Al Teatro Alcazar di Madrid danno "La casa de Bernarda Alba", e ci siamo andati. Credo la storia sia nota, comunque la riassumo brevemente.
In un paese del sud della Spagna (inferisco dall'accento e dalle allusioni) Bernarda Alba, ricca possidente con cinque figlie femmine da due matrimoni distinti, torna dal funerale del secondo marito. Nella casa, ad attendere lei e le figlie, sono altre tre donne. La domestica, che con Bernarda ha un rapporto di lunga durata oscillante fra la sottomissione e l'amicizia o almeno la confidenza; la vecchia madre impazzita e divertentissima che vuole truccarsi, vestirsi di bianco e rosa, andare in riva al mare e sposarsi di nuovo; ed una serva povera, incazzosa ed incazzata, che e' oppressa tre volte: in quanto donna, in quanto povera, ed in quanto maritata con uno piu' o meno povero quanto lei. L'atmosfera d'oppressione, sia femminile che generale, s'avverte sin dall'inizio, e mai vi lascia, anzi s'accresce sino alla tragedia finale. Federico, come dice mia moglie, sapeva scrivere teatro.
La signora Alba e' alquanto dominatrice ed autoritaria, ossessionata con il buon nome della casa, con i soliti precetti moral-religiosi che potete immaginarvi, prona ad imporre vestiti neri e castigati, veli in testa e sul viso, modestia, sofferenza, sottomissione femminile eterna ed inevitabile. Le cinque figlie, di eta' compresa fra i 20 ed i 40 anni, non sembrano gradire il potere della madre, ma non riescono a ribellarsi: soffrono, s'angustiano, si agitano, freneticamente pervase dai calori del desiderio sessuale (e' estate, ci viene ricordato frequentemente, e novembre che raffredda i bollenti spiriti e' ancora lontano), sbirciano dalle finestre della grande casa i virili uomini che passano per recarsi al campo, ed altre cose simili. Pero' non sembrano in grado di soddisfare le proprie passioni, oppresse come sono dalla madre, dalla religione, dalla cultura del paese, ed anche dalle loro non eccessive grazie e dalle beghe e le invidie che le dividono, rendendole nemiche una dell'altra.
Scopriamo pero' che la maggiore e' quasi promessa ad un bel fusto di circa 15 anni piu' giovane di lei, ovviamente cacciatore della sua sostanziale dote, e che dovrebbe venire a chiederla in moglie a giorni. Per il medesimo smania anche una delle altre sorelle, alquanto brutta ed incattivita sia per questo che per un'altra mancata opportunita' di felice copula che la di lei madre impedi', per ragioni d'odio atavico con la famiglia del pretendente. Intuiamo, e con l'evolversi della storia capiamo, che una terza sorella, la piu' giovane e la piu' bella, ha in realta' gia' fatto tutto in barba alle sorelline ed alla madre: ossia, si vede clandestinamente ed a tarda notte con il signore in questione e, da quel che s'intende, a lui s'e' data anima e corpo. Per toglierci ogni dubbio, non fa che accarezzarsi il fremente ventre ed a descriverci il calore che la pervade nell'attesa delle venute notturne dell'amante. Insomma, donzella ella gia' non e'; per questo tratta le altre con spregio e tale spregio non puo' che generare la vendicativa delazione che la perdera'.
In un intreccio crescente d'ipocrisie, invidie e dispetti, desideri di dominio e desideri di vendetta, passioni alte, basse e di mezza via, si giunge alla notte oscura e fatale in cui i cani latrano con troppa frequenza ed un bianco stallone scalcia perche' vuol esser lasciato libero d'essere lo stallone ch'egli e'. In tale notte, i due fedifraghi vengono colti se non sul fatto a due millimetri da esso, la Bernarda irrompe in scena armata di fucile vendicatore e la cosa finisce in tragedia con l'auto-impiccaggione della giovane ex-donzella convinta, erroneamente, che il di lei stallone sia stato dalla madre assassinato sul posto.
Direte voi: che c'entra tutto questo con l'Islam? C'entra, eccome. Nel bel mezzo dell'opera, e come se fosse la cosa piu' normale, le quattro sorelle ancora donzelle escono di casa velate di nero ed in preda a bramosia di sangue per partecipare, con la madre ed il resto del paese, al linciaggio d'una loro pari rea d'aver partorito un figlio di padre sconosciuto, e d'averlo abbandonato. Il suicidio finale della figlia fedifraga viene vissuto dalla madre come un'appropriata espiazione delle colpe da ella commesse, e come occasione per mantenere l'onore famigliare in paese: per gli abitanti del medesimo la ragazza sara' morta vergine. Piu' in generale, l'ambiente sociale in cui l'azione si svolge e le regole di condotta che i personaggi seguono - sia le nove donne che vediamo, sia i mitici e potentissimi uomini che non si vedono mai ma attorno ai quali tutto ruota - ricordano persino nei dettagli quelle di cui noi oggi ci scandalizziamo quotidianamente quando leggiamo di Afghanistan o Iran.
Poiche' l'ambiente e' quello della Spagna degli anni 20/30 e poiche', ci avverte Federico, "[...] estos tres actos tienen la intención de un documental fotografico", durante lo spettacolo non ho potuto fare a meno di riflettere sul fatto che certi aspetti della societa' islamica che noi oggi sembriamo incapaci di comprendere non dovrebbero esserci poi cosi' alieni. In accordo con le medesime regole etico-religiose e secondo la medesima distribuzione del potere vivevano ampi strati della societa' europea, e cristiana, sino all'altro giorno.
Ovviamente una singola opera teatrale, sebbene sia di Garcia Lorca, non giustificherebbe una conclusione cosi' radicale se non fosse suffragata da tonnellate di evidenza storica. Assistere allo spettacolo m'e' servito solo a ricordare che la societa' islamica odierna non e' lontana da quella cristiana di pochissimi secoli fa. Regimi autocratici e violenti, totale oppressione delle donne, rifiuto della scienza e del suo metodo, fedelta' assoluta alla famiglia o al clan, punizioni feroci e spesso mortali per trasgressioni anche minori del codice religioso-morale, assenza d'ogni meccanismo di mobilita' sociale, fede generalizzata nei precetti della religione e dei suoi rappresentanti, ...
Le campagne (e buona parte delle citta') europee del 1700 e del 1800 non erano cosi' lontane dall'Iran o l'Afghanistan di oggi, contrariamente a quanto troppa propaganda interessata cerca di far credere. Cerca di farlo perche' vuole che noi ci si scordi come, perche' e, soprattutto, contro di chi l'emancipazione culturale e civile delle donne e degli uomini d'Europa e' avvenuta, dal 1700 in poi.
Rivisitare i classici anche a questo serve: che non si offuschi la memoria di come abbiamo liberato la nostra mente da credenze folli, e di chi tali folli credenze andava (e tuttora va) predicando ed instillando nelle menti dei creduli.
Ho tenuto anche le lettere del latino (Q. H. Flaccus e' l'autore.)
Boldrin ha perfettamente ragione, tranne forse a scordare un aspetto della vicenda. Tutto quello che associa, via F.G. Lorca, al cattolicesimo spagnolo di cento anni fa e all'Islam (di adesso, mas o meno) puo' aver nulla a che fare con le dottrine delle due succitate religioni.Ha a che fare con l'oppressione (delle femmine, dei poveri, e cosi' via.) E l'oppressione e' assai poco connessa ad una specifica teologia. Un esempio per tutti: il codice dei Patan (Pastun, Pashtun, dipende da come lo si vuole scrivere) e' precendente sia all'Islam che al cristianesimo, ed ha tutte le caratteristiche (orrore supremo delle scienze, nessuna tendenza egualitaria tra i sessi, codice di onore e relative pene per chi non ha sostenuto a sufficienza l'onore di
1. genitori
2. famiglia
3. clan
4. etnia/consorzio tribale
etc....
Forse e' il caso di cominciare a guardare le religioni come fenomeni di sostegno nel senso che sostengono con una forma bizzarra di sanzione dall'"alto" (se gli dei stanno in alto, Poseidon stava sotto Odisseo dopo tutto) quel che gli umani vogliono fare indipentemente da quel che loro dissero gli dei.
Nel caso, davvero strano, della difesa dei cattolici e delle loro gerarchie della presenza, forse importante --e' difficilissimo capire quanto importante-- dei pedofili tra il clero cattolico, Dio non ha mai detto nulla di chiaro sul tema del celibato e ancor meno sull'opportunita' dei chierichetti. Un gruppo di pedofili si e' impadronito di una istituzione e ha chiamato a soccorso una dottrina poco e mal definita.
Nel caso della storia dei pedofili e di BBC, dovrebbero esser i cristiani a chiamare in causa i loro prelati, vescovi etc. Per tutti gli altri non vi e' dubbio che il trattamento uguale di fronte alla legge dovrebbe prevalere.
Per i cristiani, un suggerimento: chi aveva detto che chi attentava all'innocenza dei bambini avrebbe dovuto appendersi la macina del mulino al collo e buttarsi in mare?
infatti, macina al collo e via in mare (o in fondo al pozzo). sono assolutamente d'accordo.
per quanto riguarda le religioni come fenomeno di sostegno, e il codice dei Pashtun, forse le vecchie categorie di "struttura" e "sovrastruttura" possono essere utili. ovvero, finche' non cambia l'organizzazione dei processi di produzione (in senso lato, includendo anche metodi contraccettivi ad esempio) non puo' cambiare la sovrastruttura culturale e religiosa.