Noisefromamerika si era già occupata delle pesanti esternalità dell’inquinamento a Taranto, che non entrano in nessun computo costi-benefici diretto, ma che gravano pesantamente sui malati e sui contribuenti regionali che pagano le cure per le malattie causate dall’ILVA di Taranto.
La questione inquinamento-ILVA è di primo piano a Taranto almeno dalla prima sentenza del Tribunale di Taranto al riguardo, nel 1982. Da allora, una numerosa serie di processi, associati a fallimenti politico-istituzionali. Per quanto riguarda i processi, tra i più recenti ricordiamo quello sull’abbattimento dei capi di bestiame contaminati dalla diossina, oppure gli esposti recenti dell’ARPA (1), oppure le condanne inflitte dal giudice Rosati ai vertici ILVA nel 2007 (2). L’elenco dei fallimenti politico-istituzionali sarebbe troppo lungo: basti ricordare la tardiva attivazione del registro dei tumori jonico salentino, che ha impedito analisi statistica rigorosa durante i precedenti processi. Basti citare cosa si scrive in una relazione della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti commentando una situazione al Settembre del 2010: "solo di recente è stato istituito nella provincia di Taranto un registro dei tumori, benché si tratti di un territorio particolarmente a rischio proprio per l'elevato carico inquinante concentrato nella zona”. Non è ancora chiaro cosa abbia causato ritardo. Di certo non sono mancate le richieste di tali dati da parte di ricercatori ed ambientalisti negli ultimi decenni, né le interazioni tra politici locali e vertici ILVA. Basti ricordare i famigerati atti d’intesa firmati da Ilva, Regione Puglia, Provincia, Comune di Taranto e sindacati, tramite i quali si ritirava la parte civile di Comune e Provincia nel 2005 dal processo che portò alla condanna dell’azienda da parte della Cassazione a Settembre dello stesso anno. Questi atti sono commentati così dal gip: "Nel corso degli anni e fino alla data odierna nessuna misura idonea è stata mai sostanzialmente adottata, sicché le polveri, unitamente a fumi e gas, continuano a diffondersi nell'ambiente circostante. E cioè nonostante i diversi atti di intesa (...) risalenti al gennaio 2009, febbraio 2004, dicembre 2004 e ottobre 2006 (..) Nulla è cambiato sino ad oggi nonostante la farsa degli atti di intesa".
Cosa hanno prodotto questi famosi atti di intesa è poco chiaro. Evidenza aneddotica documentata da giornali vuole che in seguito a uno di questi atti di intesa l’ILVA abbia pagato le fontanelle del cimitero di Taranto (costo:150 mila euro): unico cimitero "tinteggiato" di un singolare color rosa, scelto per la buona compatibilità con il colore delle polveri provenienti dal parco minerale ILVA. L’inaugurazione delle fontanelle ha visto la presenza dell’attuale sindaco di Taranto Stefano e dei vertici ILVA. Inoltre, durante una intervista a La7, i vertici del comune di Statte hanno dichiarato che l’ILVA aveva donato al Comune di Statte, a seguito di una intesa, un terreno di 13mila metri quadri da essere destinato ad un parco per bambini. A seguito di analisi dell’ARPA il Comune di Statte è stato costretto a rifiutare la donazione perché il terreno era inquinato da berillio. Probabilmente questi non sono gli unici risultati ottenuti da questi atti di intesa politica-ILVA, ma questi sforzi non hanno evitato che i tecnici rilevassero attività irregolari successive agli accordi.
Ma la vera svolta è arrivata dalla recente attivazione del registro dei tumori jonico salentino e dalla c.d. “maxi perizia” richiesta dal gip Patrizia Todisco. In breve, utilizzando metodi epidemiologici sui recenti dati, la maxi perizia ha riscontrato un legame tra emissioni ILVA e determinati tipi di malattie connesse alle fonti inquinanti emesse. Successivamente ed a seguito di questi risultati, la magistratura ha sottoposto agli arresti domiciliari alcuni dei vertici dell’ILVA e decretato il sequestro di alcune delle aree più inquinanti dello stabilimento. A questo punto la questione è diventata di rilevanza nazionale, considerati i numerosi posti di lavoro a rischio, stimati in circa 15mila.
Il Governo ha reagito con forza solo al sequestro degli impianti, organizzando incontri con i vertici locali e l'ILVA. Il presidente ILVA Ferrante in una intervista successiva all’incontro istituzionale con il Ministro dell’Ambiente Clini del 2 Agosto ha dichiarato testualmente, riguardo la possibilità della riduzione dell’impatto ambientale dell’ILVA: “Bisogna poi ragionare sulle ricadute finanziarie di alcune iniziative.” Questa frase sembra volere indicare che l’ILVA chiede aiuti statali per la messa in regola dello stabilimento. Poco dopo quella serie di incontri, il Governo ha cominciato ad attuare la sua strategia: (i) stanziando una cifra considerevole (si è letto intorno ai 300 milioni di euro) per la bonifica della zona, ed (ii) attaccando le conclusioni della perizia scientifica che secondo il ministro Clini si basa su studi che riflettono inquinanti di decenni precedenti. Secondo chi scrive entrambe le proposte rischiano di non essere risolutive.
Prima di tutto, continuare a stanziare ingenti somme di denaro per la bonifica della zona beneficerà chi nella zona ha investito pesantemente, piuttosto che chi nella zona ci vive e paga i costi indiretti dell’inquinamento, e chi pagherebbe con il posto di lavoro in caso di una eventuale chiusura dell’impianto se fosse dichiarato fuorilegge. È, in salsa diversa, il solito argomento che alcuni economisti, principalmente quelli di economia urbana, fanno per evitare aiuti locali allo sviluppo. Un intervento di questo tipo beneficerebbe in particolare l’ILVA, senza alcuna garanzia che questi aiuti sarebbero sufficienti a risolvere il problema ed evitare che i posti di lavoro vadano comunque a rischio. Se possibile, la storia in Italia ha insegnato che gli aiuti alle imprese, diretti o indiretti che siano, servono solo a prolungare l’agonia di imprese non più competitive piuttosto che risolverne i problemi. Sbaglia chi oggi crede che la Magistratura voglia prevaricare il Governo e dettare la politica industriale del Paese. I reati contestati alla proprietà ILVA sono precisi. La logica interna dell’impianto accusatorio è stata confermata anche dal Tribunale del Riesame, che ha successivamente confermato il sequestro degli impianti disposto dal gip. Bisognerebbe chiedersi se l’ILVA può essere competitiva rispettando le normative vigenti, e possibilmente risarcendo i danni provocati da presunte inadempienze passate, se queste venissero provate, piuttosto che discutere sulle competenze dei magistrati. È fondamentale che si indirizzino i soldi verso le persone piuttosto che verso le località, soprattutto quando le località in questo caso sono dominate da imprese che in passato hanno dimostrato di non sapere operare operare nel rispetto della legge, o per mancanza di competitività oppure per la volontà di estrarre rendite. Inoltre, appare poco chiaro perché lo Stato debba farsi carico di bonifiche nel caso il processo provasse che l’inquinamento è stato causato da attività illegali dell’ILVA. La bonifica è necessaria, ma è anche necessario che chi operi al di fuori delle regole paghi le conseguenze economiche dei suoi errori, se davvero venisse accertato l’operato illegale. Quando il Ministro Clini parla delle difficoltà ad attrarre investitori esteri se il Paese lanciasse il segnale di lasciare la politica industriale alla Magistratura (3), sarebbe bene che ricordasse la vasta letteratura economica secondo la quale regole del gioco chiare e sistema legale che punisca chi opera al di fuori delle regole, anche con richieste di risarcimento, sono fattori fondamentali per attrarre investimenti esteri. O forse gli investitori esteri non avrebbero problemi a vedere una grossa impresa domestica sostenuta dallo Stato dopo essere stata accusata di avere violato numerose leggi? Speriamo non si siano assuefatti allo spettacolo…
L’ILVA attuale inquina? È vero che i dati attuali riflettono la situazione di decenni fa (della vecchia Italsider, insomma), e non delle emissioni più recenti come il Ministro Clini sostiene? Quanto sono rigorosi questi studi? Chi scrive non è un avvocato né un epidemiologo. Tuttavia, agli atti del processo vi sono filmati che documentano durante la notte plurime ed imponenti emissioni di fumi che dalle aree basse dello stabilimento, che non sono mai state censite in orari notturni. Inoltre, agli atti vi sono numerosi dati epidemiologici su eccessi di mortalità per tumore ed eccessi di incidenza di malattie respiratorie. I consulenti nominati dal Comune di Taranto fanno giustamente notare qui come la perizia anlizza non solo effetti di lungo periodo dell’inquinamento, ma anche effetti di breve periodo ascrivibili in maniera inequivocabile alla proprietà corrente dell’ILVA. Mi pare di capire che le metodologie degli studi che usano l’eccesso di mortalità non sarebbero sufficientemente rigorose da provare la causalità scientifica: per esempio, gli standard scientifici contemporanei imporrebbero di prendere in considerazione la possibilità che lo stile di vita dei Tarantini che vivono nel rione Tamburi (quello adiacente all’ILVA) sia diverso da quello del resto delle aree piu’ lontane dalle emissioni. Se questo fosse vero, perché per esempio persone più propense a fumare scelgono di vivere piu’ vicino ad impianti industriali, uno potrebbe osservare una correlazione tra impianti industriali e alcuni tipi di malattie senza che questo implichi necessariamente un nesso di causa tra industrie ed eccesso di mortalità. In statistica questo problema si chiama “selection”, ed in questo caso è l’idea che persone con abitudini diverse possano scegliere di vivere in quartieri diversi della stessa città, e che quindi persone più propense ad ammalarsi scelgano di vivere più vicine agli impianti. Con i dati attuali non è possibile dire quanto questa auto-selezione può essere un problema, e l’unica soluzione sarebbe realizzare un esperimento assegnando persone simili a quartieri diversi. Un esperimento del genere è di difficile realizzazione, anche se non del tutto infattibile, come Moving To Opportunity in America dimostra. Quindi non è chiaro cosa sarebbe successo agli abitanti del quartiere Tamburi se l’ILVA non avesse mai inquinato. Tuttavia, la difficoltà di stabilire un rapporto di causa scientifico non deve fare abbandonare l’analisi del problema. Non sempre si hanno a disposizione i risultati di un esperimento a prova di qualunque obiezione statistica e che prova la causalità scientifica, e spesso i giudici sono chiamati a pronunciarsi su questioni dove un esperimento controllato non è fattibile in tempi brevi. L’indicatore di eccesso di mortalità di una data malattia in una data area in seguito ad emissioni è di solito considerato sufficiente per stabilire la causalità giuridica tra inquinamento e malattie. Questo è vero anche perché la perizia ha trovato emissioni al di sopra dei limiti legali in tempi molto recenti (e successivi a tutti gli atti di intesa) e ricoveri ospedalieri per malattie (ad esempio respiratorie) il cui periodo di latenza è relativamente breve. Questa evidenza assume maggiore rilievo soprattutto quando le ricerche mediche corroborano il legame tra il tipo di emissioni ed il tipo di malattie in seguito osservate, come succede per il caso in esame.
In conclusione, il governo dei tecnici sembra avere opinioni in linea più con i loro non-tecnici predecessori, ad esempio PD e PDL, che sostengono questo Governo in Parlamento, piuttosto che con la gran parte dei tecnici veri, sia giuridici che epidemiologi. È fondamentale che il Governo prenda seriamente le indagini della magistratura e le perizie scientifiche ed eviti di ripetere errori passati mascherando aiuti alle imprese e pagamento pubblico di danni privati altrui come sostegno al territorio.
Note:
(1) "La magistratura è intervenuta perché è fallita la politica", Associazione PeaceLink, 26 Luglio 2012
(2) "Inquinamento, condanne all'ILVA", La Repubblica, 13 Febbraio 2007
(3) "Governo e magistratura: "Non confondere i ruoli" ", La Gazzetta del Mezzogiorno, 15 Agosto 2012
Io non ho capito una cosa: si', il sito e' impestato da decenni di malagestione (criminale, direi) che ne ha provocate di cotte e di crude. Ma ora, allo stato attuale, con gli impianti di adesso, sono risultate misure al di fuori dai limiti consentiti dalle leggi o no? C'e' una qualche cifra in proposito? Per me tutta la questione si risolve in questo ed e' di una semplicita' disarmante. Se le misure fuori dai limiti ci sono, non si capisce perche' dovrebbero essere tollerate. Se le misure che sforano non ci sono, di cosa stiamo parlando? Delle responsabilita' passate? Ottimo, si mettano in galera i responsabili senza tante storie, buttando via la chiave. Ma perche' chiedere di arrestare la produzione, se non ci sono dati misurati che gli impianti attuali sono fuori norma?
Se non ci sono misure sulle emissioni, mi chiedo che diavolo di perizia sia stata fatta. Un'acciaieria non puo' fermarsi per evitare un controllo, ne' puo' decidere di emettere solo quando nessuno controlla (la storia delle emissioni solo notturne mi sembra molto strana). Anche perche' esiste la maniera di fare controlli sulle emissioni in continuo per piu' giorni di fila. Se non sono state fatte queste misure, che ragionamento ha fatto quello che ha ordinato l'esecuzione delle perizie? E che cosa pensa di avere dimostrato?
Ciao Gilberto. Parte dei dati e' qui: http://affaritaliani.libero.it/static/upload/edc_/edc_dnws2402.pdf . La questione e' piu' complicata di quello che dici, perche' non tutte le aree dell'ILVA sono state censite (vedi documento). Inoltre, il tuo ragionamento assume che l'unico reato che una impresa inquinante puo' compiere e' di superare i limiti di emissioni. Questo non e' necessariamente vero. Non sono un legale, ma per quel ho capito generare pericolo per la pubblica incolumita' e' gia' di per se' un reato (e per valutare questo reato, piu' che le emissioni da sole, servono i dati epidemiologici).
Due parole riguardo le emissioni notturne: si, e' possibile. I filtri sono impianti molto costosi e molte acciaierie (potrei pubblicare una lista) li spengono di notte poiche' e' piu' difficile vedere ad occhio nudo le emissioni dei camini, e nessuno va a controllare di notte.
E' facile accorgersene il mattino successivo, dal sottilissimo strato di polvere che si accumula sull'ambiente circostante. E poi mi vengono subito attacchi d'asma.
L'inquinamento di una accaieria e' quindi peggiore di notte per questo motivo. A meno che, ovviamente, non ci si trovi in alcune localita' dell'estremo oriente, dove non si fa nemmeno finta di avere i filtri. Basta secretare i dati sull'inquinamento.
Purtroppo in molte localita' (anche qui la tentazione di fare la lista e' grande) l'inquinamento e' arrivato ad un punto che non e' possibile materialmente lavorare negli impianti senza star male dopo qualche minuto. In quei giorni la produzione viene fermata, procurando un gravissimo danno economico (si misura in migliaia di euro per minuto, per singolo impianto - chissa' quanto stara' perdendo il Sig.Riva) che renderebbe conveniente avere i filtri e tenerli sempre accesi.
A proposito: e' nota l'obiezione che gli avvocati difensori dicono sempre sulla correlazione fra i casi di tumore e l'inquinamento, cioe' che non ci sono dati scientificamente confermati, e via dicendo.
La domanda che viene spontanea, dunque, e': nei casi in cui gli operai si sentono male dopo qualche minuto (facciamo dopo qualche ora, va!) dall'inizio del loro turno di 12 ore, si puo' ancora pensare che non ci sia nessuna correlazione, oppure e' gente che naturalmente si sente male dopo pochi minuti dall'inizio del turno?
Ed e' normale che escano dall'impianto cosi' neri che, se chiudono gli occhi, non si capisca da quale parte sono girati?
E' normale invece che nelle acciaierie in Amerika, patria del capitalismo, i controlli siano severissimi, il rischio di chiusura reale, gli incidenti sul lavoro ridotti quasi a zero e l'impianto non venga mai fermato? E che gli operai escano puliti come sono entrati, e che non si accumuli nessuna polvere intorno agli impianti, sebbene vengano costruiti piuttosto distanti dai centri abitati?
NOTA - questi dati non hanno valore statistico ma sono frutto della semplice esperienza. Pero' c'e' da aggiungere che di impianti cosi' non ce ne sono molti, nel mondo, ed un semplice tecnicaccio come il sottoscritto puo' averli visti quasi tutti....