Dalla chat con il Corriere di Romano Prodi, Domenica 26 Marzo si legge: "Con questa legge (la Legge Biagi - nota di chi scrive) si è istituzionalizzato il precariato. Berlusconi dice che c'è solo il 12% di lavoratori precari. Sì, nella massa. Ma tra i giovani più della metà sono precari. E questo significa distruggere una generazione: impedire loro di fare programmi, acquistare una casa, fare figli. [...] Per questo ho proposto di alzare il costo del lavoro precario e di ridurre il costo per il lavoro stabile».
E naturalmente i giovani francesi in queste ore nelle piazze (che e' primavera e nessuna citta' e' bella come Parigi a primavera, le giornate si allungano, le ragazze sono vestite leggere e, si sa, sono piu' generose in questi momenti, e poi c'e' la fete de la musique,..) si ecciterebbero a sentire queste parole, se le sentissero.
E mica solo Prodi e' preoccupato per il futuro delle generazioni future. Rosi Bindi, ancora una volta dalla chat del Corriere, Martedi 28 Marzo: "Le formule previste da quella legge (ancora la Legge Biagi - nota di chi scrive) introducono un precariato che colpisce soprattutto i giovani. Per molto meno gli studenti francesci hanno occupato le piazze."
"Chi parla male pensa male." Perche' "precari"? "Precariato" e' una brutta parola. Ma non abbiamo gia' provato in Italia la strada di avere o il lavoro fisso o nulla? E non ha forse portato al 25% di disoccupazione giovanile (e peggio al Sud, dove il lavoro deve essere fisso e ai salari del Nord, senza riferimento alla produttivita', parola cattiva di stampo protestante/calvinista)?
Io vivo in una delle citta' tra le piu' eccitanti, allegre, interessanti, vive, e produttive del mondo, New York (certo da noi le primavere non sono come a Parigi, ancora fa freddo, e le ragazze a Washington Square hanno i piumini). Qui i giovani "precari" sono molti, moltissimi. Fanno i camerieri mentre provano a scrivere "the best american novel of the century", i maestri di ginnastica mentre provano a fare gli attori, le modelle, gli artisti, mentre studiano (si', perche' i genitori non hanno pensioni baby con cui mantenerli), o semplicemente mentre cazzeggiano. Lasciano un lavoro e ne trovano un altro con disarmante facilita'. Chi qui non conosce il fisioterapista che nel giro di un mese ha deciso che New York e' stressante (e fa freddo e sono tutti vestiti) e si e' trasferito in un paesino di mare a Long Island, l'avvocato che a 40 anni ha deciso di avere fatto abbastanza soldi a Wall Street e ha aperto una galleria d'arte o un ristorante, o qualcuno che invece a 40 anni si e' stancato di non fare una lira come artista/scrittore/accademico/attore o si e' stancato/a di accudire ai figli e ha trovato un "lavoro vero" magari passando prima per l'universita'? Non solo, ma tutte queste scelte sono spesso temporanee: "ci provo, per un anno, forse meno, poi vediamo". Il tutto deciso e organizzato in pochi mesi!! Questa non e' precarieta', e' liberta', e' qualita' della vita. Questa meravigliosa "precarieta'", in una citta' come New York, ha luogo a tutti i livelli sociali: probabilmente ne godono di piu' gli avvocati e i medici, ma anche i maestri di ginnastica, gli insegnanti, le segretarie e gli infermieri.
Ma che giovane generazione sta crescendo in Italia (e in Francia)? Casini, a Porta a Porta, difendendo la Legge Biagi, dice (riporto a memoria): "siamo tutti genitori, e tutti sognamo un posto fisso per i nostri figli." Io no! Io per mio figlio sogno una societa' dove si possa cambiare lavoro con facilita' tale che sperimentare, "intraprendere", fare quello che ti ispira il cuore sia possibile e possibilmente vantaggioso. Perche' non sognare un figlio che prova a disegnare un motore di ricerca piu' efficiente di quello di Google (con alte probabilita' di non riuscirci), piuttosto che un figlio alle Poste? Se anche non avesse le capacita' di disegnare un bel nulla, mio figlio, e facesse, che so', il maestro di sci, spero non sia costretto ad andare su e giu' tutta la vita dal Mottarone, ma che se si stufa possa sciare a Lake Placid o ad Alba di Canazei, o in Australia.
E poi i programmi elettorali di entrambi gli schieramenti promettono di investire di piu' nella ricerca. Ma chi ricerca? E se poi dopo aver ricercato non ritrova, il nostro ricercatore? E come fa a fare programmi, acquistare una casa, fare figli? Perche' non investiamo solo in ricerche dove si cerca quello che si e' gia' trovato, cosi' siamo sicuri ?
"Chi parla male pensa male". "Precario" e' una brutta parola solo perche' i precari li abbiamo avuti, ad esempio all'universita', non lavoravano e aspettavano un lavoro fisso, che naturalmente hanno avuto, tutti! Ma la precarieta', cioe' l'incertezza e' spesso inevitabile e necessaria in una societa' viva e produttiva.
Al dipartimento di economia di New York University, dove lavoro, come in ogni dipartimento di economia serio che io conosca, sono ammessi circa una ventina di studenti di dottorato all'anno. Solo quattro o cinque di questi in media producono lavori di ricerca dopo qualche anno tali da fruttar loro un buon lavoro accademico. Di questi solo uno (o forse meno) in media continua a fare attivita' di ricerca dopo sette o otto anni (la fase tipica di "precariato".). Gli altri hanno ricercato e non hanno trovato. Ma trovano lavoro: insegnano, fanno politica nei paesi di origine. Molti finiscono a Wall Street. E fanno programmi, si comprano casa, e quelli piu' fortunati riescono addirittura a riprodursi!
Ma non ci dobbiamo preoccupare. "Non e' ancora detto che Romano Prodi vinca le elezioni e che Rosi Bindi diventi ministro del lavoro, o della gioventu'" dicono i mei amici (beh, in realta' non ne ho molti di amici che dicono queste cose, ma dico cosi' per dire, per effetto retorico). Ma io mi preoccupo. Prima di tutto, Casini sembra pensarla come Prodi. E poi, io non lo dovrei leggere il Corriere, specie non le chat: "La Cina? «Ci sta mangiando vivi». E se l'Europa non provvederà al più presto ad imporre dazi e barriere doganali ai prodotti provenienti dall'estremo oriente, il destino dei giovani sarà quello di un futuro senza occupazione" dice Tremonti alla chat con il Corriere di Martedi' 28 Marzo.
Ecco un altro che si preoccupa della nostra gioventu'. I Cinesi fanno delle T-shirts a 20 centesimi di Euro (che poi, lo sappiamo, e' sopravvalutato, maledetto Euro, e maledetta Europa). E meno male che spedirci il latte dalla Cina ancora non conviene, che senno' ci toccherebbe ancora arrivare a Milano a piedi da Linate che la mucca Carolina e i suoi mungitori protetti occupano la strada.
I ragazzi di Prato e di Carpi troveranno senz'altro qualcosa di intelligente da fare, cosi' come avevano trovato di fare le magliette. Lasciateli cercare. Tanto figli non ne fanno comunque. E i mungitori della mucca Carolina e della politica agricola possono emigrare in Francia, dove l'agricoltura sara' sempre protetta, garantisce la Comunita'.
Ma come per ogni economista, per me "il reale e' razionale." Se i ragazzi francesi stanno in strada, e se sia Prodi che Casini pensano che a condannare il "precariato" si guadagnano i voti dei giovani, ci sara' il suo bel motivo. Beh, il motivo c'e' eccome: una societa' con tanti "precari" e' societa' libera, ma una societa' in cui un solo gruppo demografico e sociale e' "precario" (i giovani, ad esempio quelli che non possono aspirare alle rendite garantite dagli ordini professionali) e' una societa' in cui i giovani non vogliono vivere. E poi non e' solo una questione di "precariato" nel mondo del lavoro. Gli amici che lasciano il lavoro per andare a vivere al mare, aprire una galleria d'arte o un ristorante e cosi' via, devono trovare un mercato degli affitti competitivo nella localita' di mare, devono riuscire ad avere una licenza per il ristorante in meno di 5 anni,.... insomma ci siamo capiti. Aveva ragione Fiorello La Guardia a dire: coraggio!
A questo proposito, andatevi a guardare il forum del Corriere sui precari a 1,000 euro al mese.
Vi consiglio in particolare i commenti "lavorare negli USA" e "fare come in Francia". Non c'e' assolutamente speranza. Possiamo sgolarci a urlare "coraggio!" finche' diventiamo cianotici, ma fare breccia in questo muro di piccole invidie, di paura del cambiamento (e sostanzialmente della liberta'), di nostalgia per il passato - mi sembra un'impresa quasi disperata.