The Reader

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Nota dell'Editore di turno: la recensione contiene dettagli sulla trama del film.

Da qualche giorno è uscito nelle sale un film che ha fatto molto discutere. Si tratta del film “The Reader” e racconta la vicenda di una ex guardia delle SS che, all'età di circa 35 anni nella Berlino post-bellica degli anni '50 intrattiene, anche se solo per il tempo di un'estate, una relazione molto intensa con un ragazzo di 15 anni che conosce casualmente nell'atrio del suo palazzo. La relazione fra i due è sia sessuale sia intellettuale, dal momento che all'iniziazione erotica del giovane corrisponde l'iniziazione alla lettura della donna, che come scopriremo nel corso del film, è analfabeta ma ama ascoltare la lettura a voce alta dei libri (da cui il titolo del film).

Nel corso del film assistiamo all'allontamento delle due figure, ciascuna delle quali destinate a esiti di vita molto diversi: la donna sarà incarcerata e condannata per un crimine commesso durante la sua militanza nelle SS; il ragazzo invece si costruirà una famiglia, a dire il vero assai fragile.

Nel mezzo del film sta la vicenda del processo della donna al quale prende parte il giovane quindicenne, ormai cresciuto e iscrittosi nella facoltà di Legge di Heidelberg. Lo spazio del processo diventa al solito un momento nel quale ancora una volta si discute del senso della colpa della Germania per i crimini nazisti e dei termini e i limiti di quella responsabilità per la generazione che era cresciuta sotto il nazismo e ne aveva sciaguratamente condiviso gli “ideali”. All'inzio il film è lentissimo e in alcune parti il copione è decisamente forzato: il pretesto dell'incontro fra i due protagonisti e le dinamiche della loro conoscenza sembrano inverosimili; i libri che il giovane porta nell'alcova per la lettura a voce alta sono incredibilmente in lingua inglese; così come in inglese sono addirittura gli schemi proposti dal docente durante il seminario intorno al concetto di colpa collettiva, come anche le lettere che la donna incarcerata scrive a più riprese all'ormai invecchiato amante (il film è tutto ambientato in Germania). Detto questo, il film migliora notevolmente nel suo proseguo assumendo una tragicità bene esemplificata dalla bravura dell'attrice Kate Winslet: formidabile la sua interpretazione soprattutto nella fase terminale della sua carcerazione.

Sul “senso” del film aggiungo queste considerazioni brade, consapevole che ognuno legge un film sempre a modo suo. Il tema ricorrente del film è la memoria, anche se nel film non è ancora tale o perchè stiamo vedendo in presa diretta cose che solo dopo appariranno come memoria, come nel caso delle vicende personali che sono raccontate nel film; o perchè la memoria è ancora da costruire, da capire e da accettare, come appunto nel caso del significato politico da conferire alla tragedia nazista e alle responsabilità di coloro che hanno preso parte ad essa. Intorno alla memoria, si sviluppa poi un gioco narrativo che io ho letto in questo modo. La protagonista del film è analfabeta e infatti, all'inizio del film, si lascia leggere i libri dal ragazzo, senza mai ammettere di non essere in grado di farlo da sola.

Questa fase orale (qui mi riferisco alla dimensione intellettuale del sodalizio, e non alle sue inevitabili implicazioni fisiche) è anche la fase cronologicamente più vicina ai fatti criminosi per quali la Winslet sarà condannata, ma dei quali lei non fa mai alcuna menzione al giovane. La donna infatti, come sentiremo alla fine del film, “non aveva mai pensato alle conseguenze della sua militanza nelle SS”. Quando poi, entrata in carcere, lei sceglierà di imparare a leggere e a scrivere, allora raggiungerà la consapevolezza sulle sue responsabilità fino a quel momento rimosse, quasi che l'acquisizione della scrittura sia anche sul piano personale l'unico modo di pervenire alla comprensione di quanto avvento nel passato. Questa idea del passaggio dall'oralità alla scrittura (come sistema di organizzazione del passato e della memoria, e della scrittura come sigillo delle colpe e dei meriti) penso sia un'intuizione abbastanza ricorrente di cosa significhi passare dalla memoria raccontata (e potenzialmente manipolabile) alla memoria scritta (in principio suscettibile di maggiore preservazione)...e mi sembra davvero che il regista giochi con questa sorta di parallelo fra piano individuale e piano “antropologico”. Da quella memoria però, la donna sarà schiacciata e gli stessi libri che le hanno dato accesso ad essa saranno materialmente il supporto con il quale deciderà di scontare il peso della memoria stessa. (Cioè si impicca utilizzando proprio i libri come “base”).

Questo binomio scrittura-memoria è presente anche nel processo a carico della donna: l'accertamento della compatibilità della grafia della donna con quella di un documento redatto durante gli anni del nazismo può portare alla sua assoluzione o alla sua condanna, come se ancora una volta la capacità di scrivere, e quindi di ricordare in maniera ordinata e compiuta quanto si è fatto, sia l'unico modo per accertare le proprie responsabilità. Lo stesso percorso, oralità-scrittura, sembra necessario anche sul piano dell'accertamento delle responsabilità storiche da ascrivere ad una collettività, quando è appunto necessario che l'insieme delle vicende alle quali si è preso parte vengano fissate e scritte per sottrarle a quelle misinterpretazioni tipiche del racconto orale in prima persona. La parte del film dove si discute delle colpe dei tedeschi per il sostegno al nazismo sembra appunto il complemento del tema della memoria vissuto a livello individuale dalla Winslet.

Tutto sommato, comunque, un film da consigliare.

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Commenti

Ci sono 3 commenti

A me il film non è dispiaciuto, anche se mi è sembrato un po' squilibrato: "troppo" lunga la prima parte, "troppo" breve la seconda.

C'è in particolare una questione su cui mi sarebbe piaciuto vedere il regista indugiare: cioè sulla fase del processo, in cui il ragazzo conosce un fatto relativo al processo della Winslet, la cui rivelazione avrebbe potuto risparmiarle il carcere a vita.

Qui si sovrapponevano questioni personali (lei l'aveva fatto soffrire quindi, forse, era giusto "punirla"), a questioni legali (se una persona conosce un fatto rilevante in un processo, deve obbligatoriamente riferirle al giudice?) e forse morali (lei in fondo era una criminale nazista, quindi perchè intervenire in suo favore?)

In questo senso si è forse un po' sprecata la presenza di Bruno Ganz, docente di diritto nel film, e ottimo attore.

 

Visto il fim (qui) e mi parve un delirio.

1. se sono tedeschi perche' mai fargli leggere libri in INGLESE??

2. se cosi' fosse, cosa sia questa buffonata di far mimare a loro un goffo accento teutonico in Inglese?

3. il "bello" del libro e' una meditazione, non troppo sciocca, su cosa sia la colpa e come si incolli a persone cosidette normali. Il film e' "MALIZIA" dopo Treblinka.

Tutto cio' secondo il mio modesto avviso.

nel giorno della liberazione o del boccolo, come dicono gli abitanti delle lagune

 

Spero di non disturbare se scrivo le mie, di considerazioni brade e personalissime. Film interessante, con qualche parte un filino patetica, sono andato a vederlo avendo in mente questa recensione. Non mi è sembrato malizioso, anche se maliziosa, paranoica e morbosa è piuttosto l'idea di fondo, quella di mettere un giovane innamorato e inesperto a contatto con il male assoluto in una seducente forma femminile. La storia mi è sembrata l'ennesimo strascico di colpa collettiva tedesca: finiti i gerarchi, comodi e identificabili, il processo di espiazione prevede il tribunale per gli esecutori, che snida a distanza di tempo all'interno del popolo tedesco, suscitando pensieri del tipo "gli ultracorpi". Mi piace la chiave di lettura della recensione, l'idea che la scrittura, la sua acquisizione, sia un momento indispensabile anche per la memoria e la formazione di una coscienza (storica, individuale, ecc), ma nel caso del personaggio della Winslet questa idea affascinante, antropologica, rimane secondo me un accenno e non decritta tutto, o non si amalgama del tutto, se questa è l'intenzione di libro/film. Il personaggio della Winslet è inquietante e fastidioso: banale, masochista, con vizi nella capacità di intendere, dotata di una coscienza sensibile ma poco sviluppata, accetta con stupidità procedurale l'omicidio e la sua peculiare condizione di analfabeta sembra renderla in qualche modo viscosa alla colpa. Quasi come un animale. Interessante che il giudice del processo interpreti, con una proizione psicologica, come consapevole ammissione di colpa dichiarazioni che sembrano piuttosto semplici resoconti di episodi che non sono mai stati vissuti con vera profondità emotiva. Una nota: non ho proprio capito la sopravvissuta ebrea circondata da milioni di dollari di opere d'arte che dice: "l'analfabetismo non è un problema ebraico". Sapeva in modo orribile da clichè.