsi, al più presto, del Papato. Io domando l'espulsione del Papato per sgomberare l'Italia dalla mentalità cattolica. Non si può toccare il principio della famiglia e la concezione giuridica del matrimonio fintanto che permane la forza del prete. Questi fa pesare sulla vita l'assurda idea antivitale di eternità. Un uomo che ama una donna deve amarla per tutta la vita. Se cessa di amarla dopo tre anni, grave disordine morale, allarme, spavento. Se cessa di amarla dopo tre mesi, scandalo diabolico, peccato infame, sanzioni infernali. Il prete creò il più assurdo dei carceri, il matrimonio indissolubile.
Il prete odia il provvisorio, il momentaneo, la velocità, lo slancio, la passione. E in ciò cancella brutalmente l'essenza ardente, preziosa, della morale di Cristo che accordava tutti i diritti e tutti i perdoni e tutte le simpatie al fervore appassionato, alla fiamma volubile del cuore. Il prete dimentica che la frase di Cristo alla Maddalena: Molto sarà perdonato a chi molto ha amato. E quest'altra: Colui che è senza peccato scagli la prima pietra, sono due glorificazioni del libero amore e due calci all'indissolubilità del matrimonio.
Assurda concezione dell'amore eterno, legami indissolubili fra corpi-anime che si ripugnano, legge dell'ipocrisia e spettacolo di odio dato quotidianamente come educazione al figlio. Ma il prete non si contenta. Dice: non siete felici? Lo sarete in Paradiso! Sfiorite tutte e due! Logoratevi! Sciupate tenerezza, bellezza, baci, forza fisiologica, nervi, rimandate il vostro adulterio a quando sarete in Paradiso!
Il prete vuole e impone le leggi immonde della rinuncia e della lentezza.
Così dovunque in questa nostra Italia sana e forte noi troviamo tante anime agonizzanti, stroncate: donne che non han saputo decidersi, che hanno amato l'uno e si son date all'altro, sperano nel terzo e si daranno al quarto. Sempre sbagliandosi, aspettando sempre con una cretinissima pessimistica valutazione della vita, condannate, condannati, incapaci di concedersi le assoluzioni fulminee e le liberazioni allegre dell'uragano, della pioggia, e del suicidio.
Per giungere alla concezione futurista del provvisorio, del veloce e dell'eroico sforzo continuo, bisogna bruciare la tonaca nera, simbolo di lentezza e fondere tutte le campane per farne altrettante rotaie di nuovi treni ultra-veloci.
La nostra fulminea vittoria italiana, dieci giorni di offensiva e tutte le terre riconquistate, i sogni politici dei nostri padri colti al volo, realizzati, inchiodati, tutte queste glorie nostre sono anticattoliche. Finalmente la lentezza imposta dal prete è stata travolta. La velocità tempestosa del genio italiano ci libera da tutto un medioevalismo minuzioso a base di sacrificio, di sogno estatico, di mani mendicanti, d'inginocchiatoi, di diplomazie, d'irredentismi platonici e di nostalgie professorali.
Gli italiani d'oggi veloci che a dispetto di tutte le prudenze storiche, a dispetto di tutti i pessimisti, balzati fuori da una famiglia cattolica mediocrista soffocata da ruderi illustri, fuori dall'elettoralismo miserabile di provincia e dalla taccagneria degli impieghi governativi, siamo noi che abbiamo sfasciato in dieci giorni — giocondamente come ragazzi — il grande esercito austro-ungarico invincibile nel sogno — giuocattolo fra le nostre mani potentissime, in realtà.
Questa famiglia provinciale col suo matrimonio ipocrita, il prete lurido custode, gli scorpioni del moralismo a tutte le crepe dei muri, bisogna al più presto col fuoco annientarla.
L'Idea di patria non è per noi un prolungamento ideale del sentimento della famiglia. Il sentimento della famiglia è un sentimento inferiore, quasi animale, creato dalla paura delle grandi belve libere e delle notti gonfie d'agguati e d'avventure. Nasce coi primi segni della vecchiaia che screpolano la metallica gioventù. Primi segni di quietismo, di saggia prudenza moderatrice, bisogno di riposarsi, di ammainare le vele in un porto di calma e di comodità. La lampada familiare è una luminosa chioccia che cova delle uova putride di vigliaccheria. Padre, madre, nonna, zia e figli dopo alcune stupide schermaglie finiscono sempre per complottare insieme contro il divino pericolo e l'eroismo senza speranza. E la zuppiera fumante è l'incensiere di questo tempio della monotonia.
E sui giovani ancora.
Ho spiegato in molte opere precedenti come i tre quarti dei vizi mentali, delle debolezze, degli errori, delle viltà e delle lentezze che si opponevano al celere progresso dell'Italia derivavano da ciò che noi chiamiamo il Passatismo. Culto ossessionante del passato e delle glorie antiche, misoneismo cocciuto, valutazione pessimista delle forze della nostra razza, accademismo scolastico, purismo letterario, culto del plagio, copia dell'antico, adorazione del museo, esaltazione dello sgobbone, ecc.
Nel più piccolo nucleo italiano, nel più piccolo villaggio vi sono sempre sette, otto giovani ventenni che fremono d'ansia creatrice, pieni d'un orgoglio ambizioso che si manifesta in volumi inediti di versi e in scoppi di eloquenza sulle piazze nei comizi politici. Alcuni sono dei veri illusi ma sono pochi. Non potrebbero giungere al vero ingegno. Sono però sempre dei temperamenti a fondo geniale, cioè suscettibili di sviluppo e utilizzabili per accrescere l'intellettualità geniale di un paese. In quello stesso nucleo o piccolo villaggio italiano è facile trovare sette, otto uomini maturi che nella loro piccola vita d'impiegato, di professionista nei caffè del loro quartiere e in famiglia portano sul capo l'aureola malinconica del geniale fallito. Sono dei rottami di genialità che non hanno mai avuto un'atmosfera favorevole e furono perciò subito stroncati dalle necessità economiche e sentimentali.
Il movimento artistico futurista da noi iniziato undici anni fa aveva precisamente per scopo di svecchiare brutalmente l'ambiente artistico-letterario, esautorarne e distruggerne la gerontocrazia, svalutare i critici e i professori pedanti, incoraggiare tutti gli slanci temerarî dell'ingegno giovanile per preparare un'atmosfera veramente ossigenata di salute, incoraggiamento e aiuto a tutti i giovani geniali d'Italia.
Egli trova ogni sera in famiglia la tipica atmosfera di grettezza, di mediocrità, l'odio per tutte le forme di avventura e di audacia, i moralismi pretini, la goffa lotta fra l'avarizia taccagna e l'ansia del lusso provinciale, l'affettuosità morbosa accaparrante e soffocante della madre e la dura prepotenza di un padre rammollito che crede però suo dovere stroncare il figlio a ogni costo in tutto ciò che può sognare, desiderare, volere.
Questo giovane geniale si sente nei nervi una forza misteriosa, violenta. Sarà poeta, pittore, artista drammatico, costruttore di ponti su fiumi americani, appaltatore di terreni lontani da dissodare, deputato, ecc.: egli non sa esattamente.
Rischierebbe volentieri tutto ciò che ha di caro e di piacevole intorno a sé, affetti, amicizie, primi piaceri sessuali, allegrie goliardiche, per ottenere immediatamente la prova diretta e la manifestazione di questa sua forza.
Egli ha invece intorno a sé degli alti pessimismi neri, delle negazioni massicce; respira lo scetticismo avvelenante e non ha un soldo in tasca.
Se coraggiosissimo, rivoltosissimo, egli riesce a spaccare e rovesciare tutti i divieti, la miseria assoluta, ultimo laccio invincibile, lo trattiene e lo inchioda nell'assoluta impossibilità di staccarsi e di osare.
Questi fallimenti di gioventù geniali sono numerosi.
Infine, l’ultima citazione, che ci sta bene in un sito di AmeriKani:
Le nostre violentissime affermazioni di fede nella modernità, soprattutto in Italia, esprimono la necessità di divenire rapidi, precisi; la necessità di ameriKanizzarci entrando nel vortice travolgente della modernità.
scusa la banalità ma
perdente, magari extra parlamentare. no?
l'esaltazione del genio rispetto ad una vità di passiva mediocrità (e corrispondenti costi e benefici - semplificando: decisamente meno volatili nel secondo caso) può essere un manifesto culturale.
quando si passa alla politica - se vogliamo essere liberali - bisogna però confrontarsi con la libera autodeterminazione: la maggioranza delle persone PREFERISCE la seconda alla prima.
non so nel libro, ma questo aspetto mi pare assente nelle tue citazioni.