Luglio 2009: Repubblica disinforma sull'evasione fiscale

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Il 13 luglio 2009 Repubblica pubblica l'ennesimo articolo in cui diffonde disinformazione sul tema dell'evasione fiscale in Italia affermando "Checché se ne pensi gli evasori totali stanno più al nord e al centro che nel mezzogiorno".

Il 13 luglio 2009 il quotidiano Repubblica si occupa di uno dei temi di politica interna più scottanti del momento e apre la prima pagina col titolo "Scontro sullo scudo fiscale". Casualmente, anche la sezione degli approfondimenti "R2 l'inchiesta" pag. 29, apre con un approfondimento di Roberto Mania sull'evasione fiscale, intitolato "Io, evasore totale", e poi "La mia vita senza pagare le tasse".

L'approfondimento si prende in giro da solo: l'evasore totale è un residente di Arzano, provincia di Napoli, ma il giornalista si premura di informare il gentile lettore, subito sotto il titolone di pag.30 "La mia vita senza pagare le tasse", che "Checché se ne pensi gli evasori totali stanno più al nord e al centro che nel mezzogiorno".

L'affermazione come ho già mostrato è palesemente falsa e va contro ogni evidenza fattuale disponibile. Ma può essere smontata anche solo usando le affermazioni contenute nel medesimo articolo ... il giornalista, come potrebbe succedere per un povero ladro di polli colto in flagranza di reato, finisce per auto-contraddirsi raccontando i fatti in maniera reticente.

Cosa si legge dopo l'affermazione incriminata?

 

Dei 3.200 scoperti da gennaio a maggio, il 35 per cento era nel settentrione, il 36 per cento al centro e il 29 per cento al sud. Nell' arco del 2008 sono stati individuati 6.414 evasori totalmente sconosciuti, per un totale di redditi occultati di 27,5 miliardi. Sono nell' edilizia, nel commercio (all' ingrosso e al dettaglio) ma anche nell' attività immobiliare.

 

Il giornalista si è già contraddetto da solo, perché il 36% del Centro supera il 35% del Nord. Sembra che la forza dell'ideologia obnubilatrice e/o la volonta' di propaganda e disinformazione abbia sconfitto anche la matematica.

Risalta poi una ovvia reticenza, che non può essere spiegata con un banale refuso: non vengono esposti, né si tiene conto in alcun modo, del numero degli abitanti nel Nord, Centro e Sud Italia. Non viene nemmeno esposto come le regioni italiane siano state assegnate alle tre ripartizioni geografiche (esistono modi diversi per farlo, anche se uno è il prevalente). Noto che questo non è l'articolo del giorno su qualche diatriba del pollaio della politica italiana, è un articolo di approfondimento nelle pagine interne: due numeri in più, per "approfondire", magari non avrebbero guastato. O forse che sì?

Usando i dati ISTAT 2008 abbiamo, per la ripartizione più comunemente utilizzata:

  • Nord, 45.5% degli abitanti, 27116943
    (Val D'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna)
  • Centro, 19.6% degli abitanti, 11675578
    (Toscana, Umbria, Marche, Lazio)
  • Sud, 34.9% degli abitanti, 20826769
    (Sardegna, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia)

Da cui segue che il rapporto tra evasori scoperti nei primi 5 mesi del 2009 e abitanti in Italia ammonta a:

  • Centro: 9.87 ogni 100mila abitanti
  • Sud: 4.46 ogni 100mila abitanti
  • Nord: 4.13 ogni 100mila abitanti

Quindi, assumendo eguale intensità ed efficienza nella ricerca degli evasori, al primo posto saldamente sta il Centro, poi viene il Sud, che supera di poco il Nord. Anche secondo questi dati di dubbia affidabilità, data l'inefficienza dello Stato italiano, oltretutto significativamente dipendente dalla latitudine, Il Nord è quindi l'area geografica dove, checché se ne dica, ci sono meno evasori in rapporto agli abitanti.

Seguendo un certo stile cavilloso quanto spudorato purtroppo diffuso nel Belpaese, il giornalista di Repubblica potrebbe assestarsi sulla linea del Piave secondo cui: sarà pur anche vero che ci sono più abitanti al Nord, ma ci sono anche in numero assoluto più evasori che nel Sud.

Ci sono mille modi per informare con correttezza formale e sostanziale assieme: o si danno le frequenze di evasori scovati rispetto agli abitanti (meglio ancora: rispetto alle forze di lavoro o agli abitanti in età lavorativa), oppure si aggiunge una nota sul fatto che a Nord ci sono più abitanti che al Centro e al Sud, o si usano ripartizioni geografiche aggiustate per avere un numero simile di abitanti in ogni area ... Se invece si vuole disinformare, allora si dà un'informazione che è in parte matematicamente falsa (35% > 36%) ed in parte corretta solo formalmente ma fuorviante nella sostanza.

C'è poco da aggiungere, perché l'articolo di "approfondimento" quello contiene ... ma è utile notare che nella stessa pagina c'è la testimonianza aneddotica di un comandante provinciale della Guardia di Finanza. Egli opera ora a Treviso ma in passato ha lavorato a Palermo. Leggiamo:

 

Lei ha svolto la sua attività anche a Palermo: che differenza c'è tra l'evasore totale al nord e quello residente nelle regioni meridionali? «La differenza più rilevante è che al sud c'è tanto sommerso. Ci sono aziende completamente sconosciute al fisco. Nel contesto del nord est un fenomeno del genere è ormai improponibile. In una situazione come quella della provincia di Treviso dove c'è una partita Iva ogni dieci abitanti, non si può sopravvivere senza emergere. Questa è la differenza».

 

Che altro aggiungere? Quanta mala fede ci vuole per riportare i fatti e le affermazioni che questa pagina di Repubblica contiene e poi continuare ad insistere che "Checché se ne pensi ..." gli evasori totali son di più al Nord che al Sud? La mia impressione è che ce ne voglia tanta.

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Alle giornate di Villa La Pietra, Michele Boldrin ha chiesto quali fossero le metodologie di stima dell'evasione fiscale nelle regioni italiane, stima illustrata in Repubblica Affari e Finanza del 2 giugno 1997 e che ho riportato sommariamente nell'intervento sopra citato. Colgo l'occasione per dare qui dei collegamenti e riportare alcuni brani utili da due articoli di Repubblica Affari&Finanza del 2 giugno 1997: Salvati perché sommersi e Il comma-22 del fisco italiano.

Alcuni brani dal primo articolo:

 

Uno studio "top secret" commissionato dalle Finanze a un gruppo composto da esperti della Sogei, della Banca d' Italia, del Secit, dell' Inps e dell' Istat, che Affari & Finanza è in grado di rendere noto, mette adesso, se non la parola fine, almeno un punto fermo. Lo studio, che confronta il valore aggiunto fiscale con quello che risulta dalla contabilità nazionale dell' Istat, mostra un minor valore aggiunto ai fini tributari di circa 365 mila miliardi. [...] La ricerca delle Finanze è il più attendibile tentativo di ricostruire la mappa della produzione sommersa in Italia. Lo studio è stato effettuato con i più sofisticati mezzi tecnici oggi a disposizione: si pensi che milioni di dati inseriti nalla banca dati dell' Anagrafe tributaria sono stati confrontati con quelli dell' Istat e dell' Inps. I dati che emergono, da una parte confermano cose che già si sapevano, dall' altra permettono di apprendere fatti nuovi che saranno molto utili nella lotta all' evasione, su cui questo governo punta molto visto che prevede di recuperare 2.500 miliardi nel '98. Lo stesso studio, come si legge nell' introduzione, è stato commissionato proprio con lo scopo di dare indicazioni attendibili agli uffici sulle "piste" da seguire per scovare gli evasori. La prima pista da seguire è senz' altro quella delle vendite al pubblico. È qui che si consuma la parte più grossa dell' evasione. La ricerca mostra, molto semplicemente, che molte merci sono vendute lontano dagli occhi del fisco. Il commercio, con i suoi 124 mila miliardi in meno nel valore aggiunto fiscale rispetto ai dati Istat, assorbe da solo un terzo di tutta l' evasione. Una fetta ancora più grossa, 183 mila miliardi, va ricercatanel variegato mondo degli "altri servizi", dove si trovano servizi di ogni tipo, dall' idraulico alla consulenza aziendale: un comparto "immateriale" che riesce facilmente a dileguarsi anche agli occhi dell' erario. L' industria in senso stretto partecipa meno al banchetto dell' evasione, con soli 94 mila miliardi. Come si vede, molte merci e servizi vengono venduti senza che il fisco lo sappia.

[...]

la sovrafatturazione dei costi. Secondo la contabilità nazionale, gli "impieghi intermedi" sono di 633 mila miliardi, per il fisco sono invece 760 mila. I produttori li hanno "gonfiati" con costi fasulli, inventati, sottraendo reddito all' erario.

[...]

L' ultimo elemento interessante dello studio è come questa evasione si distribuisce sul territorio. In termini assoluti, la prima è la Campania, che sottrae 20.000 miliardi di valore aggiunto, seguita dalla Lombardia con 17 mila miliardi. [nota di A.L.: a queste cifre aggiungo io che la Campania aveva ~5.6 milioni di abitanti e la Lombardia ~8.9 milioni, e la Lombardia ha un reddito pro-capite circa doppio di quello Campano, quindi l'evasione è circa quattro volte più intensa in Campania sulla base di queste cifre]. In termini relativi, è il Sud a fare la parte dl leone: in Campania sfugge all' erario ben il 64,2 per cento del valore aggiunto calcolato dall' Istat, in Basilicata addirittura l' 83,2. Al Nord, la regione più retta sembra la Lombardia, con il 19,1 per cento di economia sommersa. [nota di A.L.: per la verità io avevo letto 13%, come nella successiva indagine sull'IRAP, per la Lombardia nelle tabelle allegate all'articolo, che riportano tutte le regioni]

[...]


Tanto alte da domandarsi seriamente se l' alto tasso di evasione non sia da collegarsi anche a un fisco troppo esoso. Victor Uckmar, uno dei più noti fiscalisti italiani, [...] ha scoperto che il suo prelievo fiscale arriva intorno al 75 per cento del reddito; [...] Un professionista che guadagni 100 milioni deve lasciare, tra imposte e contributi, quasi il 52 per cento del proprio reddito, [...] Ancora peggio capita a un piccolo imprenditore con più di tre dipendenti, il quale deve fare anche i conti con l' Ilor (16,2 per cento), cosicché il prelievo finale si aggira intorno al 70 per cento sia nel caso di 100 milioni di reddito sia nel caso di 250. [...] Non va poi dimenticato che il prelievo fiscale e parafiscale sul reddito dei lavoratori autonomi non esaurisce la tassazione. La quale colpisce anche in forma fissa, con prelievi che vanno in larga parte agli enti locali, a prescindere dal reddito prodotto. Uno studio della Confcommercio ha messo in luce che[...] Grazie alle imposte in cifra fissa o che colpiscono il patrimonio, il prelievo fiscale e contributivo su una ditta individuale che dichiara 10 soli milioni arriva all' 86,9 per cento.

 

E altri brani del secondo articolo:

 

Industria e commercio sottraggono al fisco circa 150 mila miliardi all' anno di reddito prodotto in quote assolute più o meno uguali: 49 mila miliardi il Nord, 48 mila il Centro, 58 mila il Sud. [nota di A.L.: ma aggiungo io le popolazioni delle tre aree non sono uguali. Tuttavia almeno in questo articolo viene in seguito data informazione sostanzialmente corretta] Ma nel Mezzogiorno l' economia in nero ha, in proporzione, le dimensioni di una vera e propria piaga sociale. Oltre la metà del reddito prodotto, con punte del 70 per cento in alcune Regioni sfugge al fisco, contro una media nazionale che sfiora il 30 per cento. L' economia regolare, quella che emerge, è dunque in queste zone solo la punta di un iceberg, i danni per il fisco sono evidenti.

Ad elaborare questi dati non è stato un gruppo di economisti in vena di scommesse e di analisi sociologiche. Ma un' agguerritissima commissione composta da membri del Secit, il servizio dei superispettori fiscali, esponenti dell' Inps, della Banca d' Italia, dell' Istat, dell' Anagrafe Tributaria. Il rapporto che ne è scaturito ha un alto grado di attendibilità, essendo i risultati calcolati non su stime di massima ma sui dati effettivi delle denunce dei redditi paragonati a quelli reali dell' Istat. Ed è forse per la sua carica polemica che è rimasto finora seppellito tra le cose da non rendere note.

Per il complesso delle attività produttive e dei servizi l' entita del sommerso e dell' evasione è enorme: 365 mila miliardi di reddito non dichiarato, un terzo di quello che risulta invece dalla contabilità dell' Istat, opportunamente corretta. Quest' ordine di grandezza, come rivela uno studio recente dell' Ocse, pone l' Italia al primo posto per la rilevanza dell' economia in nero. Al commercio va la palma dello scarto maggiore tra reddito dichiarato all' anagrafe tributaria e reddito effettivo. Ma anche industria, edilizia e altri servizi fanno la loro parte. 2) Nord e Sud. Nel Mezzogiorno sommerso-e dunque evasione- sono proporzionalmente più ampi che al Nord. Ma in cifre assolute Lombardia e Veneto se la battono con la Campania e la Puglia. [nota di A.L. qui Repubblica omette di aggiungere che Lombardia e Veneto evadono come o meno di quanto si evade in Francia e Germania. L'evasione ragionevolmente recuperabile non si può trovare in Lombardia e Veneto, si trova invece in parte nelle regioni del Centro, e soprattutto nelle regioni del Sud]

[...]

si scopre che ci sono Regioni, nel Mezzogiorno, dove due terzi dell' economia è in nero [nota di A.L.: Repubblica dovrebbe chiarire: 2/3 dell'economia al di fuori dagli stipendi pubblici]

 

Per finire elenco alcune referenze per chi voglia approfondire.

Da "Evasione fiscale e nuove tipologie di accertamento..." di L.Bernardi e L.A.Franzoni ritengo che le referenze per lo studio citato da Repubblica nel 1997, e per uno studio simile pubblicato due anni dopo, siano:

  • Secit (Servizio centrale degli ispettori tributari), Relazione finale del gruppo di lavoro fra dati fiscali di diversa fonte, Roma, Ministero delle finanze, febbraio 1997.
  • Sogei (1999) Confronto tra dati fiscali e di contabilità nazionale, Roma, Sogei.

Altre fonti interessanti sono raggiungibili su:

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Commenti

Ci sono 25 commenti

Alberto, se la frase incriminata e'

Checché se ne pensi gli evasori totali stanno più al nord e al centro che nel mezzogiorno

il giornalista non sta dicendo che 35>36 ma che (35+36>29), no?

La disinformazione c'e' ma per altri motivi:

Primo, in principio molti piccoli evasori totali al centro-nord potrebbero evadere molto meno di pochi grandi evasori totali al sud. Di per se' il numero di evasori totali non vuol dire nulla.

Secondo, quello che si deve guardare per considerazioni di equita' e' l'imponibile non dichiarato relativamente all'imponibile totale. Il reddito tassabile e' maggiore al centro-nord, quindi a parita' di percentuale evasa al sud si evaderebbero somme minori. Per considerazioni di efficienza non saprei. Ad esempio, se un funzionario pubblico ha lo stesso costo in Calabria e in Lombardia puo' aver senso concentrare risorse per stanare gli evasori a Como piuttosto che a Catanzaro.

 

 

se un funzionario pubblico ha lo stesso costo in Calabria e in Lombardia puo' aver senso concentrare risorse per stanare gli evasori a Como piuttosto che a Catanzaro

 

No, Giulio, non credo che la motivazione di ottenere il miglior rapporto recupero.evasione/costo.accertamento sia da considerarsi la stella polare. A me pare che - contrariamente a quanto fatto sino ad ora - ci si dovrebbe concentrare proprio nei territori caratterizzati da una maggior percentuale d'imponibile non dichiarato relativamente all'imponibile totale, giacché l'organismo di controllo pubblico deve - sicuramente - perseguire l'efficienza, ma la guida non può che rimanere l'equità, senza considerare il fatto che la situazione in essere comporta enormi distorsioni in tutta una serie di campi.

Comunque, anche ragionando di efficienza, non è detto che le cose siano così semplici. Ad esempio si potrebbe considerare la maggiore possibilità di centrare il bersaglio in una zona dove l'evasione fiscale è più diffusa e, magari, non è detto che la chiara segnalazione di un'inversione di tendenza, in termini di tolleranza, non possa anche ottenere l'effetto collaterale d'incentivare atteggiamenti più "virtuosi".

Inoltre, pur se posso sbagliare, penso proprio che con la frase

 

Checché se ne pensi gli evasori totali stanno più al nord e al centro che nel mezzogiorno

 

il pennivendolo intendesse "sia al nord che al centro si evade più che nel mezzogiorno", bellamente (e con estrema disonestà) fregandosene del rapporto evasione/popolazione o, ancor più correttamente (come tu stesso fai notare), reddito.dichiarato/reddito.totale.

Discettando di evasione e controlli, poi, non posso rinunciare a citare brevemente un mio pallino: l'enorme differenza, sulla quale abitualmente la comunicazione latita, tra "accertato" (lemma che, francamente, non mi pare adeguato) e riscosso, l'unico che conti davvero.

 

 

Alberto, se la frase incriminata e'

Checché se ne pensi gli evasori totali stanno più al nord e al centro che nel mezzogiorno

il giornalista non sta dicendo che 35>36 ma che (35+36>29), no?

 

Questa potrebbe anche essere la linea difensiva del giornalista. Ne avevo accennato anche nel mio intervento: il giornalista potrebbe difendersi affermando che il numero totale di evasori scoperti nei primi 5 mesi del 2009 sia nel Nord sia nel Centro supera il numero totale di evasori scoperti nel Sud.

Pero' aggiungo: se una persona normale e onesta vuole comunicare usando un italiano corretto, comprensibile e non fuorviante il fatto che il numero assoluto di evasori, e non la loro frequenza e densita', e' maggiore "nel nord e nel centro" dovrebbe scrivere qualcosa come "il totale (o il numero) degli evasori scoperti nel centro-nord Italia supera il totale (o il numero) scoperto nel sud-Italia".

Se invece si scrive "gli evasori stanno piu' al Nord e al Centro che nel Sud" e' evidente l'intenzione di disinformare diffondendo l'informazione completamente errata che gli evasori siano piu' frequenti al Nord rispetto al Sud.

Prova a pensare se Bossi e Maroni affermassero: checche' se ne dica, la grandissima maggioranza degli evasori italiani si trova al di fuori del Lombardo-Veneto. Pertanto, possiamo licenziare tutta la Guardia di Finanza nel Lombardo-Veneto, vietare li' qualunque attivita' investigativa sull'evasione fiscale, e concentrare tutta l'attivita' dello Stato contro l'evasione fiscale nel resto d'Italia, dove c'e' la maggioranza degli evasori.  Ad ogni obiezione potrebbero rispondere: ma gli evasori sono in maggioranza altrove, e' piu' efficiente cercarli altrove.

 

Secondo, quello che si deve guardare per considerazioni di equita' e' l'imponibile non dichiarato relativamente all'imponibile totale. Il reddito tassabile e' maggiore al centro-nord, quindi a parita' di percentuale evasa al sud si evaderebbero somme minori. Per considerazioni di efficienza non saprei. Ad esempio, se un funzionario pubblico ha lo stesso costo in Calabria e in Lombardia puo' aver senso concentrare risorse per stanare gli evasori a Como piuttosto che a Catanzaro.

 

La situazione che emerge dai dati e' che al Nord c'e' piu' o meno solo l'evasione fiscale fisiologica, non superiore a quella esistente in Stati civili come Francia e Germania.  Ha senso economico ed e' equo fare uno sforzo aggiuntivo sull'evasione fiscale solo nelle Regioni dove l'evasione stimata supera quella tipica fisiologica, cioe' nel Centro e soprattutto nel Sud.  L'evasione fisiologica e' presente anche nei Paesi fiscalmente leggeri e molto effcienti come Stato, come USA e Svizzera, non potra' mai essere eliminata, e ci si puo' attendere che sara' molto costoso tentare di ridurla.

Nelle regioni dove l'evasione e' al 65-70% dell'economia privata, inoltre, dovrebbe essere estremamente economico perseguirla, basterebbe fare controlli a caso anche senza indizi.

 

 

Solo parzialmente collegato al tema che state discutendo. Oggi su Repubblica online c'era questo articolo:

www.repubblica.it/2008/03/sezioni/scuola_e_universita/servizi/esame-terza-media/veri-risultati/veri-risultati.html

Premesso che i provvedimenti della Gelmini mi sembrano assolutamente inadatti a risolvere i (veri) problemi della scuola italiana, mi chiedo: ma e' cosi' difficile fare il giornalista e riportare TUTTI i dati?

Mi spiego. L'articolo vuole mostrare che il "ritorno alla scuola del merito" proclamato dalla Gelmini non c'e' stato. E in effetti dall'articolo scopriamo che: i) i bocciati negli esami di terza media sono diminuiti ("seppur di poco"): dallo 0.53% allo 0.48%, ii) i bocciati nelle scuole superiori sono diminuiti anche loro dal 13.8% al 13.6%. Ok bene, tutto a posto. Poi pero', nell'articolo ci viene detto che i rimandati e i non ammessi all'esame di maturita' sono in aumento. Stranamente pero', in questo caso, nessun dato viene riportato. A qualcuno malizioso, potrebbe venire il sospetto che i numeri mancanti siano stati omessi per non danneggiare la "tesi" dell'articolo. Anche se cosi' non fosse, comunque, rimane il fatto che il giornalista (tale Salvo Intravaia) ha scritto un articolo in cui mancano dati essenziali per valutare la sua tesi. Forse occorre riformare le scuole di giornalismo?

La cosa mi fa sorridere perche' Repubblica viene vista da alcuni come il baluardo dell'informazione libera in Italia. Molto, molto divertente...

Scusami se mi permetto di fare l'avvocato difensore di Repubblica, ma i dati vanno riportati se uno deve confutare una tesi e portare prove che la contraddicono. Se Repubblica dice chiaramente che effettivamente il numero dei bocciati e dei non ammessi è in aumento, allora a che pro riportare i dati? Per altro in una "breve"... Mi sembra un comportamento ineccepibile.

C'e' un altro esempio di reticenza in materia di evasione fiscale nel Corriere della Sera di oggi:

 

Università, il divario delle rette 1.300 euro al Nord, 260 al Sud
Gli studenti del Mezzogiorno pagano poco grazie alle esenzioni. E i servizi, quindi, sono scadenti

[...]
più si scende a Sud più le tasse calano. Calano, spiegano i rettori, in ragione del minor reddito [dichiarato, dovrebbe aggiungere chi volesse fare corretta informazione] delle famiglie e quindi dell'esenzione totale o parziale cui hanno diritto gli studenti, ma anche per una precisa scelta di chi governa, quella di non scontentare famiglie e studenti, secondo questa logica: ti offro poco ma chiedo poco.

 

Di fatto le tasse universitarie scendono anche, dovrebbe aggiungere il reticente giornalista, perche' piu' si scende a Sud e piu' aumenta l'evasione fiscale e quindi il numero di dichiarazioni dei redditi surrettiziamente nulle o minime.

Nelle regioni del sud c'è:

1. una molto maggiore evasione fiscale

2. una criminalità organizzata che riscuote sistematicamente "il pizzo" dalle attività produttive

3. Una preparazione matematica decisamente inferiore a tutti i livelli (test PISA per i quindicenni, test di ammissione alle facoltà di ingegneria, gare per le olimpiadi di matematica, concorsi nazionali per borse di studio di matematica)

4. Tasse universitarie molto inferiori (articolo di oggi sul Corriere che si appoggia ad una fonte affidabile)

5. Finanziamenti delle università lentamente decrescenti (non in termini nominali, in termini comparativi per il sud, in termini reali per la sicilia. Dal 1996 al 2008 il 3% del FFO  delle università è migrato dal centro sud al nord. Le università del nord, della Lombardia in particolare sono destinate a guadagnare ancora sulla base di tutte le formule di distribuzione finora adottate e progettate)

6. Migrazione al nord di un'alta percentuale (38% secondo un recente articolo del Corriere, un dato che non ho verificato) dei laureati.

Che fare? Una volta ho detto che la risposta potrebbe essere "benign neglect" come suggerì a Nixon il Sen Moyhan (spelling incerto, ma andate a guardare "benign neglect" su google) per la comunità afroamericana. Ma non ne sono certo. In particolare non riesco a spiegarmi il fenomeno dello scarso rendimento in tutte le prove di matematica, comprese quelle per la distribuzione di 40-50 borse alle matricole di matematica che sono prove di livello paragonabile a quello delle prove per l'ammissione alla SNS. Ai concorsi per queste borse partecipano circa 700 studenti. Perché gli studenti meridionali partecipano meno e con meno successo? I fenomeni che ho elencato sono tra loro collegati? E se si' in che modo?

 

Che fare? Una volta ho detto che la risposta potrebbe essere "benign neglect" come suggerì a Nixon il Sen Moyhan (spelling incerto, ma andate a guardare "benign neglect" su google) per la comunità afroamericana. Ma non ne sono certo.

 

Tutte le deviazioni misurabili nel Sud Italia rispetto alla media OCSE sono secondo me collegate a due fattori principali.

Il primo fattore e' semplicemente l'arretratezza storica del Sud Italia. Un indicare per me attendibile di questa arretratezza potrebbe essere la percentuale di analfabeti agli inizi del 1900. Minore alfabetizzazione in passato causa oggi peggiore alfabetizzazione, minore PIL pro-capite, arretratezza generale di tutta la societa'. Ancora oggi l'alfabetizzazione del Sud Italia e' largamente incompleta nella popolazione adulta, e seriamente deficitaria anche nelle giovani generazioni.  Cio' causa e convive con una societa' ancora oggi complessivamente arretrata.

Il secondo fattore e' lo Stato italiano, sia per quanto concerne la sua azione concreta, sia per quanto concerne come si struttura l'acquisizione del consenso e quindi del potere statale, fin dai primi decenni successivi all'unificazione.

L'acquisizione del consenso e del potere nello Stato italiano si basa sulla sovra-tassazione del Nord produttivo, tendenzialmente progressista e anti-governativo, allo scopo di comperare voti nel Sud Italia, tendenzialmente governativo e conservatore.  Una parte del Nord, ad esempio i proprietari di grandi imprese assistite e colluse con lo Stato, in passato anche la Monarchia preoccupata dal consenso ai partiti socialisti, collabora. Questa e' una costante inaugurata dalla sinistra liberale storica e proseguita dal Fascismo, dalla DC e dal sistema consociativo DC-PSI-PCI. F.Turati se ne era gia' accorto e lo denunciava gia' negli anni dal 1880 al 1890.

E' logico che se il sistema di potere ha questa struttura, "preferisce" che vengano mantenuti grandi differenziali di ricchezza tra Nord e Sud: piu' ricco e' il Nord e meno costa elettoralmente sovra-tassarlo, piu' povero e' il Sud e piu' voti si comperano con la stessa spesa pubblica.  Ma di fatto e' l'azione concreta dello Stato, condizionata dall'acquisizione del consenso, dall'incompetenza diffusa nelle classi dirigenti, e dall'ideologia, che mantiene arretrato il Sud.

Uno dei maggiori fattori di sottosviluppo dell'economia privata nel Sud Italia sono stipendi pubblici identici a fronte di costi della vita e opportunita' di impiego privato drasticamente inferiori. Questo attrae le migliori risorse umane del Sud verso l'impiego statale, e affossa l'impresa privata che non puo' competere con i compensi erogati nel settore pubblico, causa la minore produttivita' rispetto al Nord e alla media italiana. 

Un secondo grande fattore di sottosviluppo e' il livello estremamente scadente con cui lo Stato italiano fa rispettare le sue leggi sia penali sia fiscali nel Sud rispetto al Nord. E' evidente che non ci puo' essere alcun incentivo allo sviluppo economico o alla produttivita' quando e' sufficiente non osservare la legge o il fisco per sovra-compensare la minore produttivita' locale causata da risorse umane meno istruite e ambiente circostante piu' arretrato.

Un terzo formidabile fattore di sottosviluppo del Sud e' l'assenza di un sistema di valutazione nazionale affidabile e uniforme delle competenze, in particolare per l'assunzione e la carriera nel settore pubblico, e il conseguente ingiustificato valore dato al "pezzo di carta" ovvero ad esempio ai voti delle Scuole di provenienza.  Un sistema affidabile e uniforme di valutazione potrebbe evidenziare l'arretratezza del Sud e incentivarlo a migliorare.  L'assenza di valutazione onesta delle competenze reali incentiva il Sud Italia ad alzare i voti senza curarsi della propria arretratezza. In un contesto trasparente, equo ed onesto, la convergenza tra regioni diverse sottoposte alle stesse leggi sarebbe una conseguenza naturale.  Un contesto opaco, iniquo e disonesto intralcia la tendenza altrimenti naturale di convergenza.

Tutti i fattori elencati sono evidenti, ma siccome chi acquisisce il potere come spiegato sopra ha interesse a comperare i voti nel Sud per mantenerlo, tutti questi fattori di sottosviluppo vengono e verranno mantenuti, perche' correggerli diminuisce i consensi a Sud.

Il disastro conseguente all'azione dello Stato italiano nel Sud Italia e' particolarmente evidente dagli anni '90 ad oggi, quando il PIL pro-capite del Sud Italia e' precipitato rispetto al PIL pro-capite di tutti i paesi europei comparabilmente arretrati: Irlanda, Spagna, Grecia e Portogallo. Dopo aver visto il successo economico dell'Irlanda, della Spagna e della Grecia nei lustri recenti, sono sempre piu' convinto che siano proprio una serie di azioni dello Stato italiano a provvedere incentivi formidabili al sottosviluppo del Sud.

Forse una delle conseguenze piu' penose dell'azione dello Stato italiano e' la condizione delle elites del Sud, che si trovano ad essere schiave della necessita' di mantenere in ogni modo e con ogni mezzo il flusso di risorse provenienti dallo Stato centrale, perche' la struttura economica privata del Sud vive in uno stato comatoso anche a causa di tutti i disincentivi provvisti dall'intervento statale.

Oltre a tutto quanto elencato sopra, e' possibile anche vedere il Sud Italia (ma in realta' cio' si estende a tutta l'Italia) come una societa' "vecchia", decadente, una civilizzazione "fossile" secondo la classificazione di Toynbee, cioe' una societa' che, sottoposta ad una sfida, ad un confronto con l'esterno, non e' riuscita a superarli e ora rifiuta il confronto, e si e' accartocciata al suo interno. In societa' fallite di questo tipo le elites si dedicano unicamente allo sfruttamento e alla rapina delle risorse interne, disinteressandosi delle sfide e della competizione esterna,  tipicamente anche associandosi allo straniero all'unico scopo di consolidare la propria struttura di controllo e sfruttamento delle risorse interne. Una caratteristica tipica delle societa' fossili e' rifiutare la realta' oggettiva e dedicarsi alla reiterazione rituale dei propri miti culturali, sempre piu' distanti dalla realta' e da ogni utilita', rifugiandosi in un culto autistico ed insensato della propria diversita' e specificita'.

Mi ero dimenticato di aggiungere:

7. Voti alti ed altissimi alla maturità.

Sandro: e se cominciassimo a chiedere apertamente alla classe dirigente meridionale, specialmente quella illuminata, progressista, moderna, sofisticata ... ragione per tali fatti? Dal Presidente della Repubblica in giù, tanto per capirsi. In che misura quella classe dirigente è responsabile per quanto accade nel Meridione? In che misura il suo rifiutarsi di riconoscere, da un lato, le proprie responsabilità storiche e, dall'altro, l'obiettivo stato in cui quella parte del paese versa, costituisce la principale causa della persistente degenerazione? In che misura è la continua negazione di fatti e responsabilità da parte delle elites meridionali il guaio principale?

P.S. Tanto per confermare ciò che Aldo Masullo chiama "la napoletanizzazione dell'Italia", eccovi una storia milanese. Ah Milano, vicino all'Europa, che banche, che cambi, che truffatori impuniti ... sfido chiunque a trovare una storiella del genere in qualsiasi altra città del resto d'Europa!

Tutte le volte che si parla di evasione si torna al solito: Nord contro Sud, con dati e parole insufficienti.

Mettiamola così: per non parlare a vanvera dovremmo disporre dei seguenti dati (che sono certi, e non stime).

PIL diviso fra Nord-Centro-Sud-Isole.

Quantità numerica degli accertamenti fatti con esito positivo (riscontro di evasione effettiva).

Importo medio dell'accertamento, diviso per area territoriale.

Importi totali accertati divisi per area territoriale.

Tipo di imposta evasa (IIDD, Iva, Irap, altre) e quantificazione numerica.

Diciamo inoltre che, per avere una serie affidabile, questi dati li dovremmo avere per tre anni consecutivi.

Altrimenti faccio una domanda, con un inciso, posto che il giornalista di Repubblica faccia confusione fra dati, e quindi sia poco professionale, tutto il resto è afidabile ? E a che serve sapere che (dati di AL) ci sono 10 (circa) evasori ogni 100.000 abitanti al Centro (sempre che il nostro giornalista non abbia incluso per errore in buona fede l'Emilia al Centro), 4 (circa) al Nord e al Sud ? Se quei quattro del Sud evadono 1.000.000,00 di euro cadauno e quei 10 invece 1.000,00 euro cadauno come la mettiamo ? Quanto costa scoprire 10 evasori da 1.000,00 euro ?

Per questo affermo che, per poter discutere seriamente di evasione fiscale dovremmo utilizzare il parametro costi/benefici, se fermare un tipo per la strada a napoli, fargli un'indagine patrimoniale, tanto è un evasore certo, e recuperare 100 euro perchè lavora come parcheggaitore abusivo mi costa di più o di meno di questo.

 

E a che serve sapere che (dati di AL) ci sono 10 (circa) evasori ogni 100.000 abitanti al Centro (sempre che il nostro giornalista non abbia incluso per errore in buona fede l'Emilia al Centro), 4 (circa) al Nord e al Sud ? Se quei quattro del Sud evadono 1.000.000,00 di euro cadauno e quei 10 invece 1.000,00 euro cadauno come la mettiamo ? Quanto costa scoprire 10 evasori da 1.000,00 euro ?

 

Conoscere i dati e' il primo elemento per poter comprendere la realta' ed elaborare proposte per migliorarla. Vorrei sottolineare che i dati elencati, che sono presentati da Repubblica spero copiando correttamente qualche bollettino ministeriale o della GdF, dicono che gli efficienti apparati dello Stato italiano hanno trovato circa 10 evasori totali ogni 100mila abitanti nel Centro nei primi 5 mesi del 2009, 4 nel Nord e 4 nel Sud.  Quanti siano gli evasori totali nessuno lo sa, queste sono solo le ultime cifre del giorno su quelli denunciati, e immagino si tratti di contestazioni non ancora risolte da giudizio definitivo della magistratura competente. Il numero degli evasori esistenti si puo' stimare moltiplicando i numeri elencati per l'inverso della probabilita' di essere scoperti, proporzionale all'efficienza della pubblica amministrazione, molto probabilmente assai diversa nelle tre aree.