Le gabbie

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Quelle salariali. Ha ragione la Lega a richiedere salari differenziati tra Nord e Sud in funzione del costo della vita? Come per ogni buona domanda, la risposta corretta e', dipende. Ma piu' no che si, a mio parere.

Franceschini e Scajola hanno reagito quasi con le stesse identiche parole alla proposta (il giorno dopo rimangiata) di Calderoli di re-introdurre le “gabbie salariali”: la gente non arriva alla fine del mese, altro che gabbie salariali, dicono i nostri eroi.

Una discussione invece pacata e interessante viene da Pietro Garibaldi sulla Stampa, qualche giorno fa.

Proviamo a fare ordine. Chi non abbia fegato per una lezioncina teorica (cos'e' un prezzo relativo?) condita da finti esempi puo' aspettare un articolo di Sandro, che arrivera', chiaro come sempre, con tanto di grafici di domanda e offerta di lavoro.

Lasciamo stare la forma – le “gabbie” hanno raccolto negativa reputazione in passato per ragioni che non e’ il caso di rivangare – e guardiamo alla sostanza, salari determinati contrattualmente in termini reali e non nominali, di questo sta parlando Calderoli.

Cosa significa salari determinati contrattualmente in termini reali? Significa che governo, sindacati, e confindustria aprono  un tavolo (si’, e’ ironico) e si accordano su un numero, diciamo il numero 8, intendendo con cio’ che il salario base  a Biandrate  nell’anno 2010 e’ di 8 Euro all’ora. A Pizzo Calabro si costruisce quindi - con metodi predeterminati (e un occhio acuto al moral hazard, che non sara’ mai che il droghiere alza i prezzi solo quando arriva il dirigente dell’Istat per la rilevazione) – un indice dei prezzi p relativi a quelli di Biandrate.  E ogni lavoratore di Pizzo Calabro riceve un salario base nell’anno t pari a 8p. Ogni paese del Belpaese fa come Pizzo Calabro: Garbagnate, Biandrate, Portogruaro, e Fiume – ops, Fiume no. Vabbe’ magari e’ piu’ facile fare sta procedura per regione che non per paese (che anche il problema di moral hazard e’ meno grave per regione).. Ma procediamo coi finti esempi di paese che hanno nomi piu' espressivi.

E’ questa di fissare salari determinati contrattualmente in termini reali una procedura sensata? Non molto. Per capire cosa Calderoli stesse cercando di proporre (prima di rimangiarselo), consideriamo il seguente esempio. Supponiamo che a Pizzo Calabro  decidano di togliere uno 0 da tutti i prezzi: il pane, che stava a 1 Euro il chilo, adesso sta a 10 centesimi al chilo, il ristorante Al Terremoto ha un prezzo fisso a 1.5 caffe’ incluso, e cosi’ via. In buona sostanza a Pizzo Calabro hanno adottato una nuova unita’ di conto, chiamiamolo Euro/0. Beh, in questo caso, ovviamente, non ha molto senso pagare i lavoratori 8 Euro/0 all’ora, a Pizzo Calabro. Solo la CGIL non capirebbe che in questo caso i lavoratori a Pizzo Calabro andrebbero pagati 80 centesimi di Euro/0 all’ora. Al mercato dei cambi un Euro/0 varra’ 10 Euro (se valesse di piu’ andremmo tutti a Pizzo Calabro a fare la spesa e al ristorante; se valesse meno, la Coop di Biandrate sarebbe piena di calabresi).  Questo e’ quello che ha in mente Calderoli. Se a Pizzo Calabro il pane sta a 10 centesimi di Euro/0 al chilo e nel resto del paese a 1 Euro al chilo e’ semplicemente stupido fissare i salari a 8 all’ora, qualunque sia l’unita’ di conto. Si puo’ fare 8 Euro o 80 centesimi di Euro/0, fa lo stesso. Ma non 8 Euro/0. Questo e’ ovvio. E cosi’ ragiona Calderoli: come se, senza gabbie, stessimo pagando i lavoratori di Pizzo Calabro 8 Euro/0 all’ora.

Ma non e’ questa la situazione. A Pizzo Calabro usano Euro come a Biandrate. E’ a Pizzo Calabro ci vogliono 700 Euro al mese per sopravvivere, mentre a Biandrate ce ne vogliono 1.000. Com’e’ 'sta storia? Coim’e’ possibile. E’ che c’e’ piu’ domanda per vivere a Biandrate che a  Pizzo Calabro. Poiche’ siamo tutti d’accordo che Biandrate e’ uno schifo (piove, c’e’ la nebbia, il cielo e’ grigio, e la gente parla un dialetto che li fa sembrare un po’ tonti) deve essere che a Pizzo Calabro e’ ancora peggio in qualche altra dimensione. Non e' difficile, provo a tirare a indovinare: non ci sono strade, la scuola fa schifo, all’ospedale ci sono i topi, la ‘ndrangheta fa il bello e il cattivo tempo,... E poi non c’e’ lavoro, ma di questo dobbiamo parlare ancora, rimandiamo alla fine una discussione sul perche' non c'e' lavoro a Pizzo Calabro.

Insomma, la questione non e’ come dice Calderoli, che a Pizzo Calabro  i prezzi son bassi e quindi dobbiamo diminuire i salari. Ma piuttosto che, a parita’ di salario,  i prezzi a Pizzo Calabro son bassi cosi' che non tutti emigrino a Biandrate. Non e' un caso che i prezzi piu' bassi a Pizzo Calabro siano i prezzi dei beni "non-tradable" locali, la casa, alcuni servizi, etc.

Fintanto che il paese  tutto (l'Italia) usa una singola valuta (l'Euro), e fintanto  che il paese resta  aperto al commercio e al movimento di capitale e lavoro al suo interno, i prezzi – anche l’indice del costo della vita – paese per paese o regione per regione – non sono una variabile indipendente. Evidentemente non e’ solo la Cgil a far confusione con le variabili indipendenti e il modello superfisso.

Ma ho lasciato stare la questione del lavoro. Riprendiamola. A Pizzo Calabro c’e’  meno lavoro. E’ un caso? C’entra la questione con le gabbie salariali? C’entra si’. Gli 8 Euro all’ora fissati dal tavolo nazionale non tengono conto della produttivita’ del lavoro nelle diverse regioni. Questo e’ un punto importante e  allora bisogna essere piu’ specifici: parliamo di salario/produttivita'  dell’industria privata che produce beni venduti sui mercati nazionali/internazionali ad un unico prezzo (non beni "non-tradable" locali a prezzo diverso per paese o regione). Se, a parita’ di occupazione, la produttivita’ del lavoro e’ piu’ bassa a Pizzo Calabro (per le strade, le scuole, gli ospedali, la ‘ndrangheta), fissando il salario a 8 Euro si ottengono due risultati: 1) minore occupazione a Pizzo Calabro (piu’ bassa l’occupazione piu’ alta la produttivita’ del singolo lavoratore), 2) un vigoroso settore di produzione illegale in “nero”, a salari inferiori a 8 Euro all’ora.

Guarda caso entrambi i risultati valgono per Pizzo Calabro. Una delle ragioni per cui a Pizzo Calabro il costo della vita e’ relativamente basso e’ che non c’e’ lavoro (o meglio, c’e’ tanto lavoro nero a basso salario), e non c’e’ lavoro a causa della contrattazione nazionale – in presenza di differenziali di produttivita’. Alla fine, Calderoli sara’ anche confuso ma e’ pur sempre colpa della Cgil. D’altra parte sono loro (ok, anche la Uil) a dire cose tipo:

 

Morena Piccinnini, Segretaria Confederale  CGIL:

«Siamo contrarissimi [alle gabbie, ndr] perchè il lavoro è uguale e dunque deve essere pagato ugualmente in Italia ovunque»

Luigi Angeletti, Segretario Uil:

«i salari sono il compenso per il lavoro che si fa non per dove o si fa»

 

senza capire che lavoro a diversa produttivita’ e’ stesso lavoro tanto quanto Berlusconi e’ Blair e Hillary e’ Carla’.

E, dulcis in fundo, arriviamo alla questione del lavoro nel settore pubblico. Qui i salari sono cosi’ superiori alla produttivita’ che l’impiego pubblico non e’ che sussidio (in media, ok, in media; ho anch’io un cugino a Pizzo Calabro che e’ un ottimo bidello). Il problema non sono le gabbie o meno, e’ il salario a fronte di lavoro rubato all’agricoltura.  Una prova? Vi ricordate il caso degli insegnanti campani che lavoravano gratis alle scuole private pur di avere miglior punteggio per la graduatoria pubblica? Quod Erat Demonstrandum.

Qualcuno sembra aver capito la questione,

 

Renata Polverini, Segretaria Ugl:

«la differenziazione salariale vanificherebbe l’obiettivo, inseguito per tanto tempo, e raggiunto con grande fatica con la riforma contrattuale, di premiare i livelli di produttività, [....]

 

se non fosse che poi a scanso di equivoci, chiede soldi:

[....] riforma che il governo dovrebbe sostenere anche con politiche fiscali di incentivo»

Oh, dimenticavo, la sapete l'ultima?

 

Raffaele Bonanni, Segretario Generale della Cisl:

[Le gabbie, ndr] sarebbero un ritorno all’Unione Sovietica, scavalcando le parti sociali proprio dopo aver definito il nuovo impianto contrattuale che dà forza alla contrattazione locale e aziendale. Non è una proposta seria»

 

 

 

 

 

 

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Commenti

Ci sono 53 commenti

Condivido l'impianto generale dell'articolo ma non penso che si possa giudicare una proposta della LN che (per quanto so io) non esiste scritta e articolata in maniera seria.  Quello che si puo' cercare di giudicare sono delle intenzioni che traspaiono da affermazioni molto manipolate dal circo mediatico italiano e comunque per quanto si puo' capire anche alla loro origine piu' simili alle chiacchiere da bar che a proposte concrete. Quello che personalmente critico alla LN e' di cianciare tanto senza mettere per iscritto o spiegare pubblicamente per bene cosa concretamente propongono, su questo tema.

Personalmente ritengo che salari differenziati siano necessari e utili direttamente o indirettamente a tutti i cittadini italiani, sia del Nord che del Sud, specialmente nel pubblico impiego. La LN e' praticamente l'unico movimento di una qualche consistenza che 1) fa indubbiamente e direttamente gli interessi dei suoi elettori ad ottenere salari differenziati 2) sia pure confusamente propone qualcosa del genere, almeno in qualche proclama di cui rimane opportuno verificare la consistenza e la coerenza con proposte legislative serie.

Ritengo indifendibile la posizione dei sindacati e delle altre forze politiche (inclusa la stampa confindustriale) che si oppongono alla differenziazione dei salari con pretesti vari (dalla "rigidita'" al principio teorico del compenso nominale uguale per uguale lavoro).  Tutte queste forze politiche agiscono contro l'interesse sia dei lavoratori del Nord che hanno salari reali inferiori a parita' di lavoro, sia dei cittadini del Sud che devono vivere in un sistema economico caratterizzato da elevata disoccupazione che maschera il fatto che 2/3 dell'economia privata e' in nero e/o illegale, non tanto per inclinazione culturale, che probabilmente anche esiste, ma per la forza di un contesto di mercato in cui i salari legali nominali sono artificialmente eccessivamente spinti verso l'alto sia dagli stipendi pubblici nominalmente uguali al centro-nord sia dai contratti privati nazionali con baricentro nel centro-nord.

L'opposizione alla differenziazione salariale da parte di queste forze politiche e' ulteriormente riprovevole perche' segue la tradizione vigente in Italia di comperare consenso politico mediante spesa pubblica eccessiva e improduttiva a beneficio di dipendenti pubblici delle aree povere e sottosviluppate del Paese (e a "imprenditori" assistiti del centro-nord): una ricetta che se anche non e' riuscita ancora ad uccidere del tutto la vitalita' economica del centro-nord, sicuramente ha condannato alla poverta' e al sottosviluppo il sud.

Se ho ben inteso il senso di una parte dell'articolo, limitare entro le reali necessità le assunzioni nel pubblico impiego potrebbe produrre effetti benefici e innescare un circolo virtuoso. Non disponendo di una comoda valvola di sfogo nel pubblico impiego dilatato a dismisura (e magari anche di altre valvole di sfogo), si indurrà la necessità di trovare un'alternativa e magari parte del sommeso emergerà? E magari anche un serbatoio elettorale che non fa che alimentare lo status quo comincerà ad essere intaccato. Il rinnovo della classe dirigente, piuttosto che dall'intervento della magistratura, potrebbe venire, e ben più incisivamente, dal rosicchiamento degli interessi clientelari.

Oppure, all'opposto, l'emersione del sommerso, se la negoziazione salariale locale (il mio lessico e le mie categorie in materia sono quelli che sono, al di là dell'approssimazione lessicale e concettuale, credo che si capisca) si rivelasse misura insufficiente, potrebbe non essere sostenibile e potrebbe rischiare di portare al tracollo?

Il punto comunque è: chi ha realmente interesse a llimitare quegli interessi clientelari, dato l'abbraccio mortale tra classi dirigenti locali meridionali e classe dirigente nazionale? La classe dirigente nazionale per autoconservarsi necessita di quel serbatoio elettorale e per questo ha sempre accondisceso. Come  giungere ad un punto di rottura? Si deve attendere l'implosione dell'intero sistema? Lo so, semplifico troppo, ma leggo e mi sto impegnando a capire ...

 

Se davvero:

1. Calderoli è un acuto pensatore e non solo un provocatore professionista,

2. i salari nominali sono uguali al Sud e al Nord e

3. l'indice dei prezzi è più basso al Sud

ne segue necessariamente che i lavoratori del Sud, in media, sono più ricchi di quelli del Nord: a parità di condizioni, possono permettersi di acquistare più beni e di spassarsela alla grande. Questo differenziale nei salari reali dovrebbe indurre un flusso continuo di lavoratori dal Nord al Sud, attratti dai facili guadagni dovuti ai comportamenti sindacali. Se qualcuno ha dei dati disponibili, sarebbe interessante capire se questo fenomeno stia accadendo realmente.

 

Questo differenziale nei salari reali dovrebbe indurre un flusso continuo di lavoratori dal Nord al Sud, attratti dai facili guadagni dovuti ai comportamenti sindacali. Se qualcuno ha dei dati disponibili, sarebbe interessante capire se questo fenomeno stia accadendo realmente.

 

Non capisco se stai scherzando o se sei nato ieri. Sei a conoscenza dell'ammontare delle domande di trasferimento dei dipendenti pubblici da Nord a Sud e del fatto che il flusso dei trasferimenti dei dipendenti pubblici da Nord a Sud nei decenni passati (che lo Stato italiano ha concesso per favorire il clientelismo e contro gli interessi del servizio pubblico) ha determinato il fatto misurabile che i dipendenti pubblici ogni 100 residenti sono significativamente superiori nel Sud Italia rispetto al Centro-Nord (vedi ad es. blog.menostato.it)?

Tra parentesi, pur in presenze di un numero maggiore di impiegati pubblici nel Sud, assistiamo ad un flusso significativo e anche questo documentato di cittadini meridionali che vengono nel centro-nord per avere quei servizi pubblici introvabili o di qualita' troppo scadente nelle regioni di origine.

 

ne segue necessariamente che i lavoratori del Sud, in media, sono più ricchi di quelli del Nord

Camillo, questo non segue da #2 e #3 (tralsciamo la #1, che e' un non sequitur) a meno che il tasso di occupazione e la sua composizione settoriale sia la stessa al nord e al sud -- che non e' il caso. Inoltre si sta parlando di reddito da lavoro, non di ricchezza.

Il reddito reale da lavoro del dipendente pubblico al sud e' maggiore di quello dello stesso dipendente pubblico al nord (e anche qui ci sarebbe da aggiustare per la diversa qualita' dei beni pubblici locali, come spiega Alberto B.), ma questo non si estende ai lavoratori del sud in media.

Questo differenziale nei salari reali dovrebbe indurre un flusso continuo di lavoratori dal Nord al Sud, attratti dai facili guadagni dovuti ai comportamenti sindacali.

Certo, ma questo non succede perche' la situazione attuale e' un equilibrio: dati i costi di mobilita' tutti stanno bene dove sono alla propria combinazione di salario reale, beni pubblici locali, e amenita' varie.

una domanda agli economisti di buona volontà.

Che evidenza esiste che redditi da lavoro e produttività sono in relazione?

grazie

@Alberto Lusiani:

se la proposta della lega non è articolata in modo serio non puoi prendertela con la stampa che travisa: quella provoca per far caciara e questa fa caciara per vendere giornali.

AB interviene per informare chi non è interessato alla caciara.

@anxia:

limitare le assunzioni pubbliche a sud di per se dovrebbe aumentare il sommerso: aumenta l' offerta di lavoro nel privato a parità di domanda, l' effetto immediato dovrebbe essere una compressione dei salari privati ed una maggiore facilità di reclutare personale in nero.Altro discorso la differenziazione salariale: diminuire i salari minimi legali nelle aree disagiate favorisce l' emersione.

Sopra parlo di effetto immediato perchè il modello superfisso è una cazzata, e nel lungo periodo può succedere di tutto.Molti distretti industriali sono nati per l'abbondanza di manodopera a basso costo e son finiti con benessere diffuso ed un sacco di microimprenditori che comprano il Cayenne e vanno a disturbare Michele sulle dolomiti.Ma non c'è nessuna garanzia che accada nulla di simile.

@Camillo Rubini

la 2 e la 3 sono vere solo per i dipendenti pubblici, ed infatti il flusso verso sud di dipendenti pubblici assunti al nord esiste.

Nel privato spuntare al sud un salario nominale a quello di mercato al nord è difficile: quelli che ci riescono viono meglio dei colleghi settentrionali, ma sono pochi.

@bergamo

non sono economista, ma ti rispondo a occhio.

  1. un salario superiore alla produttività non è sostenibile perchè al datore di lavoro converrebbe licenziare
  2. se il mercato del lavoro è efficiente e c'è piena occupazione chi viene pagato molto meno della sua produttività non ha grosse difficoltà a trovare un posto meglio pagato
  3. se c'è disponibilità di manodopera produttiva a basso costo gli imprenditori hanno interesse ad espandersi o creare nuove imprese fino a raggiungere la situazione del punto sopra

Ovviamente nel mondo reale la corrispondenza tra produttività e salari non è così stretta per vari motivi: i mercati reali non sono perfettamente efficienti, (3) richiede tempo, la produttività cambia nel tempo,in Italia (1) è sostanzialmente illegale, molti preferiscono tenersi un lavoro malpagato per motivi personali,ecc.

gentile marcello, dal contesto credo di aver dedotto in che cosa consista il modello superfisso, ma potresti spenderci due parole? oltre che a me, magari faresti cosa gradita ad altri lettori (mentre rilevo che, a parte me, tra coloro che postano, economisti e non, tutti ne masticano con disinvoltura e competenza)

la replica che hai fatto a me si può sintetizzare come segue oppure no?

nell'immediato lagrime e sangue, nel lungo periodo non è possibile fare previsioni, data la complessità e la molteplicità dei fattori in gioco

 

 

se la proposta della lega non è articolata in modo serio non puoi prendertela con la stampa che travisa: quella provoca per far caciara e questa fa caciara per vendere giornali.

 

La LN (stra)parla per aumentare il suo consenso, non per fare caciara.  La stampa disinforma e fa propaganda non per fare caciara ma per fare gli interessi politici ed economici dei suoi padroni, oltre che per inerzia e limitazioni intellettuali di diversi giornalisti afflitti da alcune ideologie bacate e fallite da tempo.

Nei limiti dell'umano critico chi lo merita: ho criticato chi si oppone alla differenziazione salariale perche' interpreta le chiacchiere della LN in maniera tendenziosa, e ho criticato la LN perche' su una materia che interessa i suoi elettori e che potrebbe beneficiare sia il Nord sia il Sud si limita a cianciare in maniera confusa e ambigua, senza fornire a chi vuole informarsi una proposta scritta o orale che spieghi concretamente i suoi obiettivi.

Infine, ho scritto ad AB che - considerato che la LN fa chiacchiere confuse sul tema e non consente di capire cosa concretamnente propone - considero fuori luogo analizzare e commentare una proposta che non esiste: le chiacchiere esistenti si possono interpretare in maniera troppo diversa.

 

 

  1. un salario superiore alla produttività non è sostenibile perchè al datore di lavoro converrebbe licenziare

o pagare pochissimo tanti altri. si presume che la produttività sia solo individuale. ovviamente non è così. la produttività del singolo lavoratore è oggettiva quando è misurabile secondo parametri concordati o imposti da una delle parti se il suo potere contrattuale è decisamente più forte di quello della controparte. ma nulla di più, si tratta pur sempre di una finzione, sopratutto quando si parla di prodotti o servizi che richiedono una lavorazione complessa.

 

se c'è disponibilità di manodopera produttiva a basso costo gli imprenditori hanno interesse ad espandersi o creare nuove imprese fino a raggiungere la situazione del punto sopra

 

le barriere in entrata possono essere millemila. altrimenti in africa ci sarebbe piena occupazione. non basta il basso costo della manodopera.

non penso che questi argomenti possano essere affrontati con metodi esclusivamente deduttivi. altrimenti si potrebbe anche dire che, diminuendo i salari del mezzogiorno, più gente sarà portata ad aderire alla organizzazioni criminali. è proprio il problema di certi quartieri di napoli, ad esempio.

 

 

 

alberto, quindi il tuo punto qual e'? la conclusione logica del tuo ragionamento mi pare questa: poiche' la contrattaziona nazionale produce tre cose,

1) minore occupazione a Pizzo Calabro (...), 2) un vigoroso settore di produzione illegale in “nero”, a salari inferiori.

e 3) un settore pubblico sovradimensionato e inefficiente a causa di rent-seeking, e poiche' le gabbie salariali altro non sono che goffi tentativi di trattare le variabili endogene come esogene, l'unica cosa del genere che puo' funzionare e' decentrare completamente (a livello employer-employee) la contrattazione sia nel settore pubblico sia nel settore privato.

 

Elementare Watson. Si Giulio. E' una domanda retorica? Basta anche a livello di impresa - per dar un qualche lavoro ai sindacati. 

 

l'unica cosa del genere che puo' funzionare e' decentrare completamente (a livello employer-employee) la contrattazione sia nel settore pubblico sia nel settore privato.

 

Che ne diresti di fare così per il privato ed indicizzare gli stipendi pubblici a quelli privati, comune per comune? Non vedo proprio come si possa far funzionare la contrattazione nel pubblico.

Attendevo un “post” che desse la possibilità di discutere di quello che è un mio pallino fisso: i differenziali di salari e produttività fra nord e sud.

La busta paga di un dipendente è composta di varie voci e trattenute, difatti nessuna azienda che abbia un solo dipendente può fare a meno della figura del “consulente del lavoro”, tipicamente è pagato un tot a busta paga (un altro costo per le PMI..).

Con questo volevo dire che vado a memoria, e non è proprio il mio lavoro fare le buste paga, io pago e basta.

Le voci sono: paga base (in base al contratto di settore...) scatti di contingenza, che oramai sono la quota più consistente, assegni familiari, ritenute (io ricordo quella ex-Gescal, chiesi cos'è, è un contributo per la costruzione delle case popolari..).

Questa introduzione la ritengo doverosa: essendo la mia una piccola azienda non ho alcun tipo di contrattazione di II livello, ma riconosco dei premi in caso di andamento favorevole, i premi seguono una tassazione separata, ma lasciamo stare, ogni volta ci si inventa qualcosa per evitare una pesante tassazione, ma mai a nero.

Problema: il Contratto Collettivo di Lavoro Nazionale, prevede ogni minimo dettaglio della paga, non c'è alcuna possibilità di differenziazione, a uguali mansioni uguale stipendio dalla Bolzano di AB a Lampedusa. Poi c'è la distorsione dei dipendenti pubblici, ma quella è stata ampiamente dibattuta, rilevo solo che Bossi ha detto che si devono alzare gli stipendi dei dipendenti pubblici al Nord (col risultato che pagherebbero anche più tasse, ma i capataz della lega non hanno grande dimestichezza con i numeri) , mostrando il solito lato demagogico della politica, in questo caso si avrebbe un trasferimento di ricchezza dai dipendenti pubblici a quelli privati, anche se la partita sarebbe tutta dei “sudditi” del nord. Dal privato al pubblico, contenti i leghisti..

Considerazione: o si rompe l'assurdità del CCLN settorizzato (edili, chimici,elettrici,bancari,postelegrafonici, etc., etc.) e si parte da una paga base uguale per tutta l'Italia, ma minima (sparo a caso € 500/mese), definita come salario minimo di ingresso, a cui poi far seguire una contrattazione di II livello azienda per azienda (ti offro x+y e se raggiungi il risultato z anche k), in cui far valere anche le differenze di produttività e di tipicità locale (la vita ad Avellino costa meno che a Napoli, ma ci sono solo 40 km di distanza),e facendo quindi in modo che sia il mercato a stabilire le paghe, e non il solito centralismo, oppure la discussione è inutile.

Ma il CCLN è il “feticcio” dei sindacati, e chi ha studiato Karl Marx capisce a cosa mi riferisco, e la Lega non ha assolutamente parlato di rottura del CCLN,ma solo di aumentare la contrattazione di II livello. Per i dipendenti pubblici, tra l'altro.

A giusto problema (differenze di produttività, differenze di qualità del lavoratore, contesto economico diverso) la risposta della Lega è sbagliata, ma il problema esiste, secondo me è uno dei fattori per cui fare impresa al Sud è quasi impossibile, e lo status quo conviene solo al ceto politico attuale che gode della rendita pubblica al Sud, e sfrutta il malcontento del nord mantenendolo in uno stato di fuoco languo e perenne.

Assente dal dibattito: il mercato e la libertà di impresa.

Buon ferragosto a tutti dalla splendida ogliastra, ora vado mi attende il cannonau. Incredibile, ma vero, l'Ogliastra è coperta in HDSPA, altro che UMTS !

P.s.

Alberto, non pensare che tutti i meridionali stiano lì a imbrogliare, tipo fingere un prezzo del pane più alto con il rilevatore dell'ISTAT (arriverà con i lmapeggianti accesi ? un cappello arancione ? Come lo si riconosce ?), ci sono anche meridionali onesti.

O che si sono sudati il 28/30 in economia politica, nel 1982.

 

 

Caro Marco, dai non farmi passare per "quello che i meridionali tutti disonesti sono". Non ci penso nemmeno. Tra un Cannonau e un altro, vedi se riesci a spiegarmi cosa intendono i sindacati in questi quando dicono "vabbe' ma e' tutto finito, noi abbiamo accettato contrattazione differenziata azienda-impresa, il problema non esiste" (poi ammettono che Cgil non ci sta, ma insomma, cosa hanno deciso? come cambieranno le cose?)

La mia busta paga comprende come competenze queste voci:

   salario minimo tabellare

   contingenza

   superminimo

   superminimo riassorbibile

   assegni famigliari

 

Le prime due voci dipendono dal CCNL, le seconde due dipendono dalla contrattazione che c'è stata tra me e il mio datore di lavoro ( prima della mia assunzione ) e il loro importo complessivo corrisponde circa al 30% del mio stipendio lordo. Per decenza non cito la rilevanza del'ultima voce ( assegni famigliari ).

Nel mio caso il 30% di quanto costo all'azienda deriva dalla mia produttività ( almeno presumo, visto che fu  oggetto di trattativa vis a vis col mio "paron", un industriale con la testa sulle spalle ), oltretutto il superminimo riassorbibile ( che incide per poco meno della metà di questo gruzzoletto ) può essere ridotto arbitrariamente ( ma legalmente per carità ) dal mio "paron" .

Queste le cifre.

Una domanda:

Vi pare congrua la mia gabbietta costituita da un 30% di stipendio lordo come quota contrattabile a livello di assunzione e un 15% di variabilità per rispondere alle situazioni contingenti?

 

L’obiettivo di legare il salario al costo della vita nello spazio ha preso il nome di gabbia salariale, e puo’ essere  tradotto in molti modi a secondo di come lo si persegue. Il risultato ovviamente cambia, e assai.

Se essa e’ una forma di indicizzazione del salario al costo della vita, questa reintrodurrebbe sotto altra veste la scala mobile, in quanto in ogni periodo (automaticamente o a ogni rinnovo del contratto) si dovrebbe verificare l’andamento del costo della vita nel tempo (come si faceva una volta e in parte si fa ancora) e nello spazio (la novita’ di agosto 2009). Per legge o per contratto. Non credo che i sindacati, posta la questione in questo modo, si possano lamentare. Quelli che potrebbero lamentarsi sarebbero invece i datori di lavoro, che vedrebbero venire meno la capacita’ finora goduta di erodere parte del costo del lavoro attraverso l’inflazione (a meno che l’adeguamento nel tempo e nello spazio sia solo parziale). Anzi, i sindacati potrebbero anche cogliere la palla al balzo, e chiedere che il costo della vita (divenuto a questo punto centrale nella determinazione del salario) includa un paniere di beni che tenga conto anche della loro qualita’ (nel ragionamento che segue la differenza tra aree meridionali e settentrionali puo’ essere sostituita anche tra aree metropolitane e aree rurali). Quanto vale l’opportunita’ di vivere a Milano se si hanno due figli e quindi di risparmiare sul costo legato agli studi universitari presso una delle efficienti universita’ milanesi rispetto a quello che vive a Santa Maria di Leuca, e che pur con sacrifici puo’ mandare i figli a una universita’ scrausa del Sud? Oppure il fatto che le possibilita’ di trovare lavoro per il coniuge sono diverse a Milano rispetto a Trapani? E via discorrendo (qualita’ dei servizi, dell’ambiente, degli alloggi etc.). Un sindacato, ma anche un partito politico, potrebbe vendere il prodotto “gabbia salariale” in questi termini e raccogliere addirittura consenso, se non altro per il solo fatto che si generano speranze di scombinare lo status quo salariale. Alla fine del processo puo’ saltar fuori che i salari del nord e del sud (si sa che gli elettori meridionali hanno uno speciale traino sui politici) risultino anche piu’ elevati. E in ogni caso la pressione sindacale per aumenti salariali non farebbe bene.

Se la gabbia salariale viene perseguita, invece, attraverso l’adozione di un processo di negoziazione decentrato, avremmo un sindacato che negozia a sud e un sindacato che negozia a nord. Magari a nord avremmo un sindacato che negozia per il nordest e un altro per il nordovest, e a sud un sindacato siciliano e uno per il resto del regno delle due sicilie. Qui si avrebbe una situazione completamente opposta alla precedente. Infatti, si avrebbe un fronte sindacale spaccato, con un effetto mediamente negativo sui salari, anzi una potenziale debacle per i salari, e un effetto positivo per i datori di lavoro, che vedrebbero aumentata la loro forza contrattuale. Se questa e’ la traduzione di gabbia salariale, allora e’ comprensibilissimo (ma mai dire mai) che i sindacati facciano fronte unico per opporsi all’idea, mentre dall’altro lato, i datori di lavoro sarebbero molto favorevoli, e forse pure i disoccupati. (ok esistono situazioni che in teoria porterebbe un sindacato meno centralizzato a essere piu’ concentrato sull’ottenimento di miglioramenti salariali  ma anche a essere meno responsabile in termini di visione generale).  Fermo restando che non si puo’ imporre a un sindacato l’obbligo di contrattare in modo decentrato. Inoltre, la storia insegna che una volta un sindacato si spacca, questo si indebolisce nel tempo (la forza relative dei settori cambia nel tempo) e non si riunifica piu’.  Mi pare un suicidio per il sindacato e per i suoi rappresentati.

Lo stesso obiettivo, peraltro giusto, perseguito con due modalita’ diverse potrebbe dare risultati opposti.

 

Infatti, si avrebbe un fronte sindacale spaccato, con un effetto mediamente negativo sui salari, anzi una potenziale debacle per i salari, e un effetto positivo per i datori di lavoro, che vedrebbero aumentata la loro forza contrattuale. Se questa e’ la traduzione di gabbia salariale, allora e’ comprensibilissimo (ma mai dire mai) che i sindacati facciano fronte unico per opporsi all’idea, mentre dall’altro lato, i datori di lavoro sarebbero molto favorevoli, e forse pure i disoccupati.

 

Non credo che la forza relativa di sindacato ed imprese ne sarebbe compromessa: alla suddivisione del sindacato corrisponderebbe quella delle imprese.Sicuramente ne uscirebbero ridimensionati i vertici nazionali dei sindacati (confindustria & c. compresi), ma non credo che mediamente gli associati ne risentirebbero più i tanto.Probabilmente al sud ne sarebbero avantaggiati imprenditori e disoccupati a scapito dei lavoratori, al nord mi aspetto il contrario.

Tra l'altro il ridimensionamento dei sindacati nazionali mi sembra una cosa positiva, vista la loro propensione agli inciuci.

Non so che esperienza abbia Francesco, ma qui in Lombardia gli stipendi dei lavoratori dipendenti sono spesso, a parità di compiti e professionalità, mediamente più alti nelle piccole imprese non sindacalizzate rispetto alle medie e grandi imprese in cui il sindacato è molto più forte.

Questo contrasta con la sua opinione sulla possibile debacle dei salari.

 

 

L’obiettivo di legare il salario al costo della vita nello spazio ha preso il nome di gabbia salariale, e puo’ essere  tradotto in molti modi a secondo di come lo si persegue.

 

Io direi che ha preso il nome di "gabbia salariale" nel passato e nella propaganda politica odierna, ma l'abbozzo di proposta che viene fuori dal cocktail di esternazioni politiche recenti di chi vuole differenziazioni salariali non ha molto a che vedere con le vecchie gabbie salariali.

 

Se essa e’ una forma di indicizzazione del salario al costo della vita, questa reintrodurrebbe sotto altra veste la scala mobile.

 

Non sono d'accordo, si tratta di due problemi distinti.  La differenziazione salariale in base al costo della vita serve solo a determinare il rapporto numerico tra i salari, ad es., della prov. di Milano rispetto alla prov. di Agrigento. Tale rapporto evolvera' con i rispettivi costi della vita, ma questo non tocca necessariamente il valore assoluto delle retribuzioni.  Ritengo pertando non pertinente mescolare i due temi.

 

Quanto vale l’opportunita’ di vivere a Milano se si hanno due figli e quindi di risparmiare sul costo legato agli studi universitari presso una delle efficienti universita’ milanesi rispetto a quello che vive a Santa Maria di Leuca, e che pur con sacrifici puo’ mandare i figli a una universita’ scrausa del Sud?

 

Si tratta di domande non banali alle quali certamente non puo' dare risposta lo Stato, specie uno Stato di scadente qualita' come quello italiano.  Il meccanismo che consente probabilmente la stima migliore del valore di un territorio di residenza e' un mercato quanto piu' trasparente e aperto, quindi per esempio il livello delle retribuzioni risultanti da contrattazione locale nelle due localita'.  Date le enormi distorsioni politiche apportate dal contratti nazionali per pubblico impiego e grandi imprese, probabilmente il miglior indicatore del valore dei due territori si puo' ricavare dalle retribuzioni dei quadri medio-alti delle piccole e medie aziende locali, oppure da quelli dei professionisti (depurando dall'evasione).

 

Infatti, si avrebbe un fronte sindacale spaccato, con un effetto mediamente negativo sui salari, anzi una potenziale debacle per i salari, e un effetto positivo per i datori di lavoro, che vedrebbero aumentata la loro forza contrattuale.

 

Non sono d'accordo.  I sindacati "nazionali" contrattando salari uguali per tutti hanno l'effetto di dare salari reali superiori a chi e' meno produttivo e/o sopporta minori costi per vivere, e salari reali inferiori a chi e' piu' produttivo e sopporta maggiori costi.  Queste distorsioni provocano elevata disoccupazione a Sud e salari troppo esigui a Nord. Una contrattazione sindacale separata per aree geografiche consentirebbe di aumentare i salari (nominali e reali) delle aree piu' produttive e costose (come e' equo), e di diminuire i salari delle aree meno produttive e meno costose, aumentando l'occupazione e attraendo investimenti privati a Sud.

 

Inoltre, la storia insegna che una volta un sindacato si spacca, questo si indebolisce nel tempo (la forza relative dei settori cambia nel tempo) e non si riunifica piu’.

 

Quali sono gli esempi storici?  Se un sindacato rappresenta un'area economicamente omogenea, potrebbe essere sconveniente scomporlo. Peraltro, e' sempre meglio avere piu' sindacati in concorrenza, piuttosto che un monopolio sindacale, anche in un territorio omogeneo. Un sindacato che rappresenta con paraocchi ideologici e inesistente cultura di mercato territori profondamente diversi dal punto di vista economico e' di per se stesso un danno e uno svantaggio, come la storia di sottosviluppo economico del Sud Italia chiaramente insegna, e una sua scomposizione territoriale non puo' che essere utile.  Certo diminuirebbero i sindacalisti confederali con la villa o con le case di lusso affittate dagli enti previdenziali ad equo canone nel centro di Roma, situazioni pero' che nessuno rimpiangerebbe.

Caro Alberto (Bisin), torno a commentare la tua interpretazione delle proposte della LN in tema di differenziazione salariali che commenti nel tuo intervento, a mio parere inopportunamente perche' proposte serie e concrete da parte della LN non sembrano esistere, a parte un miscuglio di esternazioni non sempre coerenti.  Ho cercato su web di capire quale puo' essere il pensiero piu' autentico degli esponenti della LN sul tema, raccolto da media non sostanzialmente schierati politicamente come Corriere della Sera, La Stampa e Repubblica.

Credo che il riassunto piu' pertinente sia una recente notizia di agenzia Reuters. Mi sembra che quanto affermano gli esponenti della LN sia significativamente diverso da quanto commenti, che probabilmente riassume la (dis)informazione diffusa negli ultimi giorni dei maggiori quotidiani di proprieta' delle grandi industrie italiane.

 

... guardiamo alla sostanza, salari determinati contrattualmente in termini reali e non nominali, di questo sta parlando Calderoli.

Cosa significa salari determinati contrattualmente in termini reali? Significa che governo, sindacati, e confindustria aprono  un tavolo (si’, e’ ironico) e si accordano su un numero, diciamo il numero 8, intendendo con cio’ che il salario base a Biandrate  nell’anno 2010 e’ di 8 Euro all’ora. A Pizzo Calabro si costruisce quindi - con metodi predeterminati [...] – un indice dei prezzi p relativi a quelli di Biandrate.  E ogni lavoratore di Pizzo Calabro riceve un salario base nell’anno t pari a 8p. Ogni paese del Belpaese fa come Pizzo Calabro: [...]

E’ questa di fissare salari determinati contrattualmente in termini reali una procedura sensata? Non molto.

 

La LN non appare proporre nulla del genere per i lavoratori privati perche' cito: "Nel privato basta lasciare spazio al mercato." Quindi fra l'altro niente Confindustria sul tavolo. La LN piuttosto propone interventi dirigisti per i dipendenti pubblici (posizione comprensibile e non inadeguata, anche se la soluzione migliore sarebbe fare riferimento ai salari privati come negli USA, ma temo questa sia fantascienza per l'Italia e tutti i suoi partiti). Cito:

 

La Lega, però, fa capire che il vero problema è quello del pubblico impiego, retribuito allo stesso modo a prescindere dall'efficienza e dal costo della vita.

[...]

 

"La questione nel pubblico è più facile da trattare perché mansioni e attività sono più uniformi, è più facile fare paragoni del potere d'acquisto. Me è più complessa perché servirebbe ampliare anche la quota di contrattazione decentrata, al momento molto limitata. Nel privato basta lasciare spazio al mercato. Nel pubblico si deve prevedere un intervento normativo", dice il senatore.

[...]

Quanto ai parametri territoriali per la definizione dei livelli di reddito Garavaglia privilegia "il livello provinciale, più appropriato per raggiungere un'uniformità".

 

Su questo tema invito chi vuole approfondire a leggere il sondaggio effettuato da Ipr Marketing per Repubblica.  A riprova indiretta del fatto che il tema sia piu' importante per i dipendenti pubblici (come enfatizzato dalla LN) ben il 61% dei dipendenti pubblici in tutta Italia concorda sulla necessita' di parametrare i salari al costo della vita, mentre i privati sono contrari (avvertono che in buona misura i salari sono gia' parametrati, probabilmente).

 

In linea generale cosa pensa dell’ipotesi di adeguare i salari e gli stipendi al costo della vita nelle diverse zone d’Italia, cioe’ dare ai lavoratori stipendi piu’ alti dove il costo della vita e’ maggiore e piu’ bassi dove il costo della vita e’ minore?

Dip pubblici Dip privati Imp. /Autonomi Non lavoratori

Sono favorevole 61 32 43 49
Sono contrario  37 57 55 40
Senza opinione   2 11  2 11

Inoltre come gia' scritto il 70% degli abitanti del Nord e' d'accordo con "In linea generale cosa pensa dell’ipotesi di adeguare i salari e gli stipendi al costo della vita nelle diverse zone d’Italia, cioe’
dare ai lavoratori stipendi piu’ alti dove il costo della vita e’ maggiore e piu’ bassi dove il costo della vita e’ minore?".

In definitiva, non vedo reali problemi di consenso per queste proposte.  Le resistenze vengono da chi (praticamente tutti i partiti politici italiani) persegue primariamente un determinato genere di consenso: il consenso comperato con la spesa pubblica nelle aree economicamente povere, afflitte da sottosviluppo e disoccupazione (legale) e dove quindi i voti costano meno. A questi si aggiungono e  collaborano gli obnubilati da alcune ideologie fallite.

 

Il S. Bossi, nell'alta tradizione di "tirar el sas e sconder el braxo" nega che vi sia alcuna

proposta o di gabbia salariale o di introdurre un inno nazionale (o regionale) che sostituisca

"fratelli d'Italia"

si veda,

www.corriere.it/politica/09_agosto_17/bossi_inno_forzature_38dd0e14-8b11-11de-8977-00144f02aabc.shtml

Una domanda: perche' sono state abolite le gabbie salariali all'inizio degli anni 70? Perche' esiste il CCNL? c'e' qualche relazione con quanto scritto nel post?

Insomma, la questione non e’ come dice Calderoli, che a Pizzo Calabro  i prezzi son bassi e quindi dobbiamo diminuire i salari. Ma piuttosto che, a parita’ di salario,  i prezzi a Pizzo Calabro son bassi cosi' che non tutti emigrino a Biandrate. 

Ovvero, c'era una volonta' di frenare un emigrazione di massa che in quel tempo esisteva dal Sud al Nord ed era mal tollerata?