L'eterna opacità sui conflitti di interessi. Accountability, questa sconosciuta.

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Da tempo si rileva la necessità di misure che rendano il contesto nazionale più favorevole agli investitori sotto il profilo economico, fiscale e burocratico. Sembra, invece, sottovalutata l’importanza di dare maggiore affidabilità al Paese mediante regole idonee a porre gli amministratori pubblici “al di sopra di ogni sospetto” di condizionamento nell’esercizio delle funzioni svolte. 

Si fa riferimento al tema del conflitto di interessi, oggetto di una disciplina ormai datata (la c.d. legge Frattini, n. 215/2004), le cui criticità vennero evidenziate subito dopo la sua emanazione (tra gli altri, dalla c.d. Commissione di Venezia). Essa, infatti, non è conforme alle linee guida internazionali (OCSE) e si discosta dai criteri adottati in altri ordinamenti, in particolare, perché omette di prendere in considerazione la situazione di pericolo derivante dalla commistione tra la carica di governo e gli interessi economici e finanziari di chi ne è titolare. In altri termini, la normativa vigente non impedisce l’eventualità che la “cura” del bene collettivo possa essere minata dal perseguimento di scopi personali: dunque, rinuncia a prevenire il conflitto di interesse e le conseguenze negative che ne possono scaturire. La legge interviene esclusivamente a posteriori, cioè quando il titolare della carica di governo compia un atto o un’omissione che abbia “un’incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio proprio o di un prossimo congiunto, determinando altresì un danno per l’interesse pubblico. Il necessario concorso di questi rigidi presupposti formali rende complesso verificare ex post la sussistenza di interessi potenzialmente contrastanti, ciò in aggiunta alla evidenziata impossibilità di identificarli ex ante, come detto. Peraltro, è prevista una sanzione pecuniaria - priva tuttavia di un’effettiva deterrenza - solo a carico dell’impresa che tragga vantaggio dall’atto adottato in conflitto, mentre resta indenne l’autore dell’atto stesso.

Nel mese di febbraio 2016 il tema è stato affrontato in maniera più concreta: la Camera ha approvato un provvedimento che, oltre a specificare cause di ineleggibilità più stringenti di quelle previste attualmente per chi riveste cariche politiche, dispone un sistema di accertamento preventivo dei conflitti di interesse per i titolari di cariche di governo (cui sono equiparati i componenti delle c.d. Authority). Tale sistema è imperniato sull’obbligo imposto a questi ultimi, nonché a soggetti ad essi correlati, di dichiarare all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato incarichi o attività indicati come incompatibili; dati reddituali e patrimoniali; accordi con terzi riguardanti impieghi o attività da svolgere dopo la cessazione della carica di governo. L’Antitrust verrebbe così posta in grado di individuare anche il conflitto potenziale tra interessi privati e pubblici. Secondo il nuovo testo, esso sussiste quando il titolare di una carica di governo possa partecipare a deliberazioni tali da produrre, nel proprio patrimonio o in quello di soggetti a lui legati, "un vantaggio economicamente rilevante": in tal caso vige l’obbligo di astensione. Vi è conflitto altresì se il titolare della carica di governo possieda, anche indirettamente, partecipazioni rilevanti in determinati comparti (difesa; credito; energia, comunicazioni, editoria ecc.) o comunque nel medesimo settore di mercato in cui esercita le proprie funzioni, e ciò possa condizionarne l'esercizio o alterare la libera concorrenza. In questi casi, l'AGCM deve sottoporre al titolare della carica di governo le misure previste dalla legge: gestione fiduciaria con le caratteristiche del blind trust o vendita di beni e attività patrimoniali rilevanti. Nei casi di incompatibilità, invece, è imposta l’opzione tra la carica e la posizione incompatibile.

Nonostante il disegno di legge in questione, migliorabile per molti aspetti, non operi la sistematizzazione delle regole sulla ineleggibilità e incompatibilità dei parlamentari, né si occupi dei loro conflitti di interesse - come richiesto dal Greco di recente – rappresenta, comunque, un importante punto di partenza. Tuttavia, esso è attualmente “arenato” in Parlamento, così come norme in materia di lobby, egualmente essenziali per far emergere e disciplinare l’influenza di interessi particolari su decisioni pubbliche. Parimenti, non sono al momento oggetto di esame regole volte ad ampliare l’area di trasparenza dei finanziamenti privati alla politica, in quanto potenziali fonti di condizionamento di chi rivesta particolari ruoli. Non molto tempo fa, il Greco rilevò che la questione dei conflitti di interesse è “estremamente controversa in Italia e merita di essere verificata attentamente al fine di preservare la credibilità del sistema”. E la credibilità – concetto intrinsecamente connesso a quello di accountability, espressione non a caso intraducibile in italiano con un’unica parola - rappresenta un requisito fondamentale non solo per attrarre investitori, come detto, ma per restituire ai cittadini la fiducia nelle istituzioni dello Stato: nel definire le priorità delle azioni necessarie al rilancio del Paese, è bene che la politica ne tenga conto.

* Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono l’istituzione per cui lavora.

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Commenti

Ci sono 2 commenti

L'OCSE ha emanato direttive contro il conflitto di interessi???

Non mi fate ridere che mi si sposta la dentiera.

L'OCSE è un gigantesco conflitto di interessi.

"Accountability" ha una traduzione in Italiano, con una unica parola: "Responsabilitá".

Tra l'altro, etimologicamente la parola italiana é anche piú espressiva di quella inglese.

Il problema semmai é che nel sistema italiano sembra si sia eclissato il concetto di responsabilitá.

Tra l'altro, l'equivalenza non è nemmeno recente, qui un dizionario del 1855 (l'immagine è tratta da una edizione del 1874):

Accountability

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