Iniziamo dal metodo, e passiamo poi alla sostanza. Sul metodo, stupisce (perche' arriva da un'accademica a capo del ministero che tra le altre cose finanzia la ricerca scientifica) e deprime (perche' ancora una volta si fa cosi') l'annuncio di riforme con un post su Facebook (!), senza alcuna seria valutazione scientifica del sistema esistente. . Per esempio, il ministro Giannini sa dirci se il sistema di selezione attuale funziona oppure no rispetto all'obiettivo di formare un numero sufficiente di buoni medici? E, se no, perche'? I test di accesso sono stati oggetti di molte critiche sui giornali perchè basati su domande di logica e cultura generale e non sulle conoscenze necessarie per la facoltà di medicina. E' possibile che siano fatti male, ma i test di accesso possono e devono essere valutati in modo rigoroso, utilizzando il metodo scientifico. O quantomeno raccogliendo e analizzando i dati. Forse basterebbe cambiare le domande senza stravolgere il sistema che comunque ha garantito un flusso di laureati più o meno congruo con la domanda di medici.
Ma veniamo alla sostanza. Un primo problema sono le risorse fisiche (spazi, aule, attrezzature, ecc.) e umane (professori) nelle universita' italiane. Poiche' queste risorse sono pressoche' date nel medio periodo, e poiche' il rapporto aspiranti/ammessi a medicina e' stato nel 2014 di 6:1, l'effetto, e' facile capirlo, sara' una catastrofica congestione delle facolta' di medicina. Impossibile adeguare le risorse per il 2015/2016, primo anno di attuazione del nuovo sistema secondo l'annuncio. Poiche', come e' facile capire, la qualita' della formazione dipende anche dalla (assenza di) affollamento delle aule e congestione delle risorse umane nelle universita', moltiplicare per 6 gli studenti di medicina al primo anno o ai primi due anni potrebbe avere come primo plausibile effetto quello di peggiorare la preparazione dei medici. Non solo: gli studenti piu' motivati potrebbero fuggire dal sovraffollamento andandosene altrove (altre discipline, altri paesi), il che potrebbe ulteriormente peggiorare la qualita' media dei laureati in medicina.
Un secondo problema e' che molti studenti sprecheranno un anno o due. Le associazioni studentesche hanno esultato all'annuncio del ministro, ma non si rendono conto che sarebbero loro i principali perdenti di una riforma fatta cosi': uno o due anni in aule congestionate, poi uno su 6 sara' selezionato e gli altri 5 saranno fuori, costretti a iniziare una nuova carriera o, peggio ancora, ad abbandonare del tutto gli studi. I baroni delle facolta' di medicina, invece, sarebbero i principali vincenti, perche' avrebbero facile gioco nel far pressione per ottenere risorse aggiuntive (abbiamo 6 volte gli studenti di prima, per Giunone!). Meglio sarebbe una riforma generalizzata in cui il primo o primi due anni di universita' sono simili per tutti con la specializzazione in campi di studio specifici che avviene solo a 20-21 anni. Scommettiamo che qualcuno tra questi 5 esclusi fara' ricorso per avere comunque l'accesso agli anni successivi. Le basi giuridiche del numero chiuso sono fragili e non e' inverosimile un'ondata di ricorsi al TAR soprattutto quando, dopo uno o due anni, uno ha gia' fatto un investimento consistente.
Questo indica un terzo problema che possiamo chiamare di time inconsistency: si formera' un esercito di persone che vorra' accesso alla facoltà di medicina, e per come vanno le cose in Italia lo avra': dottori ope legis, dunque. Oppure, saranno tutti "i migliori": il ministro evoca le asticelle fissate dalle singole universita'. Crede di essere in Svezia. Vedrete, se mai faranno questa cosa, l'asticella che fissera', diciamo, l'Universita' di Frittole: dottori ope Frittole. Non ci resta che piangere, appunto.
Abbiamo il sospetto che una riforma di questo tipo abbia un solo scopo quello di avere ogni anno un grosso numero di studenti la cui carriera scolastica dipende dalla decisione politica del ministro dell'universita' di turno, studenti il cui voto e' a disposizione del ministro, anno dopo anno.
Premesso che non so valutare se gli effetti della riforma saranno positivi o negativi, credo che stimare in 60.000 unità i partecipanti a un primo anno di medicina così formulato sia oltremodo azzardato. Oggi moltissimi partecipano al test "tanto per", perchè a torto o a ragione viene percepito come molto casuale e come si sa tentar non nuoce (se il test dura un giorno, non un anno). Tanti studenti poi decidono di prepararsi al test ma non parteciperebbero a una selezione così dura (il confronto su un intero anno di studi) con il rischio perdere un anno.
Per dare più "scientificità" al mio discorso sarebbe utile prendere il tasso di rifiuti sul totale di persone ammesse: a me risultato sia molto alto, benché le persone ammesse siano mediamente quelle più preparate e avrebbero ragionevolmente più possibilità di passare anche questa nuova selezione.
Mi sento quindi di ipotizzare che il numero di studenti che tenterebbero la sorte iscrivendosi al primo anno sarebbe enormemente più basso, con un numero che nel corso dell'anno, di abbandono in abbandono, si approssima a quello dei selezionati.
Esattamente uno degli outcome socialmente ed individualmente indesiderabili che i test di ammissione cercano di attenuare.
Mi colpisce molto che le organizzazioni studentesche e sinistre considerino piu' fair
a. far perdere un anno di vita a chi gia' sappiamo (nei limiti degli strumenti di misura disponibili) ha basse possibilita' di successo
piuttosto che
b. fermare subito queste persone ed invitarle a consolidare le proprie capacita' di apprendimento e ritentare; oppure ad intraprendere un corso di studio (o di vita) con piu' alte probabilita' di successo.
In merito alle effettive iscrizioni. Vero che una quota si iscrive al test solo per provare.
Vero anche che il test e' a pagamento. E vero anche che il test viene tentato piu' volte da chi non lo ha passato in precedenza.
Un titolo in medicina e chirurgia e' un canale di accesso ad una professione ad alto status.
Prendiamo i numeri 2013, concedendoci un approccio naive.
Ipotizziamo che solo 1 su 2 dei 50000 esclusi decida di iscriversi al primo anno? Ci troveremmo con una coorte di iscrizione 3.5 volte piu' numerosa rispetto all'anno precedente.
Ipotizziamo che solo 1 su 5 dei 50000 esclusi decida di iscriversi al primo anno? Ci troveremmo con una coorte di iscrizione 2 volte piu' numerosa di quella precedente.
E prima di abbandonare o di essere esclusi l'anno successivo questi studenti frequentano lezioni, presentano piani di studio, richiedono borse di studio, mandano mail ai docenti, svolgono compiti che vanno valutati.
Non vedo risorse dedicate all'incremento dei "fattori di produzione".
Se anche ci fossero, ci vorrebbe del tempo per riscalare le attivita'. Tempo non indifferente, se si pensa ad esempio alle dotazioni immobiliari.
Penso che se implementata, questa riforma sia un ulteriore colpo (da peso messimo) inferto alla qualita' della formazione sanitaria.
Confesso che da un ministro di Scelta Civica non me lo aspettavo.