Diciamo subito che questa enciclica ci è piaciuta più di quelle pubblicate negli ultimi anni, una delle quali è stata qui recensita da uno di noi. Il testo è inutilmente prolisso e ripetitivo, riflesso delle molte, troppe mani che lo hanno scritto. Il lettore deve sapere che un papa di solito scrive solo la minima parte di un'enciclica, specialmente quando questa tratta di temi non strettamente teologici. Tutto il resto è affidato alla mente e alle mani di "esperti" che restano anonimi ai più. Il motivo per cui ci è piaciuta è che stavolta il Papa è meno curiale e più fedele al suo ruolo di guida spirituale di una comunità e di interlocutore con chi di questa comunità non si sente parte, in linea con la profonda discontinuità di Francesco rispetto ai suoi 4 predecessori negli ultimi 50 anni.
Essenzialmente, dopo aver preso atto dell'esistenza di un'esternalità ambientale difficile da correggere, il Papa parla alle coscienze del suo popolo e a quelle di chi lo ascolta senza pregiudizi, cercando di persuadere a inquinare meno, consumare meno, essere più solidali. Il ragionamento ha una sua logica di fondo, ma rimangono in questa enciclica una serie di strafalcioni ed errori tecnici (capita quando ci si affida a "esperti" anonimi), contraddizioni (capita quando si scrive a troppe mani un documento su temi complessi) una buona dose di ingenuità (ma questa è in fondo una virtù per uno che esercita il primato spirituale del papa come lo fa Francesco), il solito pizzico di ipocrisia clericale (capita quando troppe manine inesperte ma trasudanti zelo possono aggiungere questo o quel paragrafetto) e wishful thinking sull'efficacia delle soluzioni proposte.
L'argomento, in estrema sintesi, è il seguente:
- Esiste al presente un problema di sostenibilità ecologica del pianeta che ha dimensioni mondiali.
- Il problema ecologico è causato dalla dominanza del "paradigma tecnocratico", e cioé una concezione dell'uomo che, tramite la scienza e tecnologia, possiede e controlla la natura esterna. Senza un'etica adeguata, questo dominio non ha limiti, mettendo così a repentaglio la sostenibilità del pianeta.
- Il problema ecologico alimenta uno sbilanciamento economico fra paesi ricchi, inquinanti, e paesi poveri, sfruttati e degradati ambientalmente. "Gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera" (48). "Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale." (139)
- La cura e protezione dell'ambiente ha fondamenti teologici, ma in ultima istanza semplicemente umani. È pertanto dovere di ogni persona, sia essa credente oppure no, preoccuparsi del degrado ecologico-ambientale e operare per uno sviluppo sostenibile. Per farlo, occorre:
- un cambiamento del modello di sviluppo: "semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso" (194); non manca la d-word: "è arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti" (193);
- la formazione a una nuova cultura: "Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione." (202). Credenti, di tutte le religioni, e non credenti, sono esortati a perseguire questo appello.
Come si pone un economista di fronte al problema dell'inquinamento e della sostenibilità ambientale? L'inquinamento è la classica esternalità, parola gergale che usiamo quando un'attività economica da parte di una persona (per esempio la produzione o il consumo di un bene) ha effetti (negativi, in questo caso) sul benessere di altre persone e queste ultime non vengono compensate in alcun modo. In questi casi il mercato non è in grado, da solo, di garantire il massimo benessere sociale perché i prezzi riflettono solo i desideri di chi scambia il bene e non delle altre persone che ne subiscono l'esternalità. Il mercato (la "mano invisibile"), in questi casi, non funziona, fallisce. Questo è un fatto elementare e ben noto alla persona mediamente informata, non solo all'economista, per cui stupisce il continuo ribadirlo, per esempio ai numeri 109, 190, e in molti altri paragrafi dell'enciclica. Vorremmo rassicurare il Papa che quasi tutti gli economisti capiscono bene la natura e le implicazioni delle esternalità e quindi non hanno alcuna "concezione magica del mercato" (190).
Il problema delle esternalità ambientali potrebbe essere risolto da un dittatore illuminato e onnisciente (un dio benevolo, infatti) in grado per esempio di imporre appropriate tasse pigouviane. Poiché queste caratteristiche non sono possedute da alcun essere umano, tipicamente anche il governo (la "mano visibile" pubblica) fallisce nelle stesse circostanze in cui fallisce il mercato in presenza di tali esternalità, un altro fatto elementare di cui si trova scarsa traccia nell'enciclica, se non indirettamente e parzialmente in un vuoto e bizzarro appello affinché i responsabili del governo adottino una "sana politica" delle "buone pratiche" (181). Questo appello è bizzarro perché mentre l'enciclica non ripone, giustamente, alcuna fiducia nella capacità dei soggetti che operano sul mercato di risolvere il problema, essa ripone, incomprensibilmente, grande fiducia nella capacità dei soggetti che operano nella politica. Eppure la coscienza dei primi è identica alla coscienza dei secondi (se non peggio, temiamo, da noi in Italia). La chiesa, pur autoproclamandosi "esperta in umanità" sembra ignorare la forza degli incentivi nel determinare il comportamento umano.
Il problema potrebbe essere risolto anche da 7 miliardi di coscienze illuminate e altruistiche, in linea con la principale soluzione proposta dal Papa, cioé la formazione a una nuova cultura. Ciò è apprezzabile come atto di sensibilizzazione delle coscienze, ma chiaramente tutta la montagna dei 200 paragrafi precedenti ha partorito un topolino. Tuttavia, questo topolino mette in luce un punto importante. Nel caso dell'inquinamento e del consumo delle risorse ambientali, le persone che subiscono l'esternalità potrebbero non essere ancora nate. Queste hanno pertanto come unica difesa il nostro desiderio di perpetuare la specie umana e la vita sul pianeta. Di primo acchito infatti il sentimento ambientalista, almeno quello che si cerca di inculcare ai bambini, si fonda, crediamo, sull'interesse per il benessere delle generazioni future. Il problema della distribuzione intergenerazionale delle risorse è piuttosto complesso, perché è complesso cercare di capire come tener conto delle "preferenze" di chi non è ancora nato (e questo senza nemmeno tener conto che chi e quante persone esisteranno fra le generazioni future dipende anche da come teniamo conto noi delle loro preferenze). Il problema è stato affrontato da pochi, per esempio da Mikhail Golosov, Larry Jones, e Michèle Tertilt, ma in modo non del tutto soddisfacente.
L'enciclica, pur non negando questa preoccupazione, tratta in modo spiccio il tema della giustizia intergerazionale (159 e seguenti) e confonde un po' le carte in tavola cercando di sostenere che il problema dell'inquinamento è soprattutto un problema di redistribuzione delle risorse ai giorni nostri, in particolare fra paesi ricchi e poveri. È uno dei passaggi più arditi e meno convincenti, purtroppo supportato dalla sola citazione di un documento della Conferenza Episcopale Boliviana. Se davvero non esiste niente di scientifico sul tema allora l'argomento è davvero campato per aria.
Insomma, il Papa e i suoi esperti anonimi ghost-writers (non sempre dei buoni consiglieri, evidentemente) non capiscono o fanno finta di non capire che il problema dell'inquinamento o esaurimento delle risorse è prima di tutto un problema di distribuzione di risorse intergenerazionale. O almeno cercano di convincerci che riducendo l'uso di risorse ora, pigliamo due piccioni con una fava. Non è ovvio che sia così. I paesi più inquinanti sono i paesi in via di sviluppo (non siamo mai stati in Cina ma sentiamo dire che sia un postaccio dal punto di vista ambientale), sia perché lì si spostano le attività manifatturiere, sia perché non possono neanche permettersi i vari lussi di noi ricchi: macchine a zero emissioni, riciclaggio, coltivazioni biologiche, chilometro zero e quant'altro. Insomma, inquinare meno a livello globale significa far crescere meno chi deve crescere, il che ovviamente non è necessariamente un problema quando si pensa che la crescita faccia male, ma certamente il Papa non stava pensando a Cina e Brasile, tantomeno all'Africa, quando sottoscriveva l'invito alla decrescita come via di preservazione dell'ambiente. Il problema è complesso e a noi la via migliore continua a sembrare quella dell'internalizzazione delle esternalità ambientali attraverso trasferimenti che allineino il più possibile gli incentivi individuali e il benessere sociale tenendo conto degli aspetti intergenerazionali.
Altro punto chiave dell'enciclica sono le cause del declino ambientale. Citiamo un passaggio lungo ma fondamentale
[Nel] paradigma [tecnocratico] risalta una concezione del soggetto che progressivamente, nel processo logico-razionale, comprende e in tal modo possiede l’oggetto che si trova all’esterno. Tale soggetto si esplica nello stabilire il metodo scientifico con la sua sperimentazione, che è già esplicitamente una tecnica di possesso, dominio e trasformazione. È come se il soggetto si trovasse di fronte alla realtà informe totalmente disponibile alla sua manipolazione. L’intervento dell’essere umano sulla natura si è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l’imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi. Per questo l’essere umano e le cose hanno cessato di darsi amichevolmente la mano, diventando invece dei contendenti. Da qui si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia. Ciò suppone la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta, che conduce a “spremerlo” fino al limite e oltre il limite. Si tratta del falso presupposto che «esiste una quantità illimitata di energia e di mezzi utilizzabili, che la loro immediata rigenerazione è possibile e che gli effetti negativi delle manipolazioni della natura possono essere facilmente assorbiti.
In sostanza, la causa prossima del problema sarebbe la tecnologia che ci permette di dominare e trasformare la natura. La causa remota, invece, risiede secondo l'enciclica in un degrado morale: "il degrado ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente connessi." (56). Ma la spiegazione morale dei problemi sociali (le cose vanno peggio perché siamo più cattivi; e le cose vanno ancora "più peggio" perché siamo dei "più cattivi" che maneggiano potenti strumenti) non è convincente, serve solo da paravento per evitare di fare i conti con spiegazioni più plausibili ma scomode.
Nell'enciclica, per esempio non si menziona mai il problema della crescita della popolazione mondiale, se non per affermare perentoriamente (citando il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa del 2006) che "la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale" (50), qualunque cosa ciò significhi. Ci si guarda bene dal parlarne apertamente in relazione al degrado ambientale del pianeta, ed evidentemente neppure Papa Francesco può farlo perché ciò significherebbe ammettere che tutti i papi da Paolo VI in poi (e più di tutti il papa beato polacco Giovanni Paolo II, che sulla questione è stato il più intransigente) hanno clamorosamente sbagliato in materia di contraccezione e controllo delle nascite. Lo si potrebbe ammettere senza alcun problema: il papa può avere clamorosamente torto, c'è scritto nel nuovo testamento, si veda il numero 11 qui. Ma si tratta di un elefante nella stanza: nessuna persona di buon senso e intellettualmente onesta negherebbe che il degrado ambientale tra il 1960 (un anno di riferimento a caso) e oggi non è indipendente dal fatto che nel corso dello stesso periodo di tempo la popolazione mondiale è passata da 3 a 7 miliardi di persone. Che il genere umano sia diventato più cattivo dal 1960 a oggi è possibile ma a noi pare poco plausibile. Che sia numericamente più che raddoppiato è un fatto. E il doppio delle persone consumano il doppio di risorse naturali (a volere essere precisi: meno del doppio se diventiamo più efficienti nell'utilizzo delle risorse, più del doppio se vogliamo vivere meno miseramente; crediamo che questo secondo effetto domini il primo). Le previsioni aggiornate della UN Population Division, che fino a pochi anni fa indicavano finalmente il raggiungimento di un plateu di 8-9 miliardi a metà secolo, indicano oggi 9,7 miliardi entro il 2050, e 11,2 miliardi entro fine secolo. Sarebbe stato bello se l'enciclica avesse detto una parola sul nesso tra crescita della popolazione e degrado ambientale anziché ignorarlo, rivedendo la dottrina per cui sarebbe volere di Dio che le persone si riproducano in modo del tutto incontrollato. Troppo rivoluzionario anche per Papa Francesco, purtroppo, ma non disperiamo che in futuro possa sorprenderci anche su questa annosa materia.
Tornando a quello che nell'enciclica, invece, c'è scritto, il Papa riconosce che tecnologia e progresso possono eliminare la sofferenza e creano bellezza (in un passaggio loda persino la bellezza di grattacieli ed aeroplani). Ribadisce la necessità di collaborare e supportare la scienza e la ricerca per risolvere i problemi di cui sta parlando. Ma rimane uno scetticismo di fondo, un luddismo malcelato. Si afferma che "l’economia ha favorito un tipo di progresso tecnologico finalizzato a ridurre i costi di produzione in ragione della diminuzione dei posti di lavoro, che vengono sostituiti dalle macchine" (128). Si palesa una nostalgia per i tempi passati, per i tempi in cui l'uomo sì manipolava e interveniva sulla natura, ma senza dominarla; per le coltivazioni tradizionali, rese non profittevoli dalle economie di scala (129), senza chiedersi neanche per un minuto quanto le condizioni di lavoro dei contadini di un tempo fossero migliori di quelle di un lavoratore odierno. Il Papa, per esempio, pur ammettendo che non esiste fondamento scientifico alla pericolosità degli OGM, sostiene sono causa della concentrazione delle terre produttive nelle mani di pochi e della trasformazioni di piccoli produttori in precariato salariale urbano (usa proprio la parola "precario", e ci chiediamo come sia stata tradotta nelle altre lingue dove il concetto è inesistente) (133). Quanto è precario, al confronto, lo stile di vita di un piccolo agricoltore senza accesso a mercati assicurativi e finanziari, soggetto alle vaghezze dell'atmosfera? Il Papa, invece, preferisce introdurre subito lo strawman della cattiva finanza, fonte di tutti i mali (si comincia la numero 20, poi 34, 56, 189 e diversi altri).
Concludendo, l'enciclica ha il pregio di richiamare l'attenzione di tutti sul problema ambientale, ricordando in particolare ai credenti che la cura del creato è un dovere che ha un fondamento non solo etico ma anche teologico. Tuttavia l'enciclica fa grossa confusione sulle cause e sulle soluzioni. Rimane l'invito sincero del Papa a cambiare abitudini, consumare/inquinare meno, redistribuire di più. Questo è il suo lavoro, e lo fa anche bene. Purtroppo però le aspirazioni, i desideri della gente non sono facilmente plasmabili. Si fa finta di non capire che anche un modesto interesse per il benessere dei più poveri richiederebbe massicce redistribuzioni di reddito, e che ridurre i consumi pro-capite anche ai livelli del 1960 non comporterebbe né un grande beneficio per l'ambiente (visto che siamo 4 miliardi in più di allora) né un miglioramento delle condizioni di vita in Sud America o in Africa. Insomma, il problema è più complicato, e la soluzione, se c'è, pure.
Sì, un aspetto non trattato è quello della crescita impetuosa della popolazione ed i suoi risvolti sul pianeta. Prima di quello pero' c'è un aspetto connesso che si manifesta proprio all'inizio dell'enciclica. Avevo iniziato a leggerla in giugno, imbattendomi subito in questo passaggio:
Mi sono subito chiesto se non fosse proprio la cultura giudaico-cristiana ad aver instillato nelle coscienze la credenza che noi fossimo destinati a crescere e prolificare e dominare sul mondo.
La Bibbia proprio all'inizio (Genesi) parla chiaro:
Queste (e notate l'uso dell'imperativo) sono parole adatte ad un mondo contadino, come poteva essere migliaia di anni fa. Bergoglio poi chiarisce che il testo non va preso alla lettera (oggi col senno di poi) e che noi siamo solo custodi di qualche cosa che appartiene al Signore. Precisa che anche se "è vero che qualche volta i cristiani hanno interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature".
Il punto pero' rimane che tutta la visione biblica è orientata al mondo agricolo, non indistriale e postindustriale. E sono questi ultimi due che hanno permesso lo sviluppo umano dell'ultimo secolo. Quanto alle esternalità negative, andrebbero anche considerate quelle positive. Il fatto appunto che dalla fine del 1800 ad oggi la popolazione sia quadruplicata dovrebbe essere per la religione cristiana un fatto positivo. Ma o non se ne parla o se ne disconoscono le cause.
è quadruplicata dal 1800.
Ma in seno alla Civiltà Occidentale è in corso un drammatico collasso demografico, che proprio in Italia è più grave che altrove.
Questo fatto può non interessare alla prospettiva ecumenica del Papa, ma a noi una qualche piccola riflessione dovrebbe forse ispirarla.
www.spacex.com
ou bien
pour sauver la planète, sortez du capitalisme (par Hervé Kempf)
www.alternatives-economiques.fr/pour-sauver-la-planete--sortez-du-capitalisme-par-herve-kempf_fr_art_815_41878.html
Vengono in mente anche le parole di Keynes (we are capable of shutting off the sun and the stars because they do not pay a dividend.)
Sul Libero Arbitrio, Pico De La Mirandola,,,,ma di blablablablala....next steps? Costi? benefici? Taluni sono passati allo 'shale-gas/fracking-$', modello davvero efficiente...