Questa settimana: Perotti sulle manovre ''taglio le tasse ora, la spesa dopo''; Pietro Ichino sulla riforma delle pensioni, un anno fa; finanziamento degli enti locali e prigione per debiti negli USA; Vandana Shiva sul New Yorker.
Buona lettura e buon fine settimana.
- Un paio di settimane fa, commentando la proposta di Giavazzi e Tabellini di ridurre di 5 punti di PIL immediatamente la pressione fiscale per poi in un arco temporale più esteso ridurre la spesa pubblica di pari ammontare ho fatto la seguente osservazione: ''Trattandosi di Giavazzi e Tabellini sono certo che hanno pensato con attenzione al ''commitment problem'', cioè all'incentivo che i governi avrebbero, una volta ottenuto il finanziamento monetario del deficit, a rinnegare la promessa di tagliare la spesa. Non ne parlano però nell'articolo. A me questo pare il problema centrale. Forse a loro no, ma mi piacerebbe sapere perché.'' Sono contento di vedere che Roberto Perotti fa osservazioni analoghe, assai meglio argomentate e motivate di quanto abbia saputo fare io. Perotti è pessimista: il commitment problema semplicemente non si può risolvere, quindi la la manovra proposta da Giavazzi e Tabellini non è credibile.
- Più di un anno fa, Pietro Ichino spiegava con una lettera sul Corriere come intervenire sulle cosidette pensioni d'oro. Formulò pure una proposta di legge. Tante cose sono cambiate da allora. La Germania ha vinto la coppa del mondo, costringendo quindi tutta l'Europa all'austerità e tutto il mondo a girare con i calzini e i sandali. È pure cambiato il governo, a cui è giunto un ambizioso giovane fiorentino in luogo di un ambizioso giovane pisano. Ma una cosa non è cambiata: le pensioni d'oro. Ricordarlo a chi dice ''ma le riforme strutturali sono già in corso''.
- Anche se con ritardo, volevo segnalare questo post di Alex Tabarrok su Marginal Revolution. Serve a dare un po' di background sul tipo di tensioni che si innestano in città come Ferguson (a proposito, incredibile come il news cycle al riguardo si sia già esaurito). Le multe per violazioni molto minori sono un modo comune per finanziare gli enti locali, ma quello che sembra essere speciale in posti come Ferguson è la violenza con cui si risponde a ritardi nei pagamenti.
- Questo è il lungo pezzo su Vandana Shiva pubblicato sul New Yorker. Interessante e chiarificatore.
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Scoprire poi, da un altro articolo dello stesso autore che ...most outrageously, in some states public defender, pre-trial jail and other court fees can be assessed on individuals even when they are not convicted of any crime confesso che mi fa rabbrividire.
Se l'obiettivo della municipalità di Ferguson è fare cassa, allora non c'è interesse a mettere i trasgressori sotto chiave, in quanto in questo caso a) non pagano; b) bisogna far fronte ai costi della prigione, che in genere sono ben più elevati di una multa per eccesso di velocità e c) è più probabile che i tragressori si impoveriscano e vadano a pesare sulle spese di assistenza degli enti locali. In altre parole la strategia sarebbe controproducente.
E poi l'articolo dice che "The majority (67%) of residents are African-American" vale a dire una maggioranza dei due terzi. Se non gradiscono la politica di questa amministrazione, non hanno che eleggerne un'altra.
In ogni caso scambierei volentieri le norme della città di Ferguson non le norme fiscali italiane, confuse, vessatorie e infestate da inversione dell'onere della prova. In Italia si infliggono sanzioni pretestuose, ma si concede la riduzione ad un sesto per chi paga senza fare storie; di conseguenza molti pagano anche se hanno ragione pur di non affrontare un lungo, costoso e sempre incerto percorso giudiziario, anche considerando che anche il contribuente vittorioso deve sempre pagare le spese dell'avvocato, in quanto l'amministrazione, anche soccombente, non le rimborsa.