Al di là del tifo da stadio che sembra dominare ai due lati dell'Atlantico - Obama è buono, ergo: chi si oppone alla riforma è un mostro; Obama è cattivo, ergo: la riforma causerà la fine della civiltà occidentale - le domande a cui è importante rispondere sono le seguenti:
- Quali sono gli strumenti migliori per garantire il benessere (sanitario, in questo caso) degli strati più poveri della popolazione, dati i vincoli economici posti all’azione pubblica?
- Quale era la situazione USA, a questo riguardo, prima della riforma?
- Cosa cambia, al riguardo, la riforma Obama?
In questo post argomenteremo che la legge appena approvata (i) non utilizza gli strumenti migliori, quali l’aumento della competizione nella fornitura di servizi sanitari, (ii) non rispetta i vincoli economici all’azione pubblica e, infine, (iii) nemmeno tocca i veri problemi di fondo della sanità USA lasciando, quindi, una situazione forse peggiore della precedente.
In sostanza, l'executive summary per chi va di fretta è: un gigantesco bluff mediatico, proporzionale solo al personaggio che l'ha generato. Però non è la fine dell'occidente, è solo un'altro passo in direzione dell'italianizzazione (ancor più che europeizzazione) degli USA.
L'articolo è lungo, quindi vi preghiamo di prendervela con calma. Pur avendo fatto il possibile per essere sintetici, più corto di così non ci è venuto.
Stabiliamo anzitutto alcuni fatti che la retorica degli ultimi giorni (in Europa ancor più che qui, ma anche qui siamo arrivati a livelli mai visti in passato) ha ampiamente occultato.
(I) Negli USA, il problema numero uno del sistema sanitario NON È CHE MANCA LA SANITA' PUBBLICA (vedi punto (II)) ma che, pur spendendo fra privato e pubblico più del doppio (in percentuale del PIL, che è tutto dire) della maggioranza dei paesi europei, i cittadini americani godono di "performances" sanitarie non migliori di quelle francesi, tedesche o anche spagnole ed italiane (per qualificazioni, non tutte a vantaggio USA, vedi (III)). Nonostante la fetta di PIL che va in sanità sia enorme, una % considerevole della popolazione - tra il 3% ed il 10%, le stime disponibili sono tutte un po' truccate ma quella più ragionevole dice 20 milioni, ossia circa il 6,5% della popolazione - non ha assicurazione sanitaria e ricorre o a pagamenti in contanti, o al pronto soccorso o a strutture ospedaliere che non rifiutano mai trattamenti d'emergenza.
(II) Tra Medicare, Medicaid, Veteran Administration ed una varietà di altri programmi, la spesa sanitaria pubblica è pari a circa il 47% della totale, ossia a circa il 7% del PIL USA (2008, oggi è senz'altro maggiore). Questo implica che la spesa pubblica USA nel settore sanitario è, in valore assoluto, fra le più alte del mondo e, in percentuale del PIL, inferiore solo ad una manciata di paesi e superiore, tanto per dire, all'italiana. I dati più rilevanti si trovano qui (altri dati, più articolati, sono qua) e ci auguriamo vivamente che nel furioso dibattito che seguirà questo articolo gli interventi siano consistenti con i dati a disposizione, perché ci prenderemo il sovrano lusso d'ignorare chiunque parli ignorandoli o stravolgendoli. Che sull'Unità, il Corriere, Repubblica, le televisioni di stato e quelle di BS, eccetera, giornalisti, commentatori e politicanti sparino cazzate a vanvera, passi. Su nFA, per favore, astenetevi. Ah, notare anche che, di qual colore sia stata l'amministrazione, nell'ultimo decennio la spesa sanitaria pubblica è cresciuta quasi sempre di più della privata in termini percentuali.
(III) I rankings, come questo, che piazzano il sistema sanitario USA al di sotto del Costarica e poco al di sopra della Slovenia, sono propaganda fondata su criteri tipo "quanto si paga in contanti", è "equitativo", ci sono "forti misure di controllo dal tabagismo", eccetera. Sulla base di parametri obiettivi (dalla speranza attesa di vita, controllando per incidenti di macchina ed omicidi, ai tassi di sopravvivenza a quasi tutte le malattie gravi (esempio, cancro) che uno possa immaginare) gli USA finiscono sempre nei primi dieci o giù di lì. Questo non implica che quello USA sia il miglior sistema del mondo, ma non è il disastro descritto nella propaganda isterica che gira in certi ambienti. Tutti sanno che i trattamenti d'avanguardia son tutti qui e che chiunque possa viene a farsi curare da queste parti: deve ben esserci una qualche ragione. Meno persone sanno, invece, che il trattamento è ottimo anche per i non così ricchi e che, quando la confrontiamo con l'esperienza tipica dell'italiano medio che usa il servizio pubblico, la nostra esperienza (e quella di centinaia d'altri europei) di pazienti USA suggerisce un sistema almeno tanto buono quanto quello francese, anche ai livelli medi. L'aspetto più sgradevole del sistema USA - dopo quello chiave, a cui dedichiamo il punto IV - è l'eccessiva farraginosità, il ricorso a batterie di esami spesso inutili e la relativa anonimità dell'intera macchina sanitaria.
(IV) Il vero problema del sistema USA è che costa un occhio della testa. L'unico prodotto del sistema sanitario che, sulla base della nostra esperienza e dei dati che conosciamo, costa meno negli USA rispetto all'Europa sono le medicine classificate "over the counter", ossia aspirina, sciroppo per la tosse, vitamine varie, pomata per le emorroidi, decongestionanti, lassativi, eccetera. Questi prodotti si vendono ovunque e c'è quindi molta concorrenza, anche perché non sono più sotto brevetto. Infatti, guarda caso, costano meno a Los Angeles che a Milano o Parigi. Il resto - dalla visita medica generica, alla specialistica, alla medicina che si acquista solo in farmacia, agli esami, al ricovero ospedaliero, all'ora di utilizzo della macchina per fare fMRI - costa negli USA sostanzialmente di più che in Europa. Se proprio qualcuno non ci crede, cercheremo fonti ufficiali di dati e li riporteremo, però ci auguriamo che non risulti necessario. Ecco qui, comunque, alcuni esempi presi a caso dalla rete: chirurgia plastica, medicine, tests e visite di routine, spesa media per capita al 2007, cancro, diabete, ...
Il punto (IV) è cruciale perché, a nostro avviso, esso è la chiave della questione e la fonte di tutti i pasticci, passati, presenti e futuri. Il dibattito sulla necessità di una drastica riforma sanitaria negli USA si incentra, alla fine, su questa (parziale) osservazione: la nostra sanità costa troppo, non possiamo permettercela e, soprattutto, alcune decine di milioni di noi già non se la possono permettere neanche ai livelli minimi. Tutto vero: com'è, allora, che né durante gli ultimi due anni, né ai tempi del fallito tentativo di (Hillary) Clinton, né ora che la "riforma" Obama è stata approvata, si parla delle cause di questi alti costi? Perché tutto il dibattito si incentra su come pagarli quei costi - meglio: a chi farli pagare, magari con qualche nuova imposta - e non sul perché siano così alti e come ridurli?
Questo fatto - che la sanità USA costa tanto soprattutto perché costano più che nel resto del mondo quasi tutti i beni e servizi individuali che offre e che, quindi, il problema NON è a chi far pagare quei costi MA come ridurli - è stato abilmente manipolato da tutte le parti, focalizzando il dibattito sul costo "aggregato" e su chi debba pagarlo, dando per scontato che la struttura di prezzi e costi sia inevitabile.
Dal lato "pro-riforma qualsiasi essa sia", si è continuato a sostenere che la riforma farà diminuire la spesa pubblica nel settore, cosa platealmente falsa come documentiamo più sotto. Alcuni sono arrivati a sostenere che farà diminuire le tariffe assicurative (come? mistero) mentre tutti si son detti convinti che, intanto, pagheranno i "ricchi". Dal lato "nessuna riforma di nessun tipo", l'argomento è stato rovesciato per sostenere che qualsiasi intervento nell'attuale struttura di mercato avrebbe fatto aumentare i costi e trasformato i medici in dipendenti statali. Detto altrimenti, entrambe le parti estreme (e quelle "in mezzo" al seguito) hanno evitato di discutere da dove i costi arrivino e come si generino; si sono invece scontrate sul "a chi" farli pagare. Il risultato è stata la vittoria "politica" della parte che voleva una qualche riforma a qualsiasi costo e che occultava l'identità del Pantalone di turno.
Stabiliti questi fatti veniamo alle conseguenze ed implicazioni della cosidetta riforma.
Analizzarla nel dettaglio è impresa impossibile. Sicuramente nei prossimi mesi il Congressional Budget Office (CBO, l’organo tecnico che calcola gli effetti delle leggi sul bilancio pubblico) fornirà stime dei costi/risparmi che vadano oltre il 2020 e siano meno frettolose e criticabili di quelle prodotte sino ad ora. Parte della riforma è demandata ai singoli stati, che dovranno a tal proposito legiferare entro il 2014. Detto altrimenti: chi avesse avuto l'impressione che a partire dall'uno Gennaio 2011 il sistema sanitario USA cambierà, è invitato a cambiare impressione. La cosa più interessante dell'intera faccenda è che Obama ha portato a casa una vittoria tutta "politica", ossia ideologica e simbolica. Gli effetti pratici e concreti di questa sua vittoria politica si sentiranno, se si sentiranno, quando Obama già non sarà più presidente (anche se dovesse vincere un secondo mandato) e quindi non più "accountable for". Ma questo, seppur interessante, è un altro discorso.
Veniamo, comunque, a ciò che sui due quesiti precedenti è possibile dire alla luce del testo di legge approvato la settimana scorsa. Riassumiamo, per i lettori che non seguono la stampa USA, i capisaldi di questa legge. Una descrizione entusiasta e sommaria (ed alquanto distorta, ma basta leggere fra le righe per capire, eppoi ci pare divertente offrire questa versione perché si fa male da sola) la offre lo Huffington Post. Ok, scherzavamo, ecco qui una versione pure succinta ma meno ridicola (si fa per dire).
a) Si elimina la possibilità di rifiutare assicurazione sanitaria per condizioni pre-esistenti. Subito per i bambini, nel 2014, presumibilmente, per gli adulti.
b) È obbligatorio per tutti avere un'assicurazione sanitaria. Se non te la fai paghi una multa ma, se provi di essere "povero", allora te la sussidia lo stato. Chi sia "povero" non è ancora chiaro ma, vedi punto d), potrebbero diventare "sanitariamente povere" persone che, in Italia, si considerano meritevoli di tassazione punitiva (ricordate la Finanziaria 2007?): singoli con redditi sino ai 45mila dollari e famiglie di quattro con redditi sino a quasi 90mila dollari ... In particolare, le imprese fino a 50 dipendenti riceveranno un sussidio per finanziare i loro pagamenti sanitari ai dipendenti. Ovviamente l'esenzione fiscale per i contributi assicurativi pagati dai datori di lavoro rimane.
c) Medicare Drugs, che era già stato reso insanamente generoso da Bush e che i Repubblicani (chissà perché ...) adorano, diventa ancora più generoso.
d) Si estenderà la copertura di Medicaid, ossia un numero maggiore di persone verranno dichiarate "povere" e potranno usare questa assicurazione pubblica. Poiché alla fine questo dipenderà dagli stati non si capisce bene quale sia il limite. A naso, le persone con redditi inferiori o uguali a 40-45mila dollari circa saranno coperte da Medicaid.
e) Le imprese di assicurazione sanitaria saranno soggette a varie restrizioni, obblighi, regolazioni, richieste di produrre informazioni. In cambio riceveranno ... sussidi da svariate fonti, tutte pubbliche.
f) Dal 2012, la Medicare Payroll Tax sarà applicata, in una percentuale del 3,8 per cento, sui redditi da capitale delle famiglie con reddito superiore a $250,000 per year ($200,000 for individui) (attualmente è il 2,9% dei salari).
g) Una valanga di minuzie, ognuna apparentemente piccola ma tutte a carico della mano pubblica che paga a questo ed a quello. Ah, sì, ora tasseranno quelli che si fanno le lampade ... Paganetto sarebbe nei guai ... Oops, quasi ce lo scordavamo: faranno un nuovo website per informarci ...
h) Gli immigranti illegali ... sono sani e non hanno bisogno di assicurazione medica alcuna. Anche la donna che abortisce è sana e sta molto bene, quindi niente copertura; anzi, le strutture che praticano aborti rischiano di perdere una varieta' di fondi federali (ma qui aspettiamo il famoso "executive order" del signor Obama).
Non pensiate che vi si stia prendendo in giro. Il tono è faceto, la sostanza è quella che descriviamo. QUESTA, a)-h), è la grande riforma, non quella che vi hanno raccontato i giornali italiani.
Andiamo avanti, guardiamo alle implicazioni.
1) La riforma peggiora la già insostenibile dinamica del bilancio federale. Sgomberiamo subito il campo dall’idea, ampiamente sbandierata da Obama, che la riforma ridurrà il deficit federale di 138 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, come recentemente stimato dal CBO. A parte che 138 miliardi in dieci anni, ossia 14 all'anno, è meno di uno sputo nel bilancio federale USA, tale stima contiene anche dei “trucchi” contabili. Esempi sono la contabilizzazione anticipata degli introiti da nuove tasse e il posticipo (oltre il 2020) della contabilizzione dei nuovi costi. Una tipica differenza fra contabilizzazione “per cassa”, usata dal CBO, piuttosto che “per competenza”. Oppure lo spostamento temporaneo degli introiti da contributi pensionistici a copertura di nuovi costi sanitari. Il trucchetto contabile di spostare nel tempo i costi ed i ricavi generati da una nuova legislazione (molto comune nel Bel Paese) lo è meno qui ma è diventata possibile in questa occasione perchè il CBO ha avuto il tempo per fornire stime solo fino al 2020. Grosse sorprese potranno apparire quando i calcoli saranno estesi fino, diciamo, al 2050. Rifacendo in conti in modo corretto, l’ex direttore del CBO stima che la riforma aumenterà il deficit federale di 562 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni.
Ora, diranno i partigiani di Obama a tutti i costi, anche 57 miliardi all'anno sono poca cosa nel bilancio federale USA - dipende, diciamo noi: sono 4 volte di più e sono un ulteriore numero negativo che si aggiunge ad una sfilza infinita di numeri negativi - oltre ad essere un prezzo modesto per una riforma epocale. Sull'epocalità della riforma torniamo dopo ... no, anzi, non ci torneremo più: ve l'abbiamo illustrata sopra, giudicate voi. Stabiliamo intanto che la conclusione più sensata da trarre è che la riforma sanitaria peggiorerà sensibilmente lo stato delle finanze pubbliche americane. È questo peggioramento sostenibile nel lungo periodo? La risposta è no, per il semplice fatto che il debito pubblico americano si trovava già su un percorso non sostenibile di crescita anche senza la riforma sanitaria. In altre parole, gli USA hanno bisogno di una riforma che riduca il deficit, non che l’aumenti! Per illustrare questo punto possiamo utilizzare lo studio del CBO datato giugno 2009 sull'andamento di lungo periodo delle finanze pubbliche americane. Nel sommario si legge,
“Sulla base delle leggi correnti, il bilancio federale su trova su un percorso insostenibile – nel senso che il debito federale continuerà a crescere molto più velocemente dell’economia nel lungo periodo. Sebbene ci sia molta incertezza sulle proiezioni fiscali di lungo periodo, l’aumento dei costi sanitari e l’invecchiamento della popolazione determineranno il rapido aumento della spesa federale in ogni scenario plausibile, date le leggi correnti” [Traduzione del mio compare, Arlecchino]
Un grafico spiega il punto in modo molto eloquente,
Anche nella migliore delle ipotesi (“baseline scenario”), in assenza di riforme il debito pubblico supererà il 100% del Pil entro il 2045, mentre nello scenario alternativo (che come vedremo non è necessariamente il peggiore) questa soglia sarà superata già attorno al 2024. Lo scenario base è costruito in modo molto ottimistico perchè non prende in considerazione alcun politiche fiscali comunemente adottate che tendono ad aumentare il deficit (un esempio semplice: aggiustare verso l’alto le soglie di esenzione da tassazione sui redditi per tener conto dell’inflazione). Lo scenario alternativo tiene invece conto di tali pratiche, e per questo motivo il CBO lo considera come l’interpretazione di “cosa significhi continuare l’odierna sottostante politica fiscale” (mia traduzione).
Lo scenario alternativo non è necessariamente il peggiore dei mondi possibili. Non tiene per esempio in conto l’aumento dei tassi di interesse che si verifica quando il debito pubblico di un Paese cresce oltre certi livelli di guardia. Non tiene nemmeno in considerazione l’effetto negativo che un inasprimento fiscale, effettuato in ritardo per contenere un deficit ormai esploso, può avere sulla crescita del PIL. Ma chi viene fregato più di tutti quando la crescita economica viene strozzata dal debito pubblico e dalle alte tasse, o quando improvise misure draconiane devono essere prese per evitare la bancarotta del Paese? I ricchi o i poveri? Questa domanda meriterebbe un altro post. Ci limitiamo a richiamare quanto drammatici siano le conseguenze, per occupazione e reddito delle fasce più deboli, di una crisi finanziaria (pensate all'Argentina, per esempio). Da parte sua, il CBO ha già fatto il pronostico su cosa succederà nel 2041, quando non ci saranno più soldi per sostenere gli attuali livelli di spesa sociale (tenendo conto degli effetti della crisi finanziaria la data viene anticipata al 2037). Risultato: un taglio del 20%. Fra 27 anni uno di noi spera di essere ancora in pensione, l'altro di esserci quasi arrivato: abbiamo cominciato ad ammassare vaselina.
Lo scenario esplosivo del debito pubblico americano è talmente serio che viene ormai dato per scontato da qualche Fed.
2) Ridurre i costi sanitari per tutti i cittadini senza aggravare il bilancio pubblico è possible: basta mettere concorrenza dove non c’è. Peccato che Obama questa strada non l’abbia seguita. Le lobbies dell'industria sanitaria hanno stappato lo spumante (almeno in questo lasciateci essere patriottici). Vediamo la questione più nel dettaglio.
Che il problema sia lì, non c'e dubbio. Tutti gli indicatori di profittabilità delle imprese che operano nel settore della sanità USA sono fuori dalla norma, molto fuori dalla norma e sempre più fuori dalla norma. Dato che, come anche l'ultima recessione conferma, il settore sanitario è di fatto anticiclico, stiamo parlando di un'anomalia
L'unico settore, guarda caso, in cui il margine di profitto è basso e non cresce è quello dei "drug retailers" (dove gira attorno all'1%), la media del settore è del 7%, era del 5% nel 2006. Imprese come Pfizer (31%) o Amgen (36%) hanno margini di profitto quasi ridicoli, quanto alti sono. La media del settore farmaceutico viaggia attorno al 17%, era il 13% nel 2006 e cresce imparabile da una decina d'anni. Possiamo dare dati di questo tipo sino alla nausea, il punto è sempre lo stesso: i tassi di rendimento per chi riesce ad entrare ed investire nella sanità USA sono completamente anomali, verso l'alto non verso il basso.
Le assicurazioni. La nuova legislazione prevede l’istituzione di mercati (“marketplaces”) dove i cittadini disoccupati, o senza copertura dal datore di lavoro, potranno acquistare assicurazione sanitaria, avvantaggiandosi di sussidi pubblici. Questo parte della riforma ha una storia travagliata. Nel corso dei mesi si è passati dal proporre la “public option” (l’istituzione di un’assicuratore pubblico nazionale che competesse coi privati), all’ipotizzare un unico “marketplace” nazionale. La decisione finale è stata che l’istituzione e gestione di questi mercati sarà demandata a ciascuno stato federale. In pratica ci saranno tanti mercati segmentati quanti sono gli stati americani! Follia? Certo, ma le lobbies assicurative adorano lo status quo in cui sono regolate a livello statale: permette a giochetti come quello di AIG d'essere perpetrati impunemente ... La creazione di mercati assicurativi statali non è nuova. Esiste tuttavia un problema, perchè quella assicurativa è un’industria altamente concentrata a livello statale. Uno studio commissionato nel 2009 dalla American Medical Association (“Competition in health insurance: A comprehensive study of U.S. markets” ) trova che in 24 dei 43 stati in cui è stata effettuata la rilevazione il primo assicutore ha una quota di mercato superiore al 70%. Nello studio precedente, datato 2007, ciò succedeva solo in 18 stati su 42. Nella sostanza, in quasi tutti gli stati il mercato assicurativo è coperto da uno o due assicuratori. Se siete curriosi, cliccate qui e guardate (per gli amerikani) cosa succede nello stato in cui risiedete. Il mercato assicurativo è soggetto per sua natura a notevoli economie di scale. Disegnare politiche che riducano la concentrazione dei mercati statali, a favore di una maggiore diffusione nazionale, avrebbe il doppio beneficio di aumentare l’efficienza nella produzione di assicurazione e di diminuirne il prezzo grazie ad una maggiore competizione. Senza spendere un centesimo del bilancio pubblico. Su questo la riforma Obama si limita a prevedere vagamente che l'Office of Personnel Management si accordi con le compagnie private per offrire almeno due piani assicurativi nazionali. La conclusione è che gli americani saranno obbligati per legge, pena una "multa", ad acquistare assicurazione (ed il governo a sussidiarla) in un mercato monopolistico. La terra promessa per le compagnie assicurative, che saranno ben felici di pagare qualche tassa in più! Ora capite perché i corsi delle azioni di tali compagnie siano saltati in alto quando la legislazione è stata finalmente approvata.
I farmaci. Parliamo del costo dei medicinali. Secondo i dati OCSE, nel 2007 la spesa per farmaci negli USA costituiva circa il 13% della spesa sanitaria totale. Il costo dei farmaci negli USA è in media sensibilmente più alto che negli altri Paesi OCSE. Tale differenza di prezzo spinge gruppi di anziani ad organizzare autobus per fare shopping di farmaci in Canada. Il dubbio che per gli USA il problema stia nella poca concorrenza del mercato farmaceutico è evidente nei risultati di questo studio. Fatto uno il costo dei farmaci negli USA, il grafico riporta il costo relativo dei farmaci in altri otto Paesi, distinguendo fra farmaci generici e farmaci sotto brevetto (“single source drugs”).
Dove ci aspettiamo che i prezzi relativi americani siano più alti? Dove c’è relativamente meno concorrenza. Il prezzo dei generici negli USA è al livello di Canada, Cile, Francia e Gran Bretagna, è un pò più basso di Germania e Messico, ed è molto più basso che in Italia e Giappone. Per i farmaci brevettati la situazione è molto diversa. Infatti, escludendo il Giappone (l'altro protettore delle farmaceutiche e dei loro brevetti), in tutti gli altri Paesi i prezzi sono più bassi del 30-50%. Come ridurre il costo dei farmaci con brevetto? Un modo è quello di imporre un tetto al prezzo dei farmaci brevettati, corrispondente al prezzo internazionale del farmaco (come fa il Canada). Implicitamente è anche ciò che si fa in Italia dove esiste un grosso acquirente (il S.S.N.) che grazie al suo potere contrattuale riesce a “strappare” prezzi migliori alle multinazionali. Un altro modo è quello di permettere l’importazione di farmaci dall’estero, di fatto bandita negli USA. Da senatore, Obama ed altri parlamentari repubblicani e democratici avevano proposto una legge che eliminasse tale divieto. La legge è stata poi affossata, grazie al cambio di bandiera di Obama che ha garantito alle case farmaceutiche il mantenimento dello status quo, in cambio di un piattino collettivo di lenticchie (uno sconto di 80 miliardi di dollari in 10 anni sul prezzo dei farmaci, già controbilanciato da un aumento del prezzo degli stessi) e di un bel piattone individuale di 150 milioni di dollari di finanziamento alla propria campagna di riforma sanitaria (vedi qui e qui). Sì proprio alla riforma appena approvata. Porre limiti al prezzo dei farmaci brevettati è cosa ben diversa della solita politica socialistoide dei prezzi regolati. Si tratta infatti di una politica pro-concorrenza, nel senso che avvicina il prezzo a quello che sarebbe praticato in un mercato concorrenziale. Il mercato dei farmaci brevettati è monopolistico per definizione, anzi, per legge: c’è il brevetto. Qualcuno dirà che se abbassiamo i prezzi le società farmaceutiche smettono di fare ricerca (invece i soldi per finanziare le campagne elettorali ce li hanno sempre). Noi siamo alquanto scettici di fronte a questo ragionamento (chissà perché ...). Da parte sua, Obama poteva (e doveva) mettere finalmente in campo una discussione seria, numeri alla mano, che chiarisse se e quanto sia il caso di continuare a garantire il potere monopolistico farmaceutico. A quel punto, anche se la motivazione su R&D in parte reggesse, la figura di cui sopra ci mostrerebbe una situazione paradossale: i cittadini americani stanno sussidiando l'invenzione di nuovi farmaci venduti a prezzi molti più bassi negli altri Paesi. Nulla di strano, perchè Obama, si sa, ha un cuore d’oro ed ama tutti, anche chi non lo elegge. Forse però i suoi cittadini sarebbero più contenti se obbligasse le case farmaceutiche ad abbassare i prezzi domestici e, con la scusa di mantenere i livelli di R&D, ad alzarli all’estero (sorry per i compatrioti in Italia).
I salari dei medici. Partiamo da due dati di fatto: i medici americani sono i più pagati al mondo ed il loro numero, in percentuale della popolazione, è tra i più bassi fra i Paesi sviluppati (i dati sono presi da OECD Health Data 2009). Le due figure che seguono distinguono fra salari dei medici di base e degli specialisti, e fra autonomi e dipendenti. I medici che praticano in USA sono i meglio pagati al mondo in termi relativi, cioé rispetto al PIL pro-capite. In termini assoluti (a parità di potere d'acquisto) un medico di base autonomo guadagna, per esempio, 146 mila dollari all'anno in USA, 121 mila in Gran Bretagna e 84 mila in Francia. Moltiplicate queste cifre per circa 1,7 e ottenete gli stipendi degli specialisti (qui i più ricchi sono gli olandesi).
Ben pagati, ma pochi. Gli Stati Uniti sono in fondo alla classifica dei Paesi sviluppati per quanto riguarda il numero di medici pro capite. In proporzione, il numero di medici in Italia è quasi il doppio.
La tentazione di attribuire gli alti salari americani alla scarsità di medici è forte, ma un po' di cautela è necessaria (si veda il caso dell'Olanda, per esempio). Ci sono tanti altri fattori che concorrono a determinare il reddito dei medici nei vari Paesi, fra cui differenze in produttività o nei sistemi di remunerazione. Fra queste, il cossiddetto metodo "fee for service" (il più diffuso negli USA), che lega la remunerazione al numero di visite effettuate, tende ad aumentare il reddito dei medici rispetto ad un sistema a salario fisso (come nei sistemi single payer, italiani o inglesi). Proprio il sistema pay for service viene spesso citato come causa di alti costi sanitari, in quanto incentiverebbe la proliferazione di esami e visite mediche inutili. Sebbene il basso numero di osservazioni a disposizione non permetta analisi statistiche molto precise, c'è comunque una certa evidenza a favore dell'ipotesi che le remunerazioni tendono ad essere più alte nei Paesi in cui in numero relativo di medici è più basso. Un fatto è comunque certo: il basso numero di medici negli USA è stato causato dalle alte barriere d'accesso alla professione poste dal regolatore a partire dagli anni '80. La storia, in breve, è la seguente. In America non ci sono limiti all'accesso alle Medical Schools (in Italia invece c'è il numero chiuso) ma le barriere stanno più "a valle" perché il numero di ospedali che possono offrire la "residency" (corrispondente alla "specializzazione" in Italia) è regolato. E senza residency non si può praticare la professione. La storia in breve è la seguente (i dettagli qui). A partire dagli anni '70 e fino a tutti gli anni '90 gli organi regolatori americani, costituiti da rappresentanti della professione medica, continuarono a fornire stime a ventanni secondo cui gli Stato Uniti sarebbero andati incontro ad un eccesso di offerta di medici del 20%-30%. Conseguentemente, si adoperarono in vario modo per il contenimento nel numero annuale di residency concesse. La situazione divenne così ridicola che nel 2004 il regolatori stessi dovetto fare retromarcia ed ammettere che gli USA avrebbe affontato una seria carenza di medici se non fosse state intraprese serie azioni correttive. Ma il danno ormai era stato fatto.
Ora ne parlano tutti e persino Business Week non passa mese che non si strappi i capelli perché c'è scarsità di medici e dove li troviamo e come facciamo. Tutti vogliono più medici (eccezion fatta per l'AMA ...) ma nessuno sa dove trovarli e, soprattutto, la riforma Obama non fa nulla per trovarli ed aumentarli. Idem per infermieri, nel caso pensiate che solo di medici si tratti. Le barriere all'entrata sono ovunque: dai medici alle medicine brevettate, dagli infermieri alle compagnie assicurative sino agli ospedali.
In Conclusione
Il problema della sanità USA è, alla fine, davvero tutto lì: monopoli, monopoli e poi ancora monopoli. Tutti belli legali, tutti giustificati dall'intento di garantire i consumatori, oops pazienti, tutti perfettamente consistenti con l'idea che maggiori restrizioni all'offerta fanno il bene dei cittadini perché garantiscono che essi, poveri ignorantoni, ricevano il servizio di qualità a cui hanno certamente diritto ma che non saprebbero scegliersi.
Cosa fa la grande riforma Obama ai monopoli in questione? Regala loro un bel po' di domanda addizionale (che ovviamente farà solo aumentare ulteriormente i prezzi) pagandola con le tasse dei contribuenti (solo dei ricchi, ovviamente, solo dei ricchi ...) e con tanto altro debito futuro. L'offerta? Modificare le condizioni dell'offerta, liberalizzare, forzare competizione e libertà d'entrata, impedire la collusione per aumentare l'efficienza e ridurre i costi? Ma dai, smettetela una benedetta volta, voi liberisti del menga con questa storia della competizione, dell'offerta, della disciplina del mercato ... ciò che conta è la domanda, no? Non lo dice sempre anche Paul Krugman?
Eppoi, se ciò di cui abbiamo bisogno è domanda effettiva addizionale, i conti tornano: perché mai cercare di ridurre i costi di produzione dei servizi sanitari? Se riduci i costi riduci i redditi di svariate persone, perché nella sanità ogni costo di un paziente è praticamente il reddito di qualcuno che nella sanità ci lavora, no? E se riduci i redditi di medici, infermieri, assicuratori e così via ... riduci la domanda e crei la crisi economica! Deve stare lì il legame, chiaramente: la grande recessione è dovuta alla scarsa domanda di servizi sanitari negli USA ... vedete che nelle politiche di Obama tutto si tiene? La sua riforma farà aumentare la domanda di servizi sanitari (che ne consumiamo troppo pochi e spendiamo troppo poco per essi, o no?) e contribuirà, quindi, a far uscire il paese dalla crisi!
Ve l'avevamo detto o no che il grande affabulatore sarebbe riuscito a convincere tutti e quadrare il cerchio? Ecco, forse non ha convinto tutti ma il cerchio, quello l'ha quadrato: la riforma sanitaria è, sotto sotto, parte del suo stimolo fiscale per uscire dalla crisi. Il fatto che diventi effettiva solo fra 4-6 anni è un dettaglio secondario. Siete confusi? Consolatevi, lo siamo anche noi.
Meditate gente, meditate: altro che terra del libero mercato e della concorrenza. L'Amerika vera è questa qua, non quella che vi raccontano i media italioti.
P.S. Dei Repubblicani non abbiamo parlato, perché non meritano alcuna attenzione in questo caso. Il loro comportamento nella vicenda "riforma sanitaria", alla faccia dei tea parties, è stato tanto squallido, anti mercato, anti concorrenza e financo demenziale e suicida, che non vale la pena discuterlo.
dalla valutazione economica in senso stretto, ed è la seguente. Secondo voi era veramente possibile fare una riforma contro i monopoli? In senso politico, voglio dire.
La conventional wisdom sembrava essere che qualunque tentativo di attuare una riforma che intaccasse i profitti delle compagnie assicurative e dell'industria sanitaria sarebbe naufragata sotto i colpi dei commercials pagati dalle rispettive lobbies. Vista l'ostilità dei repubblicani a qualunque tipo di intervento, sensato o meno, la storiella che ho sentito talvolta raccontare è che l'unica scelta dei dems era tra la brutta riforma che è stata attuata oppure nessuna riforma (e fare una qualche riforma da dare in pasto agli elettori era imperativo dal punto di vista politico). Voi avete qualche idea in proposito? Perché io non ne ho.
Non so, forse sì, forse no. Ma non ci hanno neanche tentato. Obama ha solo raccontato bugie, e basta.
Se non era possibile fare la riforma contro i monopoli, allora era meglio non fare nulla. Capiamoci: questa cosa è veramente peggio del passato, peggio. Han fatto una riforma a FAVORE dei monopoli!
Se nessuna parte politica mai comincia a chiarire che il problema della sanità USA sono i monopoli legali e non il mercato, non si arriva mai da nessuna parte.