Lo schema dell'editoriale tipico di Ostellino è sempre il medesimo. C'è sul tavolo la questione x, con gli schieramenti politici opposti che discutono della accettabilità/opportunità/utilità di una certa scelta politica? È sicuro che l'intervento di PO sarà invariabilmente teso a dimostrare qual'è il giudizio veramente “liberale” da dare sull'intera faccenda in discussione. In genere, questo sforzo si riduce a collocare PO in un punto mediano delle posizioni politiche espresse, confinando l'espressione del suo pensiero alla medietà supposta delle posizioni date al momento, e a ribadire che la sua posizione è giusta perchè ... è liberale. Dietro tutta questa battaglia navale di posizionamenti, rimangono però dei giudizi che non si comprendono.
Prendiamo gli ultimi due contributi del nostro, peraltro assai vicini nel tempo. Nel primo egli critica l'iniziativa di Di Pietro di pubblicare una pagina a pagamento su un importante quotidiano straniero. Il suo argomento è questo. In Italia, esiste un processo di revisione costituzionale delle leggi, di cui egli riporta i momenti salienti, per cui, stanti quelle garanzie, Di Pietro, sollevando dinnanzi all'opinione pubblica europea, il problema dell'imminente pronunciamento della Corte Costituzionale sul cosiddetto Lodo Alfano, compie un'iniziativa “surreale”; “manifesta sfiducia nei confronti delle istituzioni repubblicane alle quali ha giurato fedeltà”; e addirittura, “ignora cosa sia la democrazia liberale”.
Nel secondo contributo, la tiritera è la stessa, e anche il tema trattato peraltro. Chi accusa Ostellino non sta mai discutendo con lui e basta, perchè in realtà dietro di lui c'è il Liberalismo, e contraddire lui significa, ipso facto, contraddire il liberalismo stesso. Di Pietro chiede le dimissioni dei giudici costituzionali che sono andati a cena con il presidente del Consiglio e con il guardasigilli? Di Pietro lo fa perchè è anti-liberale (un'altra volta!). I giudici, secondo Ostellino, hanno “un orientamento che riflette quello di chi li ha nominati”; riflettono sempre “l'orientamento culturale e politico” da cui provengono; quelle che lui definisce “forme di moralismo di chi porta il cervello all'ammasso”, sono tipiche di quanti ignorano il funzionamento della democrazia (qui il nostro dice proprio così: “è la democrazia bellezza!"). Dunque, la richiesta di dimissioni dei giudici proposta da Antonio Di Pietro è...anti-liberale!
Vediamolo questo liberalismo alla lavanda di Ostellino. Nel primo editoriale confonde la fiducia con la fedeltà, anche se il liberalismo non c'entra nulla. Io posso essere fedele alle istituzioni democratiche e nutrire talvolta sfiducia sul loro funzionamento. Nessuna contraddizione di sorta. Inoltre, PO sostiene che discutere un tema, nello spazio ormai anche giuridico europeo, fra opinioni pubbliche dei paesi EU, sia un tentativo subdolo di invocare la venuta di stranieri in Italia a decidere delle nostre sorti. In realtà, come lui dovrebbe sapere, non solo le opinioni pubbliche europee discutono da tempo anche di questioni inerenti altri paesi europei (dicesi circolazione delle idee e dibattito pubblico, una roba molto liberale ed illuminista), senza che nessuno sollevi vincoli territoriali come limite alla discussione stessa (una cosa molto statalista, bellezza!); ma la stessa Unione Europea prevede innumerevoli meccanismi di controllo da parte della stessa UE sugli stati membri.
Prendiamolo comunque seriamente, il nostro liberale. Davvero pubblicare un'inserzione, per quanto esagerato e drammatizzato sia il suo contenuto, porterebbe al tradimento delle istituzioni democratiche dello stato di appartenenza dell'inserzionista? E se invece di scriverlo in un giornale, un cittadino qualunque, che pure si definisse liberale, attaccasse da mane a sera un potere dello stato come la magistratura, definendo i giudici malati mentali e dichiarando che la loro azione è politicizzata sempre e a prescindere? In questo caso che fattispecie di lesione al liberalismo e alle istituzioni avremmo? E cosa c'entra, di grazia, la democrazia liberale con la pubblicazione di un articolo a pagamento? Quell'articolo voleva solo proporre una lettura dei fatti in corso, magari uno può, come fa PO, non condividerne per niente il contenuto...ma come e perchè il semplice discuterne minerebbe la natura liberale della nostra democrazia? Parole al vento, profumato di lavanda?
Nel secondo commento, PO sostiene che non è utile sottilizzare sulle frequentazioni dei giudici e sulla loro manifesta appartenenza politica, perchè i giudici hanno delle idee e delle appartenenze culturali o ideologiche che si manifesterebbero comunque, piaccia o non piaccia...dunque, (ma dov'è il dunque, in realtà?) Di Pietro non può chiedere le dimissioni di questi giudici, e se lo fa è illiberale. A mio avviso, invece, anche se non infarcirò le mie due righe né di dotte citazioni né di lavanda, l'apparenza della terzietà dei giudici è importante proprio per il ruolo di limitazione del potere che questi, in una democrazia liberale, dovrebbero svolgere. Se n'è parlato anche qui, in questo blog, e quella terzietà mancata (quella di MD) scommetto che PO sarebbe ben poco incline a comprenderla, o no? Detto altrimenti: vorrei ricordare a PO che se la politicizzazione vera o presunta dei giudici non può essere un limite alla legittimità dei loro pronunciamenti, come sostiene nel secondo editoriale, il principio deve valere sempre: se i giudici della corte costituzionale sono terzi e imparziali anche se vanno a cena con Berlusconi e Alfano (pur pendente l'esame nella Suprema Corte proprio del Lodo Alfano) allora anche la Gandus è imparziale, a prescindere dalle sue frequentazioni politiche nel tempo libero. O no?
Ma poi, giusto per saggiare la coerenza di Ostellino, si guardi cosa scriveva in un altro editoriale (marzo 2009) sull'ingresso di De Magistris in politica con l'IDV. In quel caso, benchè il magistrato si fosse dimesso “irreversibilmente” dalla magistratura - e peraltro nel candidarsi compiva una scelta a mio avviso profondamente sbagliata - il compunto Ostellino criticava la pratica “dei vasi comunicanti fra politica e magistratura” con queste parole:
Un sistema di vasi comunicanti tra magistratura e politica che allarma Mancino, comprensibilmente preoccupato dell’immagine «di parte» che questo giro vorticoso di andata a ritorno produce. E avrebbe scandalizzato Montesquieu, per il quale il potere giudiziario doveva essere «invisibile e nullo», in quanto i giudici altro non avrebbero dovuto essere «se non la bocca che pronuncia le parole della legge». E avrebbe indotto Benjamin Constant a invocare un «potere neutro», che intervenisse per rimettere in riga i tre poteri dello Stato legislativo, esecutivo e giudiziario, entrati, da tempo, in conflitto fra loro.
Certo, le due situazioni non sono del tutto assimilabili, perchè i giudici della Corte Costituzionale che hanno cenato col premier non si stanno candidando alle elezioni; però è altrettanto vero che, dopo le sue dimissioni e decidendo di candidarsi con l'IDV, De Magistris era un cittadino qualunque, anche se, e sono d'accordo con lui, Ostellino pensava che il suo operato dovesse assoggettarsi a standard particolari di neutralità, anche se aveva di fatto esaurito le sue funzioni di magistrato. Qualche mese dopo, Ostellino mette in soffitta (con la lavanda?) queste esigenze, e adduce la politicizzazione dei giudici come un fatto inevitabile ... che tanto lo sanno tutti ed è liberale che sia così. Giustappunto l'opposto di quello che scriveva a Marzo di questo stesso anno.
Questo il livello di coerenza e acume analitico che ci è dato di leggere.
Questo brano è tratto da un articolo di Ostellino di qualche settimana fa pubblicato sul Corriere
"Ci sono giornali che non farebbero il mio nome anche se ammazzassi mia moglie. Ho partecipato a convegni dei quali ero il relatore principale: han citato quelli che ne hanno discusso, non me. Potrei scrivere la Divina Commedia e non ne parlerebbero neppure se mi dessero il Nobel per la letteratura"
Insomma, un povero martire, un incompreso, un pozzo di scienza che nessuno cita (ma allora chi lo invita a fare il "relatore principale" ai convegni?). La ragione di questo ostracismo, di questa congiura del silenzio? Il fatto è che lui è un liberale, ovviamente!
Personalmente ritengo che Ostellino dica il vero. La mia esperienza mi dice che gli italiani, anche nel settore della cultura e dell'accademia, tendono ad agglomerarsi in cosche, fazioni, partiti e i liberali, per loro natura di carattere individualista e refrattario ad intrupparsi nelle cosche esistenti, specie quelle dominanti, tendono a rimanere emarginati e messi all'angolo dall'azione spesso disonesta e "mafiosa" dei membri delle cosche dominanti.