Freak[Freak(Freakonomics)]

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Commenti estivi su una recensione estiva d'un libro alquanto estivo.

Un nostro lettore - i nostri lettori sono pochi ma buoni: e' un pregio o un difetto? questa e' una domanda che anche Ariel si fa, giusto alla fine della sua recensione ... che ne pensate? - ci segnala la recensione di Freakonomics che Ariel Rubinstein ha messo a disposizione sul suo sito.

Ariel e' uno dei miei game-theorists preferiti: non ho mai pensato granche' di game theory per se, ma a piccole dosi riconosco che e' utile; per lo meno nelle mani di chi, come AR, sa porle domande interessanti. Le sue, di AR, sempre piu' frequenti cattiverie intellettuali (date un'occhiata al suo sito: abbondano, specialmente a fine estate, ed alcune sono pregevoli) mi trovano quasi sempre concorde, anche se con variazioni e distinguo.

Questo vale anche per questa recensione, che condivido alquanto ma ... ma, pero' (che insieme non si dicono, m'insegno' la maestra delle elementari) ... ci ho dei pero' con il buon AR (che forse non legge in italiano, ma che ci posso fare? Se ho tempo glielo traduco ...). Non avendo nulla da fare, eccone un paio ... ne ho altri in saccoccia, nel caso divertano.

(1) Homo Economicus. Questa cosa di homo economicus sta cominciando un po' a rompere, ed anche Ariel ci casca. Io capisco che a molti sia convenuto semplificare, ridurre, restringere, o anche solo ideologicamente vendere l'idea che gli 'agenti razionali' della teoria economica cosidetta 'standard' (TS, da ora in poi: cosa siano quelle 'non-standard' non l'ho ancora capito, e son 25 anni che ci provo) pero' sostenere, come molti sostengono e come anche AR sembra pensare, che gli agenti economici della TS abbiano solo $$$ e C (consumo) nella loro funzione di utilita', e nient'altro, mi sembra una baggianata. Non solo e' una baggianata, ma dimostra anche una profonda ignoranza dei fondamenti della TS. Senza andare troppo lontano, ossia senza tornare a Smith, Ricardo, Mills, Marshall, Jevons, e cosi' via, a me sembra abbastanza banalotto riconoscere che persino nella versione piu' formale della TS (ossia nella teoria dell'equilibrio economico generale, EEG, da Walras a Truman Bewley ed Andreu Mas Colell, passando per Arrow, Debreu, McKenzie e molti altri) v'e' riconoscimento esplicito e sostanziale che le preferenze degli individui vanno ben al di la' dei $$$ e di C. Non a caso la formulazione U(X) + bM (transferable utility, dove X e' un vettore di quello che volete voi ed M=$$$) la consideriamo altamente specializzata e particolare. Per non parlare, ovviamente, di U(C), dove C e' un qualche aggregato di consumo. Chi ha lavorato su EEG sa che si son persi anni a cercare di modellare le preferenze in modo piu' generale possibile, permettendo non transitivita' e non completezza, indebolendo i requisiti di convessita' il piu' possibile, sottolineando sempre l'eterogeneita' delle preferenze (piu' di qualcuno ci ha fatto un'intera carriera su questo tema soltanto), dibattendo su quando speciale sia l'ipotesi di gross-substitutability, cercando di capire la complementarieta' fra diversi beni e la non separabilita', introducendo l'idea delle 'caratteristiche' (Lancaster) per andare al di la' dei puri beni e cercare di modellare le preferenze a livello psichico o di 'piaceri fondamentali', discutendo di 'abitudini', preferenze endogene, e via elencando. Persino due fra i piu' religiosetti, ed 'astuti' utilizzatori dell'idea che 'simplex sigillum veri', ossia Gary Becker e George Stigler, hanno cercato di mettere in chiaro (in un articolo del 1977, con il titolo in latino maccheronico) che quando sostengono che le preferenze sono comuni a tutti gli agenti, semplici e stabili, si riferiscono a preferenze profonde, determinate a livello psichico da adattamenti evolutivi and what not, e che morale, cultura, interazioni ovviamente influiscono sulle 'preferenze' che manifestiamo al livello della vita quotidiana. Basta cosi', pero' insisto: basta con questa pagliacciata che la teoria economica standard si basa sull'idea che gli esseri umani sono tutti identici robots che massimizzano la somma dei rendimenti monetari, e nient'altro.

(2) Gli economisti e le puttane. Ariel sembra accettare l'affermazione, a mio avviso altamente strampalata, secondo cui la tipica prostituta guadagna piu' dell'architetto tipico. Notate, anzitutto, il problema a/o: le prime son quasi tutte donne, mentre nel secondo gruppo c'e' una maggioranza di maschietti e quindi il sex-bias nei salari puo' far differenza (lo chiamano gender-bias, ma io di genders ne conosco tre (he-she-it) e, a meno che qualcuno non sostenga che "it" si riferisce ai famosi ermafroditi (sui redditi dei quali, architetti o meno, scommetto che dati non ce ne sono) io continuo a pensare che "sex" e' piu' appropriato di "gender"). Sarei curioso di vedere i dati con cui SL la giustifica, se e' sua come implica AR. Se il calcolo e' per ora di lavoro "effettivo", questo e' probabilmente vero, ma irrilevante: se calcoliamo come "lavoro effettivo" solo le nostre ore di insegnamento, noi accademici siamo pagati come stelle di Hollywood! Se il calcolo viene fatto per l'intera vita lavorativa, dubito di gran lunga che cosi' sia: non so quante puttane sian capaci di fare migliaia di dollari al mese una passati i quarant'anni ... mentre per gli architetti/tette mi sembra ovviamente il rovescio. I trucchi con i tassi d'interesse al 45% sono vietati, please. Ovviamente, se il confronto viene fatto fra una giovane modellina di 22 ed un architetto della stessa eta', quest'ultimo perde anche perche' a quell'eta' e' ancora a scuola! Insomma, mi piacerebbe vedere quali siano i dati su cui si fonda questa perentoria amenita', qualcuno li conosce? Se, come sospetto, son "poco veri"  - spero il lettore apprezzi la novella finezza del linguaggio: tutto merito di mia moglie e mio figlio che ieri m'hanno redarguito publica- ed aspramente (notare anche il castillanismo) per aver "umiliato" i camerieri incapaci d'un ristorante di Pasadena, che raccomando altrimenti per la qualita' del cibo: Tre Venezie, il cuoco e' da Udine ... i camerieri non sono ne' da Udine, ne' da Vicenza, ne' da Rovereto, e si nota - dicevo, se scopriamo che gli architrottoli/trottole in media fan piu' soldi delle meretrici e dei femminielli, ci guadagnamo (con o senza "i", l'Accademia della Crusca dice che va bene lo stesso) due volte: (i) scopriamo che e' meglio fare l'architetta che la passeggiatrice (ed un tot di vecchie amiche mie, che da giovani erano carine e forse ci avevano avuto dei transeunti dubbi, si rallegrano ex-post della scelta moral- e professionalmente piu' appagante) e la metafora crudele (ma divertente, suvvia!) di AR che suggerisce l'equivalenza (puttane>architetti)<=>(economisti>matematici) cade per forza di logica ...Tongue out

 

 

 

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Commenti

Ci sono 25 commenti

Alla faccia del bicarbonato di sodio! Dall'asprezza della critica sembra quasi che ci sia sotto qualcosa di personale tra i due. Il discorso su cosa sia economics e cosa no mi pare piuttosto sterile. Anche a Gary Becker fu mossa la stessa accusa quando comincio' a studiare temi all'epoca estranei alla professione come il crimine, la droga e altri "vizi", la discriminazione razziale o la struttura familiare. Non e' economics? So what? Magari non tutti i "facts" sono davvero "facts", nel libro, ma l'accusa di disonesta' intellettuale e' la trovo pesante e ingiusta. 

 

 

 

Ammazzate lo speed, mario! Non avevo neanche fatto tempo a finire il mio commento che gia' c'era il tuo!

Dunque, a difesa di Ariel (ammetto il bias: non solo e' amico mio, ma tendo ad agree con lui).

Non credo ci sia proprio nulla di personale, non son neanche certo che si conoscano (io stesso conosco Levitt solo di straforo, devo averci parlato una volta). E nessuna invidia di sicuro, sia per come e' fatto AR, sia perche' dato il suo "status" ed i soldi che potrebbe fare a palate usandolo, credo proprio che l'issue non ci sia. 

Non mi sembra che il suo punto sia nominalistico (i.e. questa non e' economics, ma e' "x") ma il rovescio. Il suo punto e' che molte delle cose che uno trova "spiegate scientificamente" in FK (abbreviazione per il libro) non sono ne' spiegate scientificamente, ne' richiedono economics or any other science per essere capite (solo buon senso, mi sembra suggerire AR), ne' sono chiaramente delle "cose" (ossia, dei facts) ...

Ariel se la sta prendendo da un tot di tempo con una certa tendenza sempre piu' diffusa a cercare l'attenzione dei media con risultati apparentemente sexy ed eclatanti che hanno dietro molta poca scienza ed anche poca sostanza. Devo dire che condivido alquanto alquanto, aldila' dell'esempio specifico. La tendenza a scrivere cose "shocking" (e false, secondo il metodo della scienza) perche' il NYTimes, o l'Economist, o addirittura l'Espresso, ti menzioni e ti trasformi in un geniale enfant terrible,  sembra a lui, ed anche a me, sempre piu' diffusa in un certo giro ...

Enough, altrimenti occupo troppo spazio. Avanti con i commenti, questa si preannuncia sugosa: il suggerimento di Luigi sembra essere ben azzeccato.

Fuochi intellettuali d'artificio di fine estate su NfA, et voila'!

 

 

Ho ricevuto l'altro gg e pensavo di postare freak-freakonomics

anch'io, ma d'estate concentro il lavoro quando i co-autori mi vengono

a trovare e non ho avuto tempo. Quindi, battuto sul tempo, non mi resta

che commentare. Come Michele, stimo AR come pochi. Mi spaventa anche un

po' la sua serieta'intellettuale, mi intimorisce. Detto questo, si sta

divertendo: la giungla, le botte ad Aldo, a Rabin, e cosi' via. Ma non

e' tutto qui. Non credo, come dice Michele, che non sia mosso da un po'

d'invidia; lo e', secondo me, non certo per i soldi, ma per la fama un

po' si, io credo. In altre parole, il suo status AR lo sta spendendo,

invece che chiedendo soldi, scrivendo divertissments di mezza estate

(tutto l'anno). Comunque i suoi commenti sono tutti modi di escoriare

poca serieta' e quindi sono benvenuti. La sua posizione da Don

Chisciotte contro i behavioral e' eroica, al punto che rischia di

fottergli il Nobel. 

Io conosco Leavitt solo per averlo

incontrato un paio di volte e per avere avuto con lui uno scambio un

po' acceso in un mio seminario a Chicago (questo per dire che non mi

sta simpatico). Io sono anche certamente invidioso di lui, non per il

successo di Freakonomics ma per il suo successo in accademia

certamente, pero' mi vergognerei di vendere "ho applicato economic

method a tutto quello che si muove, geniale vero?". Davvero mi

vergognerei. Sara' che chiunque di noi difende il proprio padre

intellettuale alla morte ma ne' io ne' Leavitt eravamo nati quando il

vecchio diceva queste cose. 

 

COncordo con Mario (buona cosa tra amici e coautori...), l'accusa piu' pesante e inappropriata e' quella di disonesta': siccome siamo tutti un po' cheaters (dati gli appositi incentivi), allora stai a vedere che anche levitt lo e'.

L'aspetto di Freaknomics che meno mi e' piaciuto e', piuttosto, la poca scientificita', nel senso di Popper: i findings vengono riportati come verita' oggettive, invece che come risultati da sottoporre a prove di falsificazione. Non si dice mai che "more research is in order" per comprendere un certo fenomeno, per esempio.

Credo che ci sia largamente lo zampino del coautore di Levitt, Dubner, che infatti fa il giornalista ed e' un esaltato (vedi il ritratto sul NYT di Roland Fryer, praticamente un'agiografia).

Il vantaggio di occuparsi di argomenti "sexy" e' che magari, finalmente, anche in economia verra' voglia di riconsiderare la replicazione di studi esistenti come scientificamente rilevante -- "organized skepticism" + 'Openness", due regole della comunita' scientifica, portano a valorizzare la replicazione. Siccome gli argomenti sono di grido, a piu' ricercatori verra' voglia di replicare questi studi.

Infatti c'e' una banda di ex studenti di Berkeley (credo tutti studenti di David Card?) che hanno preso la cosa seriamente, specialmente verso Levitt e la Carolyne Hoxby....

Occuparsi di argomenti sexy ti fa finire sull'Economist ma, come suggerisce Nicola, espone anche a uno spietato scrutinio pubblico (accademico e non). L'Economist, per esempio, ha dedicato alla critica di Foote e Goetz all'articolo di Levitt su aborto e crimine un pezzo dal bellissimo titolo "ooops-onomics" che incollo qua sotto per chi non lo avesse gia' letto:

http://www.economist.com/finance/PrinterFriendly.cfm?story_id=5246700http://www.economist.com/finance/PrinterFriendly.cfm?story_id=5246700

Tra l'altro, la vicenda Foote-Goetz vs Levitt e' un esempio perfetto di un riuscito e produttivo esercizio di replicazione-confutazione. Alla critica (scientifica) di Foote-Goetz:

http://www.bos.frb.org/economic/wp/wp2005/wp0515.pdf#search=%22foote%20goetz%20l evitt%22

ha fatto seguito la risposta (scientifica) di Levitt:

http://pricetheory.uchicago.edu/levitt/Papers/ResponseToFooteGoetz2006.pdf#searc h=%22foote%20goetz%20levitt%22

Ora, with all due respect, non tutte le accuse di Rubinstein  a "sloppy empiricists" mi sembrano rispettare questi canoni. Mi riferisco alla critica del paper di Gneezy-Rustichini (GR), "A fine is a price". Rubinstein muove delle obiezioni rilevanti, ma senza "provarle" come si farebbe in un commento scientifico. GR rispondono alle sue critiche, addirittura conducendo un secondo esperimento:

 http://www.econ.umn.edu/~arust/areply.html

Ma quanti hanno letto la replica di GR? AR avanzo' la critica nel corso di un intervento a un meeting dell'Econometric Society. E la parola di AR e' pesante...

 

 

 

 

 

 

 

Ma voi lo sapevate che l`effetto serra e` causato dalle mucche scorreggione?

www.repubblica.it/2006/08/sezioni/scienza_e_tecnologia/mucche-ecologiche/ mucche-ecologiche/mucche-ecologiche.html

 

Una

cosa su cui concordo con Rubinstein e` che in economia non si ha una

vera tradizione di reproducibility, quasi nessuno mette a disposizione

i dati e i programmi usati per i suoi risultati. E recentemente come

ricorda Nicola, alcuni si sono visti accusare di vari errori ed omissioni (Hoxby da Rothstein per

i suoi fiumi, per esempio). Basterebbe chiedere ad ogni autore di

rendere available i suoi dati e i suoi programmi pena la non

pubblicazione.

Per quanto riguarda l`accusa di disonesta` intellettuale, non conosco Levitt, ma credo che AR ci sia andato pesante.

Che

poi quello che fa Levitt non sia economics, beh... Possiamo dibattere

su cosa sia l`oggetto di studio dell`economia, ma se consideriamo la

teoria economica come un set di tools, come un paio di occhiali

attraverso cui vedere il mondo, allora l`accusa non regge.

 

 

I due paper dal sito di AR, quello citato qui e quello che attacca gli sloppy theorists, sono esemplari per chiarezza ed acume, niente da dire (salvo che ha torto sul fatto dell'imperialismo degli economisti: citando Prescott, Economics e' LA Scienza Sociale, e questo e' un bene per tutti). Che la sloppyness sia disonesta' intellettuale o pura e semplice incompetenza non ha grossa importanza (e secondo me entrambi gli ingredienti ci sono in entrambi i casi, anche se con dosi diverse).

Mi preoccupa di piu' pero' un terzo paper, quello intitolato "Dilemmas of an economic theorist" dove AR sembra buttare il bambino assieme all'acqua sporca (si legga l'ultima frase del paper). Insomma AR si chiede se quello che facciamo sia rilevante, se bisogni buttare modelli con implicazioni controfattuali, etc.. domande ottime per quando si fa graduate school, ma mi pare che le sue risposte rivelino poca comprensione di cosa sia l'economia moderna. Non che io sia un'esperto di filosofia della scienza, ma mi pare che a certe domande esistano risposte migliori di quelle date da AR, e che siano state date da tempo. Insomma il fatto che esistano sloppy empiricists e sloppy theorists non significa che anche il resto non abbia senso e utilita'.

 

 

 anche a me l'accusa di "disonestà intellettuale" sembra un po' esagerata. Piu' che altro, Levitt gioca a fare il furbetto dell'accademia ( e immagino si sia anche divertito parecchio, al di là dell'aspetto finanziario, a scrivere il libro).  A parte il tono arrogante del libro, quello che disturba di più ( e su questo concordo con Rubinstein) è l'assenza di argomenti contro ( se non altro per confutarli), e sui referred journals ce ne sono. E' chiaro, freakonomics è un libro divulgativo, ma proprio per questo chi lo legge (che non è economista di professione) si fida delle "brillanti analisi empiriche" e non leggerà mai gli altri articoli.


Due brevi commenti sulle considerazioni di michele:


1. E' vero, la tendenza al sensazionalismo è piuttosto diffusa (irrational exuberance, nel senso del libro, anyone?).  Pero', non so tu, ma io ho un una preferenza lessicografica a che un accademico faccia del sensazionalismo, piuttosto che un christianrocca qualunque (inteso come prototipo di fabbricatore di opinioni massmediatiche). In fondo come diceva mario freakonomics è un bignami (for dummies&partigiano) incompleto di parte della letteratura di quasi-scienze  sociali. Se si considera che il lyfe-cycle di un'idea empirica é: a)seminal paper con relative easy regressions b)nuove regressions con fancy instruments (e.g. i fiumi della Hoxby) che tipicamente dicono il contrario di a c)nuovi dati&la questione battezzata undecided...


2.(Assumendo l'espressione di chi ne sa qualcosa) A mio avviso c'è una fondamentale ambiguità su cosa sia ( o debba essere) l'imperialismo dell'economia. E' cosa buona che gli strumenti e il metodo siano esportati in altre scienze (in particolare, rigore logico, falsificabilità e, perchè no, un qualcosa di coerente con l'individualismo metodologico), quello che non è buono è esportare anche i contenuti (riprendo quello che dice michele sugli incentivi monetari). Cioè, è vero che gli uomini rispondono sempre agli incentivi (ed è buon avere una teoria del comportamento  rigorosa e falsificabile, qualunque essa sia, piuttosto che astrazioni come la lotta di classe, ad esempio), ma non è vero che questi incentivi sono necessariamente monetari.

L'esempio delle preference q-lineari illumina sul come si possa ingannare il grande pubblico con argomenti che sembrano molto generali...ma sul lago l'effetto reddito non ha mai attecchito:)

 

ammesso e non concesso che le prostitute guadagnino piu' delle architette, una spiegazione razionale potrebbe trovarsi nella solita domanda e offerta e, se vogliamo fare i sofisticati, in un premio pagato alla prostituta a fronte di un lavoro che le causa disutilita' (a meno di non voler fare i maschilisti per forza).

 

 

L'affermazione che una typical prostitute guadagna piu' di un typical architect e' sloppy on so many levels. Non sono a conoscenza di nessuno studio empirico sui salari delle prostitute, e certamente nessuno studio di Levitt. Ho l'impressione che quell'affermazione sia semplicemente un (cattivo) esempio per illustrare l'idea di compensating differentials. Non saprei come definire un "tipico" architetto, e tantomeno una "tipica" prostituta. Parlavo ieri a cena con un caro amico che sembrava saperne molto, in tema di prostituzione (ho detto "di prostituzione", non "di prostitute"...), e la varianza delle tariffe orarie e' enorme. Mi diceva, inoltre, che il "tipico" lifecycle di molte prostitute e' lavorare fino all'eta' di 30-35 anni per poi sposarsi con un cliente...magari un architetto ;-)  

 

Dal blog di Steve Levitt, qualche giorno fa: 

"Recently, in Haaretz, (...) the renowned economist Ariel Rubinsteinwrote a book review of Freakonomics. All I can say is that I have seen the English translation and that I am glad that it is only available in Hebrew online! Despite (or perhaps because of the review), Rubinstein himself told me that Freakonomics jumped to #2 on the bestseller list in Israel the week after his review was published."

 

Il livello intellettuale della risposta e' lo stesso di quella data alle (piu' serie) critiche ai suoi due principali articoli (McCrary sull'articolo dell'elasticity of policing, e Foote/Goetz della boston fed sull'abortion paper): e cioe': poco o niente da dire.

 

purtroppo io , isp., rabbì, rebus siamo nati in un'epoca diversa:(

piccola nota tecnica: credo ci siano problemi con i commenti, a volte spariscono dopo averli inviati, a volte non compare l'interfaccia per l'inserimento del testo...è successo anche ad altre persone che hanno tentato di commentare, pensavo doveroso avvertirvi.

 

 

eppols (che oramai parla di se` stesso in terza persona come maradona),

invece, sostiene che l`accento italiano e` meglio dell`epistemologia.

Basta saperlo esibire con le ragazze giuste.