Non v'e' alcun dubbio che durante una recessione i prezzi di varie attivita' mobiliari ed immobiliari scendono. In queste situazioni, chi puo' evitare di vendere e prevede che tornino tempi migliori fa bene a non vendere. Non occorrono analisi economiche sofisticate, ancora una volta, basta il buon senso. Ma l'argomento resta fallace. La fallacia e' essenzialmente di forma identica a quella che ho evidenziato su austerita' e recessione: che vendere e ricapitalizzare in una recessione sia cosa brutta non vuol dire che un'altra politica sia possibile e maggiormente desiderabile. L'errore logico sta nell'assumere l'esistenza di alternative che e' possibile non esistano.
In questo caso e' utile distinguere i due tipici esempi cui l'argomento fallace e' applicato: la vendita' di attivita' mobiliari e immobiliari dello stato e la ricapitalizzazione delle banche.
Nel caso della vendita di attivita' dello stato la questione e' esattamente identica a quella del post sull'austerita' e la recessione: sarebbe meglio aspettare la fine della recessione a vendere, per farlo a prezzi piu' elevati, ma i) la fine della recessione in parte dipende dalla vendita delle attivita' (dalle prospettive di solvibilita' del paese), ii) il sistema politico istituzionale italiano oggi e' tale che se non si vende ora non lo si fara' mai.
La questione della ricapitalizzazione delle banche e' molto piu' interessante. Le banche infatti non sono direttamente possedute dallo stato: ci sono degli azionisti, alcuni piccoli e altri di controllo. Loro e' il capitale di rischio con cui le banche operano, e a loro in principio spetta la decisione di ricapitalizzare o meno in caso di crisi di liquidita' o di insolvenza. Il trade-off e' chiaro: ricapitalizzando il capitale degli azionisti e' diluito ma la banca puo' tornare piu' rapidamente a produrre credito e (possibilmente) profitti. In un mondo concorrenziale perfetto senza frizioni di sorta, uno di quei mondi che non esistono ma sono utilissimi agli economisti per testare la correttezza logica dei propri ragionamenti, una eventuale domanda di credito da parte delle imprese non soddisfatta da banche illiquide o insolvibili che resistono la ricapitalizzazione, viene soddisfatta da banche in buone condizioni di bilancio o anche da nuove banche che entrano nel mercato per questa ragione. E tutto procede a meraviglia. Ma questo mondo non esiste, nuove banche non crescono rapidamente come funghi e quindi mancate ricapitalizzazioni hanno l'effetto di ridurre l'offerta di credito. Di conseguenza il tasso di interesse a cui le imprese e ele famiglie si indebitano cresce. Questo e' un problema enorme, perche' credito a basso prezzo e' esattamente quello di cui una economia in recessione ha disperato bisogno.
Per questa ragione una politica monetaria espansiva e' considerata desiderabile in una recessione: pompa liquidita' che le banche trasformano possibilmente in credito. Ma questo meccanismo di trasmissione della politica monetaria funziona con banche in buone condizioni di salute. Mancate ricapitalizzazioni rallentano anche questo meccanismo Fortunatamente la politica monetaria non e' l'unico strumento della politica economica. Le banche infatti sono istituzioni particolari: sono private si', ma fino a un certo punto. In Italia questo e' ovvio: molte banche sono controllate fa Fondazioni che, al di la' della forma legale, nessuno si sogna di considerare soggetti privati. Ma anche in un paese come gli Stati Uniti le banche, pur private, operano in regime di assicurazione sui depositi, assicurazione sulla quale alla fin fine c'e' sempre una garanzia pubblica, a spese in larga parte dei contribuenti.
Una politica economica quindi che aiuti (solitamente con interventi a spesa pubblica) le banche ad aspettare a ricapitalizzare quindi significa fare gli interessi degli azionisti, non del paese. L'interesse del paese, specie in una recessione, consiste esclusivamente in un mercato del credito il piu' attivo ed efficiente possibile, mercato che non esiste con banche poco capitalizzate. Aspettando anch'esse tempi migliori, le banche, rendono i tempi migliori piu' difficili da raggiungere. Come si vede la questione e' fondamentalmente redistributiva: ricapitalizzare fa bene al paese al costo degli azionisti delle banche. Chi sostiene che non si puo' ricapitalizzare le banche a questi prezzi (in Italia, oggi) semplicemente fa gli interessi degli azionisti delle banche. Qualcuno chiami Occupy Wall Street, presto.
Ma le cose stanno peggio di cosi' quando si guardi al problema in modo dinamico. A nessuno sfugge che le banche (la finanza in generale) hanno contribuito alla crisi finanziaria, almeno nella versione USA 2008. Esse hanno creato rischio aggregato, termine tecnico per dire che si sono infilate tutte assieme nello stesso tipo di investimenti (essenzialmente sul mercato immobiliare): rendimenti negativi per una implicavano rendimenti negativi per tutte e anche per l'economia nel suo complesso. Queste sono decisioni di investimento che devono essere disincentivate dallo stato (specie se lo stato provvede assicurazione). E c'e' un solo modo efficiente per disincentivarle: richiedere che in caso di crisi di liquidita' e/o di insolvibilita' le banche ricapitalizzino a prezzi di liquidazione, altro che aiutare le banche ad evitarlo. E' solo cosi' che gli azionisti ci staranno attenti ex-ante.
In altre parole, quando si dice vendere capitale dello stato e ricapitalizzare le sue imprese (incluse le banche) nel mezzo di una recessione non e' desiderabile perche' cio' avverrebbe a prezzi troppo bassi, si sta implicitamente dalla parte del venditore, senza considerare il compratore per cui i prezzi bassi sono un guadagno. Il compratore e' colui che, prima della recessione ha risparmiato, entrando nella recessione con liquidita' che ora puo' mettere a buon frutto comprando a prezzi bassi. Costui ha operato una saggia politica di investimento e sagge politiche di investimento sono proprio quello che i sistemi capitalistici dovrebbero remunerare. Aiutare le banche facendo in modo che possano evitare di ricapitalizzare non solo aiuta gli azionisti a spese del paese, ma danneggia anche chi avrebbe potuto acquistare azioni della banca a basso prezzo. E' giusto quindi non farlo. Non per questioni etiche, ma perche' e' cosi' che gli stati, le banche, e gli investitori hanno gli incentivi individuali che nell'aggregato portano al funzionamento efficiente del sistema economico.
Le banche (i loro azionisti) devono temere come la peste l'illiquidita' e/o l'insolvibilita' in una recessione; gli stati devono temere come la peste di essere cosi' sovraesposti da essere costretti a svendere in una recessione.
non mia, circola in ambienti intellettuali di ultra-sinistra: lo stato che vene i propri assets vende in realtà beni comuni a tutti i cittadini, impoverendoli perché tiene per sé i ricavi; in tempi di spending review, si aggiungerebbe un ulteriore fattore d'impoverimento consistente nella riduzione dei servizi. Mi sembra abbastanza palese che si tratti di un ragionamento inconsistente, che coglie un fenomeno reale ma in un'ottica puramente rivendicativa e particolare.
Invece non mi è chiaro cosa intenda dire con ricapitalizzazione a prezzi di liquidazione: qui non c'è nessuna vendita di assets, ma una richiesta agli azionisti di ulteriori apporti di capitale. Ne seguirà, verosimilmente, una diluizione del valore delle azioni per chi non partecipa alla ricapitalizzazione, ma in prospettiva dovrebbe esservi addirittura un recupero di valore, se l'operazione è ben fatta: o mi sbaglio?
penso si intenda una probabile forma di cessione del controllo di un'azienda bancaria, cioè tramite un aumento di capitale che i vecchi azionisti, più o meno un sindacato di fondazioni, già stremati non potrebbero più sottoscrivere. un recupero di valore ci sarebbe di sicuro in quanto l'azienda diventerebbe almeno contendibile e il prezzo dei diritti sul mercato sarebbe alto.
,la ricapitalizzazione consente alle banche di essere maggiormente liquide e quindi poter riprendere il loro sostegno alle imprese,aumentando la redditività. Ciò si traduce in un aumento del tasso di dividendo e quindi del valore delle azioni .Questo processo credo comunque che avvenga più sul lungo termine
... ambienti intellettuali di ultra-sinistra ...
Un palese ossimoro, non trovi :-)
Per l'altro aseptto, la richiesta non è rivolta solo agli azionisti attuali ma a quelli nuovi, che vogliano entrare. E qui chi prima si accomoda, meglio sta. Altre banche di rilevante spessore internazionale (UBS e CS per quelle che conosco qui) hanno provveduto già anni fa a ricapitalizzarsi ed ora stanno meglio. Chi invece ha aspettato a lungo farà oggi fatica a trovare nuovi capitali di prestigio. Il rischio è che si trovi solo la fuffa.
sottostante alla vendita dovrebbe essere quella di ridurre il debito.Vendere RAI, per esempio,a tutt'oggi in perdita nonostante il pagamento del canone e la pubblicità,non capisco come possa risolversi in un impoverimento.
Comunque,agli ambienti intellettuali di ultra sinisistra non va mai bene niente.se c'è disoccupazione è male,se ci sono nuovi investimenti stranieri è male perchè stiamo svendendo o ci stanno colonizzando.
la conclusione che ne ho tratto è che bisogna andare oltre quando s'incontrano
Ma se comprano nuovi azionisti (magari perche' i vecchi non hanno capitali)? I vecchi sono diluiti e ...