Il fattaccio è un episodio della guerra santa legale che le industrie discografiche (e cinematografiche) hanno dichiarato alla condivisione di file tra utenti finali (peer to peer) di files su cui esse vantano diritti di copyright.
In questo caso, a seguito di una denuncia inoltrata dalla Federazione contro la Pirateria Musicale (riconducibile a FIMI, la federazione delle industrie discografiche italiane) il sito thepiratebay.org è stato sottoposto a un sequestro giudiziario effettuato in modo alquanto maldestro (o peggio). Per ordine della magistratura, gli utenti italiani del sito vengono dirottati su una pagina ospitata da pro-music, un sito con sede a Londra e riconducibile ad un'associazione internazionale di società discografiche. Pro-music si è quindi trovato nella posizione di poter intercettare gli indirizzi IP (ed altro, vedete qui se vi interessano i tecnicismi) degli utenti italiani di TPB, per di più al di fuori da ogni controllo da parte delle autorità italiane. Il sito cui è stata concessa la facoltà di spiare i cittadini italiani che cercano di accedere a TPB è strettamente imparentato con l'organizzazione che è autrice della denuncia. Tale organizzazione potrebbe quindi sfruttare le informazioni così raccolte per finalità proprie, fra le quali la persecuzione dei singoli utenti di software peer to peer.
Essendo per natura ottimista ritengo che il fatto sia da attribuire alla tradizionale incompetenza informatica dei nostri apparati pubblici, ma un dettaglio mi fa dubitare. Nel provvedimento con cui il GIP di Bergamo ha disposto il sequestro preventivo del sito di TPB non si accenna a reindirizzamenti su altri siti, per cui non è chiaro chi abbia scelto di re-indirizzare gli utenti italiani proprio su quel sito, e perchè lo abbia fatto. Meglio: è chiaro che l'idea è delle associazioni dei discografici, ma mi piacerebbe sapere chi l'ha tradotta in istruzioni di polizia giudiziaria ai providers (reindirizzare gli utenti ad un altro sito è il modo attraverso cui il "sequestro giudiziario" di TPB viene effettuato in Italia) ed in cambio di cosa. Come i lettori di nFA ben sanno, in questa materia la saggezza andreottiana sul pensar male è d'uopo.
Impagabile questo commento riportato da Repubblica:
I discografici, dal canto loro, non arretrano d'un passo: "Ci sembra fuori dal mondo questa difesa dei ladri", dice Enzo Mazza, presidente di Fimi (Federazione dell'industria musicale italiana). "Il sequestro di siti è normale in tutto il mondo. Proprio nei giorni scorsi in Francia c'è stata una decisione identica, di un giudice, contro un sito razzista".
Devo dedurne che i giudici francesi hanno spedito i frequentatori del sito razzista su quello dei black panther? Altrimenti mi sfugge l'analogia.
Al di la del pasticcio col sito inglese, che ci spia per conto dell'industria cinematografica italiana, mi preoccupa l'estendersi del firewall di stato italiano, una delle ultime cose che avrei voluto copiassimo dalla Cina. Temo che finiremo tutti per usare tecniche elusive tipo opendns, tor o relakks.
Per meglio cogliere il merito del reato contestato (e la sua supposta ma dubbiosa esistenza) credo sia utile una breve introduzione a bittorrent e TPB.
Bittorrent è un protocollo peer to peer. Un client bittorrent è in grado di scaricare un file da altri utenti, ma per farlo necessita di un piccolo file (.torrent) che identifica univocamente il file originale e consente di rintracciare gli utenti che ne possiedono una copia.
thepiratebay.org (TPB) è un motore di ricerca per file condivisi tramite bittorrent, ed ha sede in Svezia. Non ospita nessun file protetto da copyright, ma solo i file .torrent .
Questa situazione rende piuttosto opinabile se il sito TPB violi o meno le leggi sul copyright. Infatti, pur nella mia scarsa conoscenza delle complessità della legge italiana in materia, ho l'ardire di suggerire che il GIP di Bergamo potrebbe aver preso una seria cantonata; cantonata che è poi stata aggravata dal modo decisamente inappropriato in cui qualcuno (ma chi? Si potrebbe sapere chi?) ha attuato il sequestro, causando una grave violazione della privacy per gli utenti italiani della rete. Ecco perché m'azzardo a tanto - attendo fiducioso le impietose critiche dei nostri magistrati, notai ed avvocati, più esperti di me in questo campo.
Il reato in questione, come citati anche dall'ordinanza del GIP medesimo, sono descritti e regolati dall'articolo 171-ter, comma 2, lettera a-bis) della legge 22 Aprile 1944, n. 663. Anzitutto, l'articolo in questione insiste ripetutamente sul fatto che il reato si configura quando i files (le "opere dell'ingegno", come le chiamano loro) vengono scambiati a scopo di lucro. Questo non è chiaramente il caso per il 99.9% degli utilizzatori di software peer to peer, e non lo è chiaramente per il sito TPB, ma è pratica abbastanza comune per la magistratura procedere a sequestro preventivo anche in caso di sitiamatoriali per cui la mancanza di lucro è ancora più evidente. Di regola questi procedimenti si concludono in una tirata d' orecchie ai responsabili e la chiusura (per quieto vivere) del sito, ma TPB ha le spalle larghe, è già passata indenne (o addirittura rafforzata ) da iniziative analoghe. Tra l'altro, poiché l'ordinanza giudiziale sequestra (attraverso il dirottamento di cui sopra) il sito TPB a tutti gli utenti della rete che usano servers italiani, mi chiedo come possa il GIP avere la certezza che chiunque cerca di accedere a TPB dall'Italia lo faccia per commerciare a scopo di lucro dei files coperti da copyright!
In secondo luogo, la lettera a-bis) dice
a-bis) in violazione dell'art. 16, a fini di lucro, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa;
Ora, nel sito di TPB non vi sono i files (le opere) ma solo del software (ossia, altri files) che permettono agli utenti di andarsi a cercare le "opere dell'ingegno" in rete, identificando quale altro utente abbia messo a disposizione quanto si va cercando. Insomma, TPB non "immette" in rete proprio nessuna opera, al più (se volete) fornisce gli indirizzi dei posti dove le opere sono disponibili. Quindi, a meno che il magistrato in questione abbia deciso che vi è equivalenza fra indirizzo del file e file medesimo e che scambiarsi informazioni sulla locazione dei files è equivalente a scambiarsi i medesimi (esercizio logico che mi sembra alquanto improbabile) o che la legge italiana sia stata modificata rispetto al testo che son riuscito a rintracciare su InterLex (e pubblicata dalla SIAE ), a me sembra che il reato imputato a TPB (che, non scordiamocelo, sta in Svezia e quindi, giustamente, delle leggi italiane se ne fa un baffo) non si configuri proprio. Cos'è che ho capito male?
Infine, una nota a margine sulla coerenza della legge e della giurisprudenza italiane. Una norma del 2007 consente:
la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro.
Si dà il caso che, in senso stretto, gran parte della musica e la quasi totalità dei video diffusi in forma digitale (compresi i film su blu-ray commerciali) siano degradati.
Sarebbe buffo se, a seguito delle decisioni prese dalla magistratura bergamasca, si configurasse in Italia la seguente situazione: la legge consente la condivisione e lo scambio senza scopo di lucro dei files (degradati) anche se protetti da copyright ma la giurisprudenza vieta, impedisce e (probabilmente) punisce il libero scambio di informazioni sui files stessi.
Aggiungo il dettaglio che i file .torrent possono tranquillamente essere trovati con una ricerca tramite google, yahoo, Virgilio ecc ecc. Ergo, se la legge italiana punisce i motori di ricerca che permettono di trovare dei file torrent allora dovrebbero porre sotto sequestro preventivo anche tutti gli altri motori di ricerca, non solo thepiratebay.
N.B. excusatio non petita : mai scaricato un torrent in vita mia (anche se ho intenzione di farlo per ottenere la prossima versione di Linux Ubuntu quando uscirà).