Come ben noto, il sistema politico italiano è radicalmente cambiato (nell'offerta elettorale, se non in quello che poi fanno i politici quando governano) a partire dalla stagione di "mani pulite". Il punto di cesura coincide con l'elezione del 1992, l'ultima che si è tenuta con il sistema proporzionale. A partire dal 1994, per tre elezioni consecutive (1994, 1996 e 2001) gli italiani hanno votato alle elezioni politiche con il mattarellum, un sistema misto a forte componente maggioritaria. Il resto, con l'ignobile introduzione del porcellum a fine 2005, è storia recente.
Il cambiamento del sistema elettorale ha comportato un riallineamento delle forze politiche e ha permesso una rinnovata identificazione dell'elettorato lungo le linee semplificatrici di destra-sinistra. Cosa ha significato questo?
La congettura da cui parto è che in qualche modo l'idea di essere "di destra" o "di sinistra" sembra pervadere in modo assai profondo l'elettorato italiano. La sostituzione del sistema proporzionale con uno a larga componente maggioritaria ha reso più importante questa caratteristica. A dir la verità, "profondo" non è necessariamente la parola giusta. Non sempre risulta chiaro agli elettori quali politiche concrete dovrebbero essere associate a una particolare identità politico-ideologica (si pensi al cruciale tema delle liberalizzazioni, che vede idee radicalmente differenti in entrambi gli schieramenti); la scelta elettorale diventa quindi principalmente scelta identitaria, e piuttosto che profonda la si potrebbe definire superficiale.
Sia come sia, il dato di fatto è che questa scelta identitaria produce comportamenti elettorali che portano principalmente a ridistribuzioni dei voti interne ai blocchi, ma molto raramente a spostamenti di voti da un blocco all'altro. Dato che i due blocchi sono più o meno fissi nel tempo, le principali novità arrivano dalla strutturazione dell'offerta politica in forma di alleanze elettorali decise a tavolino prima delle elezioni. Sono tali decisioni, prese normalmente dai gruppi di controllo dei principali partiti secondo logiche di massimizzazione del loro potere, più che il cambiamento nelle scelte degli elettori, a determinare il risultato elettorale.
Questa la congettura iniziale. A questo punto sono andato sul sito del ministero degli interni e mi sono scaricato i dati delle elezioni dal 1994 in poi. Come ho detto, non guardo alle elezioni precedenti perché sono state tenute con un sistema proporzionale; è diventato ex post chiaro che le forze politiche dell'Italia pre-1992 non erano sempre facilmente catalogabili come "di destra" o "di sinistra". In effetti, se escludiamo il PCI ed il MSI, politici ed elettori di tutti gli altri partiti sono finiti sia in quello che è diventato il blocco di destra sia in quello che è diventato il blocco di sinistra. Cercare di stimare la forza numerica di "destra" e "sinistra" come categorie identitarie prima del 1994 appare quindi un esercizio abbastanza futile.
Dal 1994 in poi le cose cambiano. Non che non ci sia stata la consueta razione di voltagabbana, alla Mastella o Dini per intenderci. Ma le caratteristiche dei due blocchi tendono a farsi più delineate e una stima della forza numerica delle due categorie identitarie diventa possibile. Mi chiedo quindi se i dati elettorali supportano la congettura di un elettorato sostanzialmente fermo. Si noti che parlo volutamente di "categorie identitarie" piuttosto che di forze politiche concrete. Quello che cerco di fare è stimare quanti elettori si sentano "di sinistra" o "di destra", anche se votano per partiti che non si presentano sempre alleati. Movimenti all'interno della destra e della sinistra sono certamente avvenuti; questo è stato un periodo di intensa attività in termini di creazione, fusione e scomparsa di partiti. Non sono invece avvenuti grossi spostamenti di voti tra i due blocchi.
Passiamo ai numeri. I dati per le elezioni alla Camera dal 1994 al 2006 li ho raccolti in un foglio di calcolo e li trovate qui. Il foglio di calcolo contiene i dati di ogni elezione e mostra come ho aggregato tra "centrodestra" e "centrosinistra" i voti delle varie forze politiche. In molti casi la scelta è semplice, ma in altri no. Però direi che l'unica scelta che può essere controversa e al tempo stesso numericamente significativa è quella di classificare i radicali nelle loro varie manifestazioni come forza "di sinistra". L'ho fatto in parte perché l'evoluzione storica li ha portati ad approdare al centrosinistra e in parte perché molte delle questioni su cui si sono tradizionalmente battuti (divorzio, aborto, antiproibizionismo, anticlericalesimo) appartengono in modo abbastanza chiaro più alla cultura della sinistra che della destra. Ricordo che con il mattarellum si votava con due schede, una per eleggere con voto proporzionale il 25% del parlamento e una per eleggere in modo maggioritario il restante 75%. Queste due tabelle riassumono i dati.
Propoporzionale Camera | ||||
anno | 1994 | 1996 | 2001 | 2006 |
Centrodestra | 42,84 | 53,06 | 49,95 | 49,69 |
Centrosinistra | 36,26 | 45,17 | 46,66 | 49,91 |
Centro | 17,95 | 2,39 |
Maggioritario Camera | ||||
anno | 1994 | 1996 | 2001 | 2006 |
Centrodestra | 52,79 | 45,75 | 49,69 | |
Centrosinistra | 45,19 | 49,44 | 49,91 | |
Centro | 3,52 |
Il sito del Ministero non fornisce il dati per il maggioritario 1994. Comunque, credo che quella sia stata un'elezione che possiamo definire di "transizione", e poco significativa per il resto dell'analisi. Fu la prima elezione con il mattarellum e le forze politiche arrivarono chiaramente impreparate. Ci furono cose bizzarre come l'alleanza tra FI e Lega al nord (contro AN) e al contempo l'alleanza FI-AN al sud. Il Partito Popolare e la lista Segni raccolsero circa il 18% dei voti; fu il canto del cigno dei democristiani che non volevano schierarsi a destra o sinistra.
Quella del 1996 è la prima elezione in cui i due blocchi iniziano a pigliare consistenza e ad assumere contorni definiti. Due osservazioni qui. Primo, come tutti ricordiamo, l'elezione fu vinta da Prodi nonostante le forze di centrodestra avessero ottenuto più voti. La ragione stava nelle alleanze pre-elettorali: la Lega andò da sola, e la divisione del centrodestra fece vincere i candidati del centrosinistra in molti collegi uninominali del Nord. Secondo, io credo che il dato sovrastimi la forza reale dell'elettorato di destra. Il 53% raccolto dalla destra è frutto di un risultato straordinario della Lega, che nel 1996 raccolse più del 10% del voto nazionale. Ci sono due ragioni per cui fatico a definire come "identitariamente di destra" tutto quel voto. Primo, il periodo 1994-1996 fu un periodo in cui la Lega appoggiò, con l'astensione o con il voto esplicito, un governo di centrosinistra. Secondo, la Lega non è mai più stata capace di replicare quel risultato dopo la scelta di collocarsi stabilmente nel centrodestra; dal 2001 ha sempre vivacchiato intorno al 4% dei voti. Parte dei voti leghisti del 1996 sono indubbiamente andati ad altre forze di destra, ma una quota non piccola è migrata stabilmente a sinistra dove probabilmente è sempre appartenuta.
Nel 2001 apparse "Democrazia Europea", che si autocollocava al centro (ma che, se guardiamo i dati, ha preso il proprio elettorato dal centrodestra) ed ha avuto un qualche successo. A parte questo elemento di disturbo, si manifesta la tendenza al consolidamento in due blocchi di simile dimensione. Anche questa elezione, come quella del 1996, venne vinta dallo schieramento che ottenne meno voti grazie alle alleanze stabilite a tavolino prima del voto. Alla Camera, nella parte uninominale, mancarono ai candidati del centrosinistra i voti di radicali e Di Pietro (non di Rifondazione, che alla Camera praticò la desistenza). Questo, e solo questo, produsse la vittoria di Berlusconi. I commentatori politici poco attenti ai numeri ed ai dettagli del sistema elettorale tendono a parlare entusiasticamente di risultati elettorali determinati da un "nuovo spirito", "cambiamento di paradigma" o altre sciocchezze. La verità nuda e cruda è che, grazie alle alleanze elettorali, i risultati delle elezioni del 1996 e del 2001 andarono esattamente nella direzione opposta del (comunque piccolo) movimento degli elettori. Tali alleanze, a loro volta, sembrano essere determinate da ripicche e giochini di potere abbastanza personalistici più che da grandi progetti ideali.
Il 2006 è storia recente, e non mi dilungo. Conferma e porta a maturazione la divisione dell'elettorato in due blocchi di simili proporzioni, una tendenza che a mio avviso è abbastanza chiara a partire dal 1996. Vedremo se l'elezione del 2008 porterà a mutamenti di questa tendenza. La mia congettura è che non avverrà. Non vi saranno forti spostamenti tra i due blocchi ed il risultato finale sarà determinato dalle alleanze precedenti al voto e dal sistema elettorale, che nel frattempo è divenuto sempre più bizzarro.
Per completezza includo anche i dati del Senato. Qui trovate il foglio di calcolo con i risultati dal 1994 in poi. La storia è più o meno quella della Camera.
Senato | ||||
anno | 1994 | 1996 | 2001 | 2006 |
Centrodestra | 40,34 | 50,05 | 43,83 | 49,87 |
Centrosinistra | 35,88 | 46,19 | 50,00 | 49,13 |
Centro | 16,69 | 3,15 |
Direi che qui la cosa più degna di nota è il drammatico calo di consensi del centrodestra nel 2001, ossia ... l'anno in cui vinse le elezioni. Questo fu causato da una fuga degli elettori leghisti in parte verso il centrosinistra e in parte verso movimenti minori locali, oltre che dal successo di Democrazia Europea. Se classifichiamo DE come appartenente al centrodestra, il comportamento dei sue blocchi appare più stabile e il calo del centrodestra smette di essere drammatico. La vittoria di Berlusconi al Senato del 2001 fu determinata esclusivamente dalla scelta di Rifondazione di presentare liste proprie e di non allearsi con Rutelli, dividendo così il voto di centrosinistra.
Come ultimo contributo alla discussione inserisco la serie storica della partecipazione al voto, i dati sono relativi alla Camera.
anno | 1983 | 1987 | 1992 | 1994 | 1996 | 2001 | 2006 |
Percentuale votanti | 88,01 | 88,83 | 87,29 | 86,14 | 82,88 | 81,38 | 83,62 |
Percentuale voti validi | 82,89 | 84,42 | 82,73 | 80,43 | 76,90 | 75,37 | 81,18 |
Anche qui la storia è relativamente semplice. Guardiamo alla percentuale dei voti validi, che è la più significativa. Il passaggio da un sistema proporzionale a un sistema maggioritario tende sempre a semplificare l'offerta politica, riducendo la partecipazione al voto. Questo c'era da attendersi dopo la modifica del sistema elettorale, e questo è successo. Nel 1994 la tendenza fu poco marcata perché, come già discusso sopra, fu un anno di transizione con un'offerta partitica non conforme al sistema elettorale. Nel 1996 e 2001, invece, l'effetto appare in tutta la sua forza. Viene immediatamente cambiato nel 2006 con l'introduzione del porcellum, che ha una forte componente proporzionalista e ha quindi indotto una partecipazione al voto simile a quella delle elezioni pre-1992. Direi quindi nessuna tendenza storica di disaffezione dell'elettorato. A dispetto di quello che si legge sui blog e delle diffuse lamentele, gli italiani continuano entusiasticamente a votare e a votare sempre per lo stesso schieramento, lasciando ai politici e ai loro negoziati sulle alleanze il lavoro di decidere chi deve vincere le elezioni. Vedremo se l'elezione del 2008 introdurrà cambiamenti in questo scenario di fondo. Io ho scommesso una birra che no.
Anche io sono convinto che non ci sarà tutta quella astensione. Se ricordo bene nel 2006 si paventava forte astensione (tanto che dicevano che BS sarebbe stato bollito proprio per i delusi del centrodestra che non sarebbero andati a votare), e poi invece si è visto.
Molto interessante questa analisi comunque, mal contato sembra che in Italia vinca le elezioni chi perde. In omaggio ad un modo di pensare che quando vede un vincente cerca subito di demolirlo calunniandolo o di affossarlo per invidia.
Bah...