E noi faremo come l'Australia. Una proposta di riforma elettorale

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Durante le giornate che abbiamo tenuto a La Pietra ho presentato una versione preliminare di una relazione sulla riforma elettorale in Italia. Ho finalmente prodotto una versione leggibile di tale relazione, la potete scaricare qui (pdf). È lunga e soporifera, però mi ha consentito di fare il punto sullo stato dell'arte riguardo agli effetti politici ed economici dei diversi sistemi elettorali in modo da formulare in modo informato e consapevole una proposta di riforma.

La parte che credo possa interessare di più i lettori è il capitolo 6, in cui discuto il da farsi per l'Italia. La mia proposta è relativamente semplice: adottiamo, sia per la camera sia per il senato, il sistema del voto alternativo usato per la camera dei deputati australiana e per la presidenza irlandese. Il sistema è maggioritario ma consente agli elettori di esprimere le proprie preferenze in modo più completo, evitando in particolare l'elezione di candidati che piacciono solo a una minoranza. Questo post spiega più in dettaglio la proposta, quali sono le probabili conseguenze sul sistema politico e perché esiste perfino qualche possibilità che venga presa in considerazione.

Perché iniziare ora a discutere della riforma elettorale.

Le riforme elettorali vengono tipicamente fatte da chi controlla il Parlamento tenendo di vista il proprio interesse. Ciò introduce una ovvia distorsione a favore dello status quo, dato che chi controlla il Parlamento ha acquisito tale controllo sulla base della legge elettorale vigente. Tuttavia, in questa legislatura sembrano esistere le condizioni per un cambiamento della legge elettorale. La principale difficoltà che da sempre ha impedito una compiuta riforma in senso maggioritario, ossia la presenza determinante di partiti piccoli e medio-piccoli nelle coalizioni di governo, è fortuitamente assente. A testimonianza di tale minore peso delle forze piccole abbiamo visto l'avanzare concreto di proposte di riforma per l'elezione del Parlamento Europeo in senso favorevole ai partiti grandi. Anche se di tale riforma non c'è alcun bisogno, per una volta tanto proviamo a guardare la parte mezza piena del bicchiere: in questa legislatura il potere di veto dei vari Pecoraro Scanio, Casini, Diliberto, Mussolini, Bertinotti e via naneggiando non c'è. Il quadro è stato ulteriormente semplificato dalla creazione del Partito Democratico e del Popolo delle Libertà. Essenzialmente, come spiegherò più in dettaglio successivamente, in questo parlamento le riforme elettorali le possono fare senza ulteriori condizionamenti il PdL e la Lega. La Lega è, a livello nazionale, un piccolo partito ma il suo consenso è geograficamente concentrato. Per tale ragione tende a essere favorita da un sistema maggioritario. Il PdL ha un ovvio interesse all'introduzione del sistema maggioritario, così come il Partito Democratico. In effetti l'abbozzo di intesa che si è visto per la legge elettorale europea potrebbe svilupparsi in un sostegno ad ampio raggio per una riforma maggioritaria.

La questione per il momento non è in cima all'agenda politica, ma è destinata a diventarlo quando si avvicinerà il referendum previsto per la primavera dell'anno prossimo. Ovviamente, la coalizione attualmente governante potrebbe semplicemente decidere di boicottare il referendum e mantenere il sistema attuale. Vi sono però almeno un paio di considerazioni che dovrebbero convincere anche i più restii a sfruttare l'occasione per migliorare la legge corrente. Da un lato è evidente che la diversità dei sistemi elettorali di Camera e Senato rischia di creare seri problemi di governabilità. Tutti gli indizi conducono a ritenere che tale diversità non sia il risultato di scelte consapevoli ma semplicemente del modo caotico e frettoloso in cui la riforma del 2005 è stata approvata. Il referendum può essere una buona scusa per eliminare il problema, uniformando i sistemi elettorali dei due rami del Parlamento. D'altro canto, credo non sfugga a nessuno il fatto che la legge, nonostante il fortunoso e fortunato risultato delle elezioni del 2008, mantiene intatto il suo potenziale centrifugo. Gli incentivi alla creazione di partitelli e partitini e alla formazione di coalizioni eterogenee e rissose restano sempre all'opera. Si può contare sulla propria buona fortuna, ma perché non cogliere l'occasione per solidificare mediante la riforma del sistema elettorale la semplificazione del quadro politico? Per una volta tanto gli interessi del paese e quelli delle principali forze politiche che siedono in Parlamento sembrano allineati. Se si prepara bene il terreno con una seria discussione dei vantaggi e degli svantaggi dei vari sistemi, puòdarsi che ne esca qualcosa di buono.

Che riforma elettorale attuare? Per ragioni che spiego più in dettaglio nella relazione (pdf) l'Italia ha bisogno dell'introduzione compiuta e completa di un sistema maggioritario. Questo è anche il desiderio che l'elettorato ha chiaramente espresso con il referendum sul sistema elettorale del Senato del 1993 (partecipazione al voto del 77% e percentuale di SI pari a 82,6%) e con quello per l'abolizione delle quota proporzionale del 1999 (partecipazione al voto del 49,6% e percentuale di SI pari a 91,5%; il quorum mancato di un soffio elimina gli effetti legali ma non la chiara indicazione della volontà popolare).

I politici italiani non hanno mai amato particolarmente l'idea del maggioritario e hanno tentato di annacquarla in tutti i modi. Nel 1993, dopo il referendum, introdussero un sistema misto che non eliminava affatto gli incentivi alla frammentazione, e nel 2005 è stata passata la bizzarra legge attuale. Le preferenze proporzionaliste derivavano in parte da ragioni culturali e in parte dall'ovvio interesse dei partiti piccoli, medi, o semplicemente incerti su proprio futuro. In questo Parlamento la situazione appare diversa. L'estrema sinistra e l'estrema destra sono scomparse, così come Mastella. Casini conta come il due di denari quando la briscola è a bastoni. In breve, molte delle forze piccole e medie che hanno bloccato le riforme in passato sono scomparse o sono diventate irrilevanti. Oltre a questo, e di uguale importanza, sia il centrodestra sia il centrosinistra hanno visto la nascita, mediante fusione, di partiti più grandi e a vocazione chiaramente maggioritaria.

Tutti questi fattori denotano un cambiamento a mio avviso radicale di scenario. Nella scorsa legislatura la principale proposta di riforma fu quella di Ceccanti e Vassallo (si veda qui e qui per un'analisi dei suoi possibile effetti), che puntava a un sistema proporzionale corretto da una dimensione ridotta dei collegi al fine di ridurre la frammentazione. Non si trattava di una cattiva proposta, dati i vincoli politici esistenti nella scorsa legislatura. In particolare, il ruolo fondamentale dei piccoli partiti nel formare la maggioranza di governo impediva qualunque seria ipotesi di introduzione del maggioritario. Ma, come ho detto prima, la situazione in questa legislatura è cambiata radicalmente. A mio avviso è tempo di buttare a mare tutti i compromessi proporzionalisti e puntare decisamente sul maggioritario.

Una proposta nuova: il voto alternativo.

La vera domanda diventa quindi: quale maggioritario? Per rispondere a questa domanda inizierò citando in modo esteso l'inizio dell'articolo di Ceccanti e Vassallo, che condivido quasi totalmente. Parlando degli obiettivi di una riforma elettorale, essi affermano:

 

Se prendiamo però per buone le dichiarazioni ufficiali, tutti concordano sugli obiettivi di fondo:

1) consentire agli elettori di giudicare la qualità dei singoli candidati al parlamento;

2) ridurre la frammentazione, garantendo un pluripartitismo moderato;

3) preservare la dinamica bipolare …

4) senza rendere però ineluttabile la formazione di coalizioni pre‐elettorali artificiose,

prive di coesione programmatica.

Per ottenere questi risultati occorre trovare un sistema alternativo sia al premio di

maggioranza (che o è irrilevante e non bipolarizza, o provoca il 4), sia al collegio uninominale maggioritario, ad uno o due turni, il quale, alternativamente, a seconda di come viene interpretato, riduce troppo drasticamente il pluralismo (2) o induce a

formare coalizioni eterogenee (4), come accadeva con i collegi uninominali della Mattarella.

 

La parte che non condivido interamente è il giudizio sul sistema a doppio turno, ma credo fosse un trucco retorico per poi spingere la proposta del vassallum, che era l'unica praticabile nella legislatura passata. Sono invece totalmente d'accordo che un sistema maggioritario all'inglese, in cui il primo arrivato prende il seggio anche se ha una percentuale minuscola dei voti, sia pericoloso. L'Italia ha un sistema multipartitico che probabilmente durerà un bel pezzo, e un sistema all'inglese funziona bene solo quando ci sono due partiti. Con molti partiti, a seconda di come si configurano le alleanze politiche pre-elettorali, può favorire risultati bizzarri o la formazione di coalizioni eterogenee. Il doppio turno soffre molto meno di questi problemi.

Ma, a mio avviso, si può fare anche meglio del doppio turno. Il problema principale del maggioritario all'inglese è che permette all'elettore di indicare solo una minuscola parte delle proprie preferenze, ossia qual è il candidato preferito rispetto a tutti gli altri. Il doppio turno fa un po' meglio, dato che permette all'elettore di dire chi si preferisce tra i due candidati principali. Il voto alternativo fa ancora meglio: permette all'elettore di ordinare, se così desidera, tutti i candidati in lizza.

Come funziona il voto alternativo? Lo spiego qui sinteticamente, il lettore che vuole più dettagli può consultare questa voce di wikipedia o, se proprio non riesce a dormire, la relazione (pdf). All'elettore è richiesto di ordinare numericamente i candidati. Per esempio, se si candidano Bianchi, Gialli e Bruni un possibile voto sarebbe:

Bianchi 2

Gialli 1

Bruni 3

Questo è leggermente più complicato che mettere una X accanto al candidato preferito e basta, ma direi che possiamo aver fiducia che gli italiani non sono meno bravi degli australiani (o degli irlandesi, che usano tale sistema per eleggere il presidente). Non è necessario ordinare tutti i candidati, se si desidera si può ordinarne solo una parte; ai candidati non classificati viene automaticamente assegnata l'ultima posizione.

Il vincitore si determina come segue. Primo, si contano le prime preferenze. Se un candidato raggiunge il 50% allora è dichiarato vincitore. Altrimenti, si elimina il candidato che ha ricevuto il più basso numero di voti e si riassegnano i suoi voti alle seconde preferenze. A questo punto si ricontano i voti e si vede se qualcuno ha più del 50%. Se sì, tale candidato vince. Altrimenti, si ripete la procedura: il candidato con meno voti viene eliminato e i suoi voti riassegnati alla seconda preferenza. Il processo viene ripetuto tante volte quante necessario, eliminando un candidato alla volta.

Nell'esempio qui sopra, immaginiamo che Gialli risulti ultimo nella conta delle prime preferenze. Allora Gialli viene eliminato e il voto del nostro elettore viene automaticamente assegnato a Bianchi. A quel punto restano due soli candidati, Bianchi e Bruni, e necessariamente uno dei due avrà il 50% dei voti validi.

Le conseguenze politiche del sistema australiano.

Il sistema australiano permetterebbe di evitare una delle caratteristiche più indesiderabili del sistema maggioritario all'inglese in presenza di più partiti: la sua dipendenza dalle alleanze pre-elettorali. In Italia il maggioritario all'inglese è stato usato per 3/4 dei seggi della Camera nel 1994, 1996 e 2001. Nel 1996 le elezioni sono state vinte dal centro-sinistra solo perché il centro-destra era diviso, mentre nel 2001 è successo l'opposto. Il voto alternativo elimina questo aspetto di casualità nel risultato, restituendo il potere di determinare il vincitore all'elettorato.

Cosa ci si può aspettare da un sistema maggioritario ''all'australiana''? Direi che è lecito attendersi l'emergere di due blocchi elettorali, anche se non di due partiti. Il sistema favorisce, come tutti i sistemi maggioritari, i partiti maggiori (nel caso italiano PdL e PD) e i piccoli partiti geograficamente concentrati e in grado di attrarre le seconde preferenze di altri partiti (nel caso italiano la Lega). In Australia tre partiti ottengono normalmente rappresentanza parlamentare: i Laburisti su lato sinistro e la coalizione tra Liberali e Nationals sul lato destro. In particolare, sul lato destro i Nationals sono il partito più piccolo e geograficamente concentrato della coalizione; tipicamente, gli elettori Liberali mettono come seconda preferenza i Nationals e viceversa. In tutte le elezioni del dopoguerra si è sempre formata una maggioranza stabile, di un colore o dell'altro (si veda qui per l'ultima elezione e si seguano i links per le altre).

Un'altra caratteristica attraente del sistema australiano è che penalizza molto meno del sistema inglese l'entrata di nuovi partiti. In un sistema all'inglese gli elettori sono riluttanti a votare nuovi partiti perché temono di ''sprecare il voto''. Con il voto alternativo il problema non si pone. L'elettore può dare la prima preferenza al candidato preferito e la seconda preferenza al candidato più ''vicino'' che considera un serio contendente per la vittoria. Per esempio, i Verdi australiani, un partito nato nel 1992, hanno progressivamente aumentato i propri voti fino al 7.79% delle ultime elezioni. Le maggiori possibilità di entrata riducono le rendite dei partiti più grandi e permettono di segnalare in modo più accurato la volontà dell'elettorato.


Perché il voto alternativo è desiderabile e perché è possibile.

Mi limiterò qui a comparare il sistema australiano con altri sistemi maggioritari. Ho già spiegato perché ritengo il sistema superiore migliore del maggioritario all'inglese. Quando ci sono vari partiti che possono contare su un elettorato abbastanza fedele il sistema inglese regala troppo potere ai capi dei partiti medio-piccoli, che possono decidere il risultato elettorale mediante la loro politica di alleanze. Questa è, e resterà per un pezzo, la situazione italiana.

Per evitare questo problema si può usare tanto il sistema a doppio turno quanto il sistema australiano. Premetto che sarei comunque soddisfatto se venisse introdotto un maggioritario a doppio turno, ma credo che il sistema australiano sia superiore per vari motivi. Primo, permette agli elettori di esprimere in modo più completo le proprie preferenze. Secondo, non richiede agli elettori di recarsi alle urne due volte. Terzo, in Italia l'intervallo tra il primo e il secondo turno verrebbe impiegato dai capi dei piccoli partiti per fare campagna pro o contro i candidati del ballottaggio. Questo ne accrescerebbe il potere negoziale, reintroducendo alcuni dei problemi del sistema all'inglese. Con il voto alternativo questi problemi sono meno forti. Ovviamente i partiti possono indicare ai propri elettori quali seconde o terze preferenze dare, ma inevitabilmente le campagne elettorali dovranno concentrarsi sulla richiesta di voto al proprio partito. Questo riduce le possibilità dei piccoli partiti di manipolare il risultato elettorale.

Ho spiegato sopra perché ritengo che in questo Parlamento la situazione sia assai più favorevole a una buona riforma che nel precedente. D'altro lato è ovvio che il centro-destra, come il centro-sinistra nella scorsa legislatura, non farà alcuna riforma se ciò mette in pericolo il governo. È bene pertanto guardare i numeri. La consistenza attuale dei gruppi parlamentari di centrodestra è la seguente.

Camera dei Deputati

∙ Popolo delle Libertà: 273.

∙ Lega Nord: 60.

∙ Movimento per le Autonomie: 8.


Senato

∙ Popolo delle Libertà: 146.

∙ Lega Nord: 26.

∙ Movimento per le Autonomie: 2.


È probabile che il Movimento per le Autonomie (MpA) e alcuni deputati del PdL provenienti da piccoli partiti (per esempio Gianfranco Rotondi e Alessandra Mussolini) si oppongano a un sistema maggioritario. D'altra parte PdL e Lega da soli hanno 333 seggi alla Camera (maggioranza 315) e 172 al Senato (maggioranza 161). Possono quindi tranquillamente ignorare MpA e i pochi deputati dei partitini.

Il sistema australiano andrebbe a beneficio di PdL e Lega, permettendo loro di assorbire (almeno come seconde preferenze) buona parte dei voti di UDC e Destra. Un fenomeno simile accadrebbe sul lato sinistro, dove il PD potrebbe assorbire parte dell'estrema sinistra e dei socialisti.

La riforma è quindi possibile. Chi ci perde (estrema destra, estrema sinistra, UDC, MpA e socialisti) non è in posizione di poterla bloccare. Chi ci guadagna (PdL, Lega e PD) controlla la maggior parte dei seggi parlamentari. In più PdL e Lega possono permettersi di irritare gli alleati minori senza pericolo di far cadere il governo. È un'occasione storica che, in caso di mantenimento del porcellum, è improbabile si ripresenti in futuro. Occorre iniziare ad agire subito per ottenere una buona riforma prima del referendum.

 

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Commenti

Ci sono 25 commenti

Mi sembra che in Australia sia necessario indicare almeno tre preferenze, pena la nullità del voto. O mi sbaglio?

 

In Australia per la Camera dei Deputati bisogna ordinare TUTTI i candidati, pena la nullità della scheda.  Per il Senato si usa un sistema simile (il Single Transferable Vote), nel senso che permette di ordinare i candidati ma in distretti con multipli membri. Questo tende a produrre effetti più proporzionali e quindi incoraggia l'entrata di più candidati, rendendo il compito difficile a un elettore che deve fornire un ordinamento completo. Per tale ragione si permette agli elettori di votare semplicemente il simbolo del partito, accettando l'ordinamento dei candidati del partito stesso. La voce di wikipedia sul sistema elettorale australiano è ottima.

Credo che in Italia sarebbe sbagliato chiedere agli elettori di ordinare tutti i candidati. Per lunga tradizione in Italia tendono a presentarsi molti partiti, parecchi dei quali sconosciuti. Anche se si mettesse in essere un sistema maggioritario ci vorrà un po' prima che questa abitudine passi. Pensare che gli elettori possano dare un voto informato su minuscoli partiti esoterici è assurdo (provate a chiedervi: è meglio il partito comunista dei lavoratori di ferrando o sinistra critica di turigliatto? forza nuova o il nuovo msi?). Il sistema di voto alternativo funziona altrettanto bene quando agli elettori viene consentito di ordinare solo un sottoinsieme dei candidati. Se per esempio voto solo il partito A e alla prima conta A risulta ultimo, il mio voto diventa invalido. Ad ogni round alcuni voti diventano invalidi (quelli senza ulteriori preferenze) e altri vengono riassegnati alla preferenza successiva.

 

Complimenti per l'ottimo lavoro. Non ho avuto tempo di leggere tutte le 69 pagine del saggio in PDF ma l'ho scorso velocemente e ho apprezzato molto la completezza e la concisione dell'analisi e la ricchezza delle citazioni. Il sistema elettorale proposto e' certamente apprezzabile ed e' difficile argomentare in favore di sistemi migliori. Personalmente apprezzo particolarmente la possibilita' per l'elettore di dare in un singolo turno una maggiore quantita' di informazioni rispetto ad altri sistemi, producendo un risultato che tende ad approssimare meglio di altri metodi le scelte degli elettori. Il sistema include meccanismi per favorire i partiti maggiori collegio per collegio, e anche per favore i candidati piu' "centrali" e meno estremi.

Nel particolare contesto italiano credo che il sistema proposto su seggi uninominali produrrebbe una polarizzazione molto radicale in aree molto ampie, i seggi transpadani tenderebbero ad essere tutti CD piu' o meno come nel 1994 quando i Progressisti persero ovunque tranne Marghera e se ricordo bene Suzzara. L'Italia centrale fino al Lazio settentrionale eleggerebbe solo candidati di CS con possibili enclavi di CD a Piacenza e Lucca. Una situazione del genere sarebbe meno che ideale, specie se riprodotta nelle amministrazioni locali perche' ridurrebbe la competizione e le opportunita' di ricambio della classe politica in ampie aree del Paese.

Personalmete sarei piu' favorevole ad un sistema che desse rappresentanti anche a forze politiche minoritarie collegio per collegio, per esempio recuperando parte dei migliori perdenti come al Senato dal 1994 al 2001, oppure usando il sistema austrialiano del Senato che se capisco bene ha circoscrizioni multinominali. Anche il tedesco-spagnolo di Vassallo potrebbe essere agevolmente combinato col sistema austrialiano. Ritengo sia corretto favorire i partiti maggiori e i candidati centrali, ma con giudizio, specie in Paesi come l'Italia, dove c'e' tendenza dei politici di entrambi gli schieramenti maggiori a formare una Casta e a bloccare tutto il sistema con accordi consociativi sotto banco. Certo i partiti minori avrebbero i voti conteggiati e pubblicati sui giornali, ma sempre tornando al Belpaese, gli eletti sarebbero poi anche favoriti da generosi contributi statali. Il sistema australiano sarebbe sicuramente piu' accettabile se i finanziamenti statali venissero aboliti (fantascienza, probabilmente), oppure se venissero dati in misura proporzionale ai voti indipendentemente dagli eletti.

Allargando il discorso, secondo me vi dovrebbe essere maggiore distinzione tra potere esecutivo e potere legislativo, come avviene negli USA, dove c'e' un chiaro e netto vincitore per il potere esecutivo mentre il Paese funziona (tanvolta sembra addirittura col consenso degli elettori) con Camere discordi al Presidente e/o tra loro. Idealmente nelle Camere legislative vi dovrebbe essere rappresentanza proporzionale, o proporzionale corretta sul modello tedesco-spagnolo oppure del Senato australiano, e il potere esecutivo dovrebbe avere un chiaro vincitore, che dovrebbe avere mano libera sulle proposte legislative per le materie di sua competenza, a meno di un veto con maggioranza qualificata, ad es. 2/3, dalle Camere, o meglio in una sola Camera designata (monocameralismo). Mi scuso per essere andato un po' fuori tema, ma lo faccio per giustificare la mia avversione alla tentazione di usare il sistema elettorale come unico strumento per garantire la governabilita'.  Secondo me questo e' sbagliato. Il sistema elettorale dovrebbe garantire invece rappresentativita' a tutti nelle Camere legislative, con moderate correzioni in favore dei candidati centrali (personalmente non favorirei mai i partiti, ma solo i candidati seggio per seggio: prima le persone poi i partiti). La governabilita' dovrebbe essere invece garantita con altri meccanismi come ad es. presidenzialismo o sfiducia costruttiva.

Concludo con una domanda abbastanza fuori tema, ma che mi interessa particolarmente. Secondo me in Italia quando il sistema e' proporzionale e' necessario evitare le preferenze come la peste, perche' le preferenze favoriscono chi ha capacita' di coaugulare clientele fedeli anche se molto minoritarie rispetto al totale degli elettori, e cioe' i politici che si basano sulla gestione clientelare del consenso e la criminalita' organizzata. Non ho visto trattato il tema delle preferenze, forse per la velocita' con cui ho scorso il tuo saggio, che e' enciclopedico: mi domando se esistono studi sulla relazione tra clientelismo, spese elettorali e presenza del voto di preferenza.

 

 

 

il potere esecutivo dovrebbe avere un chiaro vincitore, che dovrebbe

avere mano libera sulle proposte legislative per le materie di sua

competenza, a meno di un veto con maggioranza qualificata, ad es. 2/3,

dalle Camere

 

Non

ricordo esattamente, ma mi pare che una proposta di questo tipo fosse

stata avanzata anche da Gianfranco Miglio negli anni '80. Non ci avevo

più pensato, però all'epoca mi pareva convincente, ritenendo che tale

soluzione potesse garantire la governabilità ad un Paese nel quale

troppi partiti ed alleanze forzose l'avevano sempre negata.

Forse

la cosa andrebbe ripresa in considerazione, eventualmente disegnando un

sistema elettorale ed una rete di contrappesi adatti, benché non io creda

possa esser ben accetta da partiti che temano di perdere posizioni di

potere.

Magari una scelta di questo genere potrebbe consentire di

assumere quelle decisioni, inizialmente impopolari, capaci di

migliorare la situazione nel lungo periodo, sempre che si resista all'inevitabile chiamata alle piazze di chi vedrebbe scemare i poteri di veto.

 

 

Alberto e DoktorFranz, ho intenzionalmente parlato solo di riforma elettorale, sia nel post sia nella relazione. Come ho cercato di spiegare, questo non è perché consideri ottimale l'attuale architettura costituzionale ma perché non ho molta fiducia che una buona riforma costituzionale, date le attuali forze in campo, sia oggi possibile. Un riforma elettorale maggioritaria invece è possibile, dato che conviene a PdL, PD e Lega. Ovviamente la cosa ha dei limiti, il sistema elettorale può risolvere solo un numero limitato di problemi, ma credo che al momento non ci sia modo di far meglio.

In merito a quanto dici, Alberto, due osservazioni.

Primo, io sono molto più ottimista sul fatto che larghe zone del paese sarebbero competitive. Il risultato del 1994 fu dovuto in buona misura alla separazione tra Progresisiti e PPI, che divise il voto di centrosinistra al nord molto più che la divisione tra FI e Lega da un lato e AN dall'altro. Come si è visto a partire dalle elezioni successive il centrosinistra, anche se chiaramente minoritario, è competitivo in varie zone del nord. Perfino alle ultime elezioni ha vinto alla provincia di Vicenza. Lo stesso vale al centro: il centrodestra, con un sistema a doppio turno (il più vicino al voto alternativo tra quelli praticati in Italia) è riuscito addirittura a vincere al comune di Bologna. Nel lungo periodo, una volta che il sistema elettorale ha  dispiegato tutti i suoi effetti sul sistema partitico, la situazione  può essere anche migliore, dato che in ogni zona i partiti cercheranno candidati che meglio si adattano alle realtà locali e saranno pertanto più competitivi.

Secondo,  io preferirei per il Parlamento nazionale un maggioritario secco, senza componenti proporzionali, ripescaggio dei migliori secondi o altre diavolerie. In Australia il pluralismo viene in buona parte preservato grazie al diffrente sistema elettorale del senato, che permette alle forze minori di ottenere rappresentanza. Proprio la lezione australiana però illlustra il potenziale destabilizzante di questo meccanismo. È frequente che il senato abbia maggioranza differente dalla camera, con i piccoli partiti in grado di esercitare enorme potere.

Io prefereirei che la rappresentanza istituzionale delle forze minori venisse garantita negli enti locali, in particolare comuni e regioni. Questo è esattamente  quello che succederebbe se venissero manteenute le leggi elettorali attuali, modificando solo la legge per l'elezione del Parlamento. Esiste ovviamente il pericolo che i partiti grandi cambino queste leggi. Una garanzia deriva dal fatto che  l'art. 122 della costituzione, modificato nel 2001, afferma che

 

 

Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità

del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonchè

dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione

 

Le leggi elettorali delle regioni sono fatte a livello reginale. Quindi non è possibile modificare centralmente tutti i sistemi elettorali delle regioni, e credo che sarebbe molto difficile per i partiti grandi coordinare un cambiamento simultaneo decentralizzato. Anche se l'Italia non è un paese federale, le regioni hanno ormai abbastanza potere; con l'attuale sistema i partiti piccoli ottengono rappresentanza sia in consiglio sia nelle giunte (e talvolta, come in Puglia, la presidenza).

Infine, per quanto riguarda le preferenze, nella relazione non ne parlo, è già troppo lunga. Se il tema ti interessa dai un'occhiata a questo saggio sull'uso delle preferenze alle europee. Se hai accesso al Journal of Politics guarda il saggio di Eric Chang del 2005 che tratta il caso dell'Italia pre-mattarellum.

 

 

non ho molta fiducia che una buona riforma costituzionale, date le attuali forze in campo, sia oggi possibile

 

La tua posizione e' realistica, tuttavia ti segnalo che almeno qualcuno su lavoce.info ritiene che si stanno per riprendere le discussioni anche sull'architettura costituzionale, specificamente nella direzione del monocameralismo per la fiducia al governo e del Senato federale.

Riguardo ai seggi sicuri, ritengo (ma non ho fatto i conti) che applicando il sistema australiano ai risultati del primo turno Bologna sarebbe rimasta alla sinistra quando ha vinto Guazzaloca e la provincia di Vicenza non sarebbe mai andata alla sinistra (intendo la sinistra italiana a dominanza comunista e ora catto-comunista) negli ultimi 100 anni. E' plausibile che si instaurino aggiustamenti di lungo termine, ma purtroppo in Italia la tendenza di fondo non e' tradizionalmente quella di massimizzare la competizione, ma piuttosto quella di massimizzare il monopolio di Casta e di Cosca. Secondo me deve essere lasciata bassa la soglia di ingresso alle elezioni, salvaguardando contemporaneamente la governabilita` del livello esecutivo, ed esistono meccanismi per farlo.

Grazie per il saggio sulle preferenze. Il lavoro sottolinea quanto le preferenze sono ancora importanti (se possibile piu' ancora che nel passato) specie ovviamente nelle elezioni comunali, provinciali e regionali, dove la maggioranza e' decisa dal premio assegnato alla coalizione vincente ma gli eletti internamente ai partiti sono decisi dalle preferenze. L'osservazione di fondo e' che i vincitori di preferenze sono i soliti vecchi arnesi democristiani e socialisti variamente riciclati, ora emulati anche dai post-comunisti, e che il denominatore comune e' l'impegno pervasivo che tali arnesi devono dedicare al contatto a livello microscopico e fatalmente clientelare con gli elettori. L'unica "innovazione" e' che specie a livello nazionale per raccoglierre preferenze e' anche estremamente importante essere delle star delle apparizioni TV.Mi piacerebbe vedere uno studio che confronti gli eletti locali (decisi dalle preferenze) con gli eletti al Parlamento nelle ultime elezioni dal 1994, sostanzialmente decisi dai partiti.  La mia preferenza va (lo so di essere contro-corrente) agli eletti decisi dai partiti, anche se entrambi gli insiemi sono complessivamente di qualita' molto bassa.

 

 

Rispondo ad un vecchio commento. Sandro Brusco ha scritto nel 2008:

 

Come si è visto a partire dalle elezioni successive il centrosinistra,

anche se chiaramente minoritario, è competitivo in varie zone del nord.

Perfino alle ultime elezioni ha vinto alla provincia di Vicenza.

 

Probabilmente intendi il comune di Vicenza, perche' attualmente la provincia di Vicenza ha una maggioranza di centro-destra che ha vinto con buon margine al primo turno nel 2007.

 

sono d'accordissimo col sistema dell'AV australiano.

Ha i vantaggi del doppio turno elettorale, permette la formazione di partiti "terzi" (al di fuori della dittatura del bibartitismo) e, cosa non da poco, fa risparmiare un bel po' di soldini rispetto al doppio turno (trattandosi di una sola tornata elettorale).

Propongo solo una cosa: ordinare tutti gli n candidati sulla scheda è pericoloso. Molto pericoloso.

1. i voti nulli potrebbero essere molti (gli anziani, sapete...)

2. in Australia esiste il "donkey vote", o "voto dell'asino", dove molte persone (per ignoranza o per stupidità) scrivono 1, 2, 3, 4... dall'alto verso il basso esattamente nell'ordine in cui sono visualizzati i candidati. Risultato: molti deputati hanno il cognome che inizia per "A" (Aaron, Ashton, Arley...).

3. IL VOTO DI SCAMBIO! Nessuno ha pensato al voto di scambio? Siamo in Italia, gente!

Ricordate come funzionava il voto di scambio nella prima repubblica? Lo spiego qui brevemente per gli smemorati: io, Armandone (politico & mafioso), faccio un favore a X e a Y (ad es. trovo loro un lavoro in comune) e pretendo che mi votino. Dite che il voto è segreto? Balle. All'epoca c'erano le 4 preferenze. Il voto di X deve essere quindi 1-Armandone 2-Pipuzzo 3-Aienna 4-Vinelli. Il voto di Y, invece, deve essere 1-Armandone 2-Pipuzzo 3-Vinelli 4-Aienna.

Dopo le elezioni, basta denunciare "brogli" e le schede vengono ricontate davanti a 100 persone (tra cui io, politico & mafioso). Semplicemente guardando le schede, so esattamente se X e Y mi hanno votato oppure no, in base all'ordine delle preferenze.

Consiglio quindi che vengano segnate solo la prima e la seconda preferenza (credo che si chiami "contingent vote").

Inoltre, per evitare errori da parte degli anziani, si eviti di dover scrivere "1" e "2"... è sufficiente che la scheda elettorale sia doppia (due schede elettorali appaiate, per capirci). Nella prima metà si segnerà la prima preferenza e nella seconda metà la seconda preferenza.

Saluti, Armandone

 

Se prendiamo però per buone le dichiarazioni ufficiali, tutti concordano sugli obiettivi di fondo:

1) consentire agli elettori di giudicare la qualità dei singoli candidati al parlamento;
2) ridurre la frammentazione, garantendo un pluripartitismo moderato;
3) preservare la dinamica bipolare …
4) senza rendere però ineluttabile la formazione di coalizioni pre‐elettorali artificiose,
prive di coesione programmatica.

 

 

3) preservare la dinamica bipolare … in Italia? non l'ho mai capita e non ci ho mai creduto (per non parlare del bipartitismo roba a mio parere da star trek).

Questo obiettivo di fondo per me è totalmente infondato in Italia per raggiungere i reali obiettivi di governabilità con delle coalizioni aventi programmi più omogenei (tralasciamo per il momento quello che ci piace di più o che pensiamo possa più utile per riformare l'Italia) .

Capisco che il bipolarismo visto in altre nazioni possa essere sembrato una soluzione ad una serie di problemi politici italiani, ma ci siamo chiesti se il contesto delle altre nazioni ha delle differenze che rendano inapplicabile una determinata soluzione in Italia?

Penso che l'attività lavorativa mi abbia insegnato che le soluzioni dipendano dal contesto, posso cercare di cambiare il contesto per rendere una determinata soluzione efficace o scelgo la soluzione per trovare quella più idonea al contesto analizzato.

In entrambi i casi devo fare una corretta analisi del contesto ed è qui che io mi trovo in completo disaccordo con il punto 3 che viene considerato un obiettivo di fondo.

A mio parere l'Italia è tripolare e la soluzione migliore è che i tre poli possano avere un solo vincitore con maggioranza in camera e senato senza aggregarsi tra di loro, a questo punto non ci saranno scuse sulla realizzazione del programma e sui risultati.

La presenza del vaticano fa dell'Italia una anomalia nel mondo che individua  un centro estremamante radicato che :

1) ha difficoltà a coalizzarsi con se stesso,

2) tendenza a frammentarsi e coalizzarsi con gli altri due poli

3) reale difficoltà a durare con gli altri due poli con un programma coeso

Non ho esaminato bene la legge elettorale australiana ma se riesce a dare una maggioranza solida in camera e senato a chi ha più voti  tra i tre poli allora chi vince non avrà più scuse.

P.S. Se poi vogliamo anche legare uno qualsiasi di questi tre poli da me ipotizzati ad un programma che possa rendere l'Italia meritocratica, efficiente e più civile mi sa che ritorniamo a Star Trek :) ... e comunque non dovrebbe essere argomento di questo articolo

 

Il gran giorno si avvicina. Riuscirà AV a sconfiggere FPTP?

Certo che tra nozze reali, semifinali di coppa, e referendum elettorali uno non riesce più a lavorare....

Intanto, anche l'Economist si schiera contro Sandro Brusco e sponsorizza il Mattarellum all'Inglese

 

Da quel che dicono i sondaggi non c'è nessuna speranza che AV passi.