Il dubbio con il liberalismo intorno

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Piero Ostellino è un blasonato editorialista del Corriere della Sera (la sua rubrica si chiama "Il Dubbio") che, come apprendiamo dal web, vive tra Milano e la Provenza. La Provenza è una terra particolarmente rinomata, fra l'altro, per la coltivazione della lavanda: chi non ha mai ammirato quei campi lunghissimi, monocromi e ordinati, con la stessa essenza vegetale che si ripete sempre? E chi non conosce l'odore buono e rassicurante della lavanda? Sa di biancheria profumata riposta nei cassetti, al riparo da cattive intrusioni; sa di qualcosa che, anche se vecchio, va conservato, perchè magari potrà essere riusato in futuro. Anche gli editoriali di Ostellino assomigliano ai campi di lavanda: si ripetono sempre uguali e spandono intorno quel profumo buono di roba vecchia che va sempre bene e che si conserva comunque, utile o meno che sia.

Lo schema dell'editoriale tipico di Ostellino è sempre il medesimo. C'è sul tavolo la questione x, con gli schieramenti politici opposti che discutono della accettabilità/opportunità/utilità di una certa scelta politica? È sicuro che l'intervento di PO sarà invariabilmente teso a dimostrare qual'è il giudizio veramente “liberale” da dare sull'intera faccenda in discussione. In genere, questo sforzo si riduce a collocare PO in un punto mediano delle posizioni politiche espresse, confinando l'espressione del suo pensiero alla medietà supposta delle posizioni date al momento, e a ribadire che la sua posizione è giusta perchè ... è liberale. Dietro tutta questa battaglia navale di posizionamenti, rimangono però dei giudizi che non si comprendono.

Prendiamo gli ultimi due contributi del nostro, peraltro assai vicini nel tempo. Nel primo egli critica l'iniziativa di Di Pietro di pubblicare una pagina a pagamento su un importante quotidiano straniero. Il suo argomento è questo. In Italia, esiste un processo di revisione costituzionale delle leggi, di cui egli riporta i momenti salienti, per cui, stanti quelle garanzie, Di Pietro, sollevando dinnanzi all'opinione pubblica europea, il problema dell'imminente pronunciamento della Corte Costituzionale sul cosiddetto Lodo Alfano, compie un'iniziativa “surreale”; “manifesta sfiducia nei confronti delle istituzioni repubblicane alle quali ha giurato fedeltà”; e addirittura, “ignora cosa sia la democrazia liberale”.

Nel secondo contributo, la tiritera è la stessa, e anche il tema trattato peraltro. Chi accusa Ostellino non sta mai discutendo con lui e basta, perchè in realtà dietro di lui c'è il Liberalismo, e contraddire lui significa, ipso facto, contraddire il liberalismo stesso. Di Pietro chiede le dimissioni dei giudici costituzionali che sono andati a cena con il presidente del Consiglio e con il guardasigilli? Di Pietro lo fa perchè è anti-liberale (un'altra volta!). I giudici, secondo Ostellino, hanno “un orientamento che riflette quello di chi li ha nominati”; riflettono sempre “l'orientamento culturale e politico” da cui provengono; quelle che lui definisce “forme di moralismo di chi porta il cervello all'ammasso”, sono tipiche di quanti ignorano il funzionamento della democrazia (qui il nostro dice proprio così: “è la democrazia bellezza!"). Dunque, la richiesta di dimissioni dei giudici proposta da Antonio Di Pietro è...anti-liberale!

Vediamolo questo liberalismo alla lavanda di Ostellino. Nel primo editoriale confonde la fiducia con la fedeltà, anche se il liberalismo non c'entra nulla. Io posso essere fedele alle istituzioni democratiche e nutrire talvolta sfiducia sul loro funzionamento. Nessuna contraddizione di sorta. Inoltre, PO sostiene che discutere un tema, nello spazio ormai anche giuridico europeo, fra opinioni pubbliche dei paesi EU, sia un tentativo subdolo di invocare la venuta di stranieri in Italia a decidere delle nostre sorti. In realtà, come lui dovrebbe sapere, non solo le opinioni pubbliche europee discutono da tempo anche di questioni inerenti altri paesi europei (dicesi circolazione delle idee e dibattito pubblico, una roba molto liberale ed illuminista), senza che nessuno sollevi vincoli territoriali come limite alla discussione stessa (una cosa molto statalista, bellezza!); ma la stessa Unione Europea prevede innumerevoli meccanismi di controllo da parte della stessa UE sugli stati membri.

Prendiamolo comunque seriamente, il nostro liberale. Davvero pubblicare un'inserzione, per quanto esagerato e drammatizzato sia il suo contenuto, porterebbe al tradimento delle istituzioni democratiche dello stato di appartenenza dell'inserzionista? E se invece di scriverlo in un giornale, un cittadino qualunque, che pure si definisse liberale, attaccasse da mane a sera un potere dello stato come la magistratura, definendo i giudici malati mentali e dichiarando che la loro azione è politicizzata sempre e a prescindere? In questo caso che fattispecie di lesione al liberalismo e alle istituzioni avremmo? E cosa c'entra, di grazia, la democrazia liberale con la pubblicazione di un articolo a pagamento? Quell'articolo voleva solo proporre una lettura dei fatti in corso, magari uno può, come fa PO, non condividerne per niente il contenuto...ma come e perchè il semplice discuterne minerebbe la natura liberale della nostra democrazia? Parole al vento, profumato di lavanda?

Nel secondo commento, PO sostiene che non è utile sottilizzare sulle frequentazioni dei giudici e sulla loro manifesta appartenenza politica, perchè i giudici hanno delle idee e delle appartenenze culturali o ideologiche che si manifesterebbero comunque, piaccia o non piaccia...dunque, (ma dov'è il dunque, in realtà?) Di Pietro non può chiedere le dimissioni di questi giudici, e se lo fa è illiberale. A mio avviso, invece, anche se non infarcirò le mie due righe né di dotte citazioni né di lavanda, l'apparenza della terzietà dei giudici è importante proprio per il ruolo di limitazione del potere che questi, in una democrazia liberale, dovrebbero svolgere. Se n'è parlato anche qui, in questo blog, e quella terzietà mancata (quella di MD) scommetto che PO sarebbe ben poco incline a comprenderla, o no? Detto altrimenti: vorrei ricordare a PO che se la politicizzazione vera o presunta dei giudici non può essere un limite alla legittimità dei loro pronunciamenti, come sostiene nel secondo editoriale, il principio deve valere sempre: se i giudici della corte costituzionale sono terzi e imparziali anche se vanno a cena con Berlusconi e Alfano (pur pendente l'esame nella Suprema Corte proprio del Lodo Alfano) allora anche la Gandus è imparziale, a prescindere dalle sue frequentazioni politiche nel tempo libero. O no?

Ma poi, giusto per saggiare la coerenza di Ostellino, si guardi cosa scriveva in un altro editoriale (marzo 2009) sull'ingresso di De Magistris in politica con l'IDV. In quel caso, benchè il magistrato si fosse dimesso “irreversibilmente” dalla magistratura - e peraltro nel candidarsi compiva una scelta a mio avviso profondamente sbagliata - il compunto Ostellino criticava la pratica “dei vasi comunicanti fra politica e magistratura” con queste parole:

 

Un sistema di vasi comunicanti tra magistratura e politica che allarma Mancino, comprensibilmente preoccupato dell’immagine «di parte» che questo giro vorticoso di andata a ritorno produce. E avrebbe scandalizzato Montesquieu, per il quale il potere giudiziario doveva essere «invisibile e nullo», in quanto i giudici altro non avrebbero dovuto essere «se non la bocca che pronuncia le parole della legge». E avrebbe indotto Benjamin Constant a invocare un «potere neutro», che intervenisse per rimettere in riga i tre poteri dello Stato legislativo, esecutivo e giudiziario, entrati, da tempo, in conflitto fra loro.

 

Certo, le due situazioni non sono del tutto assimilabili, perchè i giudici della Corte Costituzionale che hanno cenato col premier non si stanno candidando alle elezioni; però è altrettanto vero che, dopo le sue dimissioni e decidendo di candidarsi con l'IDV, De Magistris era un cittadino qualunque, anche se, e sono d'accordo con lui, Ostellino pensava che il suo operato dovesse assoggettarsi a standard particolari di neutralità, anche se aveva di fatto esaurito le sue funzioni di magistrato. Qualche mese dopo, Ostellino mette in soffitta (con la lavanda?) queste esigenze, e adduce la politicizzazione dei giudici come un fatto inevitabile ... che tanto lo sanno tutti ed è liberale che sia così. Giustappunto l'opposto di quello che scriveva a Marzo di questo stesso anno.

Questo il livello di coerenza e acume analitico che ci è dato di leggere.

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Ci sono 36 commenti

Questo brano è tratto da un articolo di Ostellino di qualche settimana fa pubblicato sul Corriere

"Ci sono giornali che non farebbero il mio nome anche se ammazzassi mia moglie. Ho partecipato a convegni dei quali ero il relatore principale: han citato quelli che ne hanno discusso, non me. Potrei scrivere la Divina Commedia e non ne parlerebbero neppure se mi dessero il Nobel per la letteratura"

Insomma, un povero martire, un incompreso, un pozzo di scienza che nessuno cita (ma allora chi lo invita a fare il "relatore principale" ai convegni?). La ragione di questo ostracismo, di questa congiura del silenzio? Il fatto è che lui è un liberale, ovviamente! 


 

Insomma, un povero martire, un incompreso, un pozzo di scienza che nessuno cita (ma allora chi lo invita a fare il "relatore principale" ai convegni?). La ragione di questo ostracismo, di questa congiura del silenzio? Il fatto è che lui è un liberale, ovviamente! 

 

Personalmente ritengo che Ostellino dica il vero. La mia esperienza mi dice che gli italiani, anche nel settore della cultura e dell'accademia, tendono ad agglomerarsi in cosche, fazioni, partiti e i liberali, per loro natura di carattere individualista e refrattario ad intrupparsi nelle cosche esistenti, specie quelle dominanti, tendono a rimanere emarginati e messi all'angolo dall'azione spesso disonesta e "mafiosa" dei membri delle cosche dominanti.

Se dovessi definire PO, più che liberale mi verrebbe da dire cerchiobottista termine brutto ma che ben rende l'idea. E per di più con l'atteggiamento da PAPA del liberalismo. E di Papi e padreterni ne abbiamo già una decina di troppo.

luigi zoppoli

Forse il punto è che in Italia non ci sono liberali o quantomeno i pochi facciano fatica ad emergere e magari talvolta usino impropriamente fatti per dimostrare quanto poco liberale sia il nostro Paese. Come ha scritto recentemente Angelo Panebianco in un editoriale sul Corriere, in Italia le riforme liberali non si fanno perchè si baratta una bassa crescita con un finto modello di pace sociale e solidarismo: questo è il punto su cui soffermarsi e usare gli stimoli di PO (anche se a volta un po' tirati per i capelli) per riflettere sul modello di Italia che vogliamo costruire: luogo in cui si premiano i migliori, le eccellenze perchè con la loro attività contribuiscano indirettamente alla crescita di tutti o luogo di diffuso socialismo che premia un poco tutti e accetta un lento declino.

Perfettamente d'accordo. Ostellino è davvero un ferro vecchio, di quelli che si lanciano nei campi di lavanda perchè neppure l'arrotino è disposto a ritirare. Marco: ottimo pezzo che soprattutto serve il fine di demolire questi presunti soloni colmi di ignoranza e goffaggine.

Un po' di tempo fa, avevo scritto un pezzo sulle sue lezioni di epistemologia. Marco, leggilo, c'è da morire dalle risate. In un primo articolo, Ostellino dice che chi non usa l'individualismo metodologico è un comunista, dittatore, figlio di Stalin. Anzi: l'unica epistemologia ammessa è l'individualismo metodologico. Così adesso le scelte epistemologiche diventano scelte politiche, per Ostellino (si noti, questa è una delle asserzioni del post-modernismo... approccio esattamente all'opposto dell'individualismo metodologico). Ma non solo, il liberale Ostellino di fatto mette al bando con una sorta di "Enciclica contro le epistemologie a lui non grate" ciò che non si conforma alle sue linee guida. Un capolavoro di serietà e liberalismo, direi.

In un secondo articolo, cosa ti fa quel gran furbone di Ostellino? Tira fuori la cultura (parassitaria) come variabile indipendente per spiegare la disastrata situazione sociale italiana. Cultura intesa come insieme di valori intersoggettivamente condivisi.

Ovviamente, questa intepretazione rimane sempre con il bollino blu di liberalismo, sotto i canoni del liberalismo e dunque liberale. Che sia in contraddizione con la griglia per dare i bollini sviluppata nel precedente articolo è ovviamente un dettaglio. Abbiamo un genio: ma nessuno se n'era accorto. Chissà perchè.

saluti, aa.

ps: magari mandare una lettera tutti insieme, "Piero sei un cialtrone"? :D

 

A leggere queste, legittimissime, incazzature delle giovani leve mi viene da sorridere ... non perché abbiate torto, avete ragione da vendere. Sorrido perché quando avevo l'età vostra a svolgere il ruolo di PO c'era ... Alberto Ronchey. Ebbi persino la strasfiga di averlo come professore incaricato di sociologia a Ca' Foscari, uno spasso: il corso più demenziale che abbia mai fatto finta di seguire. Peggiore di quelli sul ritorno dee teniche ... All'esame sapeva meno lui di me ... lo so perché avendo dei dubbi gli feci delle domande, che non capì. Il poveretto insegnava sociologia ma non aveva letto né Polanyi né Poulantzas ... né tanti altri! Un personaggio assolutamente comico.

La cosa "grave" ( si fa per dire, è estate) è che questi "affari" (non so come altro definirli, ma ci capiamo: a sinistra hanno Zucconi, Scalfari, una volta c'era Placido ...) vengono considerati dalla borghesia italiana dei maestri del pensiero, degli intellettuali, dei fini conoscitori delle culture del mondo e delle scienze sociali tutte. Sono un'altra prova, vivente e deambulante, della pocchezza intellettuale della medesima borghesia. Non che ve ne fosse bisogno d'altre prove, ma prove sono.

Basta non leggerli: l'ignoranza, dopo un po' di risate, annoia.

 

Capisco e condivido alcune delle critiche.

Trovo esagerato quando si comincia a parlare dei soliti problemi italici dove non esistono liberali, dove chi pubblica essendo nel sistema non può avere la patente per scrivere cose valide.

Secondo me Ostellino ha avuto se non altro il merito di far conoscere, ad un pubblico più vasto dei pochissimi che li conoscevano, i classici del liberalismo.

Trovate sia poco in un paese come il nostro? A me non pare proprio.

Se la tira a dismisura e crede di essere forse l'unico liberale esistente alle nostre latitudini? Tutto vero, però, a mio parere non è che abbia sempre e solo scritto delle castronate o delle banalità, qualcosa di liberale l'ha scritto e qui non è poco.

R.L.

Personalmente, leggendo Ostellino, ho sempre avuto la sensazione di rigidità, di ortodossia fideistica; peggio, ogni tanto ho la sgradevole impressione dello studente secchione che ha studiato a fondo gli autori e ne fa sfoggio nel tema in classe: un compitino che non contiene errori, ma che non lascia neppure il segno...

E poi, il titolo della sua rubrica - il Dubbio - mi sembra davvero in contrasto con quanto poi scrive. Empirismo, scetticismo scozzese (perchè, c'è anche da dire che il suo liberalismo è schiacciato sugli autori inglesi - per alltro, detto di sfuggita, anche un liberalismo un po' datato, a mio giudizio)? Macchè!!! Di dubbio c'è solo il nome della rubrica: tutte le altri sono lezioni di scolastica liberale, sacre e liberali scritture alla mano. Ribadisco, la mia impressione è quella: rigidità, prosa impostata e sostenuta, sguardo monoculare (andare al cesso e non tirare l'acqua sarà un gesto liberale o autoritario? Questo è uno dei pochi argomenti che non ha ancora affrontato, ma confido che presto riempia questo vuoto imperdonabile...).

 

Poi, certo, concordo con le attenuanti: in fondo scrive articoli su un giornale e non saggi accademici, in fondo ha il merito di divulgare qualche idea liberale e di dare qualche prima lezione anche a chi ne sa poco o nulla, però, forse meno rigidità non guasterebbe. Senza ombra di dubbio.

 

PS. Una nota su Scalfari: certamente ha più profondità (diciamo che ha assimilato meglio la lezione dei suoi maestri illuministi e liberali francesi e ha un retroterra culturale più ampio, almeno qualcosa del Novecento gli è rimasto addosso), profondità forse garantita anche dal maggior spazio che gli riserva la Repubblica, però no, davvero, le prediche laiche no!!! Come ho già detto altrove, se voglio sentire il sermone vado dal prete la domenica mattina...

Premessa: considero una delle caratteristiche peculiari e una delle cause del disastro politico e sociale costituito dalo Stato italiano la tendenza dei suoi abitanti ad intrupparsi in fazioni o cosche che si associano principalmente per fare il proprio vantaggio a danno degli altri (esattamente come le associazioni a delinquere).  Le cosche italiane nel corso di questa loro vile e ignobile attivita' hanno una naturale tendenza ad accordarsi con altre cosche e fazioni (ancora una volta esattamente come la criminalita' organizzata): esempi sono il consociativismo della prima Repubblica e le tante votazioni quasi unanimi in Parlamento per gli aumenti delle indennita' dei politici e degli innumerevoli loro altri privilegi. Pertanto in definitiva le cosche italiane tendono a colpire in modo particolare chi non si intruppa e vuole conservare indipendenza di giudizio e di pensiero (per una terza volta, come la criminalita' organizzata).

Per tutto quanto sopra ritengo di dover esprimere la mia simpatia a Piero Ostellino, che ai miei occhi ha il merito - raro in Italia - di non essere intruppato in nessuna delle maggiori cosche che infestano il Belpaese e di esprimere il suo pensiero personale anche quando non si limita ripetere i mantra del politically correct che e' mainstream nel Paese dei mandolini.  Siccome in materia di filosofia politica e in molte altre materie sia contigue che non contigue sono personalmente un lillipuziano, non sono in grado di "misurare" le competenze di PO e di dare un giudizio complessivo sulla sua attivita'.  Non mi sembra - ma potrei sbagliare - che PO debba essere valutato come pensatore politico: non e' un accademico, e io lo considero primariamente un giornalista e commentatore di fatti italiani, e non un pensatore politico in generale.

Secondo me l'Italia ha bisogno di piu' persone come PO e meno persone del genere "schierato", come sono la maggior parte degli altri editorialisti che scrivono sui giornali.

 

Lo schema dell'editoriale tipico di Ostellino è sempre il medesimo. C'è sul tavolo la questione x, con gli schieramenti politici opposti che discutono della accettabilità/opportunità/utilità di una certa scelta politica? È sicuro che l'intervento di PO sarà invariabilmente teso a dimostrare qual'è il giudizio veramente “liberale” da dare sull'intera faccenda in discussione. In genere, questo sforzo si riduce a collocare PO in un punto mediano delle posizioni politiche espresse,

 

Primo non c'e' nulla di male ad esporre il punto di vista liberale. Secondo, non leggo il 100% degli editoriali di PO ma mi sembra che ce ne sia una non trascurabile frazione dove non vedo alcuna medieta' tra due opposti e nemmeno esposizione delle posizioni degli opposti schieramenti.  Elenco alcuni esempi:

Leggo editoriali di questo genere con molto maggiore interesse rispetto a certi boriosi sproloqui di molti editorialisti accademici allineati con l'una e l'altra cosca.

Ho letto velocemente i primi due editoriali che citi.  Non mi piacciono molto.

Il primo mi sembra un'esposizione corretta della sostanza (Di Pietro col suo intervento nella stampa estera mostra di non credere e delegittima la democrazia italiana). Tuttavia sbaglia PO a giudicare male il fatto che un parlamentare critichi, anche all'estero, il reale funzionamento della democrazia nel suo Paese, anche se dal punto di vista delle regole formali e' vero come PO afferma che l'Italia e' una democrazia senza particolari difetti.  Non concordo con PO nemmeno quando afferma che tale comportamento di DP sarebbe in contrasto con suo giuramento di fedelta' "alle istituzioni".  "Fedelta' alle istituzioni" e' un'espressione che mi fa venire il mal di stomaco, in Italia, perche' si vuol far passare che debba significare fedelta' a certe disoneste, corrotte e impresentabili persone troppo spesso ai vertici dello Stato italiano, quando invece dovrebbe essere fedelta' ai principi democratici e al principio del perseguimento del benessere dei concittadini, o al massimo fedelta' alla forma che i costituenti hanno dato alle istituzioni repubblicane, interamente svincolata e indipendente dal materiale umano di pessima qualita' che poi le occupa.

Concordo che nel secondo editoriale PO critica DP sostanzialmente solo perche' non liberale.  Non ho alcun dubbio che DP con liberalismo non abbia nulla a che fare, ma non vedo perche' un non liberale non possa legittimamente (e perfino con utilita' generale) esprimere le sue opinioni.

 

Con riferimento alla tua premessa, ammesso che sia vero in modo assoluto, cosa che dubito perchè l'Italia è, oltre a quello che tu dici, il paese dei voltagabbana e dei trasformisti, che possono assumere atteggiamenti paradelinquenziali anche in splendido isolamento, sottolineo che per me non è sufficiente che una persona si sleghi dai gruppi esistenti (ma quali poi? di cosa stiamo parlando?) e se ne ponga al di fuori per esonararlo da un giudizio altrettanto severo che se fosse organicamente interno ad un gruppo.

Per tutto quanto sopra ritengo di dover esprimere la mia simpatia a Piero Ostellino, che ai miei occhi ha il merito - raro in Italia - di non essere intruppato in nessuna delle maggiori cosche che infestano il Belpaese [...]  Siccome in materia di filosofia politica e in molte altre materie sia contigue che non contigue sono personalmente un lillipuziano, non sono in grado di "misurare" le competenze di PO e di dare un giudizio complessivo sulla sua attivita'.  Non mi sembra - ma potrei sbagliare - che PO debba essere valutato come pensatore politico: non e' un accademico, e io lo considero primariamente un giornalista e commentatore di fatti italiani, e non un pensatore politico in generale.

Qui nessuno sottolinea che PO sia da giudicare come pensatore politico, io certo non ho scritto che la mia severità di giudizio fosse da ascrivere al fatto che lui non è un blasonato pensatore politico. Non vedo perchè tu torni su questo. Rimane che a lui piaccia molto giocare a fare l'Einaudi delle prediche inutili, infarcendo i suoi fondi di citazioni che non servono a nulla,e che nell'economia del ragionamento che porta avanti, consentono solo al suo autore di pascersi beato del suo presunto acume.

Poi, nel merito della presunta estranietà di Ostellino al sistema di potere, la cosa è semplicemente ridicola. Lui scrive da 40 anni, e con ruoli di primo piano, nel primo quotidiano italiano; è coccolato e vezzeggiato in convegni e incontri di ogni genere: è sempre citato e invitato da quella casta che tu aborrisci...e lui questo lo sa, anche se gioca a fare il pierino la peste dei salotti buoni della borghesia italiana citando Hobbes o Locke, comprensibilmente riverente nei confronti di Ostellino visto che quella borghesia parlerebbe più volentieri, al massimo, di veline da portarsi a letto. Insomma, a mio avviso egli ha una parziale responsabilità per lo stato di cose in cui versa il paese; egli infatti non è che la controparte culturale dello sfascio materiale in cui versa l'Italia, che tu Alberto, fustighi sempre con inaudita ferocia: ma non ti salta mai in mente che il "parco buoi elettorale italiano" (come tu chiami gli elettori italiani) è tale anche perchè gli strumenti analitici a noi forniti (con i quali dovremmo giudicare l'operato dei politici che hanno creato quel "disastro chiamato Italia") sono quelli "elaborati" anche nei fondi di Ostellino e per esempio di Scalfari? Davvero questi liberali sempre pronti a fare distinzioni dottrinarie tra Locke e Hobbes, benchè nessuno chieda quello, nè li giudichi per quello, possono poi senza arrossire trovare distinguo quando si parla di conflitti di interessi di Berlusconi, caso Englaro e così via?

In ultima analisi, il "peccato" più grande di Ostellino è quello di inserirsi perfettamente nel mainstream della riflessione culturale/giornalistica nostrana: molte parole, pochi fatti, molto moralismo -(sia nel contenuto, come richiamo all'ideologia di riferimento dell'autore; sia dal punto di vista soggettivo con quella propensione ad assumere quell'atteggiamento compassato e intristito di chi sa di dire verità esemplari e conclusive ma di essere, suo malgrado, nel posto sbagliato per poter essere apprezzato fino in fondo dai suoi concittadini: numero di battute a parte, Ostellino e Scalfari sono lo yin e lo yang di questo atteggiamento)-

PS 1: ma ti sembra normale che quando uno scrive un editoriale si preoccupa  in primo luogo di dimostrare che lui è equidistante o equivicino alle posizioni sul tappeto? Ma cos'è quella se non una preoccupazione egocentrica di mostrarsi "libero"? Ma libero di cosa poi, se la sua medietà è sempre quella delle posizioni politiche al momento in discussione? Stare al centro di un gabbia non è diverso che stare vicino alle sbarre, ma pur sempre dentro alla gabbia? E perchè lui assume come vincolo alla discussione, le posizioni dei politici, perchè quelli sono gli interlocutori che privilegia? Agli occhi di chi, poi, vuole farsi bello libero e indipendente? Delle transeunti maggioranze di potere politico? Ai patti di proprietà del Corsera? Al lettore? Ma cosa  gliene frega, al lettore delle coordinate politico-ideologiche dell'Ostellino? Ma davvero si scrive l'editoriale per far sapere a tutti quanto sono originale io che scrivo una cosa-che-guarda-che-cane-sciolto-che sono? Oppure perchè il fruttivendolo che si alza alle 3 del mattino a scaricare zucchine più utili delle zucche che scrivono, possa avere accesso ad analisi che lui non sarebbe stato capace di fare?

PS 2: tu immaginati che effetto fa leggere Ostellino per chi crede che il liberalismo sia l'utile del più forte. Un  giornalista che vive altrove, che scrive editoriali per la meritocrazia facendo parte di un ordine dei giornalisti da cui riceve tutele; che scrive su un giornale sovvenzionato dallo stato con soldi pubblici; che quando scoppia il caso Englaro non si preoccupa di sottili distinguo; che non parla mai del mostruoso conflitto di interessi berlusconiano o non lo fa con la foga, che da un liberale senza sconti quale lui ci ripete ossessivamente di essere, ci attenderemmo da lui. Te lo dico io come lo vedono uno così, quelli che sospettano del liberalismo: come la voce del padrone.

A mio avviso una delle conseguenze della marginalizzazione della cultura liberale ed anche uno dei motivi per cui il liberalismo fa fatica a riprendersi è la tendenza di molti "liberali" italiani di considerarsi gli unici legittimi eredi. E così spesso si assiste alle accuse di illiberalismo, al rilascio di patenti a questo e non a quello, ecc. L'errore è proprio il considerarsi "eredi" del liberalismo, come se fosse morto. Sono morti molti dei suoi esponenti, il cui pensiero è ancora per molti aspetti vivo ed attuale, ma non basta rifarsi a questo o a quello per riaccendere l'attenzione verso il liberalismo bisogna anche aggiungere qualcosa di nuovo ed originale, altrimenti il liberalismo muore davvero.  

Ero molto incerto, Marco, in merito all'opportunità d'intervenire nel dibattito: la questione non mi pareva rilevante e non volevo sembrare inutilmente polemico. Tutto sommato, però, un paio d'osservazioni si possono proporre, dal momento che il tuo attacco ad Ostellino risulta molto coerente con un atteggiamento assai diffuso, come confermano anche i parecchi commenti in linea con le tue parole.

Potrei dire che considero un po' curiosa l'impietosa stroncatura dell'editorialista in questione, se la confronto con l'apprezzamento talvolta riservato – in queste stesse stanze - ad altri personaggi che, pur legittimamente, esprimono posizioni tutt'altro che liberali, ma hanno il fascino della novità o della forte critica alla “casta”, oppure ancora dell'inflessibile lotta contro l'unico e solo nemico dell'umanità .... Potrei aggiungere che alcune parti del tuo scritto – e di taluni commenti - suggeriscono una personale antipatia che, sebbene anch'essa legittima, non ritengo foriera di conclusioni generalizzabili .... Potrei, anche, concordare nel notare alcuni problemi di coerenza tra differenti produzioni della medesima penna – però, Marco ed altri, chi è senza peccato ….. eccetera eccetera …. :-) - e senz'altro condivido una certa insofferenza per l'abitudine di parlare da un pulpito, facendo sfoggio di supponenza ed alta considerazione di sé.

La questione di fondo (quella che mi preme sottolineare e motiva il mio intervento) è, però, che tutto l'impianto del tuo post non fa che confermare quanto siamo “gente strana” - ed autolesionista, indeed - noi liberali, che mai riusciamo a far fronte comune con i nostri simili, dai quali pretendiamo un estremo rigore, ai quali siam sempre a chiedere la massima coerenza, con i quali non accettiamo di scendere al più piccolo compromesso, nei quali cerchiamo con solerzia l'appiglio che ci consenta una bella e sana polemica, dei quali pare dobbiamo dimostrar d'essere più puri ….. and so on.

Perché Ostellino è liberale senza alcun dubbio, a prescindere da condivisibilità, coerenza, simpatia, presunzione, ovvietà, ripetitività, errori and whatever. E scrivere sul Corriere – che neppure a me suscita grandi entusiasmi, in particolare per l'influenza che su di esso ha un certo potere bancario e politico – non mi pare colpa da lavare col sangue, specie se guardiamo ad altre pubblicazioni – da una parte e dall'altra – che abbondano nel miserevole panorama editoriale italiano, a partire da quella “Repubblica” che condisce alcune buone analisi con l'affiancamento dichiarato ad una parte politica il cui vertice si caratterizza per uno spessore culturale francamente ridicolo e con una stucchevole attenzione al gossip più becero in funzione di pura lotta partitica.

Se solo canalizzassimo in una comune direzione la metà delle energie che dedichiamo al dibattimento – talvolta persino astioso – di supposti “colpevoli anfratti cultural-comportamentali”, evitando accuse e controaccuse di “intelligenza col nemico” e sarcastici rimbrotti da vecchie zie (io per primo, s'intende!), magari le incerte sorti italiche del liberalismo sarebbero un tantinello più rosee …..... :-)

 

Franco,

ma anche tu hai sottoscritto l'invito di Napolitano a essere più costruttivi e "civili"? :-)

Vogliamo smettere di indicare i problemi di certo giornalismo italiano? Per cosa? Per le magnifiche sorti  e progressive del liberalismo?

Comunque, se tu e qualche altro ritenete che non ci sia da fare polemica contro Ostellino, mi sto zitto, perchè ognuno giudica come vuole...io continuo a pensarla come ho scritto.

Le foto del giorno, dal Corriere.

Devo fare una rettifica a quanto scritto sopra.

Commentando le posizioni di Ostellino in merito alla candidatura di De Magistris avevo scritto che il magistrato si era "dimesso irreversibilmente", perchè questo era quanto lui ci aveva fatto intendere con le sue dichiarazioni.

Di fatto De Magistris non si è dimesso, ma è in aspettativa, cosa che gli consentirebbe di riprendere le sue funzioni di magistrato una volta terminato l'incarico di europarlamentare.

La cosa dal mio punto di vista è grave. Sul fatto che un magistrato possa candidarsi, senza che sia previsto un periodo ragionevolmente lungo di "decompressione", ho già detto: la regola dovrebbe valere per tutti i magistrati, ma la regola dovrebbe essere ancora più stringente per chi come De Magistris è stato espressamente al centro di una inchiesta dai risvolti politici.

Sul piano personale poi De Magistris non sta mantenendo la parola data. Aveva detto che si sarebbe dimesso e non l'ha fatto: non possiamo che dolercene...tanto più che queste non sono esattamente le condotte che ci aspettiamo da quanti, assurgendo al rango di eroi nazionali, assumono un ruolo fortemente critico di certi tratti tipici del costume nazionale (oltre che delle ricadute penali di quei comportamenti). Certamente fra quei tratti può essere annoverata l'abitudine a dire una cosa e poi farne un'altra. Non è un bell'inizio da politico.

Ps: ringrazio Giovanni Boggero che mi ha segnalato la notizia.

 

Ritorno su questo articolo per segnalare l'editoriale di Ostellino di oggi su CorSera La solitudine dei piccoli . E' un esercizio di estremo umorismo, a livello delle barzellette del PdC.

luigi zoppoli

 

Ritorno su questo articolo per segnalare l'editoriale di Ostellino di oggi su CorSera La solitudine dei piccoli . E' un esercizio di estremo umorismo, a livello delle barzellette del PdC.

 

Non sono d'accordo.  L'analisi che PO fa dello stato della politica italiana e' condivisibile per diversi aspetti ed e' molto piu' valida di quello della gran parte degli editorialisti dei maggiori quotidiani.

 

L'analisi è corretta, certo. E' ridicolo il resto. Chi ha detto ad Ostellino che i 'cattivi' tanto per capirci votano tutti contro berlusconi? e chi ha impedito la rivoluzione liberale a chi dispone ed ha disposto di maggioranza tanto robuste?

luigi zxoppoli

Altra lezione di liberalismo del Nostro. Sono illiberali i giornalisti che attaccano il governo, sono illiberali i giornalisti che difendono il governo. L'unico possibile liberalismo, ça va sans dire, è il cerchiobottismo del Corriere della Sera.