1 - La vittoria liberale c'è ed è popolare
Per secoli l'economia era cresciuta poco o niente e si viveva per una quarantina di anni. Di colpo - nel giro di due secoli e mezzo - tutto cambia. L'economia italiana, per esempio, si è moltiplicata – pro capite e in termini reali – di dieci volte e si vive il doppio degli anni. Le relazioni tradizionali, per usare un'espressione di Karl Marx, evaporano. I contadini smettono di togliersi il cappello al passaggio del signore in carrozza, per usare un'espressione di un altro tedesco, Thomas Mann. Una volta viaggiavano i ricchi e gli emigranti – questi ultimi solo con il biglietto di andata. Una volta gli aristocratici si imparentavano al di là dei confini e sapevano le lingue, mentre gli altri potevano al massimo aspirare a conoscere qualcuno che abitasse non troppo vicino, e così apprendere un secondo dialetto. Oggi quasi tutti viaggiano e quasi tutti cominciano a parlare una seconda lingua.
Siamo in piena società “aperta”, che i colti chiamano col nome greco di Cosmos. Cade così - con lo sviluppo che favorisce il sorgere dell'individuo - il controllo culturale e politico delle parrocchie, dei sindacati, e dei partiti. Il mondo è diventato liquido ed individualista. Alcuni provano ancora attrazione per la società “chiusa”, che i colti chiamano col nome greco di Taxis. Le caratteristiche delle società chiuse – l'esempio è Sparta che si contrappone ad Atene – sono: 1) la sacralizzazione della tradizione – il Passato è la guida; 2) l'isolamento culturale – non contaminiamoci con altri; 3) l'autarchia – fin che puoi consuma quanto produci tu; 4) il misoneismo - l'odio per il nuovo. La vittoria liberale consiste nell'affermazione (incompleta) della società aperta, e quindi nella sconfitta (incompleta) di quella chiusa.
Abbiamo a che fare con “lo sviluppo dell'eguaglianza delle condizioni”. Si avevano e si hanno l'eguaglianza davanti a Dio e davanti alla legge. Queste eguaglianze non toccano però le ineguaglianze degli individui concreti. Questi ultimi non possono cercare la propria personale felicità sulla base delle succitate eguaglianze. E l'avanzare dell'immaginazione democratica ha generato l'uomo democratico, che si esprime – nella ricerca della propria felicità - con disinvoltura e sciatteria. S'ammassa vociante negli aeroporti. La cultura signorile ne ha perciò orrore. Come diceva Dante: “La gente nuova e i sùbiti guadagni/Orgoglio a dismisura han generato”.
2 – Egoisti ed Altruisti
Il liberalismo si è affermato come società aperta, laddove dilagano gli individui alla ricerca della propria felicità. Bene quindi, ma resta il dubbio che potrebbe essere governata meglio.
Si ha la tesi di Adam Smith che afferma che ciascuno, facendo il proprio interesse, agisce in-intenzionalmente nella direzione dell’interesse di tutti: I “vizi privati come pubbliche virtù”. Il macellaio venderà la carne con la miglior combinazione di qualità e prezzo per attirare clientela, ma, così facendo, obbligherà gli altri macellai, che non vogliono perdere la propria clientela, a vendere la carne con la migliore combinazione di qualità e prezzo. I comportamenti dei macellai singolarmente presi sono egoistici, ma l’insieme di questi comportamenti alza il benessere dei consumatori. Sviluppando ulteriormente il concetto dell’interesse individuale, si può arrivare – ma sono stati necessari più di cento anni - a mostrare come – con prezzi e salari flessibili e conoscenza simmetrica – si abbia l’equilibrio (economico generale), un luogo (logico) dove tutti sono soddisfatti.
Se i comportamenti volti a soddisfare gli interessi individuali sono virtuosi nei Mercati, lo sono anche in Politica? Se i politici si comportassero “da macellai”, ossia se tentassero di attrarre i voti con una migliore combinazione di effetti di buone politiche (una buona legislazione) al minor prezzo possibile (le imposte volte a finanziare la buona legislazione), avremmo, di nuovo, il “benessere degli elettori”, proprio come abbiamo avuto quello “dei consumatori”? Se assumiamo che tutti conoscano la migliore combinazione legislativa (se condividono lo stesso modello), e se la Politica la offre, ecco che verrà prima votata dagli elettori razionali e poi messa in opera.
Qui abbiamo un problema. Mentre ciascun macellaio conosce le circostanze di tempo e di luogo in cui opera, e questo è sufficiente per il suo ben operare, nel caso del voto, nessuno conosce tutte le circostanze di tempo e di luogo, e dunque non può avere in mente un modello generale valido. Altrimenti detto, ciascuno conosce le proprie circostanze, ma non conosce quelle degli altri. Affinché tutto funzioni, è perciò necessario (in linea logica) che il modello generale valido sia offerto da qualcuno che, assente ogni interesse personale, lo pensi e lo attui.
Abbiamo in questa rappresentazione un mondo non simmetrico. Mentre gli individui che operano nei Mercati sono egoisti, quelli che operano in Politica sono altruisti. Da dove mai verrebbero fuori (questi sofoi liberali) è il dubbio.
3 – Oggi si devono vincere le elezioni
Il liberalismo si è affermato come società aperta, laddove dilagano gli individui alla ricerca della propria felicità. Resta il dubbio che potrebbe essere governata meglio, se solo si avesse una classe dirigente liberale all'altezza. Poniamo di averla, questa comunque dovrebbe vincere le elezioni, promettendo un minor intervento dello Stato.
La spesa pubblica ha la tendenza a crescere, perché è il luogo della ricerca del consenso. Sono tutte cose che si sanno da quando Joseph Schumpeter scrisse “Socialismo, Capitalismo, Democrazia”, dove si mostra che i politici cercano i voti per farsi eleggere, proprio come gli imprenditori cercano il fatturato, e da quando Mancur Olson scrisse “La logica dell'azione collettiva”, dove si mostra che i gruppi organizzati (meglio se piccoli) si impongono su quelli che non lo sono.
Sono evidenti i limiti di una politica strettamente liberale. Essa impedisce ai Sacerdoti (ai politici) di guidare il Popolo (i propri elettori) verso la Terra del latte e del miele (lo stato sociale che diffonde il benessere senza un costo apparente). I politici liberali possono promettere poco. Se, infatti, tagliano le spese in molti saranno scontenti. Dovrebbero vincere le elezioni promettendo poco.
Articolo pubblicato su: http://www.centroeinaudi.it/agenda-liberale/articoli/4554-il-liberalismo-che-non-ha-perso-e-i-limiti-di-una-politica-strettamente-liberale.html
Due punti che non condivido nell'articolo.
(1)
"Se assumiamo che tutti conoscano la migliore combinazione legislativa (se condividono lo stesso modello), e se la Politica la offre, ecco che verrà prima votata dagli elettori razionali e poi messa in opera."
A meno di non immaginare che le scelte degli individui siano limitate ad una sola dimensione e le preferenze degli individui abbiano determinate caratteristiche, è impossibile essere certi di poter arrivare ad una decisione tramite un processo democratico (Arrow, Impossibility Theorem). In altri termini, questa è la ragione teorica del perchè Grillo è un enorme pericolo per la democrazia italiana (una democrazia incapace di decidere porta dritta alla dittatura, vedi Weimar, e queste sono considerazioni che un economista dovrebbe fare prima di tracciare la sua brava croce nell'urna il mese prossimo).
(2)
Il miglioramento delle condizioni di vita ha generato la società aperta. O questo o semplice correlazione, l'inversione del rapporto di casualità è impossibile perchè prima sono migliorate le condizioni di vita e dopo è arrivata la società aperta descritta nell'articolo. E tale miglioramento delle condizioni di vita è infatti avvenuto principalmente nel secondo dopoguerra (tra il 195o e il 1970) in una economia mista di mercato e con tutte le sovrastrutture (partiti, sindacati, chiesa) che l'autore sembra disprezzare. E non si tratta di una eccezione italiana perchè è andata così più o meno in tutta Europa. Spero non consideriamo la prima industrializzazione britannica come un miglioramento delle condizioni di vita....