Egregio Professor Brusco,
ho letto con molto interesse il suo post su nfa riguardo l’articolo di Rodotà “Se le banche lanciano i bond della morte” su laRepubblica dell’8/2/2012. Ho letto ma non apprezzato i contenuti (se non in parte) e soprattutto i toni!
La leggo come uno dei più informati, precisi e soprattutto equilibrati tra tutti coloro che scrivono, a vario titolo, su nfa, ma, francamente, per quello che può valere per lei il mio giudizio, devo dirle che ha avuto una caduta di stile. Leggendo il suo articolo mi è venuta in mente Maristella Gelmini che a Ballarò di qualche mese fa insulta Rodotà e le giuro non è una bella associazione.Nel merito, per quello che vale la mia lettura dell’articolo di Rodotà, il giurista vuole, sulle pagine di un giornale che ormai rassomiglia più a “Novella2000” che a “The Economist”, sviluppare un concetto suo fondamentale, cioè che la dignità umana (e alcuni diritti ad essa collegati) ha un valore intrinseco superiore, superiore innanzitutto alla convenienza da calcolo economico in particolare laddove esso è fatto per speculazione. E’ un’idea che pervade il pensiero di molti filosofi (da Nozick a Parfit, da Rawls a Sen, solo per citarne alcuni che Rodotà conosce bene) che hanno ispirato grandi (per contenuti e volumi) filoni di ricerca per economisti (ma questo credo che lei lo sappia meglio di me). Per sostenere, la sua tesi Rodotà non utilizza quel risultato da JET [Journal of Economic Theory, ndr], quel modello da AER [American Economic Review, ndr] o l’evidenza posta in essere su JPE [Journal of Political Economy, ndr], ma, nei limiti di un articoletto di giornale, richiama delle fonti giuridiche (sentenza X, articolo Y della Costituzione ecc.), il tutto in maniera pacata, senza insultare e dare dell’imbecille a nessuno.
Pertanto mi sarei aspettato (ma quello che mi aspetto non è quello che dovrebbero fare gli altri e a maggior ragione lei, lo premetto prima di prendermi anch’io dell’imbecille e del moralista paternalista sciocco) che lei precisasse (e l’ha fatto) qual è la valenza e la ratio (if any) di un simile prodotto finanziario, evidenziando come dal punto di vista economico è possibile fare delle considerazioni “positive” diverse da quelle nell’articolo. Magari inviando il suo pezzo a Rodotà, invitandolo ad un confronto costruttivo tra giurista e economista e non ad una gara di sberleffi unilaterali.
B. Brecht scrive “Ladro non è chi rapina una banca, ma chi la fonda”. Vogliamo processare Brecht perché misconosce il valore delle banche in un’economia cosiddetta capitalistica di mercato? Gli vogliamo dare del deficiente, ignorante e razzista (nei confronti dei banchieri) perché non conosce “teoria della finanza”? O accusarlo di istigazione di reato?
Senza voler fare il difensore d’ufficio di Rodotà, che si sa difendere molto bene da solo, ma chi per sostenere le proprie tesi si abbandona al ludibrio degli altri automaticamente vanifica la fondatezze delle proprie ragioni e richiama una clac di persone che riescono solo ad apprezzare l’aggressione come strumento dialettico di confronto.
Mi rincrescerebbe se lei valutasse questa mia come polemica, perché il mio scopo è pro-positivo di invito “… a non dimenticare la gentilezza” (B. Brecht). Grazie in anticipo per l’attenzione,
Distinti Saluti
Grazie delle lettera e degli apprezzamenti. Dissento tuttavia sia sull'interpretazione dei fatti sia sulla utilità di usare eccessive premure in presenza di argomenti bislacchi. Al contrario, credo che reagire con durezza alle sciocchezze dette da persone che, chiaramente, conservano notevole (e per me inspiegabile) rispetto intellettuale sia un dovere. Ma andiamo per ordine.
Cominciamo dal dissenso sui fatti, su cui spero si possa arrivare più facilmente a un accordo. Il lettore afferma che Rodotà ha espresso i suoi argomenti ''in maniera pacata, senza insultare e dare dell’imbecille a nessuno''. Infatti non ha dato dell'imbecille. Ha solo detto che i dirigenti di Deutsche Bank hanno ''superato ogni limite'', che con il loro comportamento hanno ''violato la dignità umana'' ed ha proceduto a costruire un parallelo tra la pratica nazista di considerare gli ebrei come non-persone e la pratica di usare l'informazione medica su 500 americani per costruire un prodotto finanziario che limiti le possibili perdite delle assicurazioni sulla vita in caso di aumento inatteso della mortalità. A me questa tecnica argomentativa sembra tutt'altro che pacata. Mi ricorda invece molto da vicino la performance di un certo presidente del consiglio al parlamento europeo, che suggerì un deputato tedesco per il ruolo di kapò in un film sul nazismo. Certo, il linguaggio del palazzinaro divenuto statista è diverso da quello del pomposo giurista-moralista che attribuisce patenti di dignità. La sostanza, purtroppo, a me pare drammaticamente identica
Veniamo ora al nocciolo dell'argomentazione. Sì, in effetti sono cosciente dell'esistenza di un dibattito filosofico sull'opportunità di proibire transazioni volontarie (sottolineo, volontarie) in nome della dignità umana. È un dibattito difficile e complicato e che rischia sempre di porre la società su un terreno assai scivoloso, per due problemi. Il primo è che non sempre è ovvio definire la dignità umana e stabilire come proteggerla.Si pensi al commercio degli organi. Cosa è più dignitoso, impedire che una persona sana possa vendere il proprio rene o permetterlo e salvare una vita umana? Risposta difficile, che non mi azzarderò a dare senza conoscere molto meglio la questione. Il secondo problema è che una volta che apriamo le porte al divieto di transazioni volontarie in nome di un bene supremo, esiste il molto vivo rischio pratico che tale bene supremo venga usato come scusa per imporre una dittatura della maggioranza e per violare i diritti individuali. Immagino che la cosa risulti molto chiara in altri ambiti. Molta gente, meno che nel passato ma probabilmente ancora in maggioranza in molti paesi, ritiene indegni e abominevoli i rapporti omosessuali. Invocando la dignità umana si può quindi decidere di mettere in galera chi ha un partner dello stesso sesso, o comunque di rendergli la vota difficile. Sono certo che Rodotà inorridirebbe di fronte a tale prospettiva, ma sembra non rendersi conto che esiste una stretta continuità tra il moralista che vuole raddrizzare a suon di circolari e decreti i costumi sessuali del paese e il moralista che, con gli stessi strumenti, pretende di stabilire quali transazioni commerciali volontarie siano ammissibili.
Tutto questo non porta alla conclusione che in nessun modo si può vietare una transazione volontaria in nome della dignità umana. Porta però alla conclusione che chi propone siffatta misura ha l'onere della prova, e deve quindi spiegare in modo molto convincente come si superano le due obiezioni sopra accennate. Ossia, perché quella particolare transazione viola la dignità umana? E come possiamo assicurarci che il divieto di quella transazione venga attuato in modo corretto, quando le istituzioni sono governate da persone che sono come minimo fallibili (e nel caso italiano, di solito molto peggio)?
Rodotà non fa nulla di tutto questo e ritiene di non aver alcunché da provare. Parte dall'assunto che scommettere sulla vita delle persone è cosa abominevole e la sua soluzione è quella di vietare i contratti di questo tipo. Come ho spiegato nel mio articolo, l'unico modo di rendere coerente questa posizione è quella di vietare del tutto sia le assicurazioni sulla vita sia i fondi pensioni. La posizione è talmente assurda che, alla fine, se ne deve essere accorto perfino Rodotà.
Esiste infatti un seguito a questa storia. Franco Debenedetti sul suo sito ha anch'egli criticato (con toni molto più soffici dei miei) Rodotà, fornendo inoltre un link al mio articolo. Rodotà ha risposto sul sito di Debenedetti, fornendo l'interpretazione autentica del suo pensiero. Il titolo della risposta è ''Quel sottile confine della dignità umana''. Si comincia con una buona razione di boria, riconoscendo i ''colti riferimenti di Franco Debenedetti (ai quali potrei aggiungerne almeno una decina)''. Come è colto lei, signor giurista, che si è studiato tutte le varianti del contratto assicurativo dal medioevo a oggi. Avesse magari dedicato un po' di tempo anche a capire la ratio economica dell'attività di assicurazione eviterebbe di prendere cantonate. Ma tirem innanz. Dopo la boria, dicevamo, arriva l'interpretazione autentica, ossia la spiegazione di perché il fondo ''db Kompass Life 3'' viola la dignità umana mentre il fondo ''db Kpompass Life 2'' era tutto una delizia. Riporto il pezzo rilevante. Nel caso del Kompass Life 2
si trattava di azioni che aveva come oggetto un “titolo” (con una qualche parentela con i casi ricordati da Debenedetti). I nuovi bond invece operano in presa diretta sulla vita delle persone, così parificate a un titolo astratto o a una delle tanti merci sulle quali si scommette attaverso i più vari strumenti finanziari. Si tratta, come si usa dire, di un vero cambio di paradigma qualitativamente significativo.
Fatemi spiegare di nuovo il ''cambio di paradigma'', come immaginato dall'insigne giurista. Nel caso del Kompass Life 2 si va in giro per le case a comprare contratti di assicurazione sulla vita che gli originali detentori sono disposti a vendere. Le polizze, ormai staccate dallo stipulante iniziale, vengono conferite a un fondo che continua a pagare i premi per mantenerle attive e che incassa il compenso in caso di morte dello stipulante originario. Secondo Rodotà tutto questo non viola la dignità umana, cosa su cui non si può che essere d'accordo. Ma la ragione per cui non la viola è misteriosa: perché il fondo ha per ''oggetto un titolo''. La dignità umana invece viene gravemente violata da Kompass Life 3, che fa esattamente la stessa cosa del Kompass Life 2 ma con maggiori informazioni e senza l'ingombro di dover cercare gente che ha già un contratto di assicurazioni. In tal modo, apparentemente, si varca il confine della dignità umana, che perlomeno ora Rodotà ammette essere ''sottile''. Domanda per Rodotà: se, anziché semplicemente chiedere alle persone incluse nel campione statistico il permesso, DB avesse loro fatto firmare un contratto in cui simultaneamente acquisivano una assicurazione sulla vita e la rivendevano a DB, la linea si sarebbe oltrepassata? In tal caso il titolo materiale, l'assicurazione sulla vita, che apparentemente garantiva la dignità umana nel fondo precedente sarebbe esistito. Ma, palesemente, si sarebbe trattato esattamente della stessa cosa. Francamente, è un argomento farsesco.
L'interpretazione più benevola che posso dare della vicenda è che Rodotà si è fatto prendere da un moto d'indignazione, simile a quello che prende l'anziano non particolarmente illuminato che vede due uomini baciarsi, e che abbia reagito di getto. L'anziano scarsamente illuminato molesta con i suoi rantoli il malcapitato che ha la sfortuna di sedere al suo fianco al bar. Rodotà invece pubblica i suoi sfoghi in prima pagina su Repubblica. Quando qualcuno gli fa notare che ciò che dice è assurdo, si esibisce nel più spettacolare azzeccamento di garbugli, inventando sottili linee che generano giganteschi cambi di paradigma e che, ovviamente, solo lui nella sua infinita saggezza è in grado di identificare.
Se fosse solo questo però, la bizza di un intellettuale abituato a dir quello che gli pare senza riflettere troppo, la vicenda non avrebbe meritato l'attenzione prestata. La ragione per cui invece rispondere con durezza era necessario sta nell'ultimo pezzo dell'articolo, quando il nostro si lancia nella tirata contro ''la considerazione tutta efficientistica del lavoro'' che consegna le vite degli individui ''alla logica della merce''. Al di là della bizza, questa è purtroppo la spia del modo di pensare non solo di Rodotà ma di una parte importante delle classi dirigenti italiane. Se il significato di queste considerazioni non vi è chiaro, permettetemi di spiegarle. Rodotà rivendica un programma politico in cui una casta di mandarini illuminati decide cosa i cittadini possono fare e cosa no, almeno in campo economico. La sua lettura della situazione italiana, che non è affatto isolata ed è al contrario assai diffusa, è che il principale problema sta in un ecceso di libertà economica, che permette a tutte le peggiori nefandezze di esplicarsi. Per rimediare a tale situazioni, gli illuminati giuristi devono scrutare con attenzione le linee sottili che, a loro insindicabile giudizo, non vanno varcate, facendole diventare autentiche ed impenetrabili barriere. In questo caso per fortuna è diventando immediatamente evidente quanto ridiicola e arbitraria fosse la linea di demarcazione adottata per stabilire, addirittura, la violazione della dignità umana. Ma non è sempre così.
Questo modo di ragionare fa danni. L'economia non cresce da più di un decennio, ci sono pesanti e sempre più insopportabili disuguaglianze e una continua restrizione delle opportunità per le generazioni più giovani. Però per Rodotà, e tanti altri, la priorità non è riattivare il processo di crescita e aiutare tutti ad avere più opportunità. No, il problema casomai è restringere le opportunità, andando a caccia di quei contratti che, a suo insindacabile e ai più incomprensibile giudizio, violano la dignità umana Visto che nella lettera si è citato Brecht, mi permetto un'altra citazione popolare nel pubblico di sinistra: continuiamo così, facciamoci del male.
Quindi no, non mi pento dei toni usati. È estremamente importante in questo momento smascherare l'arretratezza culturale e intellettuale di persone che, come Rodotà, hanno una enorme risonanza nell'opinione pubblica, specialmente di sinistra, svolgendo una operazione analoga a quella che abbiamo effettuato con Tremonti. E poi, diciamocelo: da sempre è la vacca sacra quella che produce gli hamburger più gustosi.
Io avrei aggiunto pure che una delle caratteristiche piu' dannose della classe dirigente italiana è proprio la deferenza a 360° verso gli "intellettuali", con particolare attenzione verso i "venerati maestri". Bisognerebbe spiegare ogni tanto che una sana dose di "ma cosa c@22o sta dicendo???" è utile (1) a far capire ai lettori meno informati l'entità della castroneria (2) a ridurre il rischio di castronerie (effetto reputazionale, che con un "caro lei, trovo talune fallacie nella sua pur deliziosa prosa" sarebbe senza dubbio minore) in futuro (3) a far capire ai terzi che il dibattito culturale non deve essere fatto di retorica e di orpelli: è meglio esprimere un concetto con 3 parole che con 30.
Mi associo!