Chi dice di accorpare, chi di abolire, chi di trovare un diverso ruolo. Questa è la sintesi delle posizioni ma fosse tutto qui potremmo solo andare a votare da qualche parte e decidere, dopo aver soppesato costi e benefici. Ebbene no. Secondo me dipende tutto dal contesto in cui intendiamo riferirci.
Se rimaniamo ancorati all'attuale contesto organizzativo dello Stato italiano per cui esso è centralizzato, con un determinato livello di decentramento (più o meno ampio e articolato) è chiaro che la capitale dispone e la periferia amministra sulla base a) della finanza centrale saggiamente(?) distribuita in base alle necessità locali e b) alle chiavi di riparto più o meno virtuose stabilite dai governi e c) dalla maggiore o minore abbondanza di risorse pubbliche. Se i soldi mancano bisogna tagliare e quindi se certi livelli di governo locale vengono ritenuti onerosi, si accorpa e si abolisce. Chi decide? Chi ha in mano le redini del potere. Roma, la Capitale, il Potere Centrale. Chiunque lo conquisti.
Se invece volutamente fossimo in viaggio, in tempi non biblici, verso un "punto 10 di FID" che recita senza mezzi termini che vogliamo:
introdurre il vero federalismo con l'attribuzione di ruoli chiari e coerenti ai diversi livelli di governo. Un federalismo che assicuri ampia autonomia sia di spesa che di entrata agli enti locali rilevanti ma che, al tempo stesso, punisca in modo severo gli amministratori di quegli enti che non mantengono il pareggio di bilancio rendendoli responsabili, di fronte ai propri elettori, delle scelte compiute. Totale trasparenza dei bilanci delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate da enti pubblici con l'obbligo della loro pubblicazione sui rispettivi siti Internet. La stessa "questione meridionale" va affrontata in questo contesto, abbandonando la dannosa e fallimentare politica di sussidi seguita nell'ultimo mezzo secolo.
[il grassetto è dell'autore, NDA] allora cosa dovremmo pensare e proporre? Le stesse cose che possiano pensare in un contesto centralistico? Ma allora che federalismo sarebbe?
Premetto che anche il punto 10 come viene esposto ha qualche smagliatura, scusabile perché frutto di una terminologia imprecisa a cui siamo abituati. Il concetto che viene citato di "ente locale", inteso come "ente amministrativo", si concilia più con quello del decentramento, che con il federalismo. Il primo vede la periferia amministrare ciò che il Parlamento o il Governo centrale hanno deciso. Il secondo, soprattutto se "vero", vede sovranità locali, non enti. Un ente è colui che "agisce per conto di". Amministra. Amministrare, se non fatto in proprio, e qui preferirei parlare di autogoverno, è un'attività per conto terzi. Il proprietario dispone, l'amministratore cerca di gestire sulla base di indicazioni precise. In un contesto federale invece ci sono sovranità subnazionali che si autogovernano (con "ampia autonomia di spesa e di entrata") e spesso queste sovranità subnazionali sono a loro volta frutto di unioni federative di ulteriori sub-unità. Un sub-federalismo nel federalismo.
Allora se il nostro obbiettivo vero è il punto10, le cose cambiano. Non ci deve importare se una piccola provincia costa troppo. Una volta che il nostro obbiettivo è ampia autonomia sia di spesa che di entrata e rigoroso pareggio di bilancio, quanto costi una provincia interessa solo ed esclusivamente ai suoi abitanti. Che costi tanto o poco non tange le finanze centrali (cosiddette federali). Compete democraticamente al cittadino/elettore/contribuente di quella giurisdizione, piccola o grande che sia. E non è affatto detto che una piccola provincia costi tanto solo perché piccola in relazione ai Km2 e/o alla popolazione. Ci sono notoriamente piccole comunità statali (piccoli cantoni svizzeri o città stato un po' ovunque) che sono gestiti ottimamente, in modo economico e che presentano una bassa fiscalità. Per questo sono anche ambìti da cittadini facoltosi, il che rende possibile una efficace competizione fiscale sub-nazionale. La quale impedisce che alcune giurisdizioni abusino di una eccessiva pressione fiscale. Quindi piccole e medie giurisdizioni virtuose sono fondamentali per mantenere bassa la fiscalità in tutta la federazione. E notoriamente abbiamo che più piccole sono le giurisdizioni, più è possibile "votare con i piedi", cosa che si può fare in pochi mesi se le distanze son piccole mentre votare nelle urne si fa ogni 4 o 5 anni. Ecco quindi che in un contesto veramente federale la dimensione delle giurisdizioni, non conta, anzi forse più piccole sono meglio è, come secondo le tesi Charles Tiebout. Chiaramente occorrerà stabilire regole per cui veramente le sovranità locali hanno una completa autonomia di gestione corrente e che possono dipendere da fondi sussidiari di livellamento e di solidarietà solo per gli investimenti, solo per alcune tipologie di essi e su una base, per esempio, procapite. Ma di questo dovremmo parlare separatamente, riprendendo quanto iniziato a discutere qui su NfA.
Detto questo, l'altro aspetto che mi preme affrontare è quello concreto della dimensione ottimale teorica delle giurisdizioni, intese come quel soggetto politico sovrano subnazionale dotato dei tre poteri canonici (esecutivo, legislativo e giudiziario) senza il quale parlare di federalismo è una pura finzione. Se ne discute spesso: province o regioni? Qualcuno è di troppo? Cosa abolire? Come avete capito sono per il federalismo dei piccoli territori. Pensare di abolire le province in Lombardia sarebbe come pensare di abolire i cantoni in Svizzera. Non sarebbe certo un obbiettivo federalista. Per me stante l'autonomia di spesa e di entrata (con le doverose regole limitatorie in tal senso che si hanno in un contesto federale) più piccole sono i territori, meglio è. Considero anche che molto dipende dall'orografia. Vaste zone pianeggianti sono storicamente sedi di giurisdizioni territorialmente ampie. La tortuosità dei territori alpini e appenninici, tra crinali, valli, fiumi, comporta una decisa polverizzazione della territorialità. Ritengo che dovrebbero essere i cittadini di ogni territorio ad interrogarsi, discutere e decidere.
Non vedo poi come un'ottica liberale che esclude l'impostazione di una intelligenza calata dall'alto che stabilisca e imponga ottimalità economiche e pianificazioni sovietiche sulla base di chissà quali considerazioni strategiche, debba invece contemplare che essa esista per una scelta coercitiva sulla dimensione minima/massima dell'autonomia territoriale. Poi ci sono rivendicazioni storiche ed autonomiste, come quelle degli amici che vivono nelle nostre isole, che ritengono prevalente il concetto di entità subnazionale legata all'isola intera. A loro consiglio di pensare anche ad un subfederalismo di tipo provinciale o distrettuale, ma nulla più. Ritengo che essere federalisti veri, pressupposto per realizzare un federalismo altrettanto vero, sia fondamentale pensare di non imporre alcunché ma di dare solo indicazioni pratiche, dati oggettivi per una autonoma valutazione, stumenti concreti ed operativi per decidere. Se sono federalista non sono certo io a imporre cosa e se accorpare, cosa e se abolire.
Non c'è nessun dilemma, si tratta di abbandonare una visione ingegneristica e tenere conto della realtà e dei concreti comportamenti degli enti che stiamo analizzando.
Ora, per quanto posso vedere io tutti, ma proprio tutti i gestori di risorse pubbliche stanno assumendo comportamenti del tutto insensati dal punto di vista economico.
Il pareggio di bilancio, nel contesto di bilanci finanziari fortemente condizionati dallo Stato centrale (mai il ministero dell'interno è stato così invadente nella gestione degli enti) si traduce semplicemente nella totale deresponsabilizzazione dei decisori pubblici.
In più, come ha osservato Bordignon, le province finché esisteranno, fatalmente si porteranno dietro pezzi di settore pubblico.
La vergognosa confusione che sta avvenendo con l'istituzione recente delle città metropolitane è l'ennesima riprova della deriva.
Quindi se il numero degli enti, dei centri di responsabilità e degli obblighi porta a sempre allo stesso risultato, e sempre peggiore resta una sola cosa da fare:
obliterare!
E che questa cosa si dovrà fare cominciando dalle Province.
nel contesto di bilanci finanziari fortemente condizionati dallo Stato
In quel costesto pare ci siano due spinte opposte: proliferare, comunità montane docet, e obliterare.
La mia riflessione spinge però a esaminare un contesto diverso.