La stampa ha dato un certorisalto (dovrebbe farlo in modo continuato) all'iniziativa di Renato Brunetta di rendere pubbliche le consulenze esterne che l'apparato dello stato ha utilizzato e pagato nel 2006. Mi auguro continui a farlo, annualmente, nel futuro.
Alcune riflessioni.
- Contrariamente a quanto molti commentatori hanno suggerito, questa operazione non ha nulla in comune con la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi personali, avvenuta alcune settimane fa per opera dell'Agenzia delle Entrate. In questo caso lo stato sta semplicemente rivelando ai cittadini come spende (parte de) i soldi che raccoglie con le loro tasse. Questa pratica - comune negli USA dove (per esempio) i salari dei professori delle università statali sono pubblici - permette un minimo di controllo sui criteri di spesa dell'apparato dello stato. Non intrude nella privatezza di nessuno, non solo perché non ne riporta l'intero reddito ma anche perché non obbliga nessuno a fare da consulente pubblico, mentre la dichiarazione dei redditi è obbligatoria. Lo stato rende conto ai contribuenti di come spende i loro soldi; chi non gradisce si sappia quanto percepisce dallo stato si trovi un altro lavoro.
- Le liste andrebbero attentamente studiate ed un rendiconto dei servizi resi andrebbe richiesto. Ho dato un'occhiata: vi sono le cose più strane e sorprendenti. Brunetta: potresti anche mettere dei piccoli rendiconti di COSA queste migliaia di consulenze abbiano prodotto di utile per gli italiani? Se poi avanza tempo, potremmo anche sapere quanti permessi sindacali retribuiti e quanti distacchi ugualmente retribuiti esistono nei vari comparti della pubblica amministrazione, dai comuni sino ai ministeri? Questo è tanto per dare un'idea ... la lista di cose in cui lo stato spende i nostri soldi e che potresti rendere pubbliche è molto lunga. Si tratta di continuare.
- È fondamentale attaccare di petto il problema "Pubblica Amministrazione, apparato dello Stato, burocrazie ministeriali romane". La domanda che mi pongo, e che pongo sia a Brunetta che ai lettori è: che fare? Quali strade seguire? Ci accontenteremo dei soliti proclami o esiste una strategia credibile ed efficace? In cosa consiste?
Aldilà dell'iniziativa sui tabaccai, discussa nel post di GG precedente a questo e che anche a me sembra un'idea non propriamente geniale, l'impressione è che Brunetta ci stia sinceramente provando. Gli consiglierei una certa cautela e di evitare eccessi di protagonismo; soprattutto, gli consiglierei di dare solo colpi forti tralasciando gli annunci. La bestia è piena di trucchi, guai ad offrirle il destro e guai a dare l'impressione d'aver fatto quando ancora così non è.
Il consiglio di cautela si estende anche alle interviste, meglio a certe interviste. Spreco di autolelogi a parte, Renato Brunetta non si rende conto di aver detto alcune sonore e solenni corbellerie? Speriamo siano affermazioni passeggere, causate dall'ebbrezza del momento ...
Egr.prof. Michele Boldrin,
lei è celebre per essere sempre in grado di addurre motivazioni plausibili alle sue affermazioni.
Potrebbe spiegarci meglio quali sono le corbellerie che va dicendo il Brunetta e motivarle?
Credo di dovere una risposta, anche se molti lettori hanno già risposto per me. Visto che non condivido alcuni dei commenti, è meglio che io dica la mia per evitare confusioni.
Anzitutto, non ho apprezzato per nulla il commento di Federico Spano secondo cui Brunetta è un "cialtrone" (e, se Spano ha ragione nella sua inferenza, anche di Paolo Uliana, che però non ha ancora chiarito a chi si riferisca il suo di insulto). Questo per due ragioni:
- Non ho alcuna evidenza che Renato Brunetta sia un cialtrone: a norma di vocabolario tutta l'evidenza che ho dice l'opposto. Forse lavora troppo, ma cialtrone proprio non è.
- Non ho nulla contro il dare del cialtrone a chi cialtrone lo è, ma occorre motivarlo e documentarlo. Gli insulti pubblici vanno giustificati in modo preciso, altrimenti sono solo vigliaccherie. Quest'ultimo È un insulto ed È motivato in modo molto preciso: considero una vigliaccheria usare un luogo pubblico come nFA per scriverci insulti ai propri "nemici" politici senza neanche fare lo sforzo di spiegare cosa motivi gli insulti. Se avete delle ragioni argomentabili, scrivetele. Altrimenti astenetevi dall'insulto gratuito ed andate a sfogarvi altrove.
Passiamo al mio di aggettivo: corbellerie. L'intervista rilasciata da Renato Brunetta al Corriere ne contiene parecchie. Va detto che, come qualcuno ha suggerito nel dibattito, forse l'effetto valanga che l'intervista provoca è causato ad arte da un giornalista intento più allo scoop che alla documentazione serena. Questo è possibile, ma tant'è: Renato Brunetta farebbe meglio a fare più attenzione prima di dire certe cose. Tralasciamo anche la parte personale, non mi sembra il caso di entrarci. Veniamo alle corbellerie econmiche.
Che si è in recessione è una cosa che si scopre sempre dopo, vari mesi dopo. Lo stesso vale per quando incomincia la ripresa. Quindi non può essere un "fatto" che siamo o non siamo in recessione: semplicemente è un argomento sul quale è meglio stare zitti o dare giudizi molto cauti. Non credo serva documentare che i tassi di crescita misurati, sia in Italia, che in quasi tutto il resto d'Europa che negli USA, sono calati sostanzialmente e sono sotto trend. Tecnicamente parlando siamo quindi in una "growth recession", ma lasciamo stare i tecnicismi. Diffondere ottimismo immotivato è pratica pessima. Fingere poi che l'Italia non sia un paese in declino, almeno al momento, è errore grave: perché cambiare radicalmente, perché riformare se non siamo in declino?
Qui siamo alla pura fantasia. A meno che non voglia dire che, in astratto, l'idea di "subprime mortgage" non è in "crisi" (e come potrebbe esserlo?) l'intera sequenza di affermazioni è priva di senso. Non solo perché la crescita economica americana post 2001 è stata tutto fuorché straordinaria (molto inferiore a quella del ciclo precedente in tutte le dimensioni rilevanti) ma anche perché dire che trattasi di "crisi di governance" senza spiegare di cosa si parla (ossia di governance del sistema bancario, spero, e dell'insieme di strumenti derivati creati negli ultimi 15 anni) è brutta abitudine. Ed infine, tanto per non smettere di fare il professorino: un economista non dovrebbe confondere "derivati" con "subprime", sono cose ben diverse come tutti sappiamo.
Come fa a dire cose del genere? Un'economia che non cresce da quasi 15 anni non è messa male? Un'economia dove il salario reale medio è praticamente stagnante da più di un decennio non è messa male? Tutto si deve al prezzo del petrolio che ha cominciato a crescere seriamente solo da 2 o 3 anni? Gli "arabi" tengono il petrolio "sotto" (terra, presumo) perché gli conviene? Se gli conviene, fanno solo il loro lavoro, no? It's capitalism, honey! Un ministro economico dovrebbe semplicemente evitare di dire queste cose, punto.
Ecco, appunto ... l'idea keynesiana in comune con Tremonti e Delors. Stendo un velo pietoso, mi sembra sufficiente.
Approfitto per due ulteriori commenti sull'operazione trasparenza, che alcuni hanno trovato insufficiente e raffazonata. Sembra lo sia, condivido le critiche avanzate. Ma va utilizzata: la società civile e l'opinione pubblica dovrebbero chiedere conto a questo governo, ed in questo caso a Brunetta, di compiere le proprie promesse e di rivelare informazioni credibili e complete. Non mi interessa stare a fare della dietrologia sulle vere intenzioni di questo governo: quelle di BS, che lo controlla al 101%, le sappiamo da tempo. Prendiamole come un dato: al contrario del baraccone prodiano, questo governo durerà. Quindi l'unica strategia ragionevole è incalzarlo chiedendogli di rispettare le sue medesime promesse e chiedendogli di render conto delle loro medesime affermazioni. Che sono sembre roboanti, a favore della nazione, ottimistiche, liberali, e via elencando pregi.
Infine, la questione permessi sindacali: grazie per il link, che rivela la misura dello spreco e del gigantesco sussidio che dalle tasse degli italiani finisce in quelle dei sindacati, che sono associazioni private (in perpetua violazione del dettato costituzionale, tra l'altro). Ad un costo medio di 40mila euro annui (son certo di peccare per difetto), son piu' di 100 Milioni di Euro all'anno. Non male, non male.
Ecco, ora sarebbe interessante anche conoscere nomi e cognomi di questi fortunati, loro mansioni, luogo di lavoro e servizi resi mentre in permesso sindacale. Sarebbe anche interessante poi avere un calcolo del numero di funzionari sindacali che siedono in un consiglio di amministrazione, controllo, gestione, supervisione, fateunpovoi di enti pubblici o para pubblici, tipicamente con sede in Roma. Con relativi costi. Così, tanto per capire qual'è il costo vivo della triplice per coloro che in Italia pagano le tasse. La mia stima è di circa 300 milioni di euro annui ... Costo vivo, perché poi ci sono i costi indiretti ...
Sul resto han già detto abbondantemente Calvin, DoktorFranz e Sandro e non mi sembra il caso di fare il pappagallo.