Due argomenti fallaci riguardo alla politica fiscale in Italia oggi. I: Austerita' e recessione

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Un argomento di politica economica che sta prendendo sempre piu' piede di recente in Italia cosi' come generalmente in Europa (ma anche, in una situazione diversa pero',  negli Stati Uniti) e' il seguente: 

politiche di riaggiustamento fiscale, nel mezzo di una recessione, non sono desiderabili perche' sono controproducenti in quanto aggravano la recessione stessa. 

Questo argomento e' ovunque nella stampa e nel dibattito in Europa. Ma e' un argomento logicamente fallace. In questo post provo a spiegare perche'. Seguira' una seconda puntata la settimana prossima.

L'argomento in questione torna particolarmente naturale a chi sia abituato a pensare secono schemi concettuali generalmente keynesiani: una recessione e' uno shock negativo a consumi e/o investimenti privati che ha effetti sia diretti che indiretti (attraverso il moltiplicatore) sulla disoccupazione; una maggiore spesa pubblica o una minore imposizione fiscale compensa lo shock su consumi e/o investimenti ed evita/riduce la disoccupazione; una politica di riduzione di spesa e/o di aumento dell'imposizione fiscale al contrario amplifica la recessione. 

In realta', a conclusioni simili si arriva anche con schemi concettuali meno datati e piu' conformi ai principi della teoria economica corrente (nelle sue varie versioni) e alla dinamica empirica delle economie reali. Schemi concettuali piu' sofisticati suggeriscono effetti delle poltiche fiscali piu' complessi, che dipendono da variabili stock come la ricchezza privata e il debito pubblico (e non solo da variabili flusso tipo reddito e deficit), e che dipendono dalle aspettative sulla futura dinamica di queste variabili. Inoltre, al di la' della rozza analisi keynesiana spesa pubblica e imposizione fiscale hanno effetti quantitativamente diversi, cosi' come diversi tipi di spesa pubblica hanno  effetti diversi. Ma comunque la si rigiri, e per quanto piu' complesse, sottili, intelligenti, siano questi  schemi concettuali, una politica di austerita' fiscale - almeno nel breve periodo - deprime l'attivita' economica. E deprimere l'attivita' economica quando essa e' gia depressa (in una recessione) fa piu' male. Il buon senso impera anche nelle menti dei piu' sofisticati tra noi (economisti). 

Cosa c'e' di fallace allora nell'argomento che politiche di riaggiustamento fiscale, nel mezzo di una recessione, non sono desiderabili?  Dopo tutto abbiamo accettato l'affermazione che  politiche di riaggiustamento fiscale, nel mezzo di una recessione, sono controproducenti in quanto aggravano la recessione stessa. 

Lo scivolone logico sta nell'assumere che l'affermazione che politiche di austerita' peggiorino la recessione implichi  che esse non siano desiderabili. E' uno scivolone che potrebbe infatti darsi il caso che le altre politiche non siano implementabili o siano ancora peggio. Et voila', la forza della logica. 

Esaminiamo quelle altre poltiche che sarebbero preferibili all'austerita' oggi, allora. Si sentono una quantita' di stupidaggini in giro, incluse lodi delle doti taumaturgiche dell'uscita dall'Euro, visioni allucinogene di mondi in cui la illimitata monetizzazione del debito non causa inflazione (si, sto parlando della Modern Monetary Theory), o inutili accuse alla cattiveria dei tedeschi (queste accuse, vale forse la pena ricordarlo, non costituiscono una poltica economica in se', ma piuttosto solo un giudizio morale a mio parere alquanto peloso). Ma concentriamoci solo su quelle tra le altre politiche che siano al contempo sensate e rilevanti riguardo  nostra discussione. I piu' fieri e seri sostenitori della indesiderabilita' di politiche di austerita' oggi hanno in mente - generalmente - politiche espansive (o almeno non recessive) oggi associate ad un riaggiustamento fiscale in futuro (quando la recessione sara' terminata). Il buon senso sembra chiaramente a loro favore: se riaggiustare bisogna, meglio quando fa meno male. Ma il buon senso funziona finche' funziona. Ci sono due problemi con questa classe di politiche, espandere (non contrarre) oggi per riaggiustare domani.

La recessione non e' necessariamente esogena (non viene dal cielo) - non e' affatto detto che l'austerita', per quando dolorosa, non sia necessaria a farla terminare. Se fosse cosi', aspettare ad intervenire allungherebbe la recessione. Ed in parte lo e' certamente cosi', in Italia, oggi: la stretta e' determinata dai mercati che temono della solvibilita' futura del paese; l'austerita' serve a convincerli ad allentare la presa (questo punto e' importante perche' suggerisce che non tutta l'austerita' e' uguale - in un paese come l'Italia la solvibilita' si garantisce con riduzioni di spesa e non aumenti di tasse perche' le tasse sono alte e raccolte inefficientemente e la spesa spaventosamente ineffciente).

Anche se la recessione se ne andasse come una fatina cattiva al sorgere del sole, indipendentemente dai nostri comportamenti durante la notte, attendere per riaggiustare, nel contesto istituizionale italiano, oggi,  significa procrastinare ad libitum: non riaggiustare mai. Questo non e' un giudizio morale o una previsione metodologicamente allegra e triste nella sostanza.  La tendenza a procrastinare e' una proprieta' della poltica economica (ha un nome nella teoria economica, "incoerenza temporale della politica economica") che dipende dalla struttura politica ed istituzionale. La struttura istituzionale italiana e' tale per cui questa propensione e' massima e il debito ne e' un mastodontico effetto. In altre parole, la politica economica in Italia e' particolarmente incoerente (nel senso di cui sopra), cioe' piegata ai volubili interessi del momento, con minima attenzione agli interessi di medio-lungo periodo. Per questo ad un certo punto abbiamo delegato la politica monetaria ai tedeschi ma ora la rivogliamo indietro. Per questo consideriamo il cambiamento della legge elettorale ad ogni elezione. L'Italia non ha bisogno di riaggiustamento fiscale da oggi, ma da almeno un decennio.  Abbiamo avuto condizioni economiche favorevoli per farlo (bassi tassi di interesse, cortesia dell'Euro) e non abbiamo riaggiustato. Come immaginare che domani sara' diverso, che domani usciti dalla recessione ci butteremo a picco nel riaggiustamento, nelle stesse condizioni in termini di struttura politica ed istituzionale?

Il punto quindi e' che la politica

 

espandere (non contrarre) oggi per riaggiustare domani e' peggio che riaggiustare oggi  

 

perche' aspettare significa non riaggiustare e non riaggiustare significa essere costretti a farlo in condizioni ancora peggiori (o finire in default). La poltica di espandere (non contrarre) oggi per riaggiustare domani non e' nell'insieme di politiche tra cui scegliere, perche' non e' implementabile a meno di modificazioni istituzionali autocratiche che non sono sulla carta ed e' meglio non ci siano.  

Tutta la questione puo' essere riassunta in modo generale ed astratto con riferimento alla teoria economica moderna. Se c'e' una cosa che la teoria economica moderna ci insegna, una, e' che a pensare sulla base di modelli statici si fanno errori madornali - le economie sono processi dinamici e come tali vanno modellati; ne consegue che buone politiche economiche devono essere pensate e definite anch'esse come meccansimi dinamici, come regole di intervento. 

Dulcis in fundo: l'argomentazione che politiche di riaggiustamento fiscale, nel mezzo di una recessione, non sono desiderabili perche' sono controproducenti in quanto aggravano la recessione stessa non e' solo fallace da un punto di vista logico ma spesso intellettualmente disonesta. E' intellettualmente disonesta perche', come dicevo, l'Italia non ha bisogno di riaggiustamento fiscale da oggi, ma da almeno un decennio. E anche solo 5 anni fa le voci di chi chiedeva un riaggiustamento erano poche, inascoltate, e provenivano principalmente da coloro che, come noi a nFA, continuano a richiedere il riaggiustamento. Dove stavano quelli che oggi chiedono di aspettare tempi migliori? Cosa facevano quando i tempi erano davvero migliori? Aspettavano tempi peggiori per poter aspettare poi tempi migliori.

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Commenti

Ci sono 167 commenti

Personalmente preferisco la formulazione "riduzione dell'indebitamento" piuttosto che "riaggiustamento fiscale" e faccio notare che paesi come la Svezia che avevano iniziato tale politica nei primi anni 90 (riducendo spese, imposte, defict e debito) hanno continuato a farlo anche quando tra il 2000 ed il 2003 ci sono stati nel mondo periodi oscuri (crisi, crolli di borsa, aumento della disoccupazione, recessione)  ricavandoci comunque una crescita costante.

Si veda la spesa pubblica di italia e svezia come anche la pressione fiscale, il debito pubblico  e la crescita del PIL procapite PPP dal 1990 ad oggi.

Chiamarlo "riduzione dell'indebitamento"pone l'accento sullo scopo, mentre parlare di aggiustamento fiscale mi sembra piú completo, in quanto fa capire che esiste anche il problema del "come" si applica e si distribuisce la pressione fiscale in Italia, questo non é forse prioritario nel sistema svedese. 

PS

@Alberto

Ci sono un po'di refusi nel testo "poltiche"  "sofosticate", "e anche Anche"

La Svezia dal 1991 ha privatizzato Celsius Industries Corporation, Pharmacia AB (ab è il corrispettivo di srl/spa), SSAB (Swedish Steel Corporation), tra il 1995 e il 1997 Nordbanken (Nordea), tra il 1998 e il 1999 vengono effettuate importanti operazioni riguardanti società operanti nel settore multiutilities, quali Stockholm Energi, Hassleholm Energi AB, Kramfors Fjarrvarme AB, e Norrkoping Miljo and Energi e Enator AB. Nel 2000 vendettero il 20.9 percento del capitale di Telia AB, l'anno successivo vi è stata una vendita parziale di Eniro AB, nel 2006 SAS ha venduto le su partecipazioni nella catena alberghiera Rezidor Hotel Group, nel 2007 hanno venduto l'8 percento di Teliasonera, nello stesso anno hanno venduto la società di real estate Centrum Companiet I Stockholm AB. Nel 2008 hanno venduto la società borsistica OMX, la Vin & Sprit AB (quella che fa la vodka absolut per intenderci) e la real estate Vasakronan.

Esattom caro Francesco. L'articolo confonde l'obiettivo con il metodo, assumendo che l'unico mezzo per ridurre il debito sia aumentare la pressione fiscale.

A parte il fatto che non sempre aumentando la pressione fiscale si aumentano le entrate,

si è saltato qui un altro passaggio logico da premettersi: il mezzo sarebbe la riduzione del debito attraverso riduzione  (azzeramento omeglio  inversione) del deficit.

Assumendo che è questo ciò di cui vogliamo parlare, non si può prescindere dal dato di fatto che che il bilancio pubblico riguardi il confronto di due voci: le entrate e le spese.

In un paese come l'Italia in cui lo stato svolge in prima persona una moltitudine di attività economica da essere assimilabile ad un sistema socialista, ridurre le spese non dovrebbe essere così difficile. E' solo questione di mettersi a vendere.

Cum grano salis,ovviamente. Non creando monopoli, come è stato fatto sinora, ma mercati concorrenziali.

Ed a parte tutte le partecipazioni locali in praticamente tutto (dalle barbabietole alle utilities ai trasporti), io partirei con TV, Treni, Poste, Istruzione, Sanità.

Ma prima (o contemoporaneamente) , è necessario riformare il sistema giuridico ormai demolito ed inutile. Nessun mercato funziona in uno Stato privo di Diritto.

Pensare di risollevare l'economia aumentando la pressione fiscale è come stare in un  secchio e cercare di sollevarsi tirando per il manico. Non ne vedo alcuna logica.

Ma soprattutto, mi meraviglia che in questo sito vengano pubblicate proposte di questo tenore.

Argomento chiaro e certamente vero.

Il problema e' la misura dell'intensita' e dei tempi delle riduzioni di spesa pubblica e il loro effetto sulla coesione sociale, come anche ben sottolineato da Jin Liqun, chairman del fondo sovrano cinese CIC (tra parentesi, come sottolineato dal FT (link che richiede registrazione), questo e' il tema del decennio anche in Cina, pur nelle dimensioni totalmente diverse).

Capisco che sia un problema, la coesione sociale. Politiche di riaggiustamento fiscale (a me piace il termine) richiedono serio lavoro politico al controrno per "educare" l'opinione pubblica e smussare i costi piu' gravi. Fortunatamente non e' il mio lavoro. E poi occhio che a non riaggiustare non si risolve nulla, nemmeno la questione sociale, che poi riapparira'. Infine, c'e' riaggiustamento e riaggiustamento. 

Quello che lei sostiene e':

1. E' vero che austerita' peggiora la recessione

2. ma il riaggiustamento comunque va fatto

3. quindi sorbiamoci questa recessione finche' il debito non si e' abbassato 

 

E' giusto?

 

Se si, a che punto esattamente il debito si sara' abbassato abbastanza?

Se ci si impiega 10 anni a farlo ci teniamo 10 anni di recessione e disoccupazione?

 

L'obiettivo e' un livello di debito tale per cui il paese abbia accesso al debito (per finanziare investimenti o per interventi ciclici) a prezzi ragionevoli (100 punti sui tedeschi, o giu di li'). 

 

La recessione non dipende dal debito in se'. Il paese ha un deficit di crescita su cui e' necessario intervenire (basse tasse - quindi ulteriori tagli - e liberalizzazioni). Il debito e' un problema perche' il paese non sembra avere mezzi per ripagarlo (e questo spaventa gli investitori e aumenta i tassi).

Esempio: supponiamo che il debito aumenti, diciamo 125% del Pil e supponiamo che il carico fiscale e le spese diminuiscano stabilmente del 10%. Io scommetto che in questo contesto, non ci sarebbero problemi.  

vi siete accorti che in tutti i paesi sottoposti a vincoli di austerità il debito pubblico non diminuisce di una virgola ma aumenta inesorabilmente? italia inclusa. potete chiamarla come vi pare ma le cure di riduzione del debito tramite inasprimento fiscale non funzionano. ovvero non diminuiscono il debito. quindi di che si parla? mi ricorda le discussioni di un anno fa sul fatto che il problema dell'italia fosse la crescita del pil. arriva monti dicendo che farà le politiche per la crescita. e il pil? cala. vi basta per capire che lo scopo di queste politiche non è quello dichiarato? oppure dobbiamo pensare di essere governati da incompetenti. i problemi specifici dell'italia sono 1) agganciamento ad uno standard monetario troppo forte. 2) politiche di restrizione monetaria in atto e crisi di liquidità. l'italia per crescere ha bisogno di uno standard monetario diverso da quello tedesco-finlandese-olandese-ecc. e iniezioni di liquidità possibilmente senza creare debito.

Veramente mi sembra che in Germania abbia funzionato ( quando noi non ne avevamo bisogno, perché ne saremmo usciti meglio degli altri) e anche nella Svezia citata nel commento sopra da Francesco Forti.

in USA il deficit e il debito sono andate alle stelle e la FED continua a immettere liquidità ma la disoccupazione è più che raddoppiata e proprio non ne vuole sapere di scendere.poi certo ,bisogna vedere anche come austeri

Il problema in Italia e' la crisi di liquidita', dice Maresp

 

Hahahahaha

Premetto che, nonostante la sua visione sia opposta alla mia, le esprimo solidarietà per le risposte poco rispettose che le sono state mandate.

Direi anzi che la sua osservazione in merito all'avanzo primario sia importante e necessiti di riflessione e di interventi specifici da parte di qualche articolista di NFA, da porsi in relazione con le iniziative Islandesi ed Equadoregne, con qualche giudizio sulla posizione privilegiata che il sistema bancario ha assunto in EU.

Le chiedo però cosa lei intenda per "austerità". Perché io intendo semplicemente "controllare i conti", ovvero non dilapidare. Lei cosa intende?

Perché vede, la parola "spesa pubblica" include molte voci, e la capacità di un sistema pubblico privo di controllo ed esteso come il nostro, di crearne di inutili o di gestirle in modo insulso è praticamente infinita. O no?

 

Relativamente alla stretta monetaria, essa è stata evidente all'inizio dell'era Euro (ovviamente, il primo interesse della banche private che la gestiscono è stato quello di evitare che gli interessi sui propri crediti non venisse intaccato dall'inflazione).

Successivamente, non venendo restituiti i debiti agli stati, le banche si sono trovate in pericolo, e questo ha fatto aprire le cateratte alla BE. Ma solo nei confronti delle banche, ed al solo fine di permettere agli stati di finanziarle.

Nulla di tutto ciò arriva al sistema economico reale. Sia perché alle banche non interessa più finanziarlo, sia perché gli stati rendono tutto quanto ricevuto a prestito direttamente ai creditori (all'85% banche), in un circolo vizioso a favore di questi ultimi (infatti il saldo primario sarebbe positivo).

 

Questo circolo vizioso è ovviamente da interrompere. La soluzione proposta da NFA/FID mi sembra quella di trovare il modo di ristrutturare le spese (che non deve significare, a mio avviso, diminuire i servizi.  Semplicemente privatizzarli, limitando l'azione di assistenza sociale pubblica all'erogazione dei "buoni" freidmaniani, eventualmente a prestito) per diminuire il debito e quindi gli interessi.

 

A mio avviso non basta. C'è tutto il problema dei sistemi giuridico e politico italiani, ormai sfasciati,  da risolvere, e da cui l'economia non può prescindere. 

E la gestione privata della sovranità monetaria si è dimostrata troppo pericolosa.   La stretta monetaria iniziale lo ha dimostrato. L'attuale stampa forsennata, anche. Qualcuno ne deve parlare.

 

stando a dati pubblicati in questi giorni da The Economist (ripresi da Eurostat e equivalenti esteri) USA e Italia hanno debiti sovrani pro capite dell'ordine di 40000$. solo che tale debito aumenta del 12% su base annua negli USA e cala del 2% in Italia. evidentemente l'austerity è eccome efficace. poi come l'ottimo contributo dell'articolo fa notare, è vero che gli effetti recessivi a breve ci sono..ma si poteva fare altrimenti? non siamo arrivati al limite? non era già da anni necessario prendere provvedimenti? e non era ancor più urgente di fronte all'attacco speculativo al nostro debito pubblico? perché che ci sia un attacco mirato è evidente dato che un grande paese come il Giappone, nemmeno parte di Unioni Economiche che rafforzano mutualmente la sua situazione, ha una situazione debitoria molto ma molto peggiore della nostra, con un debito pro capite più che doppio (per non parlare del valore assoluto dato che la popolazione è maggiore), in una pesante situazione di classica trappola della liquidità, appare totalmente al sicuro dai problemi che affliggono Italia, Spagna e presto Francia...

Concordo su molto di quanto detto in questo commento - incluse le domande retoriche. Ma non assolutamente sull'attacco mirato. Onestamente, chi ha piu' probabilita' di fare default, l'Italia o il Giappone? Il Giappone, con tutto il suo 200% di debito ha una struttura istituzionale e una cultura civica tale che, in una crisi il governo imporrebbe una patrimoniale che il paese accetterebbe, e finita li'. Nel nostro caso, ogni intervento e' bloccato nell'ordine da: tassisti, farmacisti, avvocati, sindacati, insegnanti, medici, notai, ....., prostitute,...., siciliani, sardi, altoatesini,...pensionati,  gggiovani,...Per non parlare del fatto che costoro fanno bene perche' se non facessero cosi' le patrimoniali sarebbero  imposte in continuazione anche quando non necessarie.

Il Giappone ha si' un debito/pil del 200%, per altro detenuto dai residenti, ma ha anche una pressione fiscale che si aggira sul 30% - un bel potenziale d'aggiustamento. Noi ce lo sogniamo.

è sicuramente vero, e da noi la pressione fiscale è oggettivamente un problema (per quanto nell'immediatezza la priorità è il rientro del debito), ma non sono convinto che ci sia spazio per grosse manovre restrittive in un paese in piena trappola della liquidità (per cui la politica monetaria è impossibile e una politica fiscale espansiva è l'unico strumento di arginazione delle crisi)

 

Inoltre, al di la' della rozza analisi keynesiana spesa pubblica e imposizione fiscale hanno effetti quantitativamente diversi

 

 

Veramente nella "rozza analisi keynesiana" c'è differenza tra tagli alla spesa e aumento del'imposizione fiscale e precisamente si dice che il taglio alla spesa è più depressivo dell'aumento delle imposte. E questo è confermato anche da quei "rozzoni" del Fondo Monetario Internazionale, notoriamente un covo di vecchi marxisti travestiti.

A me da profano un analisi che dice "il taglio della spesa è più deprEssivo dell'aumento delle imposte"  mi sembra MOLTO ROZZA.

Quindi è assolutamente indifferente QUALI imposte si aumentano e QUALI spese si tagliano?

Quindi per fare un esempio semplice semplice, non ha nessun effetto DEPRESSIVO E REGRESSIVO SUL SISTEMA PRODUTTIVO il fatto che le risorse a disposizione di un impresa che produce beni richiesti dai consumatori ( e quindi probabilmente di una sia pur opinabile utilità) per investimenti e innovazione, sono ridotte dal fatto che ATTRAVERSO AUMENTI DELLA TASSAZIONE esistano spese pubbliche puramente assistenzialistiche per cui queste risorse vengono utilizzate per dar da mangiare, vestire e tutti i servizi come la sanità e la pubblica sicurezza a persone che non fanno nulla di utile nè di richiesto da nessuno, che vengono usati per scavare buche e riempirle ( o bruciare i boschi per poi spegnerli, come è successo per alcuni forestali di regioni del SUD )?

Io non sono un economista e di teorie keynesiane, neo-keynesiane, ecc., ne capisco poco o nulla, però mi sembra che nonostante queste politiche di austerity, in Italia così come in altri paesi, il rapporto debito/PIL e lo spread con i titoli tedeschi continuino ad aumentare.

Non sarà forse il caso di ammettere che lo stato non è in grado di garantire la restituzione del debito che ha contratto? O dobbiamo aspettare l'IVA al 30%, guerriglia urbana e Grillo eletto presidente del consiglio?

In fin dei conti, chi ha prestato soldi ad uno stato gestito da delinquenti sapeva di accollarsi un rischio.

 

Monti, Passera e compagnia cantando, diciamoci la verità, sono uomini delle banche, quindi è ovvio che la loro priorità sia garantire che il capitale di queste non venga eroso da un'eventuale "ristrutturazione" o default parziale che dir si voglia.

Ma io, privato cittadino senza rendite finanziarie, perché dovrei difendere a tutti costi le banche dal fallimento, a costo di veder fallire tante aziende produttive strangolate da una pressione fiscale insostenibile?

Lo stato può benissimo garantire fino ad una certa somma i depositi delle banche che eventualmente dovessero fallire, come già fa per legge. Preferirei pagare le mie tasse per assicurare questa garanzia piuttosto che per ingrassare qualche speculatore che al momento sta facendo lauti guadagni sulle nostre sfortune.

Anche perché, mi sembra che austerity o non austerity un default di qualche tipo sia inevitabile.

 

Sono d'accordo, NV, sulla seconda parte: nessuna ragione di soffrire per le banche. Nessuna. E anche che Monti, Passera, etc. vedano con  una sorta di "favore" le banche. Non so se parlerei di conflitto d'interessi, ma non mi sconvolge nemmeno questo. 

Sulla questione default, anche sono d'accordo che chi ha prestato a debitori discutibili si e' preso un rischio e non ci sarebbe nulla di male. Temo pero' che i costi per il paese di un default sarebbero enormi - anche "solo" 4-5 anni senza accesso ai mercati sarebbero duri da superare. 

spero che la tua osservazione sia libera dal solito retropensiero: io non ho risparmi, ma reddito di impresa/lavoro dipendente, allora che si fottano. in altre parole, se crolla l'argine, non mi bagno perchè ho le scarpe coi tacchi.

 

 

Ma io, privato cittadino senza rendite finanziarie, perché dovrei difendere a tutti costi le banche dal fallimento, a costo di veder fallire tante aziende produttive strangolate da una pressione fiscale insostenibile?

 

 

 perchè le due cose non si escludono, anzi coincidono:  le banche  italiane fallirebbero tutte e non è chiaro quale forma di vita economica potrebbe  sopravvivvere all'evento. su tali macerie, in genere campano bene i demagoghi. 

 

Preferirei pagare le mie tasse per assicurare questa garanzia piuttosto che per ingrassare qualche speculatore che al momento sta facendo lauti guadagni sulle nostre sfortune.

 

 i miei soliti dubbi: lo speculatore è  quello estero, che ha venduto il debito pubblico ancora nel novemebre 2011? (la quota di debito detenuta da residenti è passata in un anno dal 50 al 70%) beh, ha già avuto la sua punizione, l'unica che gli interessa: ci ha perso un mucchio di soldi.

o quello che in momenti difficili ha continuato a finanziare la repubblica italiana, senza ad es. fuggire all'estero? lo avrà fatto per calcolo, ma non mi sembra il caso di doverlo continuamente "demotivare" :-) e dare alla fine ragione al primo.

 

le nostre poi, non sono "sfortune", accidenti che ci sono caduti in capo. ce li siamo costruiti con un lavoro paziente e metodico, di lungo periodo.

 

Mi piacerebbe leggere qui una risposta alle obiezioni di Seminerio

vuole quantitative easing che non e' che un altro modo di monetizzare alla fine (compri titoli a lunga scadenza pagandoli con titoli a breve). Auguri! Sai cosa? C'ha ragione il cinese linkato sopra in un altro commento: occorre che in europa la gente cominci a svegliarsi e rendersi conto che deve lavorare di piu' e piu' a lungo. 

Ma alla fine l'argomento di Seminerio, e anche di Piga da lui citato non si riduce al solito "questa volta è differente":   www.amazon.it/This-Time-Different-Centuries-Financial/dp/0691152640   ?

Che la questione sia  (e che bisogna pensarla) in termini di dinamica non c'è dubbio. Tu pero', caro Alberto, mi insegni pure che bisogna provare a pensarla in termini di dinamica delle distribuzioni. E che dove va la media (l'austerità media se vuoi metterla così) dipende in genere da dove va l'intera distribuzione (oltre che il viceversa).

Sulla dinamica di questi mesi:

Che in mezzo alla tempesta le onde   le si debba prendere di prua (la politica deve essere controciclica ) esiste forse qualche dubbio che tu sollevi, ma io davvero non riesco ad averne, (nè positivo, nè normativo). Il problema come lo vedo io è  che nella tempesta perfetta le onde ti arrivano da tutte le parti (data la sede della discussione e per dare un po' di colore rimando a the giant wave scene in the perfect storm per avere un'idea di cosa intendo http://www.youtube.com/watch?v=W9Tdw5nG4dQ ).

 

In genere, da direzioni opposte (i mercati richiedono austerità, i disoccupati etc. richiedono prodigalità fiscale). Tu suggerisci che le onde più importanti vengano da una sola direzione. Io non lo credo. Se, come io penso vengono da due direzioni (opposte) l'unico spazio di manovra che puoi sfruttare è che sai (e già vedi) che le onde non sono sincronizzate. Quindi le puoi prendere in sequenza. Per prenderle in sequenza  è del tutto ragionevole e condivisibile che a Dicembre 2012- per tenere buoni i mercati- approvi in fretta e furia un Salva Italia che taglia il primo che passa, prevede l'articolo 8 a garanzia delle banche.

Pero' dal giorno dopo- se esiste il giorno dopo e noi qui lo abbiamo visto- conta la seconda onda i.e. la distribuzione.

 

Sulla distribuzione: non è per me comprensibile perchè dal mattino successivo in poi- nell'attesa dell'onda in direzione opposta che sai per certo che arriverà (la vedi già!)- non ci si metta a lavorare al catasto (in cinque anni fai una guerra mondiale, potrai pur fare un catasto in sei mesi), all'accordo con la Svizzera per far cacciar fuori i dati a UBS (per quello ci vogliono sei giorni), a chiedere immediatamente sulla scrivania di Sella i bilanci degli ultimi dieci anni delle prime cinque banche nazionali e te li studi insieme ai ministri (alcuni  intorno alla scrivania già li conoscono quei bilanci o avrebbero(!) dovuto conoscerli è vero ma magari un po' di ripetizioni non guastano mai che come diceva Einaudi è sempre meglio conoscere per deliberare, e scommetto che si riferisse ai bilanci). Dopo una settimana convochi gli AD  e gli spieghi che in cambio dell'articolo 8. comma 1.   ("il Ministro dell'economia e delle finanze, fino al 30 giugno 2012, e' autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passivita' delle banche italiane, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni o, a partire dal 1 gennaio 2012, a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite di cui all'art. 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, e di emissione successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto. Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, si procede all'eventuale proroga del predetto termine in conformita' alla normativa europea in materia.")

vuoi vedere il bilancio lustro come uno specchio. Altrimenti il commma 3. ("La garanzia dello Stato di cui al comma 1 e' incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta".) salta entro sei ore e partono le azioni di responsabilità. Idem con i capi dipartimento ai ministeri.

Se non vedo fare questo cosa debbo pensare? Che sei chiuso in cabina a sperare che la seconda onda si smorzi da sola?

 

Insomma Alberto, la mia idea in queste situazioni la cosa da fare è tener fermo il timone e spingere il motore sull'aggiustamento fiscale  contro la prima onda aspettare un attimo e  poi appena sei un po' stabile sterzare  e spingere di nuovo il motore (redistribuisci a partire dal giorno dopo a saldi invariati di finanza pubblica) contro la seconda onda. Se nel motore è rimasto qualcosa ce la fai, altrimenti... beh... non ce l'avresti fatta comunque.  

Un'ultima cosa, nella speranza  di farmi perdonare la lungaggine (ma intervengo di rado) e di contribuire in qualche modo: sul programma di FiD vedo un sacco di questioni dinamiche (sulle medie dei saldi) e poche distribuzioni (e quelle che riesco a vedere da qui son tutte ferme).

Scusate la divagazione, ma non so mai dove affrontare alcuni dei miei dubbi (a proposito, lo so che non avete granché tempo, ma potreste dedicare una sezione alle domande dei lettori un pò incompetenti come me):

- In un'economia liberalizzata, minimamente statalista e fiscalmente virtuosa, in caso di crisi - non essendoci più nulla di liberale da fare - come si agisce? (ed essendo un'economia virtuosa, la crisi sarebbe necessariamente provocata dall'esterno o esistono "livelli di rischio" anche in economie di questo tipo?)

- Perché l'ipotesi "vendita attivi patrimoniali" viene citata solo da FilD? Perché è impopolare? Eppure ho notato che anche economisti da voi citati - e quindi capaci - non prendono in considerazione questa ipotesi così come neppure l'ipotesi di unirsi attivamente FilD. A che alternative si rivolgono? E a proposito di ciò, nel caso non ci fossero "attivi patrimoniali" da vendere, oppure nel caso ci fossero ma poi si scoprisse (è possibile?) che è molto difficile venderli, qual'è la strategia alternativa per ridurre il debito senza provocare recessione? Avete un piano B, o siete semplicementi sicuri della riuscita del piano A? Grazie :)

Si cambia lavoro.

(E, se il fisco e' virtuoso, lo stato (cioe' la collettivita') avrebbe risorse per non abbandonare a se stessi i lavoratori, cioe' dare loro possibilita' di campare fino a che non trovano un altro lavoro.)

forse perché negli attivi ci sono presenze in ENI, Finmeccanica, RAI, .... che sono defiite strategiche e che in realtà servono ad occupere gli amici degli amici in posti semipubblici. Altro motivo, pero' di scetticismo, è che in passato sono stati fatte dei tentativi andati a vuoto, perché erano maldestri. Il "cosa" ed il "come" infatti sono importanti.

credo che la tenuta e poi ripresa italiana non dipenda solo dalle politiche governative o da quelle della BCE...ci troviamo davvero ad un punto di svolta delle dinamiche comunitarie...si uscirà dalla crisi con un'economia completamente integrata o senza mutamenti strutturali? perché a unificare la moneta, la dogana e il mercato interno (anche finanziario) quando esistono ancora forti frizioni e rigidità dal punto di vista della mobilità lavoro, dell'infrastruttura legale e del potere politico si rischia un'eurosclerosis infinita che contrarrà la crescita e provocherà danni di competitività difficilmente sanabili...quindi bisogna tenere d'occhio da vicino anche l'esterno del paese. e bisogna sperare in una soluzione in un senso o nell'altro: o unione o margine di manovra. l'unione non ce l'ha imposta il dottore, ma visto che siamo in ballo...balliamo o ci rompiamo una caviglia? perché anche le migliori politiche governative nei vari paesi servono a poco se sono di segno opposto, bisognerà capire in particolar modo cosa farà la Francia...

sottotitolo: le cause profonde dell'austerità.

come recuperare un differenziale di 25-30% di inflazione accumulato fra Italia e Germania dall'introduzione dell'Euro?

1) uscire dall'euro recuperare un cambio corretto fra germania e italia. la svalutazione da effettuare sarebbe pari al differenziale di inflazione accumulato. ipotesi per ora politicamente non percorribile.

2) nell'impossibilità di svalutare la moneta svalutare costo del lavoro. importo della svalutazione di nuovo pari al differenziale accumulato. il governo monti sceglie l'unica alternativa rimasta. problema. nella storia non è mai successo che un programma di questo tipo abbia dato risultati sperati. per la semplice ragione che man mano che si recupera competitività svalutando il lavoro, il mercato interno crolla.

 

il governo mente.

 

il significato autentico della parola austerità nel contesto che stiamo vivendo è svalutazione del lavoro.

 

scegliete voi cosa preferite 1) o 2)?

 

cordialità

 

m.

 

Quella da te illustrata è una visione parziale e direi anche pessimistica. Il costo del lavoro italiano non è affatto basso, è anzi tra i più alti in Europa. Quello che davvero "svaluta" il lavoro (nel senso comune del termine) in Italia sono una varietà di fattori, tra cui il "cuneo" tra il costo del lavoro come effettivamente viene pagato, e ciò che rimane al lavoratore, nonché la generale difficoltà di fare impresa ed investire nel paese (quantificata ad esempio dalla Banca Mondiale nell'indice Ease of Doing Business, che ci vede tuttora dietro gli altri paesi OCSE). Su tutti questi fattori il governo Monti non ha finora agito se non in modo insufficiente. nfA aderisce all'iniziativa Fermare il Declino, che si propone invece di attuare interventi decisi.

Concordo con il tono del tuo commento, almeno per quello che sottitende, sulla gravità della situazione ,  sulle conseguenze del non affrontare i problemi, e che tutto ciò possa portarci all' alterna tiva ; uscita dall' euro o drastico  abbassamento dei salari.

Sono almeno 20 anni che non si prendono seriamente in mano i problemi,e si perchè è nel 1992 che suonò l' allarme per il nostro debito pubblico, si fecero alcune cose, si tassò , si svalutò la lira, si iniziarono alcune politiche atte a creare un vincolo esterno alle politiche di bilancio e anche l' entrata nell' euro rientrava in queste politiche, ma non si sono tratte tutte le conseguenze del caso, molte cose non sono state fatte altre si sono aggravate. Se avessimo avuto la lira la resa dei conti sarebbe avvenuta prima del 2011. Se non avessimo avuto l' euro avremmo venduto meno titoli di stato sui mercati internazionali e ci saremmo fermati prima nel creare debito pubblico. Nel passato la stragrande maggioranza del debito pubblico era detenuto da investitori nazionali, sia perchè il risparmio nazionale era sufficiente per acquistarli,ma anche perchè gli investitori esteri erano restii a sottoscrivere titoli di stato emessi in una valuta che si deprezzava facilmente. A seguito della perdita di fiducia sulla nostra capacità di ripagare il debito, molti investitori hanno venduto e sottoscritto meno titoli e causato i noti aumenti degli spread. Si deve aggiungere che chi doveva vigilare su queste cose era affaccendato in tutt' altro. Il governo Berlusconi politicamente finito alla fine del 2010, ha trascinato la sua inattività per un' altro anno, mi ricordo nel giugno 2011 Tremonti che diceva che i conti erano a posto che ipotizzava una correzione di Tre Miliardi, ho perso il conto dei Miliardi di tagli e tasse che ci sono stati imposti e non bastano ancora. Un anno fa la nave Italia era in piena tempesta e dava l' impressione di fatto che nessuno era al timone, praticamente alla deriva. Con il governo Monti almeno si è rimesso qualcuno al timone della nave e ha fatto quello che ha potuto, con la sua " strana maggioranza" Nonostante la gravità della situazione non si è colta la necessità da parte delle forze politiche di creare un clima da " Grande Coalizione " per cercare di iniziare a rimettere a posto le cose ,ma hanno continuato a giocare di tattica e di fatto ostacolando il lavoro del governo Monti, pensando a futuri riposizionamenti. Purtroppo ha ragione il prof. Bisin " l'argomentazione che politiche di riaggiustamento fiscale, nel mezzo di una recessione, non sono desiderabili perche' sono controproducenti in quanto aggravano la recessione stessa non e' solo fallace da un punto di vista logico ma spesso intellettualmente disonesta" Tutto questo incide concretamente sulle nostre vite, ma non vedo altenative, si spera solo che la cura non ammazzi l' Italia ma sicuramente le vite di molti italiani sono e saranno messe a dura prova. Speriamo che gli altri partner europei non si approfittino della nostra oggettiva situazione di debolezza, anche se ci siamo cacciati nei guai da soli, a cui si aggiunge una comunicazione effettivamente difficile con la Germania. Su you tube ho trovato la registrazione di un dibattito fra il Prof. Stiglitz e il Prof. Monti "Oltre l'austerità: politiche alternative per l'occupazione e la crescita" www.youtube.com/watch?v=za0wRdYG4c8 ho trovato molto interessante tutto il dibattito e mi ha colpito il passaggio della difficoltà nel rapportarsi con la Germania ( circa a 1 h 14 ' della registrazione ) dove Monti dice che per i tedeschi " L' Economia è un ramo della filosofia morale e la crescita è il merito del comportamento virtuoso", e della difficoltà di spiegare ai tedeschi che l' investimento pubblico è una politica dell' offerta e non solo della domanda. Se questi sono i riferimenti ideali della classe politica tedesca non oso pensare cosa veramente pensino dell' Italia e le conclusioni che ne trarranno.

Sono d'accordo con maresp; in fin dei conti Monti e' solo uno del recupero crediti per conto dei ..creditori.

Seguivo tempo fa la questione di dove sia l'oro degli Stati; ecco non e' mai dove dovrebbe essere, e' altrove, chissa' perche', e chissa' se c'e' una relazione tra il nostro stato di "debitori perenni" e "l'affitto" di oro ai soliti noti, per scopi oscuri.

 

Scommetto che nessun cittadino (non suddito) possa esigere dal proprio Stato un rapporto esauriente in proposito; a noi Italioti e' concesso solo di pagare per gli errorucci dei Passera (lo sviluppatore), Mussari, Profumini vari; socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, more solito.

 

Questo e' il destino che Monti ci ha servito su un piatto d'oro (oddio non so dove sia l'oro); tutto il resto, maresp ha ragione, e' filosofia; noi scuciamo, loro incassano le loro prebende a cui non rinunciano nemmeno sotto tortura, vedasi anche alla voce Napolitano e dintori, e altri che prendono due vitalizi, non uno, due, come da inchiesta Radio24 Ore di oggi (Nicola Mancino, e persino il rivoluzionario Sor Mario Capanna).

 

Auguri, votate pure l'agenda Monti; tanto quello e' stato fatto uscire dalla porta dal re Umberto, e rientrera' dalla finestra perche' il nostro voto non conta piu' un accidente.

Piu' che problemi logici mi sembrano psicologici, entrambi. Cos'e' desiderabile? Si puo' reagire quando si e' in un buon periodo o e' piu' facile in un periodo difficile?

vediamo se almeno krugman vi convince, economista prestigioso con nobel prize appeso in salotto.

 

krugman.blogs.nytimes.com/2012/11/27/twenties-tales/

 

historia magistra vitae

 

corlialmente

 

m.

col tornare alla lira. 

 

la Francia svalutò una moneta esistente, qui dovresti cambiare moneta. leggi eichengreen.

Must see video! Da usare a lezione...

www.youtube.com/watch

Il video in effetti è molto simpatico, sicuramente da vedere:  però temo che usare questo approccio "Keynes contro Hayek", anche se declinato in modo comico e paradossale come fa il video, sia poco scientifico: in definitiva, si rischia di creare confusione anziché chiarire le idee.  Ma forse la mia interpretazione è sbagliata:  in fondo questo è un problema più generale che riguarda la disciplina nel suo complesso, qui in Italia più che altrove.