Il quadro generale
La posizione della Grecia all'interno della moneta unica si gioca su un sottile equilibrio di due elementi: il tempo e la fiducia.
Da un lato, vi è il riconoscimento unanime che il paese ha bisogno di tempo per mettere a posto i propri conti, per riformarsi e per ricominciare a crescere. È proprio a fronte di tale riconoscimento che si giustificano i prestiti con scadenze lunghe e tassi bassi che, ormai da cinque anni, la Grecia riceve dall'Europa e dal Fondo Monetario. Si tratta dunque di guadagnare tempo e creare spazi di manovra per il governo attraverso la relativa tranquillità garantita da un “prestito ponte” a condizioni favorevoli. E qui entra in gioco il secondo elemento, cioè la fiducia.
Il “ponte finanziario” è un progetto, che richiede fiducia. La fiducia riguarda, innanzitutto, l'effettiva possibilità che il ponte, se eseguito come da progetto e se il progetto era stato fatto bene, possa effettivamente stare in piedi. Nel caso delle Grecia, il ponte starà con successo in piedi al momento in cui il paese riuscirà di nuovo a finanziarsi da solo sul mercato internazionale. La fiducia riguarda anche un altro fattore cruciale, cioè la volontà e capacità del governo greco, che è l'esecutore, di portare davvero a termine il progetto. Se salta la fiducia nella volontà e nella buona fede dell'esecutore salta anche il finanziamento, e con esso il ponte.
Tsipras ha vinto le elezioni greche promettendo ad un elettorato entusiasta di voler rinnegare le basi del prestito ponte firmato dai precedenti governi. Per usare un eufemismo, diciamo che non partiva bene in quanto a fiducia. Ma, si sa, le elezioni sono le elezioni. Era l'epoca in cui dall'Italia partivano le autobattezzate “brigate Kalimera” della sinistra di opposizione italiana (Fassina, Civati, Vendola...), in viaggio studio per imparare come replicare anche in patria una “primavera greca”.
Passate le sbornie della vittoria, Tsipras ed il nuovo ministro delle finanze Varoufakis si sono però ben presto trovati di fronte all'amara realtà. La situazione finanziaria del governo greco è fragilissima e il prestito ponte è necessario per evitare il collasso al paese. Inoltre, la situazione di bilancio è stata nel frattempo gravemente peggiorata proprio dalla campagna elettorale della "primavera greca", caratterizzata da slogan irresponsabili quali “toglieremo la tassa sulla casa” (vi ricorda qualcosa?). In un paese da sempre dedito all'evasione le promesse di Tsipras hanno suonato come un “tana liberi tutti”. Risultato: il gettito fiscale è crollato. A quanto pare anche per i contribuenti la fiducia conta - nell'ennesimo condono fiscale e nella volontà politica di chiudere un occhio sull'evasione.
A Bruxelles, Tsipras e Varoufakis non si sono soltanto scontrati con la durezza dei conti del loro Paese, ma si sono anche trovati di fronti all'inevitabile muro posto dai finanziatori-ponte, che non hanno potuto fare altro che ripetere l'ovvio: non si va da nessuna parte senza fiducia e senza promesse credibili di misure strutturali – cioè permanenti – atte a garantire nel lungo periodo la crescita economica e la stabilizzazione finanziaria del paese. Costruire un ponte che sappiamo già non poter essere terminato non ha senso.
Dopo estenuanti giornate di trattative, Tsipras e Varoufakis sono riusciti ad ottenere alcune settimane per fornire un nuovo piano di misure da adottare, volte a rassicurare i finanziatori della buona fede e volontàdel governo greco di proseguire lungo un percorso comune di stabilizzazione del paese. Di fronte a promesse serie e credibili, la Troika (adesso non si chiama più così, ma noi guardiamo alla sostanza) si è impegnata a sborsare la nuova tranche di finanziamenti agevolati.
Le riforme di Varoufakis
Il governo greco ha quindi recentemente presentato una lista di 7 riforme che intende adottare. Questa lista dovrebbe essere la base che instilla, nei finanziatori-ponte, la sensazione che il governo greco è un partner serio, e non un furbetto che fa promesse mentre è dedito solo a ciurlar nel manico.
Partiamo dal piatto forte (proposta numero 3 nella lista), cioè la riforma anti-evasione. Questo è il punto dove, in teoria, ci si aspetterebbe la maggiore convergenza fra Tsipras, che ha fatto della lotta all'evasione il suo cavallo di battaglia, e la Troika, che su questo fronte da sempre cerca di impegnare il governo ad un'azione più incisiva. La proposta è tragicomica. Il governo propone testualmente di assumere, in via temporanea, “studenti, casalinghe e anche turisti” che, muniti di “strumenti per la registrazione audio e video”, passeggeranno in giro per la città registrando le violazioni nell'emissione degli scontrini e ricevute di pagamento IVA. Questo, sempre testualmente, dovrebbe portare, in un paese dove “l'evasione fiscale è radicata profondamente”, ad “un cambiamento molto rapido dei comportamenti, diffondendo un senso di giustizia nella società, generando una nuova cultura di rispetto delle norme fiscali – soprattutto se accompagnato da un'appropriata comunicazione del semplice messaggio che è arrivato il tempo in cui tutti devono contribuire al finanziamento dei beni e servizi pubblici”.
Da notare che quella citata non è una delle tante proposte fatte dal governo per far fronte alla piaga dell'evasione in Grecia. È l'unica proposta. Una proposta del genere equivale a dire al mondo che il governo e l'amministrazione pubblica greca rinunciano definitivamente a mettere in piedi un sistema serio di controllo fiscale, gestito in modo sistematico e da personale selezionato e professionale. La Grecia rinuncia ad essere un paese avanzato, e Tsipras e Varoufakis ci spiegano fieramente il perchè: “le autorità fiscali sono a corto di personale e sono immerse nella logica del controllo documentale, mentre il problema dell'evasione risiede fuori dai documenti. L'esperienza mostra che quando il personale dell'autorità fiscale lascia le proprie scrivanie per effettuare controlli sul luogo […], tali controlli non sono solo rari (a causa di carenza di personale), ma sono spesso attesi (dai controllati, ndr)”. In altre parole, il governo greco rinuncia ad obbligare i propri dipendenti, che a tale scopo erano stati assunti, a mettere in pratica le tecniche che consentono una efficace lotta all'evasione. Piuttosto che credere di cambiare le abitudini del finanziere greco, meglio prendere uno studentello e fargli fare la spia al supermercato. Il governo, lamentandosi della carenza di organico nel settore della lotta all'evasione, ci spiega anche che rinuncia a ri-utilizzare parte dei suoi dipendenti, in eccesso in altre aree dell'amministrazione, per re-impiegarli in attività socialmente più utili di sostegno alla lotta all'evasione. In fondo, se basta un corso base per impiegare in tale attività una casalinga o un turista, non si capisce perché non sia possibile fare cioè reimpiegando un dipendente pubblico che già è stipendiato.
Veniamo poi alle proposte 5 e la 6, che il governo ha inserito nella sezione intitolata “Politiche per promuovere la crescita”. La proposta 5 è la fantomatica vendita di licenze e raccolta di tassazione dal settore dei giochi online (vi ricorda qualcosa?). Guardate, non sto scherzando, è così, questa è una delle due proposte per la crescita e una delle 7 proposte complessive. La proposta 6 è invece intitolata “Lotta alla burocrazia – programma per un settore pubblico auto-informato”. Di lotta alla burocrazia ce n'è indubbiamente parecchia da fare in Grecia. La proposta del governo è una sola: “Il governo intende introdurre una legislazione che impedisca all'amministrazione pubblica di richiedere ai cittadini documenti che certifichino informazioni che lo stato già possiede” (vi ricorda qualcosa?). Lo so, qualcuno dei più saggi fra i lettori avrà già pensato che proposte del genere soffrono comunque del problema di innalzare, a regime, il personale necessario per far funzionare la pubblica amministrazione. Ma questo è niente. Come ci raccontano Tsipras e Varoufakis, il vero problema in Grecia è un altro, e cioè che i documenti dell'amministrazione pubblica non sono ancora digitalizzati, e gli uffici non sono ancora collegati via internet. Agli occhi di qualsiasi homo sapiens tale situazione rappresenterebbe, almeno al momento, un muro invalicabile per la proposta del governo. Agli occhi di qualsiasi homo sapiens prima bisogna digitalizzare la pubblica amministrazione, e solo poi, eventualmente, pensare a misure più ambiziose quali quelle proposte dal governo. Tsipras e Varoufakis non sono però come tutti noi, sono più di noi, sono dei visionari che scorgono opportunità dove gli altri vedono ostacoli. Recita infatti la lettera del governo: “L'argomento usuale contro tali proposte legislative sarebbe che prima bisogna digitalizzare l'amministrazione. Il governo greco non concorda su questo, anzi crede che l'opposto sia vero […]. Se i dipendenti pubblici non vengono prima obbligati a raccogliere i documenti per conto dei cittadini e delle imprese, essi si opporranno all'introduzione di servizi basati sulla rete [faranno ciò per inerzia e/o riluttanza a darsi da fare per apprendere nuove abilità]. Ma se i dipendenti pubblici sono prima obbligati a raccogliere i documenti per conto di cittadini e imprese, saranno loro a domandare ai propri superiori l'introduzione di servizi di IT!”. Certo, o Tsipras e Varoufakis si sono drogati, o hanno deciso di ciurlare nel manico e prendere in giro il mondo. Ma la cosa più grave è che, ancora una volta, questi due prodotti della democrazia greca ci dicono che la Grecia ha rinunciato ufficialmente, di fronte al mondo, a diventare un paese moderno. Il governo ci indica esplicitamente che i dipendenti pubblici sono completamente fuori dal suo controllo. Non vi è nemmeno modo di obbligarli ad usare un PC. I dipendenti pubblici, protetti dietro illicenziabilità e sindacati, possono bloccare qualsiasi innovazione a favore dei cittadini, e questo per il solo fatto che le innovazioni richiedono loro di sbattersi (“bother”) ad imparare ad usare Excel. Tutto ciò non lo dice la Troika, lo dicono Tsipras e Varoufakis.
Veniamo, brevemente, alla proposta 1. Essa prevede la creazione di un organismo autonomo (“fiscal council”) che abbia il compito di dare un parere autorevole ed indipendente riguardo al reale impatto sulle finanze pubbliche delle leggi di bilancio. Buona proposta, no? Ah si, certo. Il problema però che mettere questa tra le proposte di contrattazione è un'ennessima e sonora presa per i fondelli. Con la firma, il 2 marzo del 2012, del cosiddetto Fiscal Compact, la Grecia si è già da tempo impegnata, assieme a tutti gli altri paesi europei, a mettere in piedi un fiscal council. Quel trattato fu firmato proprio con un occhio particolare all'impegno dei paesi in situazione di maggiore stress fiscale, Grecia in primis. Come controparte degli impegni assunti da tali paesi, la Banca Centrale Europea poco dopo annunciò, assieme al famoso “whatever it takes” di Draghi, il lancio del programma di Outright Monetary Transactions (OMT). Nonostante tutto questo, però, la Grecia ha pensato bene di non dare seguito alle sue promesse. E ora Tsipras ripresenta la stessa promessa sul piatto della contrattazione di patti addizionali: che Varoufakis, nelle sue teorie dei giochi, si sia dimenticato che al tavolo della contrattazione non puoi ripresentare promesse che hai già fatto e, in cambio delle quali, hai già ricevuto? Si è dimenticato cosa succede alla reputazione e credibilità di chi si comporta in questo modo? Gli impegni (giurin giuretta) della Grecia ad attivare un fiscal council in realtà ormai non si contano più. Oltre alla firma del citato fiscal compact, questo impegno fu preso nuovamente e con scadenza agosto 2013 in concomitanza della First and Second Review del progamma Troika (31 dicembre 2012), per essere poi fatto ancora una volta e con scadenza promessa ottobre 2013 in occasione della revisione del programma Troika del luglio 2013. Finalmente, come proprio la lettera del governo greco recita, “il precedente governo ha legiferato la costituzione di un Fiscal Council, legge 4270/2014. […] Ma il Fiscal Council non è finora mai stato attivato in pratica e, alla data corrente, non è operativo, mancando una struttura dirigenziale ed essendo sprovvisto di personale”. In conclusione, Tsipras e Varoufakis non solo portano al tavolo della contrattazione un impegno già più volte firmato, ed in cambio di cui gli altri hanno sborsato come promesso, ma lo portano proprio quando la legge è già stata approvata dal governo precedente! Il loro impegno, è quindi, di applicare una legge già fatta, di nominare i dirigenti e assumere i segretari del fiscal council.
Le altre due proposte di riforma le lascio a voi. La numero 7 intitolata “Crisi umanitaria” è una richiesta, più che un'offerta, del governo greco ai suoi interlocutori. Una richiesta utile magari, e che i partner europei sono forse pronti ad accettare. La numero 2, intitolata “Preparazione del budget e legge organica di budget” è una brevissima proposta di riassetto delle procedure di formazione delle leggi fiscali in Grecia. La numero 4 propone misure per gestire l'annoso problema, messo in luce molte volte nei documenti Troika, di gestione delle tasse in arretrato.
In questo articolo ho commentato le 7 misure proposte dal governo greco agli interlocutori europei. Credo sia bene ricordare al lettore che temi quali la lotta all'evasione fiscale, il miglioramento dell'amministrazione pubblica e delle procedure di formazione del budget non sono una novità introdotta dal governo di Tsipras. Questi temi sono già da anni una parte cruciale del programma Troika. Per avere un'idea di ciò, basta dare uno sguardo ad uno qualsiasi dei rapporti Troika e delle lettere, firmate dai governi greci, che indicano le misure che il governo si impegna ad attuare. Prendiamo per esempio la Fifth Review. Le sole misure di riforma del fisco, dell'amministrazione pubblica che si occupa della raccolta delle tasse e della lotta all'evasione, rappresentano una fitta e dettagliata lista che va da pagina 144 a pagina 156.
Conclusione
La conclusione di questo articolo è desolatamente negativa. Il governo di Tsipras ha presentato proposte che variano dal ridicolo al vergognoso. Esse non solo mettono in luce la sua totale inaffidabilità, ma rivelano inoltre, con spaventoso candore, come il governo ammetta di non avere la volontà di trasformare il proprio paese in un paese moderno, che si sia lasciato alle spalle lo stadio di economia in via di sviluppo. Nonostante le parole spese in campagna elettorale, la resa di fronte all'evasione fiscale è totale. Nonostante i proclami contro i tentativi della Troika di intaccare i privilegi dei dipendenti pubblici, il nuovo governo alza bandiera bianca di fronte all'auto-referenzialità ed incontrollabilità della pubblica amministrazione, a tutto danno dei cittadini e dello sviluppo economico del paese.
Tsipras ha fatto grande leva, in campagna elettorale, sulla “dignità del popolo greco”. La dignità incarnata nelle proposte dell'esecutivo greco ha sicuramente una sfumatura molto diversa quella che a tale concetto viene data da governi, anch'essi democraticamente eletti, in altri paesi europei. Sono serie divergenze culturali, queste, su cui si innestano, non a caso, grosse differenze di performance economica. La difficoltà di alcuni governi del nord nel presentarsi al proprio elettorato con in mano proposte di questo tipo da parte del governo greco sono davvero forti. Probabilmente l'Europa deciderà di andare avanti con le negoziazioni, ma la natura tragicomica della situazione è sempre più evidente. Sulla nostra stampa di ciò non si parla. Troviamo un gran numero di articoli sull'austerity e sulla deflazione salariale tedesca, ma non troviamo nulla riguardo ad un governo greco che fa continuamente il gioco delle tre carte, e che non ha alcuna intenzione di prendere in mano il problema della produttività del suo settore pubblico. Quella dei media italiani è una litania un po' piagnona e autoconsolante che impedisce davvero di capire la realtà.
Anche in Italia a molti piacerebbe fare come propone il governo greco. Parafrasando Tomasi da Lampedusa, ....