Introduzione
Una osservazione preliminare: è possibile che questo post risulti completamente inutile, dato che non è scontato che la Corte Costituzionale dichiari ammissibili i referendum. I promotori, a differenza di quanto fatto nel passato, puntano infatti all'abolizione integrale della legge Calderoli, affermando che in caso di sua abolizione viene ripristinata la disciplina elettorale precedente (la strategia dei promotori è spiegata qui). Come noto la Corte Costituzionale ha sempre posto tra i requisiti di ammissibilità dei referendum che si eviti il vuoto legislativo in caso di vittoria. La domanda fondamentale quindi è: l'abolizione integrale del porcellum implica o no il ritorno in vigore della legislazione precedente, il mattarellum? È una questione controversa, continuo oggetto di dibattito tra i costituzionalisti. Il giudizio di ammissibilità o meno dipenderà in sostanza da come la Corte risponderà alla domanda.
Non abbiamo molto da dire su questo tema, essendo le nostre competenze di diritto costituzionale abbastanza scarne. Ma è comunque divertente provare a ragionare un po' sugli effetti che verrebbero generati da un giudizio di ammissibilità del referendum. Le questioni da discutere sono di due ordini. Primo, cosa implicherebbe la nuova legge elettorale in termini di comportamenti elettorali. Secondo, quali conseguenze si avrebbero per il comportamento a breve termine degli attuali parlamentari. Qui il fatto chiave da tenere a mente è che una interruzione della legislatura comporterebbe il blocco del referendum e la celebrazione di elezioni con il vecchio sistema elettorale.
Gli incentivi nel caso del porcellum e del mattarellum
Esaminiamo dapprima come variano gli incentivi per le forze politiche e per i singoli politici sotto i due sistemi. Il porcellum è un sistema proporzionale con un premio di maggioranza per le coalizioni. Il fatto che, in ottemperenza al dettato costituzionale, il premio venga dato a livello regionale per il Senato, mentre è dato a livello nazionale per la Camera, complica il problema ma non altera gli incentivi di base.
Un'analisi completa sarebbe lunga e complessa, ma semplificando brutalmente gli incentivi sotto il porcellum sono i seguenti. Per quanto riguarda le coalizioni, in caso di esito incerto si cerca di costruire le coalizioni più ampie possibili. Questo è ciò che accadde nel 2006. Nel caso invece sia abbastanza chiaro chi sarà il vincitore, il nucleo della coalizione vincente cerca di formare una coalizione la più piccola possibile, mentre i presunti perdenti non hanno molto interesse a formare coalizioni ampie. Questo è ciò che accadde nel 2008: il centrodestra, presunto vincitore, lasciò fuori l'UDC (che ci si attendeva non essere determinante per la vittoria) in modo da massimizzare i seggi per i partiti nucleo della coalizione, PdL e Lega. A sinistra il PD scelse di non allearsi con l'estrema sinistra e con i rimasugli del partito socialista. Dato che ci si aspettava la sconfitta la scelta era razionale e permetteva di massimizzare i seggi; la debacle elettorale dei bertinottiani rese la scelta particolarmente felice. Il porcellum fornisce però un ulteriore incentivo alla frammentazione interna alle coalizioni. Infatti i seggi all'interno delle coalizioni vengono distribuiti in modo proporzionale e con una soglia minima bassissima (il 2%, o anche meno grazie alla ''regola Mussolini'', per la Camera). Esiste quindi un forte incentivo, per qualunque politico o gruppo di una certa riconoscibilità, a costituire il proprio partito. Ne deriva addizionale visibilità sia durante la campagna elettorale sia successivamente nella legislatura (l'immagine dei vari nanerottoli che partecipavano alle consultazioni per il nuovo governo fornisce un buon esempio di ciò). Gli incentivi alla frammentazione persistono anche dopo le elezioni, come è apparso chiaro in questa legislatura che ha visto una costante disgregazione del blocco vincente, solo in parte limitata dall'aggressiva e indecente campagna acquisti messa in atto per mantenere la maggioranza berlusconiana. L'attività frazionistica ha infatti chiari benefici di breve periodo e può essere punita alle elezioni successive, mediante l'esclusione dalle coalizioni, solo se non esiste molta incertezza sul risultato. In caso di risultato incerto la spinta a costruire la coalizione più ampia possibile tende a prevalere su altre considerazioni.
Gli incentivi con il mattarellum sono differenti. Si tratta di un sistema misto, con la principale parte dei seggi assegnata mediante il maggioritario all'inglese e una parte residua assegnata con un sistema proporzionale con soglia di sbarramento. In principio il maggioritario all'inglese spinge per la semplificazione del quadro politico, favorendo la formazione di due partiti principali, la cosidetta legge di Duverger. In realtà questo meccanismo di semplificazione sembra aver funzionato bene, portando al bipartitismo, solo negli USA. Altrove ha senz'altro garantito un numero di partiti inferiore che nei sistemi proporzionali, senza però arrivare al bipartitismo perfetto
In Italia la presenza di partiti con identità fortemente stabilite e l'esistenza di una significativa componente proporzionale hanno ostacolato ulteriormente il dispiegarsi degli effetti della legge di Duverger. Nell'esperienza storica italiana quindi il mattarellum non ha condotto al bipartitismo. Nelle 3 elezioni tenute con questo sistema, la prima (1994) fu abbastanza bizzarra e, in un certo senso, ''sperimentale''. Nel 1996 ci fu frammentazione sul lato destro dello schieramento, con la Lega Nord che scelse di andare da sola anche nella parte maggioritaria. Nel 2001 invece la frammentazione si verificò più sul lato sinistro: Di Pietro e i radicali andarono per conto loro, rifondazione fece un patto di desistenza alla Camera ma non al Senato, e comparve anche una lista separata di centro (Democrazia Europea, di ispirazione cislina). La coalizione di centrodestra invece si ricompattò. Ciò detto, credo sia lecito dire che una qualche spinta alla semplificazione e unificazione sia stata esercitata dal mattarellum. Un aspetto di una certa importanza è che la componente maggioritaria impone un grado di coordinamento ex ante tra i partiti della stessa coalizione molto più forte che nel caso del porcellum. Occorre infatti mettersi d'accordo tra partiti sui nomi dei candidati (e dei vincitori, dato che in molti casi è facile predire quale schieramento prevarrà in un dato collegio elettorale), mentre con il porcellum ogni partito presenta il suo simbolo e sceglie i propri candidati (e probabili vincitori). Questo fatto, storicamente, ha teso a penalizzare soprattutto il centrodestra al nord, dove gli elettori leghisti hanno mostrato una certa riluttanza a votare candidati di altri partiti. Ma, da questo punto di vista, è difficile dire se il passato sarà una buona guida per il futuro. Sia che il PD si presenti alle prossime elezioni in coalizione con SeL e IdV, sia che si presenti con il terzo polo, ci saranno probabilmente più tensioni che nel passato per i potenziali elettori di tale schieramento. A seconda della strategia di alleanze adottata, si rischia in alcuni collegi di dover chiedere agli elettori del PD di votare per un ex AN, o agli elettori di SeL di votare un ex democristiano ora nel PD; non è banale, e quindi è perfettamente possibile che la reintroduzione del mattarellum crei problemi anche su tale lato dello scacchiere politico.
Un paio di punti secondari. Primo, per la Camera, parte proporzionale, il mattarellum ha una soglia di sbarramento del 4%, mentre il porcellum ha una soglia del 2% per i partiti alleati alle coalizioni principali. Quindi il mattarellum riduce un poco il potere contrattuale dei partitini, che rischiano più facilmente di restare senza rappresentanza (ossia, senza una poltrona parlamentare per i leader) se non accettano l'alleanza con i partititi più grandi. Secondo, uno dei lati più odiosi del porcellum è la carta bianca che viene data ai leader dei partiti per la determinazioni di chi viene eletto. Rendendo la fedeltà al leader il modo più semplice ed efficace per fare carriera, tale meccanismo contribuisce a un'evoluzione dei partiti come forma ''di proprietà personale''. Quanto è differente il mattarellum? La verità è che, almeno nella sua esperienza storica, anche il mattarellum dava un grosso potere ai vertici dei partiti nella selezione del personale parlamentare. Questo era ovvio nel caso della componente proporzionale (che era a lista chiusa, quindi indentica al porcellum), ma anche nel seggi assegnati nei collegi uninominali era abbastanza comune spostare i candidati tra diversi collegi, premiando i fedeli con collegi sicuri. L'unico vincolo era che i candidati andavano negoziati tra i partiti della coalizione. Su questo però l'esperienza storica può non essere rappresentativa del futuro. Se, ed è un grosso se, nel centrosinistra si affermerà in modo deciso il meccanismo delle primarie (che è molto più facile da usare per i collegi uninominali che per le liste proporzionali) allora il meccanismo di selezione del personale si modificherà radicalmente. E se ciò avviene per il centrosinistra, è difficile immaginare che nulla succeda dall'altra parte.
L'analisi di cui sopra è ovviamente tagliata con l'accetta, e non è difficile portare esempi che apparentemente la contraddicono. La prima elezione con il mattarellum, avvenuta nel 1994, mostrò una pattern abbastanza irrazionale, con Forza Italia alleata alla Lega contro AN al nord e invece alleata con AN al sud, e una sostanziale ma minoritaria componente ex democristiana che scelse di non allearsi con nessuno dei due schieramenti principali (con predicibili risultati disastrosi nella parte maggioritaria). Fu probabilmente la conseguenza della caotica ricomposizione del quadro politico che stava accadendo in quel periodo, oltre che della totale inesperienza da parte dei politici con sistemi elettorali non proporzionali. Allo stesso modo, la confluenza di AN in Forza Italia, con la formazione del PdL, parve strana e innaturale dati gli incentivi alla frammentazione forniti dal porcellum (e infatti non durò). Forse a Fini fu promessa la successione alla leadership, o forse fu semplicemente un errore. È ovvio che nelle scienze sociali non possiamo attenderci lo stesso livello di accuratezza delle sciente fisiche.
La via al referendum. Cosa cambia per il governo Monti?
Alla luce dell'analisi precedente, cosa cambierebbe l'ammissibilità del referendum per le prospettive del governo Monti? Non molto; si aggiungerebbe un ulteriore tassello a una situazione già assai complicata. Un paio di settimane fa Giulio ha spiegato perché la ''fase due'' appare abbastanza perigliosa per il governo. La situazione al momento è la seguente. Il governo ha, inevitabilmente, iniziato a introdurre una serie di provvedimenti impopolari necessari a bloccare la crisi di fiducia e arginare la deriva dei conti pubblici. Nonostante perfino Monti abbia preso a parlare di ''conti in sicurezza'' (e mi chiedo veramente se sia stato saggio usare un'espressione così squalificata) è chiaro che la crisi non è affatto risolta e che nuovi provvedimenti impopolari sono probabili. Questo vale per qualunque governo prenda le redini del paese. I due principali partiti, consci di questo, preferiscono l'armistizio del governo tecnico, lasciando che sia esso a fare il lavoro sporco e sperando di rifuggire dalla perdita di consenso che la stretta finanziaria induce e indurrà. I due partner minori, Lega Nord e IdV hanno razionalmente deciso di stare all'opposizione. Botte piena e moglie ubriaca: si lascia votare ad altri i provvedimenti impopolari, che si sa essere necessari, cavalcando la protesta popolare; un classico del free riding.
La decisione se far continuare o meno il governo Monti è sostanzialmente in mano a Bersani e Berlusconi. Al momento i sondaggi danno il centrosinistra in deciso vantaggio ma, abbastanza paradossalmente, questo non implica necessariamente che tra i due sia Bersani quello che ha più fretta di andare alle urne. Per il momento il PdL sembra soffrire di più la fronda leghista, per cui potrebbe decidere di andare rapidamente al voto (pur sapendo di perdere) per evitare un riequilibrio a proprio sfavore dei rapporti di forza nel centrodestra. Staccare la spina a Monti, perdere le elezioni e poi opporsi con durezza a un governo di centrosinistra che, inevitabilmente, seguirà una politica di rigore finanziario (e, meno inevitabilmente ma quasi sicuramente, lo farà esclusivamente sul lato delle entrate) può apparire una opzione vantaggiosa. In sostanza, una riedizione del biennio 2006-2008.
Con l'ammissibilità del referendum per il PdL l'opzione elettorale diventerebbe più attraente. Oltre alle ragione precedemente dette, il voto anticipato a primavera consentirebbe di votare con il porcellum, evitando soprattutto i mal di pancia leghisti per la parte uninominale. In sostanza, un elemento di incertezza in più, in una situazione che già appare abbastanza confusa e caotica.
Se il referendum fosse ammesso la situazione diverrrebbe molto complicata: per questa ragione penso che la CC lo boccerrà (considerazioni politiche e non legali)
E forse ancora più complicata di come l'ha descritta Sandro che, in caso di elezioni, ha ignorato un nuovo possibile attore: il governo Monti o perlomeno pezzi (tipo Passerà).
Dipenderà se si schiererà con uno degli schieramenti classici o se giocherà la partita in proprio: in questo caso vedremo quasi certamente prendere il premio di maggioranza con il 30% o poco più di voti : un vero obbrobrio.
Se come molti dicono Passera sarà scelto come suo successore da Berlusconi sarà dura per la Lega, dovesse correre con il PD lo disintegrerebbe: la cosa più probabile sarà a mio avviso la scelta del centro che aggregherebbe anche i cattolici del PD e la componente CL del PdL. In questo caso ci eravamo preoccupati per niente: moriremo tutti democristiani.
Per cambiare la legge elettorale la scusa fu che il 25% proporzionale non era bello; soluzione all'italiana: il 25% è divenuto il 100%.
E' vero che anche con il matarellum i segretari dei partiti possono scegliere gli eletti ma nella gara uno contro uno non possono concedersi il lusso di candidare persone impresentabili e questo è già qualcosa.
Inoltre al Senato lo stallo è più difficile in quanto i senatori sono eletti uno ad uno in collegi più piccoli. Per la Camera le circoscrizioni sono divise in collegi per cui territori limitati, non in linea con l'orientamento prevalente della circoscrizione, possono esprimere la loro diversità che sarebbe persa nel calderone della circoscrizione.
Aldo, sono d'accordo con te che la situazione è ancora più complicata di quanto descritto nell'articolo. Ho ignorato non solo le possibili ambizioni di forze centriste, ma anche le lotte interne ai due partiti principali, PD e PdL. Entrambi, a mio avviso, rischiano di esplodere in pezzi, e le differenti fazioni hanno interessi differenti sia rispetto alla durata del governo Monti sia rispetto alla legge elettorale.