L'area metropolitana di Taranto è stata definita ''ad elevato rischio ambientale'' dal Consiglio dei Ministri, con delibera del 30 Novembre 1990. Le principali fonti di inquinamento sono date dalla presenza di una acciaieria che effettua il ciclo completo del carbone (l'ILVA) e di una grande impresa petrolchimica (ENI). Taranto, come fa notare Carlo Vulpio (1), è inquinata quanto la cinese Linfen, chiamata ”Toxic Linfen“, e la romena Copsa Miça: le due città più inquinate del mondo per emissioni industriali. Ma a Taranto c’è qualcosa di più allarmante, la diossina. Qui si produce il 92 per cento della diossina italiana e l'8,8 per cento di quella europea.
Recentemente, dopo le numerose pressioni mediatiche, sono stati pubblicati i dati del neonato Registro dei Tumori Jonico Salentino. I risultati sono agghiaccianti. In epidemiologia l'indicatore che si usa per capire quanto è rischiosa una area industriale per la popolazione circostante è lo Standardized Mortality Ratio (SMR), che è il rapporto tra la percentuale di mortalità per una data patologia osservata nell'area di interesse e la mortalità attesa di tale patologia in una popolazione media. Come evidenzia la tabella sotto indicata, a Taranto, per la popolazione maschile il SMR è costantemente superiore a 100 in tutti i periodi di studio.
I risultati delle analisi sono praticamente analoghi alle conclusioni dell’Unità di Statistica ed Epidemiologia della ASL TA/1 nel periodo 1998-2002 (Bollettino Epidemiologico n°6, S.C. Statistica ed Epidemiologia ASL TA, Dipartimento di Prevenzione ASL TA, dicembre 2005).
Una dei primi insegnamenti dei corsi di economia è che correlazione non implica nesso di causalità. Le imprese inquinanti sono davvero causa di maggiore inquinamento a Taranto? E’tale inquinamento causa di morte? Per il primo punto, baso la mia analisi su due fonti: i dati INES (Inventario Nazionale Emissioni e loro Sorgenti) scaricabili qui, e le elaborazioni di questi dati da parte di Peacelink. La metodologia Peacelink è la seguente: sono stati selezionati una serie di inquinanti secondo la loro pericolosità (diossine, mercurio, IPA, benzene, PCB, piombo, arsenico), sono stati sommati i valori annui di emissione di ogni specifico inquinante per provincia, la somma di tali valori assoluti èstata rapportata al valore nazionale ed èstato ottenuto il dato percentuale di quel tipo inquinante per quella provincia; successivamente, si sono sommati i valori dei diversi inquinanti per ogni provincia e si èattribuito un punteggio ad ogni provincia. La metodologia presenta dei chiari limiti (discussi qui), in ogni caso vale la pena dare una occhiata alla lista delle top 5.
Taranto |
527 |
Livorno |
101 |
Nuoro |
92 |
Venezia |
82 |
Caltanissetta |
78 |
Uno dei limiti della classifica, non discusso da PeaceLink ma a mio avviso rilevante, èil non potere valutare quanto vicino al centro abitato siano le emissioni inquinanti. Tuttavia, le due principali fonti di emissioni inquinanti di Taranto, ILVA e Petrolchimico, sono in pratica confinanti al centro cittadino, come chiunque di voi potrà osservare attraverso Google maps. Il report di PeaceLink già menzionato fa un ottimo lavoro nel riassumere gli studi scientifici sul nesso di causalità tra mortalità e inquinamento, quindi chi fosse interessato può leggere qui. Un ulteriore limite è l'assumere che il produrre una data percentuale dell'emissione dell'inquinante X è equivalente al produrre la stessa percentuale dell'inquinante Y, cosa che potrebbe chiaramente non essere vera (ad esempio, essere la provincia in cui si emette il 92% della diossina italiana non è detto che sia equivalente ad essere la provincia in cui si emette il 92% di arsenico o piombo o IPA). Questo potrebbe essere falso per due motivi, sia perchè il valore assoluto della emissione totale di un dato inquinante è in genere diverso da quello di un altro inquinante, e sia perchè gli impatti sulla salute possono essere di diversa intensità a seconda dell'inquinante. Tuttavia, dato il differenziale tra la prima e la seconda provincia in questa triste classifica, credo che il succo del messaggio rimanga invariato.
Genova nel recente passato ha vissuto una situazione simile. Tra il 1988 ed il 1995 a Cornigliano (GE), dove era presente una acciaieria che effettuava anch’essa il ciclo completo del carbone, sono stati registrati tassi di mortalità in deciso aumento. L’ILVA di Genova è stata chiusa nel 2004. La domanda sorge spontanea: perché Genova sì e Taranto no?
Non voglio entrare nella discussione se sia possibile per una persona o una collettività valutare correttamente il valore della propria vita e di qualunque cosa la metta a rischio, e se possano esserci “compensating differentials” (letteralmente, compensazioni monetarie, anche se il concetto richiederebbe una maggiore spiegazione). Se volessimo limitarci a una analisi puramente economica, un osservatore a una prima occhiata potrebbe concludere che tutto ciò è efficiente: Genova è una città più ricca e che fornisce più alternative economiche, può quindi permettersi di perdere tanti posti di lavoro se questi mettono a rischio la salute pubblica. Taranto no, e deve pagare questo prezzo. Tuttavia, stiamo dimenticando tutti i pesantissimi effetti indiretti.
L'inquinamento è il classico esempio di esternalità, ovvero l’effetto di una azione di un agente economico su altri agenti non coinvolti nell'attività economica. Come tale, è necessario fare in modo che le imprese inquinanti tengano conto delle conseguenze indirette che la loro produzione causa. L'inquinamento produce un numero di malati di cancro elevatissimo, di cui l’impresa non tiene conto. Di tali malati, e dei costi delle cure, non tiene conto nemmeno la cittadinanza, poiché i costi sono condivisi dai corregionali e dal resto della nazione. Come fa notare Daniele Marescotti, Peacelink, l’ILVA è stata condannata in primo e secondo grado per emissioni inquinanti. Tuttavia la politica locale sembra non avere la sufficiente forza per opporsi ai numerosi interessi locali coinvolti. Infatti, la Provincia (governata dal centrosinistra) e il Comune (governato dal centrodestra) - enti che in origine si erano costituiti parte civile - si sono ritirati dal processo proprio alla vigilia della sentenza della Cassazione.
Come si convincono le amministrazioni pubbliche ad avere più a cuore i problemi dell'eccesso di mortalità? Tanto per fare gli economisti provocatori possiamo proporre che le aree dove la mortalità è in eccesso dovrebbero pagare più tasse.
Chi scrive è ovviamente consapevole che la proposta della tassazione sull’eccesso di mortalità contenuta nel titolo è di difficile, se non impossibile, realizzazione, per diversi motivi. Le conseguenze dell’inquinamento sulla mortalità non sono immediate ma al contrario graduali nel corso del tempo, ed all’inizio potrebbero non manifestarsi, quindi l’intervento sarebbe tardivo. Inoltre, è difficile quantificare la relazione tra emissioni e morti da esse causate. Tuttavia, vi sono altre soluzioni, forse meno folkloristiche di una tassa sulla morte, ma probabilmente altrettanto efficaci.
Attualmente, il limite europeo per le emissioni di diossina è di 0,4 nanogrammi (un miliardesimo di grammo) per metro cubo. Quello italiano, fino a poco tempo fa era fermo a 100 nanogrammi. La regione Puglia ha provato nel 2008 ad abbassare tali limiti, nella speranza di cominciare a risolvere la questione ILVA. Tuttavia, il Ministero dell' Ambiente ha reagito sbottando che "Se questa legge passa, l'Ilva chiude in 4 mesi" e nominando una commissione ad hoc. Come fanno notare Foschini e Lauria in un articolo su Repubblica (4), uno dei membri di tale commissione, Bonaventura Lamacchia, era stato rimosso dopo un'inchiesta di Repubblica e de L´Espresso che avevano pubblicato l'illustre pedigree di tale ingegnere (condanne per falso, ricettazione, evasione fiscale, bancarotta fraudolenta, tentata estorsione e turbativa d'asta). Dopo un anno di discussioni al riguardo, Ministero dell' Ambiente e Regione Puglia sembrano aver trovato un accordo, grazie al quale i limiti sono stati abbassati a 2,5 nanogrammi; nel 2010 saranno adeguati ai limiti europei (5). Questo non significa che la questione sia risolta. Il siderurgico produce molti altri fattori inquinanti, idem per il petrolchimico (nello specifico PCB , piombo, mercurio, cromo esavalente, IPA ec.ec.). La diossina non èl'unico inquinante presente a Taranto. E’possibile che ridurre la diossina non abbia impatti significativi sulla mortalità se non viene fatto congiuntamente alla riduzione d'altri inquinanti. Dulcis in fundo, il conflitto tra Regione e Ministero è subito ripreso sulla questione ENI, che recentemente ha deciso di volere raddoppiare la sua centrale a Taranto (6).
Due soluzioni che potrebbero contribuire a migliorare la situazione sono le seguenti.
La prima è delegare totalmente la gestione della politica ambientale ad un'autorità indipendente. Un modello economico che credo supporti questa mia proposta è quello presentato da Alesina e Tabellini in "Bureaucrats or Politicians?". In breve, in tale lavoro vengono trovate condizioni secondo le quali diversi tipi di politiche dovrebbero o meno essere delegate ad autorità non-politiche. A meno di miei errori di valutazione, credo che la gestione della politica ambientale rientri decisamente tra quelle che il modello riterrebbe delegabile, poiché si riuscirebbero ad evitare pressioni esterne e si riuscirebbero a realizzare obiettivi di lungo periodo con maggiore facilità. Infatti, burocrati con incentivi di maggiore durata e respiro ed indipendenti potrebbero fare un lavoro migliore ed essere fermi e decisi nel fissare e fare rispettare dei limiti, senza alcun conflitto di competenza o paura di andare fino in fondo nei processi legali poiché motivati da una funzione di utilità ad ampio respiro. Logica simile (anche se non perfettamente analoga) a quella che vuole la politica monetaria in mano ad un ente indipendente.
La seconda proposta è una semplice tassa pigouviana, basata sulle emissioni (su TUTTI i tipi di emissioni inquinanti, non sono sulla diossina), come si studia in qualunque corso di microeconomia elementare. La tassa pigouviana é quella tassa pagato dai soggetti che producono inquinamento, misurata per unità inquinante, e che é esattamente uguale al danno marginale aggregato causato dall'inquinante considerato valutato al livello di inquinamento ottimale. Una tassa del genere, sarebbe sicuramente di più facile realizzazione di quella sulla "mortalità in eccesso" che ho proposto provocatoriamente nel titolo. Sebbene non si risolverebbe il problema nell'immediato, si avrebbe il vantaggio di incrementare il gettito fiscale riducendo la profittabilità dell' attività inquinante e creando incentivi a una diversificazione industriale (sempre se questo gettito venisse bene utilizzato, ma questa è un’altra storia). Tuttavia, non mancano i caveat per questo tipo di soluzione. Come ho già discusso non ritengo che la politica abbia la sufficiente voglia/forza/supporto popolare per affrontare la questione. Pertanto appare difficile che essa possa introdurre tale tipo di tassazione e possa effettivamente farla rispettare. La soluzione di una autorità indipendente e senza vincoli politici appare a mio avviso una soluzione più convincente.
(1) Carlo Vulpio, Il Fatto quotidiano, TRE VOLTE SEVESO
(2) Marcello Cometti, La Gazzetta del Mezzogiorno “Tumori e inquinamento: ecco i dati record di Taranto”
(3) Assennato, de Nichilo, Della Corte, Bisceglie Il Registro Tumori Jonico Salentino
(4) Foschini, Lauria, La Repubblica, Ilva, rimosso Bonaventura Lamacchia bufera sulle nomine degli altri membri
(5) Di Zanni, La Repubblica, Prestigiacomo e Vendola d'accordo Meno diossina, giorno storico per Taranto
(6) Mazza, Gazzetta del Mezzogiorno, Taranto, sì del governo alla centrale Eni: scontro Vendola-Prestigiacomo
A proposito di ambiente, volevo fare una domanda non legata direttamente a Taranto: cosa si pensa qui su nFA a proposito della privatizzazione dell'acqua?