Il termine "sfigato" in Italia e' come il prezzemolo: si trova dappertutto. Perfino in questo dotto sito, quiqui e qui (per citare solo gli articoli piu' recenti). Una breve ricerca su google produce uno sfigotest, un vecchio articolo anni settanta su tale Giancarlo Alessandrelli, portiere di riserva della Juve che alla partita di esordio (ultima di campionato 78-79), con la Juve in vantaggio per tre a zero si fece rifilare tre gol nel giro di 25 minuti, e il testo di una canzone intitolata "sei uno sfigato".
Negli Stati Uniti, il termine equivalente e' "loser", perdente. Seguendo il mio personalissimo metodo scientifico di applicare la medesima ricerca google al termine loser come a sfigato, si producono i seguenti risultati: un film intitolato "Loser", un Loser Quiz (tema ricorrente, il test!), e una comic strip il cui personaggio principale e' "The Born Loser".
Questa straordinaria equivalenza puo' sembrare una semplice curiosita', ma a ben guardare si rivela molto piu' significativa. La radice di sfigato e' - chiaramente - la sfiga, ovvero la sfortuna, il destino avverso. In altri termini, non e' colpa mia se ho un lavoro di merda, porto gli occhiali spessi come fondi di bottiglia, sono rachitico, le donne non si accorgono neppure che esisto, e il sabato sera invece di uscire mi dedico all'autoerotismo guardando i video porno (quelli gratis, brevissimi e a bassa risoluzione) al computer. No, non e' colpa mia, e' il fato crudele che si accanisce contro di me. Il corollario, importantissimo, e' che contro la sfiga non si puo' fare nulla, perche' e' inutile lottare contro il destino - ce lo insegnano, per prime e da molti secoli, le tragedie greche. Anzi: piu' ti dimeni piu' il destino ti schiaccia. Ed allora, secondo corollario, chi te lo fa fare? Se contro il destino non si puo' fare nulla, e' inutile che mi dia da fare per cercare un lavoro migliore, che faccia l'operazione col laser per buttare via gli occhiali, che vada in palestra per attirare le donne, ecc. Tanto, sfigato sono e sfigato resto.
Negli Stati Uniti invece, il loser e' chi perde. Chi ha perso. Ma - di nuovo importantissimo - aver perso vuol dire che almeno hai giocato. Hai giocato, hai incontrato un avversario piu' forte di te, e hai perso. Implicito nell'uso di questo termine e' che magari, se gioco di nuovo, e mi impegno di piu', la prossima volta vinco. Implicito, anche, e' che (a) il fato avverso non c'entra nulla (o comunque poco), e che (b) se ho perso vuol dire che la responsabilita' e' mia. Sono io che ho perso, non il fato che mi ha tolto una cosa che mi spettava di diritto. E quindi sono io direttamente responsabile del mio stato di loser.
Oserei dire che c'e' un'ulteriore differenza di atteggiamento psicologico: in Italia il fato e' quasi per definizione crudele ed avverso. Negli Stati Uniti invece se gioco il risultato e' aleatorio, ma gli "odds" non sono necessariamente a mio sfavore. Mi puo' andare bene come mi puo' andare male ("win some, lose some").
Allora la differenza diventa davvero illuminante di una profonda diversita' culturale fra Italia e Stati Uniti. Lo stato di sfigato come conseguenza della sfiga, contro cui non posso farci nulla e di cui non sono responsabile. Lo stato di loser come conseguenza di una partita che ho giocato e perso, e di cui sono quindi responsabile. Il rischio come foriero di conseguenze disastrose (che sfiga!), contro il rischio come partita aperta e che come tale puo' anche portare alla vittoria.
Il fatto che le stesse identiche situazioni vengano descritte, in Italia, dal termine sfigato, e negli Stati Uniti dal termine loser mi sembra possa spiegare (o sia comunque indicativo de) la profonda diversita' di atteggiamento nei due paesi di fronte al rischio, di cui si parlava su questo stesso sito a proposito di precariato, di imprenditoria, di innovazione. In Italia un lavoro precario viene vissuto come fonte di preoccupazione e di malessere; la ricerca va intrapresa solo se comunque si ha una "rete di sicurezza"; e chi lascia un posto fisso per uno incerto viene considerato un pazzo. Negli Stati Uniti si e' molto piu' disposti ad accettare il rischio, ad abbandonare una carriera sicura per iniziare un'attivita' in proprio nel garage sotto casa, a spostarsi in un posto sconosciuto e ricominciare da zero.
Strettamente connessa alla differenza di atteggiamento di fronte al rischio e' la presenza o meno del concetto di responsabilita' personale. Come dimostrano perdonismo, indulti, condoni, e amnistie varie, in Italia questo concetto e' molto debole. Chi sbaglia avra' anche sbagliato, ma e' soprattutto un po' sfigato, e come tale va perdonato ed accolto come la pecorella smarrita. Negli Stati Uniti chi sbaglia e' responsabile del proprio errore, ed e' pacifico per tutti che ne debba pagare le conseguenze.
Aveva proprio ragione Fiorello La Guardia a dire "Coraggio!". In Italia, oggi piu' che mai, ce n'e' davvero bisogno.
In effetti, mi ritrovo tante volte a dire: "ma quanto sono sfigato",
e` un fatto culturale. Penso anche che ho sviluppato il concetto
direttamente relazionandolo al successo con le donne, ma mai con il
lavoro o lo studio. Per cui se una giapponesina o indiana carina
non me la da` parte il loop: "ma quanto sono sfigato con le femmine"
mentre per il lavoro o lo studio tendo a dire che "i get what i
deserve", per cui mi incentivo a lavorare.
Mi hai comunque fatto tornare in mente questo paper di Benabou e Tirole
www.wws.princeton.edu/rbenabou/beliefs%20qje%201%20web.pdf
In
particolare notare la correlazione di questo "sfiga-belief" sulle
policies (figure 1) che e` davvero impressionante! La causalita` e` un
po` da dimostrare pero`...
Gli italiani aborrono una riforma
dell`articolo 18 perche` culturalmente sono simpatetici con gli sfigati
o sono simpatetici con gli sfigati perche` per anni hanno avuto queste
policies?