Al momento in cui scrivo non è ancora chiaro quale sarà l'esito della crisi di governo provocata da Berlusconi per i suoi guai giudiziari. Tuttavia è opinione diffusa di vari politici ed analisti (esempi: Pippo Civati e Linkiesta) che sarebbe auspicabile formare un governo di scopo, della durata di pochi mesi,con il mandato di riformare a breve termine la legge elettorale e nel frattempo evitare sforamenti di finanza pubblica. Visto che personalmente sono rimasto inorridito dal porcellum fin dal primo momento in cui è stato approvato (ed è bene ricordare i nomi dei vili che si sono macchiati dell'infamia: perché c'erano anche Casini e Fini insieme a Calderoli e Berlusconi) dovrei essere contento e favorevole al governo di scopo. Eppure no, non sono contento e il governo di scopo mi lascia molto diffidente.
C'è in particolare una cosa che mi preoccupa: l'enfasi che molti pongono sulla opportunità che la nuova legge elettorale favorisca la ''stabilità''. La verità, nuda e cruda, è che in questo momento in Italia nessuna legge elettorale mimimamente sensata può raggiungere questo obiettivo. Tra le leggi non sensate, l'unica che avrebbe una qualche possibilità di raggiungere l'obiettivo è un porcellum in cui il premio di maggioranza viene assegnato su base nazionale anche al Senato, oltre che alla Camera. Se un simile sistema fosse stato in vigore alle ultime elezioni, il governo del paese sarebbe stato consegnato a una forza che gode di meno del 30% dei consensi. In ogni caso, anche se ogni tanto qualcuno rispunta a proporre il premio nazionale al Senato, non ho mai sentito nessun argomento convincente che permetta di superare la barriera a mio avviso insormontabile data dall'art. 57 della Costituzione, che stabilisce che il Senato è eletto a base regionale. Quindi, visto che quella via (per fortuna) non è percorribile, cosa resta?
O ci si discosta dal porcellum andando in senso maggioritario oppure ci si discosta andando in senso proporzionale. La prima soluzione sembra essere cara al PD, che è a favore di collegi uninominali e doppio turno. O almeno dice di esserlo, perché non è che si sia speso molto per ottenerlo né durante il governo Monti né durante il governo Letta, pur essendo componente fondamentale della maggioranza. I vendoliani e i casiniani sono in favore del proporzionalismo, che ritengono possa meglio garantire le loro rendite di posizione (una volta finite le larghe intese). Il M5S non si capisce cosa voglia. Per il momento Grillo è favorevole al mantenimento del porcellum, cosa perfettamente razionale dal suo punto di vista, ma cosa farebbe se vincesse le elezioni non è chiaro (non solo per la legge elettorale a dir la verità). Infine c'è il centrodestra che farà qualunque cosa voglia Berlusconi, il quale deciderà unicamente in base alle sue vicende giudiziarie, ma resta fermamente contrario ai collegi uninominali.
La prima osservazione da fare è comunque che né il maggioritario con collegio uninominale né il proporzionale possono produrre, nell'attuale situazione italiana, maggioranze stabili. Se ci sono tre blocchi più o meno equivalenti e ciascun blocco rifiuta di allearsi con gli altri, allora il prossimo parlamento sarà più o meno nella stessa situazione di quello attuale, ossia non sarà possibile alcuna maggioranza omogenea. Con l'attuale legge elettorale questo accadrà solo al Senato, mentre con una riforma maggioritaria o proporzionale succederà in entrambi i rami del Parlamento.
Quindi l'unica speranza di avere un governo stabile se si torna a votare è mediante un radicale mutamento dei consensi elettorali, che garantisca la vittoria indiscussa di uno dei tre blocchi; tutto è possibile in una situazione in movimento come quella italiana, ma al momento mi pare abbastanza improbabile. In ogni caso, se l'unico modo per ottenere un governo stabile è un massiccio trasferimento di voti verso uno dei tre blocchi da parte degli altri due, il cambiamento della legge elettorale non sembra essere condizione né necessaria né sufficiente. In verità, appare essere abbastanza irrilevante. La legge elettorale va cambiata, ma va cambiata per altre ragioni e tenendo in vista gli effetti di più lungo periodo. Ma, francamente, chiedere agli attuali parlamentari di avere una visione di lungo periodo è perfettamente inutile.
Chiarito questo, ossia chiarito che dopo il voto, qualunque sia la legge elettorale, molto probabilmente la situazione non sarà diversa dall'attuale, chiediamoci di nuovo: vale la pena formare ora un governo con l'obiettivo limitato di cambiare la legge elettorale? La risposta non è affatto scontata. In primo luogo, anche se ci fosse veramente in Parlamento una maggioranza che in buona fede intende fare una buona riforma elettorale, sarebbe comunque necessario tempo e una discussione approfondita e spassionata. Fare qualcosa in fretta e furia e a ridosso delle elezioni difficilmente può condurre ad alcunché di buono. In secondo luogo, e qui è il vero punto dolente, è chiaro che non ci sarà alcun tentativo di fare una legge elettorale sensata ma semplicemente ogni forza politica cercherà di modificare la legge nella direzione che ritiene possa favorirla.
La mia opinione (che ho esposto per esempio qui) è che sia bene muoversi in direzione di un sistema maggioritario con collegi uninominali e un sistema di voto alternativo o doppio turno. Nulla di tutto questo può succedere sotto alcuna maggioranza plausibile di un ipotetico governo di scopo. Il M5S non accetterà di far parte di un governo del genere. Grillo ha già detto che per le prossime elezioni preferisce il porcellum e farsi implicare significherebbe solo diventare corresponsabile di scelte di finanza pubblica inevitabilmente impopolari. Le uniche due alternative che restano sono o una maggioranza simile a quella attuale (ossia Berlusconi si rimangia le dimissioni dei suoi ministri) oppure una maggioranza PD-Scelta Civica con contorno di dissidenti PdL e M5S, gruppo misto e forse i 7 vendoliani del Senato; le recenti massice nomine di senatori a vita da parte di Napolitano sono state chiaramente motivate dalla speranza di favorire questa seconda soluzione.
Nel primo caso, il centrodestra non permetterà mai alcuna modificazione in senso maggioritario. In effetti il progetto che più andava per la maggiore era il mantenimento del porcellum con una soglia del 40-45% per l'ottenimento del premio di maggioranza. Nella situazione attuale questa modifica avrebbe chiaramente, da parte di PD e PdL, l'unico obiettivo di rendere impossibile il conseguimento del premio di maggioranza alla Camera per il M5S (e per tutti gli altri). L'effetto pratico sarebbe quello di muovere il sistema elettorale più vicino al proporzionalismo, temperato a questo punto solo dalle soglie di sbarramento. Ma anche nel secondo caso, ossia un governo PD più dissidenti, una qualche deriva proporzionalista è anche essa inevitabile: vendoliani, centristi e probabili nuovi piccoli raggruppamenti formati dai dissidenti porranno il veto verso qualunque movimento in senso maggioritario. Va detto comunque che se questa dovesse essere la soluzione della crisi, probabilmente si tratterebbe di un governo con un orizzonte temporale più lungo di quello che hanno in mente i proponenti del governo di scopo.
Conclusione: mettere mano ora alla legge elettorale non garantirà stabilità dopo le elezioni e probabilmente muoverà il sistema elettorale in una direzione opposta a quella desiderabile, favorendo un ripristino del sistema vigente durante la prima repubblica. Per cui no, il governo di scopo per il cambiamento della legge elettorale non è una grande idea.
in generale, nessun sistema elettorale è a prova di elettorato, figuriamoci poi di quello italiano. preso anche atto che i sostenitori dell'uninominale sono ben poco agguerriti, ugualmente il vincitore unico di un collegio di 100.000 abitanti sarebbe una novità dirompente, tale da stravolgere gli equilibri politici conosciuti.