L'ex presidente dell’antitrust in questione è Giuliano Amato, il quale dichiara che fu un errore abolire le tariffe minime. Così afferma:
Nel 1997 ho sottoscritto l’ indagine conoscitiva Antitrust che chiedeva, tra le altre cose, l’abolizione dei minimi tariffari vincolanti, per favorire l’ingresso dei più giovani nel mercato dei servizi professionali. Ebbene, ho appreso dall’esperienza che l’abolizione dei minimi ha consentito ai clienti in posizione dominante relativa di mettere in ginocchio i giovani avvocati.
Cerchiamo di capire. Cosa significa posizione dominante relativa? Cos'è una posizione dominante un ex-presidente dell'antitrust lo sa, o perlomeno lo dovrebbe ricordare. Per chi lo ignora significa che uno o più soggetti detengono potere di mercato, ovvero sono in grado di praticare prezzi più elevati dei loro concorrenti senza con questo perdere domanda. Oppure, se vista dall’altro lato del mercato (precisamente quello che ha in mente Amato) si chiama potere dell’acquirente, ovvero la capacità di ottenere prezzi ben al di sotto di quelli normalmente praticati da chi offre quel bene o servizio. Ma in questo caso di chi si tratta? Delle grandi imprese, dice Amato. Quante sono? Svariate migliaia, perlomeno; e sparse per ogni dove del nostro amato paese. Chiunque abbia una minima dimestichezza con le questioni antitrust sa che con questi presupposti non si va da nessuna parte, e questo Amato lo sa bene, ed è per questa ragione che il fenomeno non ha mai attirato l’attenzione dell'antitrust. In fondo, mal che vada (per il produttore) il potere del compratore spinge il produttore a praticare prezzi di concorrenza perfetta, erode il suo profitto. Crediamo sia ovvio a tutti (tranne ad Amato, che fa finta di averlo dimenticato) perché non c’è da preoccuparsi se la rendita monopolistica di un produttore viene dissipata.
Quanto poi alla bizzara nozione di “posizione dominante relativa”, se gli si da il significato anglosassone di superior bargaining position, torna utile questo rapporto, dal quale si apprendono diverse cose:
- 24 paesi su 32 non hanno alcuna norma antitrust di quel genere;
- Tra quelli che ce l’hanno, ci siamo anche noi (hurrà), con il nome di abuso di dipendenza economica, però non abbiamo mai applicato la norma (vedi appendix B del rapporto), chissà, magari se Amato fosse rimasto all’Antitrust lo avrebbe anche fatto;
- Gli unici a intervenire vigorosamente sono la Corea e il Giappone (più del 98% dei casi).
- Per chi voglia andare direttamente al succo della questione, e del perché, normative di tal genere sono una fesseria controproducente, si suggerisce di leggere pag. 17, che riporta le valutuzioni Gran Bretagna e Stati Uniti.
Dopo aver così ordinato i concetti, il punto di Amato risulta chiaro e può essere illustrato semplicemente. Il fenomeno che ha in mente è che il potere di mercato dei clienti è esercitato rispetto solo verso alcuni avvocati (i giovani sconosciuti) ma non rispetto ad altri (vecchi affermati). Questo vuol dire che le condizioni di offerta degli avvocati sono diverse, i vecchi riescono a farsi pagare di più per quei servizi nei quali l'esperienza paga. Ma i servizi professionali degli avvocati sono variegati: da quelli nei quali l’esperienza conta molto a quelli nei quali non conta nulla. Senza i minimi tariffari i giovani possono iniziare a fare concorrenza selvaggia sui secondi, dove i vecchi non possiedono vantaggi competitivi. La presenza dei minimi tariffari, invece, preserva anche questa fetta di mercato a vantaggio dei vecchi (si potrebbe obiettare che i giovani un giorno diventeranno vecchi e quindi potrebbe essere nel loro interesse preservare la rendita; ma questo non è il punto che Amato ha in mente, speriamo).
Ne consegue che i minimi tariffari non sono una gran trovata per i giovani avvocati. È infatti facile vedere cosa succederebbe se questi venissero reintrodotti: il denaro che attualmente “i clienti in posizione dominante relativa” risparmiano tornerebbe ad essere incassato dagli avvocati, e in prevalenza da quelli vecchi.
Conosciamo bene le obiezioni all'argomento che il minimo tariffario vada abolito, o almeno, alcune di esse.
- “Viene meno la dignità della prestazione”. Ci sembra un’affermazione abbastanza fumosa. Che vuol dire, concretamente? Ci sono fior di avvocati che non si pongono il problema delle tariffe minime per il semplice fatto che sono perfettamente consci del valore della loro prestazione. Essi offrono un servizio qualitativamente alto e, come tale, se lo fanno giustamente remunerare. I “i clienti in posizione dominante relativa”, quando hanno un vero problema, vanno da loro e non ragionano certo in termini di “tariffe minime”.
- “Il consumatore si prende delle fregature, perché se l’avvocato va sottotariffa, vuol dire che non può fare seriamente il suo lavoro”. Chi lavora nel settore sa benissimo che le fregature c’erano anche prima. Anche prima c’erano gli avvocati bravi ed i cialtroni, come in tutti i settori. Oltretutto, è inutile nascondersi dietro un dito: specie al Sud c’erano già prima della loro abolizione, avvocati che, per necessità, andavano sotto la tariffa.
Vediamo, invece, in che modo l’abolizione delle tariffe può portare dei vantaggi al cittadino/consumatore e, in generale al “sistema Italia”, oltre che ai giovani avvocati. Se il cittadino/consumatore è avveduto, può, ad esempio, scegliere sulla base di preventivi. Vi sono prestazioni legali che, di fatto, sono di risultato. Per esempio un’interdizione di persona in coma vigile. In questi casi uno potrebbe scegliere l’avvocato più conveniente. Forse non tutti i comuni cittadini sono abituati ad agire in questo modo. Ma sicuramente lo è un l’imprenditore e, in generale, “i clienti in posizione dominante relativa” di cui parla Amato. Questi, “clienti in posizione dominante relativa” spesso sono grandi imprese, banche o assicurazioni, imprese anch’esse, che hanno numerose cause semplici e seriali e che, grazie all’abolizione delle tariffe, hanno potuto abbattere i costi.
Si dirà: è una mera redistribuzione dagli avvocati alle grandi imprese, il cittadino non ne trae vantaggi. La cosa può essere vera, ma non necessariamente. È vera se l’abbattimento dei costi si traduce in un semplice aumento dei profitti e non in un abbattimento del costo dei servizi erogati da queste imprese. Ciò avviene perché anche i servizi bancari ed assicurativi sono poco trasparenti e prodotti in mercati oligolopolistici. Ma allora basta fare in modo che questi mercati diventino più concorrenziali e trasparenti! L'Italia è un paese poco competitivo, questo è noto. Tra le cause vi sono proprio i maggiori costi che le imprese italiane devono sostenere rispetto a quelle della maggioranza dei paesi anche UE. Se, quindi, attraverso l’eliminazione delle tariffe minime, le imprese possono ridurre i loro costi, si fa un passo, seppur piccolo, verso un aumento di competitività.
Come abbiamo facilmente dimostrato, l’abolizione delle tariffe minime può comportare dei vantaggi proprio per quei giovani avvocati che, a dire di Amato, sarebbero condizionati dai “clienti in posizione dominante relativa”. Anche qui è inutile nascondersi dietro un dito. I “clienti in posizione dominante relativa” non andavano dal giovane avvocato per il semplice fatto che non avevano convenienza a farlo. I “clienti in posizione dominante relativa”, avevano avvocati affermati, dotati di “entrature” e “strutture”. Adesso il giovane avvocato può sottrarre questi clienti a questi avvocati proprio grazie alla possibilità di praticare altre tariffe e, con ciò, accedere ad un mercato che prima a lui o lei era precluso. Per l’avvocato giovane l’abolizione delle tariffe minime è un’opportunità, non certo un danno, come sostiene Amato.
Concludiamo con un aneddoto. Tra le tante cause che hanno portato l’Italia nelle condizioni in cui si trova, vi sono i molteplici interessi corporativi, ormai lo sanno anche i sassi. Le tariffe minime furono abolite da Bersani, con le famose lenzuolate, prima che facesse di Fassina il suo “esperto economico”. Con quel provvedimento Bersani si inventò le parafarmacie. Uno di noi è solito passare le vacanze in un paesino della provincia di Taranto, profondo Sud, martoriato dal sottosviluppo e dalla disoccupazione. Nel 2007, una intraprendente farmacista, ha aperto una parafarmacia. Adesso vi lavorano in tre. Tre posti di lavoro creati e prezzi più bassi per i consumatori senza aver speso un euro in “politiche industriali”, senza aver introdotto una tassa, semplicemente riducendo, e nemmeno abolendo, un privilegio corporativo. Davvero, prof. Amato, liberalizzare è contrario all'interesse della parte più debole del mercato?
Questo post dà a chi non ne sa abbastanza argomenti forti per sostenere qualcosa che intuitivamente era già abbastanza evidente. Comunque credo che la liberalizzazione in questo settore stenti a passare a causa del notevole numero di avvocati sia nei due rami del Parlamento, in particolare nel centro-destra, sia nella constituency del centro-destra.