L'antefatto.
I lettori del sito conoscono la vicenda. Un articolo di Andrea e Michele ha spiegato cosa pensiamo della vicenda Alitalia, poi Michele ha rincarato la dose chiamando nuovamente l'attenzione sul conflitto di interesse di Colaninno e Marcegaglia. Nell'articolo si consiglia a elettori di PD e associati di Confindustria (le principali vittime dei due conflitti) di farsi sentire dalle rispettive organizzazioni. Un lettore interviene, e ci dice ''va bene, ma perché non scrivete pure voi ai giornali?'', al che noi rispondiamo ''guarda, hai ragione''. Stiliamo quindi una bella lettera, e la mandiamo per posta elettronica a Corriere, Sole, Repubblica e Stampa. Siamo scettici, visto che fino a quel momento i giornali non si sono distinti per la correttezza con cui hanno discusso la vicenda.
Invece, con certa nostra sorpresa, La Stampa pubblica la lettera come editoriale il 3 settembre. A quel punto - anzi un pelino prima, a segnalare che forse le lettere arrivate il giorno precedente non erano state cestinate immediatamente - iniziano le reazioni. La qualità delle opinioni, evidentemente, conta meno del mezzo dove vengono pubblicate. Finché certe cose le dicevamo solo sul blog, sono state tranquillamente ignorate. Quando le stesse sono state pubblicate su un quotidiano nazionale, allora sono improvvisamente diventate degne di attenzione. Le prime reazioni immediate dei diretti interessati le abbiamo già commentate.
Dopo le reazioni, diciamo così, a botta calda, sono apparsi due meditati articoli critici del nostro intervento, uno di Oscar Giannino su Libero Mercato e un altro, di un giornalista statalista, su Il Foglio. Sono anche apparse un paio di interviste della Marcegaglia, una sul Corriere e l'altra sul Sole 24 Ore. Qualcosa ha pure detto Veltroni, intervistato da Mentana alla Festa Democratica.
Oscar Giannino ci chiama in causa per nome e cognome, insieme ad Alesina che ha scritto pure lui un articolo critico sul Sole 24 Ore, e lo fa con una certa classe (non guasta anche il fatto che Oscar è uno che sa scrivere ed esprime bene i suoi argomenti, altri lo fanno assai meno). Ciò è ottima cosa, ma continuiamo a pensare di avere ragione noi, come spiegheremo sotto in dettaglio.
Il giornalista de Il Foglio, invece, nella rubrica Tre palle un soldo, si rivolge genericamente a un manipolo di economisti liberisti. Dobbiamo essere noi, visto che siamo economisti, siamo liberisti e siamo solo un pugno di ingenui che non sanno come funzionano le cose in pratica; al massimo un manipolo, certo non una legione. Il soggetto in questione classe non ne ha. Gli argomenti che non capisce li giudica "ridicoli" e "risibili" il che spiega, forse, perché abbia scelto quel titolo per la sua rubrica: parla di se stesso. Noi pensiamo che gli argomenti ridicoli siano i suoi e, siccome ci diverte prendercela personalmente con i consulenti statalisti, ci prendiamo la briga di spiegarlo a puntino.
In questo post riportiamo le lettere che abbiamo scritto a Libero Mercato e a Il Foglio per rispondere ai loro interventi. Terremo i lettori infomati su se, come e quando le lettere verranno pubblicate (o forse i lettori terranno informati noi: parecchi sono assai bravi a scrutare la stampa). Commentiamo inoltre le nuove interviste della Marcegaglia ed un impagabile intervento di Veltroni.
Notiamo qui, perché è comune sia a Libero Mercato che a Il Foglio, che nessuno dei due si occupa di Colaninno: è solo il caso della presidente di Confindustria che sembra interessarli. Questo fatto curioso si presta a varie interpretazioni: svista, mancanza di spazio, convinzione che un'elegante sineddoche risolva il problema, irrilevanza del soggetto ... o, azzardiamo, timore d'uno slittamento metonimico? Ossia, fuor di metafora, timore che discutendo del conflitto d'interesse di Colaninno qualcuno sostituisca il suo cognome con quello di Berlusconi? La curiosità che ci rode continuerà, temiamo, a roderci.
La risposta a Giannino.
Caro Oscar,
in un articolo da te recentemente pubblicato ci chiami in causa per il nostro attacco alla gestione della vicenda Alitalia e in particolare per la nostra osservazione che sia Matteo Colaninno che Emma Marcegaglia si sono venuti a trovare in una posizione di palese conflitto di interessi. Non ci dici nulla di Colaninno, ma difendi Marcegaglia sulla base di tre argomenti.
- Emma Marcegaglia non ha concessioni di stato che costituiscano conflitto di interesse. Aggiungi che, in ogni caso, "la scuola liberale" insegna che sui conflitti di interesse si fa "vigilanza ex-post" e non "scomuniche preventive".
- Confindustria è stata guidata da rappresentanti di grande imprese oligopoliste, non ultima la FIAT, per molti anni.
- Confindustria è una "associazione privata di datori di lavoro" e quindi Marcegaglia non ricopre alcuna carica pubblica.
Non risulta difficile intendere perché tali fatti, pur veri, non costituiscano argomenti cogenti.
- Il conflitto di interessi non è dato solo e necessariamente da due o più concessioni di stato. Infatti, parlando di Marcegaglia noi nemmeno abbiamo menzionato le concessioni, che invece varrebbero per Benetton ed altri dei 16 soci di CAI [Parentesi tecnica, non inserita nella lettera, ma che può interessare ai nostri lettori più secchioni: l'argomento di Giannino, a questo riguardo, confonde il conflitto d'interesse con la creazione di posizioni monopolistiche o comunque dominanti, quindi capaci di "ricattare", in senso economico, il governo. È erroneo sovrapporle ed il problema su cui Giannino punta il dito dovrebbe essere oggetto di attenta vigilanza dell'antitrust ... se non fosse che il governo BS ha esplicitamente derogato dalla legislazione antitrust in questo caso! Ma il conflitto d'interessi è un'altra cosa, ed in quei casi non c'entra nulla]. Il conflitto per Emma Marcegaglia deriva da altri fatti. Essa ricopre una carica di potere che ha natura "pubblica" (vedi il punto 3 sotto) e l'entrata di CAI nel mercato italiano è equiparabile a una concessione pubblica. Questo non solo perché si è costituita attraverso l'attivo intervento ed il supporto finanziario del governo ma anche, e soprattutto, perché la posizione dominante ed i profitti che da questa deriveranno sono concessi dallo stato derogando, addirittura, alla propria legislazione antitrust! Si converrà che in questo caso si configura un chiaro conflitto di interessi. Non basta: noi abbiamo anche chiaramente argomentato che il conflitto d'interessi, nel caso di Marcegaglia, è ancora più palese nei confronti delle decine di migliaia di imprese associate a Confindustria, cosa che hai tranquillamente ignorato. Infatti, è nell'interesse dei soci Confindustria che si determini la più ampia e forte concorrenza nel settore del trasporto aereo (e non), con conseguente aumento dell'offerta e diminuzione dei prezzi, mentre è nell'interesse di Emma Marcegaglia (azionista di CAI) che avvenga l'opposto e che il monopolio di CAI si rafforzi e duri in eterno. Non sappiamo quale sia la "scuola liberale" che hai in mente (saremmo curiosi di averne dei riferimenti concreti), ma in qualunque paese di cultura liberale il conflitto d'interessi si risolve ex ante, non ex post. I metodi variano, dal blind trust alla vendita o alla rinuncia ad alcune cariche, ma si fa sempre ed assolutamente ex ante, proprio per evitare che si realizzi nei fatti.
- Confindustria non ha mai peccato per eccessivo liberismo, ci mancherebbe! Ma ciò non toglie che sia appropriato farlo notare. Avremmo detto lo stesso dei presidenti di casa FIAT, e lo abbiamo detto tranquillamente in passato. Non commentiamo le ironie sulla Stampa, a parte notare che nessuno a la Stampa ci ha chiesto né suggerito il pezzo, che abbiamo inviato infatti a quattro quotidiani; si sono limitati a riceverlo e gentilmente pubblicarlo come, ne siamo certi, Libero Mercato farà con questa nostra risposta. Infine, in questo caso non si tratta di oligopolio solamente, ma di monopolio (sulle rotte interne) garantito dallo stato! Fa una notevole differenza e in particolare, costituisce il cuore del conflitto di interessi.
- No, Confindustria non è solo una "associazione privata di datori di lavoro". Anche se fosse "solo" quello (ossia, un cartello sindacale teso a restringere la concorrenza, tanto quanto CGIL, CISL, UIL, Confcommercio, eccetera) il conflitto d'interessi fra la Marcegaglia presidente di Confindustria e la Marcegaglia azionista di CAI ci sarebbe comunque, come abbiamo abbondantemente chiarito. A questo va aggiunto che Confindustria è un club privato solo nella forma ma non nella sostanza. Il corporativismo italiano e la pratica santificata della "concertazione" fanno sì che i sindacati dei lavoratori e degli imprenditori si siedano regolarmente a tavoli di lavoro con il governo (ed in ogni ministero) ed assieme ad esso definiscano la politica economica nei suoi minimi dettagli. Non dovrebbe essere così ma lo è, e questo Oscar Giannino lo sa meglio di noi. Non nascondiamoci dietro a un dito, peraltro sottilissimo e del tutto teorico. Siamo gente pratica ed interessata ai mercati concreti, o vogliamo fare solo gli astratti accademici che giocano con le parole?
La risposta allo statalista che scrive su Il Foglio
Egregio direttore,
dopo alcuni interventi apparsi sul nostro sito e su La Stampa, un recente articolo pubblicato sul suo giornale ha attaccato ''un manipolo di professori liberisti'' che si sono permessi di mettere in dubbio l'opportunità della operazione Alitalia e in modo particolare hanno segnalato il conflitto di interesse che si è venuto a creare per l'attuale presidente di Confindustria e per il ministro-ombra allo sviluppo economico del PD. Abbiamo qualche ragione di pensare che tale ''manipolo'' sia costituito dalle nostre modeste persone, e le scriviamo quindi per chiederle di permetterci una replica sul suo giornale alle affermazioni contenute nell'articolo.
L'articolo è pieno di cose non condivisibili, ma non c'è tempo e spazio per discuterle tutte. Ci concentriamo sui due soli argomenti in difesa della posizione di Marcegaglia in Alitalia/CAI. Afferma l'articolo che
- Quella di Alitalia non è una privatizzazione ma un "salvataggio [..] di un asset strategico per il paese",
- Marcegaglia è imprenditrice e "la quota a lei intestata" non è "un regalo ricevuto" ma piuttosto "un esborso che ha dovuto sostenere".
Se si rileggono le nostre argomentazioni dovrebbe essere ovvio che questi punti c'entrano con il problema del conflitto d'interessi da noi sollevato come i cavoli a merenda. Il conflitto per Emma Marcegaglia deriva dal fatto che essa ricopre una carica di potere - quella di Presidente della Confindustria - che ha natura "pubblica" (poiché Confindustria partecipa ad innumerevoli tavoli di lavoro con governo e sindacati per definire la politica economica in Italia), e l'entrata di CAI nel mercato italiano è equiparabile a una concessione pubblica. Questo non solo perché si è costituita attraverso l'attivo intervento ed il supporto finanziario del governo ma anche, e soprattutto, perché la posizione dominante ed i profitti che da questa deriveranno sono concessi dallo stato derogando, addirittura, alla propria legislazione antitrust! Si converrà che in questo caso si configura un chiaro conflitto di interessi. Non basta: noi abbiamo anche chiaramente argomentato che il conflitto d'interessi, nel caso di Marcegaglia, è ancora più palese nei confronti delle decine di migliaia di imprese associate a Confindustria. Infatti, è nell'interesse dei soci Confindustria che si determini la più ampia e forte concorrenza nel settore del trasporto aereo (e non), con conseguente aumento dell'offerta e diminuzione dei prezzi, mentre è nell'interesse di Emma Marcegaglia (azionista di CAI) che avvenga l'opposto e che il monopolio di CAI si rafforzi e duri in eterno.
Rispetto ai due punti specifici sollevati su Il Foglio, invece, poiché l'autore dell'articolo non ha capito la prima volta cercheremo di essere più chiari, diciamo un po' didattitici.
- Sì, quello di Alitalia è un salvataggio di una impresa fallita: quel poco di valido che è rimasto il governo lo ha promesso alla cordata di "salvatori" ad un prezzo che non ci è dato conoscere ma osiamo sospettare sarà di favore. Comunque, i conflitti d'interesse ci sono anche nei salvataggi se questi implicano la costruzione di un monopolio privato garantito e protetto dallo stato! Ma, soprattutto: Alitalia non è affatto strategica per il paese. Strategiche sono le rotte, non chi le occupa; ed è la concorrenza e l'iniziativa privata a garantire il servizio sulle rotte. Com'è che una delle prime richieste della cordata è stata di garantire la mancanza di concorrenza sulle rotte interne - specie Milano-Roma? Questa fregnaccia secondo cui "compagnia di bandiera = risorsa strategica" tutti continuano a ripeterla come se fosse vera, ma è una bugia grande come una casa. Infatti nessuno si preoccupa di spiegare nemmeno cosa vuol dire: la ragione è semplice, non vuol dire niente. Gli aeroporti sono risorse strategiche di cui lo stato dovrebbe occuparsi, come lo sono i radars, i controllori di volo, i treni-navetta che dalle città portano agli aeroporti, eccetera. Se i soldi gettati su Alitalia, prima, e su CAI, ora, si fossero investiti in queste, che sono le vere risorse strategiche, e si fosse permesso alle compagnie aeree che volevano farlo di entrare nel mercato italiano, staremmo tutti (noi italiani) molto meglio! Il turismo verso le città italiane, nell'ultimo decennio, è cresciuto grazie all'entrata di compagnie low cost ed altre compagnie straniere, non grazie ad Alitalia. Quelle compagnie hanno permesso a molti aeroporti abbandonati dalla mano pubblica di rivitalizzarsi e diventare una risorsa nazionale. Al contrario, le parole vuote sui ''settori strategici'', ''compagnie di bandiera'' e ''campioni nazionali'' hanno solo fatto e fanno gettare via soldi nel pozzo senza fondo con sede all'EUR. Fosse stato per Alitalia, il turismo verso l'Italia sarebbe calato, esattamente come hanno fatto i suoi ricavi!
- Emma Marcegaglia, come gli altri membri della cordata di salvataggio, ha proprio ricevuto un regalo, forse due. Ha certamente ricevuto una rendita monopolista sulle rotte della futura compagnia ed ha ricevuto l'appoggio esplicito del governo (ed attraverso di esso di una grande banca nazionale) per la costruzione ed il finanziamento della compagnia in questione. Poiché, in quanto presidente di Confindustria, si siede a decidere di queste scelte con il governo e gli altri sindacati ogni due per due, il conflitto c'è. E poi: "un esborso che ha dovuto sostenere"; "dovuto"? Suvvia, c'è un limite a tutto: il capitalismo non teorico richiede esborsi, che si chiamano dotazioni di capitale e che, quando ben usati, generano profitti. Investire in attività economiche su cui si ha un potere di controllo per altre vie (di tipo politico-sindacale) non elimina il conflitto d'interessi: lo crea! Niente investimento, niente conflitto. Quindi basta che la signora Marcegaglia eviti di farsi imporre questo esborso ed il conflitto svanisce! Difficile da capire? È tipo "no Martini, no party". Più chiaro, ora?
Marcegaglia again, con contorno di Veltroni.
Una cosa Giannino l'ha sbagliata alla grande: non è affatto vero che la Marcegaglia si sa difendere da sola, e la sua intervista al Corriere ne è una dimostrazione lampante. Questo il pezzo che forse ci riguarda o forse no; noi lo commentiamo lo stesso.
Si aspettava la bufera, anche se subito rientrata, sul suo ingresso nella cordata? «Francamente no. Il mio è stato un gesto simbolico, un segnale di fiducia nel rilancio di un’azienda strategica per il Paese. Noto che quanti criticano oggi sono, spesso, gli stessi che ieri chiedevano: ma gli imprenditori dove sono? Dopodiché: lo si vedrà nei fatti, se la stella polare della mia e della nostra azione non resteranno mercato e concorrenza. Che però, attenzione, non è un concetto accademico». Intende dire? «Lufthansa o Air France hanno sul mercato domestico quote ben più elevate di quelle di Alitalia. E quando partirà l’alta velocità ferroviaria, quella quota da noi scenderà ancora. Vuole altri esempi? Nel tempio della concorrenza, gli Usa, lo Stato ha "salvato" Bearn Stern. In Gran Bretagna si è fatto lo stesso con Northern Rock. La Germania fissa un limite ai fondi sovrani. Poi, per carità: sono consapevole che l’operazione Alitalia ha dei limiti, ma l’alternativa erano 20 mila persone a casa e i pezzi migliori lasciati nelle mani di chi se li sarebbe portati via a prezzi di saldo. E poiché siamo persone pragmatiche, non professori universitari che vivono da un’altra parte...». Frecciata a segno.
Intanto, complimenti alla giornalista per la neutralità. Si comincia rassicurando i lettori che la bufera è subito rientrata, e si conclude con un bel frecciata a segno. Mica male come esempio di professionale distacco dall'intervistata.
A noi non risulta che sia rientrato un bel nulla. Sono apparsi articoli critici dell'operazione Alitalia su Corriere, Stampa e Sole 24 Ore. Poi ieri finalmente qualcuno nel PD si è svegliato dal letargo e ha inviato una lettera al garante per la concorrenza, segnalando il conflitto di interessi di Benetton e ricordando l'inopportunità della partecipazione di Marcegaglia. Non abbiamo visto nulla su Colaninno però, chissà come mai. Gli economisti del PD forse sono ancora in vacanza; che rientrino presto, siamo curiosi di sapere se hanno qualcosa da dire.
La Marcegaglia non sembra rendersi conto che c'è una violenta contraddizione logica in quello che dice. Se veramente la sua partecipazione all'affare è una bella cosa, un segnale di fiducia per il paese, eccetera eccetera, perchè si sbraccia tanto a dirci che è solo simbolica? Se la partecipazione è simbolica non segnala un bel nulla, né fiducia, né voglia di impegnarsi. E se fosse simbolica, come suggerito, perché non farla di 10 euro? Così partecipiamo anche noi al party, anzi così ci partecipano milioni di italiani come ha giustamente richiesto (le buone idee cominciano a circolare, sembra!) Massimo Donadi, capogruppo di IdV a Montecitorio. Altra parentesi, quindi, prima di ritornare agli ameni argomenti della sciura Marcegaglia. La proposta di Donadi andrebbe ripresa e propagandata, facendone la base di una campagna di stampa e popolare (Beppe Grillo, dove sei quando potresti essere utile?). Occorre chiedere NON SOLO la possiblità che milioni di cittadini entrino come azionisti in CAI ma ANCHE la proibizione di qualsiasi patto di sindacato fra i 16 inziali o fra essi ed altri, ed un paio di altre cose tecniche, su cui torneremo in un altro momento. Comunque, facciamo girare la richiesta, che è una buona idea.
Se invece simbolica non è (la partecipazione di Emma Marcegaglia in CAI) allora la sciura Emma ci sta garbatamente pigliando per i fondelli. Quanto poi al fatto che ''quanti criticano oggi sono, spesso, gli stessi che ieri chiedevano: ma gli imprenditori dove sono?'', vorremmo proprio sapere di chi sta parlando. Noi agli imprenditori chiediamo solo di fare il loro mestiere, che è quello di far soldi competendo a viso aperto in mercati liberi e senza sussidi e protezioni statali; non di salvar la patria, grazie.
Quanto alle 20mila persone salvate dalla disoccupazione, ricordiamo che concorrenza e mercato generano occupazione, il monopolio la soffoca e la riduce. Alle migliaia di persone che avrebbero potuto lavorare in altre compagnie aeree se fosse stato possibile per queste entrare nel mercato italiano e che, invece, non troveranno lavoro a causa di questo accordo, ci pensa mai la sciura Emma? E a quelle che la piccola e media impresa non assumera' a causa degli alti costi di trasporto aereo?
Non va meglio nell'intervista apparsa sul Sole 24 Ore. In essa leggiamo:
Sulla sua partecipazione al progetto ha precisato: «Per me e la mia azienda di conflitti di interesse non ce ne sono: noi operiamo nella trasformazione dell'acciaio, di conflitti non ne vedo proprio. La mia stella polare è quella della concorrenza e delle liberalizzazioni, in altre occasioni sono stata spesso accusata di non voler investire, oggi ho fatto questa scelta, ho deciso di partecipare».
Qua siamo alla farsa. Nessuno ha parlato di un conflitto di interesse per il settore in cui opera la Marcegaglia SpA. Lo abbiamo già detto e lo ribadiamo: il conflitto d'interesse deriva dal fatto che la presidente di Confindustria partecipa (se simbolicamente o sul serio si vedrà) ad una operazione di monopolizzazione del trasporto aereo nazionale. È quindi oggettivamente in conflitto con i suoi associati, che il trasporto aereo lo usano per lavorare e hanno interesse a prezzi di trasporto il più bassi possibile. Ci risparmi poi il cicaleccio su concorrenza e liberalizzazioni (non abbiamo visto ''meritocrazia'', un altro sempreverde, chissà come ha fatto a dimenticarlo). Quando avrà qualcosa da mostrare ci faccia un fischio, nel frattempo per favore eviti di usare parole che non hanno alcuna relazione con i fatti. Anzi, ecco una consulenza gratuita: se vuole mostrare che la concorrenza è la sua "stella polare" chieda a CAI di rinunciare all'assorbimento di AirOne e al monopolio sulla Milano-Roma. Siamo gente pragmatica noi: in effetti, proprio perché viviamo ''da un'altra parte'' l'aereo lo prendiamo spesso e ci piace non regalare i soldi a nessuno.
Veniamo infine a Veltroni. In verità non sappiamo se Veltroni stesse parlando di noi. La questione del conflitto di interessi di Colaninno è stata ripresa da Parisi, per motivi che noi ignoriamo ma che devono essere legati a lotte interne al PD. Probabile, quindi, che Veltroni pensasse a Parisi. Fa lo stesso, il suo intervento è troppo delizioso.
Risponde anche ad altre sollecitazioni critiche, il segretario. Ad esempio conferma la fiducia a Matteo Colaninno, ministro ombra per lo Sviluppo economico nel governo Pd, che è stato criticato per le mancate dimissioni dopo la nomina del padre a presidente di Alitalia. «Ho detto a Matteo: stai tranquillo e vai avanti».
«In un Paese in cui il conflitto di interessi è spaventoso e il presidente del Consiglio possiede mezzo Paese - sottolinea- dire che il problema è che Matteo Colaninno fa il ministro-ombra è una cosa da matti».
Traduciamo: il conflitto di interessi di Colaninno c'è ma non conta niente perché il nostro ministro-ombra non conta niente. Occupiamoci piuttosto dei conflitti di interesse delle persone che occupano le posizioni che contano, che quelli sì sono una cosa seria.
Il bello è che è tutto vero, sia lo spaventoso conflitto di interessi di Berlusconi sia l'irrilevanza del governo ombra. Strano modo di rispondere a Parisi però, che aveva usato l'inefficacia del governo ombra come una delle principali accuse alla leadership di Veltroni. Che VW sia di quelli che per far dispetto alla consorte fedifraga fanno quelle famose cose su se stessi, usando il martello ed a volte la falce?
In ogni caso, nell'improbabile caso che Veltroni stesse parlando di noi, ricordiamo che siamo perfettamente d'accordo che il conflitto d'interessi di Berlusconi è un problema spaventoso. Saremmo stati molto contenti se nel periodo in cui ha governato (tra il 1996 e il 2008 un totale di 7 anni, se contiamo giusto), il centrosinistra avesse fatto qualcosa di concreto per eliminarlo, tale problema. Tipo, assicurarsi che venisse semplicemente rispettata la legge esistente nella vicenda Rete 4/Europa 7. Così non è stato, magari al prossimo giro saremo più fortunati. Ma in ogni caso non vediamo nessuna ragione né logica né pratica per cui la continuata presenza di questo problema debba dare carta bianca al PD per ignorare i conflitti di interesse che si sviluppano in casa sua.
E' naturale che gli imprenditori, non solo italiani, sognino il monopolio o la posizione dominante che consente tranquilli extra-profitti. Allo stesso tempo solo una Repubblica delle Banane come l'Italia puo' avere un governo che tiene il sacco ai robber barons legiferando a loro favore, sospendendo ad hoc anche la legislazione anti-trust nazionale. Tremonti afferma con qualche ragione che non c'e' completo mercato nel trasporto aereo e che in diversi paesi le compagnie nazionali hanno una forte posizione dominante. Ammesso ma non concesso che questo sia un bene in qualche strana unita' di misura, dovrebbe prendere anche provvedimenti che limitino o i prezzi finali ai consumatori (come i price caps imposti a British Telecom), oppure dei provveidmenti che limitino i profitti di imprese, come quelli imposti se ricordo bene alla societa' privata che gestisce ora le reti di British Telecom.