Quel che conta per una famiglia, alla fine, non è QUALI tasse si pagano, ma quanti soldi rimangono in tasca dopo averle pagate. La posizione di FARE è che bisogna ridurre parecchio la pressione fiscale, in modo da aumentare i soldi che rimangono in tasca. Crediamo, al contrario delle promesse di Berlusconi, di aver indicato un percorso credibile per farlo, l'unico: da un lato ridurre la spesa pubblica in modo equo, tagliando gli sprechi, e senza toccare scuola, sanità, e il potere d'acquisto delle pensioni e degli stipendi pubblici medio-bassi (sotto all'incirca i 2500 euro netti mensili) e dall'altro ridurre il debito con massicce dismissioni e vendite di imprese e immobili pubblici.
Per rilanciare l'economia invece è meglio tagliare certe tasse piuttosto che altre. L'IRAP è una tassa che distrugge le imprese (e, per proprietà transitiva, il lavoro e la crescita). Le imposte sui redditi e il cuneo fiscale in generale sono tasse che distruggono gli incentivi a lavorare degli individui (e, per proprietà transitiva, il lavoro e la crescita). Se con qualche ora di straordinario o di consulenza al sabato posso prendere 100 euro ma lo stato me ne porta via metà, ci penso due volte a rinunciare al mio tempo libero. E tutti stanno peggio: io perchè, senza tasse, avrei volentieri rinunciato al mio tempo libero, e la società perché avrebbe beneficiato del mio lavoro, direttamente o indirettamente.
In questo senso, l'IMU è meno prioritaria. La nostra proposta di riforma fiscale implica meno tasse per i lavoratori. Certo, ci sono le vecchiette che vivono in un palazzo in centro e non riescono a pagare l'IMU. Ma ci sono anche i giovani neodiplomati che non riescono a metter su famiglia a causa dell'IRPEF. Le situazioni di povertà si affrontano con un welfare serio, equo e efficiente, non con la politica fiscale, o con le promesse di rimborso IMU che finiscono per essere compensate da maggiori tasse di altro tipo. La politica fiscale deve essere congegnata per distorcere il meno possibile gli incentivi di lavoratori ed imprese a produrre. Questo è il modo serio di ragionare se si vuole veramente tornare a crescere. Per tutto il resto, rivolgersi ai soliti demagoghi da quattro soldi.
i) l'IMU sulla prima casa è regressiva, dato che in genere i ricchi stanno in case più belle. Introduce anche distorsioni varie in quanto notoriamente i valori catastali differiscono da quelli di mercato. QUindi favorisce chi sta in una casa accatastata recentemente (ad un valore più simile al prezzo) ai danni di chi sta in una casa vecchia o a valore non aggiornato
ii) l'abolizione dell'IMU favorisce i proprietari di case a danno di chi sta in affitto. In genere stanno in affitto i giovani e/o le persone più mobili - due categorie da aiutare piuttosto che da penalizzare
domanda riguardo al valore catastale: ma non funziona esattamente al contrario? Mi era stato detto che, chi si trova con una casa accatastata recentemente, si trova SFAVORITO in quanto il valore è piú alto rispetto a chi ha una casa accatastata in tempi "remoti".
Se si considera, come probabilmente è finché lo stato centrale si incamera l'80% della raccolta, l'IMU una sorta di imposta patrimoniale sugli immobili, ha senso che siano i proprietari a pagarla, almeno direttamente. Ma se si trasformasse in tassa locale, con specifiche controprestazioni, andrebbe pagata primariamente da chi risiede nella casa (poi, se la casa è sfitta, in ultima istanza dal proprietario).
Entrambi i punti di Giovanni Federico mi sembrano poco convincenti: forse nel primo si voleva qualificare come regressiva l'IMU se fosse esente la prima casa, immaginando appunto che si tratti del cespite di maggior valore; gli altri rilievi non attengono tanto al meccanismo dell'IMU quanto all'imposizione in base al valore catastale in genere (però se pago su un valore aggiornato pago di più, mi pare).
Non comprendo il secondo punto: che danno subirebbe il conduttore dall'abolizione dell'IMU sull'appartamento nel quale egli abita? e sull'appartamento del suo vicino, proprietario?