Cari Deportati,
non possiamo più tacere davanti allo scempio perpetrato dalla tirannide Renziana, dettagliato in questa accorata epistola - per i pochi che ancora fossero all'oscuro del dramma nazionale. Nei confronti d'una tale violenza è necessario esprimere tutta la solidarietà e simpatia del caso; scrivo simpatia non a caso, poiché tutti quelli che hanno fatto il classico sanno ben soffrire, insieme con chi vive di cultura.
Qualche stralcio della summenzionata epistola aiuterà a comprendere la gravità della situazione e l’entità della posta in gioco.
Stai letteralmente deportando da una parte all’altra dell’Italia decine di migliaia di persone. Per la grande maggioranza madri di famiglia, tra i 40 e i 55 anni, con 20 anni di anzianità, con figli piccoli, che in passato non erano emigrate, non per pigrizia ma per condizioni familiari che rendevano impossibile l’emigrazione.
Tu, invece, li hai messi di fronte ad un out-out o in ruolo oggi o mai più. Stavano meglio quando erano precari.
E le lacrime dei nostri figli che piangono e piangeranno per la partenza della loro mamma come li ripareremo? Come spiegargli tutto questo?
Ovviamente tutto questo non porta alcun vantaggio nè alle scuole nè agli alunni, perché le persone continuano a ruotare e il sistema è sempre più instabile…
Avete pochi giorni per porre rimedio a questa sciagura, altrimenti stai sereno, almeno fino a Ottobre.
Siamo di fronte ad una battaglia culturale che come tale va combattuta.
La scuola è il posto dove lavorano i professori, serve a dare reddito ai professori e possibilmente deve darglielo vicino a casa. Casa non è dove vai a vivere perché lì hai il lavoro che ti sei scelto ma il posto dove sei nato e cresciuto e dove ci sono gli "amici" e le "conoscenze" che, senza amici e conoscenze del borgo natio, un essere umano non è nulla, specialmente se italiano.
Quelli che si preoccupano della qualità e della quantità di formazione sono degli aziendalisti ottusi, gente che avrà fatto la ragioneria o, al più qualche istituto tecnico. Se la perfida Albione studia Singapore per capire come insegnare la matematica è perché non ha storia, non ha tradizioni e men che meno cultura. Chi va cianciando di analfabetismo funzionale o di test pisa non riesce a cogliere il carattere incommensurabile della cultura e, ancora una volta, si perde dietro beghe mediocri da ragionieri fantozziani: lasciamo che i conti della serva li facciano le serve (anche Totò, fulgido esempio di acculturato classico, in tempi non sospetti ci spiegava a cosa servono le serve).
Dunque: che la buona scuola torni alla sua strada maestra di impiegare vicino a casa quelli che hanno avuto il merito di conseguire una laurea e di superare un concorso. Se questo richiede qualche correttivo geografico nella distribuzione della popolazione e delle scuole, lasciamo ai tecnici tali beghe di bassa lega. Solo allora, ritornati all’equilibrio naturale delle cose, torneranno anche i voti dei professori che altrimenti potrebbero indirizzarsi altrove ed andare a riveder le 5 stelle. A buon intenditor poche parole e chi non intende verrà punito nel segreto dell’urna secondo le regole del contrappasso.
La buona scuola deve garantire un congruo stipendio e non chiedere spiegazioni, valutazioni né men che meno prestazioni straordinarie agli apostoli della cultura: qualcuno si è mai azzardato a chiedere un piano formativo ad Aristotele o a Platone? Forse somministravano test pisa ai frequentatori del peripato di Atene? Se dio ci avesse voluto sottoporre a valutazioni ci avrebbe creato ragionieri e ci avrebbe negato la luce della cultura.
Una volta restaurato l’ordine del mondo con i politici che assumono dove gli elettori voglion essere assunti (mica dove i burocrati asseriscono servano lavoratori), coi professori che lavorano quanto, come e dove è giusto, e di conseguenza votano per il buon partito, ci si può anche occupare dei barbari nemici della cultura.
Qualcuno, anche nella scuola, in passato ha fatto armi e bagagli e si è trasferito per lavorare lontano da casa pur di avere la possibilità di lavorare? Costoro saranno perdonati poiché non sapevano quel che facevano.
C’è gente che si trasferisce tutti i giorni per lavorare, assoggettandosi a vincoli di risultato, per lavori dai quali può essere licenziato e presso imprese che possono, chiudere, fallire, delocalizzare? Aveva già risposto Orazio a suo tempo: Odi profanum vulgus, et arceo.
Sembra che per qualche arcano motivo si stiano esaurendo i fondi per mantenere l’antico patto in base al quale tu voti il partito nazionale (quello del momento) e il partito ti garantisce posti pubblici e pensioni sufficienti a mantenere la pace sociale? Non è affare di chi si occupa di cultura: i soldi li stampassero, se li facessero prestare, la smettessero di evadere (che tanto è il la radice di tutti i problemi) ... alle brutte una bella patrimoniale sui ricchi plucrati e si risolve tutto.
Cari Deportati, come detto fin dall’inizio è una battaglia di civiltà sia perché è scontro di culture (rectius: della Cultura contro le Inculture barbare) sia perché è battaglia per la cultura nell’accezione più nobile:
- da un lato la cultura di chi vuol insegnare sotto casa (come sotto casa lavora il vigile, il messo comunale e la guardia forestale) si contrappone all’incultura di chi vorrebbe spedirli dove c’è bisogno di loro (l’uomo colto dev'essere superiore a questi bassi criteri mercatisti).
- dall’altro occorre combattere per la cultura che da millenni è patrimonio e appannaggio del nostro paese, che non accetta giudizi e misurazioni esterne e, men che meno, valutazioni di convenienza.
Non bisogna cedere alla degenerazione, tutta contemporanea, di chi è ossessionato dalla necessità di produrre cose utili o che addirittura vorrebbe piegare i nobili fini della buona scuola ai miserabili accidenti geografici di come sono distribuite le classi dove insegnare. La vera problematica di fondo, come è noto, è ben altra: abbiamo vissuto per millenni di cultura e continueremo a farlo standocene a casa nostra! Non cederemo al ricatto della tirannide renziana e delle sue logiche aziendaliste, liberiste e filoamerikane, quando non filogermaniche.
Beh se è un out-out allora... chiedo a chi può essere più esperto di me, possibile che non ci sia un modo di risolvere il problema prima che si crei? Tipo che il posto da vincere non è su una lista nazionale ma per una precisa scuola target? Così partecipa solo chi è disposto a lavorare lì. Magari dopo x anni si rivaluta se quel posto serve ancora
Era noto ex ante ai partecipanti che ci potesse essere assegnazione a sede lontana da casa ed è stato dato un anno per attrezzarsi.
Ad oggi chi ha cambiato idea e non vuol più il posto può rinunciare. Chi non vuol rinunciare si tiene il disagio per cui ha avuto tempo di prepararsi. Il pezzo era ironico per sottolineare la retorica intorno ad un problema inesistente.
2. L'accesso al ruolo nella scuola avviene con 2 canali: graduatorie a esaurimento (GAE) e Graduatorie di Merito (GM) dell'ultimo concorso
3. Le GAE sono provinciali: se sei dentro hai diritto a posto di ruolo in provincia per scorrimento
4. Le GM sono regionali: se sei dentro hai diritto a posto di ruolo in regione per scorrimento (ma scadono dopo 3 anni)
8. La maggiorparte dei docenti (60'000 su 100'000) pur non essendo disposti a partire hanno comunque presentato domanda da un lato per paura di non poter più lavorare dall'altro pensando "intanto mi becco il ruolo, poi per il resto proveremo a sistemare le cose in qualche modo per evitare il trasferimento"