Perché sia utile, il federalismo deve
attribuire agli enti locali potere di legiferare e amministrare in
maniera esclusiva in ambiti ben definiti e consensualmente pattuiti, in
modo da consentire ai cittadini di valutare da più vicino l'attività
di governo e anche di fare confronti tra amministrazioni diverse.
Perché sia possibile giudicare e fare confronti è
essenziale che gli enti locali abbiano responsabilità completa dei
loro atti di governo sia per quanto riguarda la loro attuazione e le
relative spese (uscite), sia per il reperimento delle risorse e quindi
l'assoggettamento dei contribuenti locali alle relative tasse (entrate).
In
un contesto centralista viene premiato l'amministratore locale capace
di prendere o rubare più risorse dal centro e quindi prevalentemente
dai contribuenti esterni al proprio ente locale, per spenderle
localmente. In un contesto centralista sprechi nella spesa locale ed
evasione fiscale locale non sono sanzionati dagli elettori, perché il
conto lo pagano prevalentemente gli elettori di altre province e regioni. Pertanto
in un contesto centralista sono incentivati l'entità e lo spreco
nella spesa pubblica locale, l'evasione fiscale locale, la competizione
tra amministratori locali per accaparrarsi maggiori risorse dal centro.
Da un veloce confronto tra paesi comparabili è evidente che paesi
federali relativamente virtuosi come USA e Svizzera hanno minore
evasione fiscale, minore spesa statale, e soprattutto minori sprechi e
maggiore efficienza nella spesa pubblica, rispetto a paesi centralisti
come Italia e Francia.
Uno dei maggiori
problemi del governo statale è il monopolio del potere e l'assenza di
concorrenza. Una suddivisione federale introduce una limitata forma di
concorrenza tra amministrazioni diverse nell'attrarre cittadini e
capitali che induce una competizione "virtuosa" tra amministrazioni e
schieramenti politici finalizzata a fornire i migliori servizi al minor
prezzo. L'applicazione integrale del principio di sussidiarietà
corrisponderebbe ad assegnare agli enti locali di livello più basso
possibile ogni funzione per la quale non vi siano diseconomie di scala
superiori ai vantaggi derivanti dalla maggiore responsabilizzazione a
livello locale. La constatazione empirica che molti Stati di piccole
dimensione (es. Austria, Svizzera, Belgio, Olanda, Danimarca, Svezia,
Islanda) precedono l'Italia nella classifica dello sviluppo umano
dell'ONU e in ogni altra classifica associata con la buona ed
efficiente amministrazione statale indica che con buona probabilità
quasi tutte le funzioni ora amministrate a livello centrale possono
essere "devolute" a regioni o associazioni di regioni con un numero di
abitanti a partire da 2-4 milioni.
Tuttavia,
per avere una riforma federale "virtuosa" non è necessario che sia
pervasiva come indicherebbe il principio di sussidiarietà (che è
peraltro un principio fondante della UE), è invece sufficiente che
abbia caratteristiche "virtuose" sulle materie oggetto della riforma
stessa. Pertanto è possibile introdurre e sperimentare il
federalismo in maniera graduale, la cosa importante è realizzarlo in
maniera virtuosa (promuovendo trasparenza, responsabilità,
concorrenza), piuttosto che viziosa (senza responsabilità sul
bilancio, con commistione e opacità nelle reponsabilità, senza
concorrenza).
Vediamo ora cosa dicono i programmi di PD e PDL in materia di federalismo.
Commentiamo prima il programma del PD:
L'
opportuna revisione dell' elenco di materie del Titolo V con una
clausola di supremazia, trasversale alle materie, per il livello
federale, col consenso del Senato, consentirebbe di superare la
conflittualità permanente.
La riforma
federale del 2001 approvata dall'Ulivo è sostanzialmente sbagliata
perché inserisce nella costituzione una versione di federalismo
cooperativo favorito dalla cultura politica di sinistra in cui
praticamente ogni materia un minimo rilevante è attribuita o allo
Stato o alla competenza concorrente di Regioni e Stato centrale. La
competenza concorrente induce all'italianissima pratica dello
scaricabarile, e anche ad un contenzioso virulento e interminabile tra
Regioni e Stato Centrale davanti alla Corte Costituzionale. Nonostante
il passo di programma sia sufficientemente fumoso per confondere il
potenziale elettore, sembra che i redattori intendano realmente
migliorare trasparenza e responsabilità degli enti locali dando ad
essi la "supremazia" sulle materie concorrenti. Nulla viene chiarito
qui sulla responsabilità locale relativamente alle entrate. Giudizio
tendenzialmente positivo.
i) Federalismo fiscale e infrastrutturale
È necessario che i due terzi del paese siano liberati dal coinvolgimento
del governo centrale nel finanziamento delle loro competenze e che
l'intervento dello stato sia limitato alla perequazione dei territori
con più basso reddito pro-capite e di quelli storicamente svantaggiati
nella distribuzione delle risorse pubbliche. Un assetto efficiente
della finanza decentrata richiede che si ricorra a vere
compartecipazioni dinamiche al gettito dei grandi tributi erariali e ad
un vero coordinamento della finanza pubblica multilivello, a garanzia
che il decentramento non modifichi le decisioni generali assunte in
merito al livello di pressione fiscale. La sede di questo coordinamento
deve essere il nuovo Senato delle autonomie.
Questo
passo è fumoso come il precedente, ma sembra indicare la promessa di
dare agli enti locali risorse finanziarie in maniera più diretta
rispetto ad un trasferimento dal centro. Questa sarebbe una riforma
positiva anche se non completa. Un federalismo virtuoso richiederebbe
che gli enti locali abbiano responsabilità impositiva totale su alcuni
tributi. Per esempio in Svizzera Comuni e Cantoni hanno responsabilità
totale sulle imposte dirette sul reddito (IRPEF), mentre lo Stato è
responsabile dei tributi indiretti (IVA). La compartecipazione ai
tributi è marginalmente meglio del trasferimento dal centro, ma come
dimostra il caso dell'IRAP (tassa regionale nel nome ma centrale di
fatto e di diritto come sanzionato perfino dalla Corte
Costitutizionale) non stabilisce un sistema virtuoso e trasparente per
quanto riguarda le entrate.
Attraverso
i tributi propri, poi, ciascun territorio potrà completare il
finanziamento dei servizi pubblici di prossimità. Una volta garantiti
gli standard di base espressamente individuati dalla Costituzione,
ciascun territorio potrà, liberamente e democraticamente, decidere se
e come differenziare i propri servizi, avvicinando sempre di più,
negli enti di prossimità, le decisioni di politica pubblica al
controllo e al monitoraggio della popolazione.
Devono
essere costruiti strumenti a garanzia della separatezza delle gestioni
finanziarie, limitandosi lo stato a definire il contributo dei singoli
comparti del sistema delle autonomie all'azione di contenimento del
deficit e della riduzione del rapporto Debito/PIL.
Questo
passo è chiaro e completamente condivisibile. Almeno per i "servizi
pubblici di prossimità" si promette un federalismo corretto e
virtuoso. Sarebbe utile chiarire quali siano questi servizi di
prossimità.
Deve
essere esteso a tutte le Regioni, anche in cooperazione tra di loro, il
metodo del "federalismo infrastrutturale", sperimentato dal Governo
Prodi con la regione Lombardia, e avviato con altre. In particolare, il
potere di assegnare concessioni di costruzione e gestione di
significative opere stradali e ferroviarie deve essere trasferito dallo
stato centrale a soggetti misti stato-regione.
Per
mia colpa non so in cosa consista il "federalismo infrastrutturale"
sperimentato dal governo Prodi, quindi mi risulta difficile valutare.
Per quello che capisco darei un giudizio tendenzialmente positivo.
Ora passiamo a valutare il programma del PDL, più difficile da reperire sul web.
Sesta missione: il federalismo
La
riforma del Titolo V della Costituzione ha posto le premesse per
avviare un ampio processo di trasferimento di poteri dal centro alla
periferia. Per il riconoscimento di una effettiva autonomia delle
Regioni e degli enti locali occorre realizzare il federalismo fiscale,
che comporta il trasferimento di risorse finanziarie dal centro alla
periferia, a parità di spesa pubblica e di pressione fiscale
complessiva.
Questo punto è
condivisibile. È apprezzabile l'attenzione al fatto che il
federalismo debba essere realizzato senza aumento di spesa pubblica e
pressione fiscale complessiva, ma una riforma federale dovrebbe
raggiungere questi obiettivi con la responsabilizzazione degli enti
locali e non per mezzo di un principio programmatico o di
un'imposizione dal Centro.
-
attuazione al disposto dell'articolo 119 della Costituzione, assegnando
agli enti territoriali le più idonee fonti di finanziamento, trovando
il giusto equilibrio tra autonomia, equità ed efficienza;
Vago ma sostanzialmente condivisibile.
-
approvazione, a tal fine, da parte del Parlamento della proposta di
legge "Nuove norme per l'attuazione dell'art. 119 della Costituzione",
adottata dal Consiglio Regionale della Lombardia il 19 giugno 2007;
Non
conosco il contenuto delle norme lombarde per l'attuazione
dell'art.119, se non che con un ritardo di 5 anni la Lombardia si è
mossa per chiedere quanto la riforma costituzionale del 2001 le
consente di chiedere. Il mio parere pertanto è tendenzialmente
positivo.
-
garanzia della massima trasparenza ed efficienza nelle decisioni di
entrata e di spesa, così da permettere il controllo della
collettività sulle politiche fiscali e di spesa delle amministrazioni
locali;
Se come presumo è sottinteso
che quanto sopra si applichi agli enti locali, si promette di
realizzare un federalismo corretto e virtuoso.
-
garanzia che la perequazione riduca ma non annulli le differenze di
capacità fiscale, fermo il principio costituzionale di giusto
equilibrio tra solidarietà ed efficienza, premiando i comportamenti
finanziari virtuosi e le regioni con una minore evasione fiscale.
Anche
questo punto è condivisibile. Una perequazione totale attuata al
livello centrale avrebbe la conseguenza di eliminare ogni effetto
virtuoso di responsabilità locale definita dalla riforma federale. A
questo riguardo, è utile riportare il lemma sulla perequazione inserito
nell'art. 119 con la riforma del 2001: "La legge dello Stato istituisce
un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori
con minore capacità fiscale per abitante." Come nel casi di diversi
altri articoli costituzionali, si tratta di una formulazione oltremodo
ridicola, assolutamente confusa riguardo il principio enunciato e anche
su quali sono gli effetti pratici indicati. Sarebbe stato molto meglio
scrivere piuttosto: "lo Stato promuove lo sviluppo economico delle
regioni meno sviluppate".
Pur avendo commentato positivamente una buona parte delle promesse programmatiche, devo sottolineare che non
mi aspetto dall'esperienza passata con gli stessi attori e gli stessi
partiti che venga realizzato quasi nulla dei punti positivi segnalati.
Devo purtroppo correggermi da solo su un punto.
Leggendo il confronto dei programmi elettorali sul Federalismo su lavoce.info, ho capito che commentando il programma del PD ho interpretato a rovescio il passo sulla clausola di supremazia. Il PD intende dare supremazia allo Stato centrale sulle materie che secondo la sua stessa riforma costituzionale sono affidate alla competenza concorrente di Regioni e Stato centrale. Su questo punto il mio parere diventa pertanto fortemente negativo. La riforma corretta e' separare le responsabilita' assegnando materia per materia la competenza esclusiva o allo Stato centrale o alle Regioni, piu' o meno come avveniva nella riforma costituzionale del centro-destra, che peraltro finiva per riassegnare allo Stato centrale troppo potere, ma almeno sul resto dava responsabilita' esclusiva alle Regioni.
Grazie del chiarimento, Alberto. Sono tempi di molto lavoro, ma m'ero sorpreso dell'improvvisa svolta "federalista" del PD che tu annunciavi!
Per fortuna ora è tutto ritornato normale: allo stato centrale, sempre ed anzitutto, la supremazia. Vorrai mica scherzare con i soldi, no? Quelli son cose serie, e lì le chiacchere liberiste meglio lasciarle da parte.