Bando al cinismo cosmico che domina la mia esistenza di economistuccolo: e' stata una grande esperienza. Ieri pomeriggio, della tanto conclamata crisi della Chiesa, nel Bronx non v'era traccia alcuna. L'entusiasmo per la Messa con il Top Shepherd era assolutamente straripante. La cattedrale del baseball, giunta all'ultima stagione della sua veneranda esistenza, era piena come un uovo per il Santo Padre. La gente ha cominciato ad affluire alle 9, più di cinque ora prima che iniziasse la Messa. E veniva da tutti gli angoli del Paese. Io sono sceso dalla metropolitana alle 11:30, e mi ci è voluta un'ora e mezza per raggiungere il mio posto! Sugli spalti, c'era una serenità, una gioia, e un senso d'attesa che ben poche volte ho sperimentato in vita mia. Così come in poche altre occasioni ho percepito i brividi che ho provato ad ascoltare sessantamila persone pregare all'unisono. "Trulyinspirational," come dicono gli americanoidi. Come ha detto candidamente un giovane intervistato in televisione dopo aver assistito ad un evento di questa visita apostolica: "itwasawsome... whenyou are in front of the guy, youfeeleven more Catholic." :-) Noi cattolici siamo famosi per l'autocommiserazione e il desiderio di auto-punirci. Eventi come questi, con l'impronta emozionale unica che ci lasciano, aiutano ad emanciparci.
La Messa ha costituito il coronamento di una sei giorni esaltante negli Stati Uniti, di cui gli ultimi tre 'in ourgreat city of New York'. Non v'è visitatore per cui sia facile farsi notare a New York. La città, nella sua febbrile ed incessante attività, non si scuote per nessuno. Il Presidente Bush viene in città? Tutti sanno che sta al Waldorf Astoria, sicché basta stare lontano da quell'isolato. Si riunisce l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite? Poco male. Tanto, chi ci abita negli Eastmid-Fourties? Il Papa, invece, si è sentito, eccome. NY1, la televisione locale, ha fatto tre giorni di diretta continuata, trasmettendo tutti gli eventi che hanno costellato la visita del Papa: il discorso alle Nazioni Unite, la visita in una sinagoga a Manhattan proprio poche ora che iniziassero le celebrazioni del Passover, l'incontro con le vittime dei preti pedofili, la Messa per i religiosi in Cattedrale, l'incontro con i bambini disabili e con i giovani al Seminario di SaintJoseph, a Yonkers, per finire con la visita a Ground Zero, il sito del World Trade Center, e la Santa Messa a Yankee Stadium. Ovunque, l'attenzione della gente e dei media è stata spasmodica.
Negli Stati Uniti ci sono circa 67 milioni di Cattolici, di cui circa tre a New York City. Come ha sottolineato Benedetto XVI durante la sua omelia, la strada percorsa negli ultimi duecento anni è stata notevole. Proprio due secoli fa, Papa Pio VII costituiva le diocesi (oggi arcidiocesi) di Louisville, Philadelphia, Boston, e New York, al fine di ridurre il carico di lavoro del Vescovo di Baltimora, l'unico negli Stati Uniti fino al quel punto. Quello era un tempo di grande animosità della maggioranza protestante verso l'esile minoranza cattolica, animosità che si spingeva ben oltre la discriminazione. La chiesa della mia parrocchia, costruita attorno al 1830, è la più antica della città, ma non è stata la prima ad essere costruita. Infatti, chiese più antiche vennero incendiate. Ci vorranno le torrenziali correnti migratorie dall'Irlanda prima, e dall'Italia poi, per dare ai cattolici la forza numerica per ottenere rispetto. Ora costituiamo una forza che, nonostante gli innumerevoli problemi, riscuote continua attenzione da parte di media, politici, e potentati economici (si vedano i recenti sforzi di Obama e Hillary). Le sfide degli ultimi anni sono note a tutti. Prime tra tutte, gli scandali dovuti ai reati di pedofilia commessi da sacerdoti e il calo delle vocazioni religiose. Come mi pare di aver sostenuto in passato anche su NfA, a parer mio lo humancapital dei religiosi non è mai stato così alto nella storia della Chiesa. Non voglio negare che gli scandali abbiano provocato danni. Ma gli scandali non sono stati se non la pubblica realizzazione dei crimini. I danni sono stati perpetrati in passato, e perlopiù da personale reclutato molto addietro. I giovani preti hanno preso coscienza delle loro vocazioni in tempi in cui il costo opportunità della vita religiosa era molto alto. E non sono il prodotto di una sottocultura cattolica imperniata sulle comunità di immigrati. Domenica scorsa, nella mia parrocchia la Santa Messa è stata concelebrata da un sacerdote di recentissima ordinazione. Già studente undergraduate di NYU, il datore di lavoro mio e di Alberto, il tipo non ha preso piena coscienza della sua vocazione prima di aver completato la LawSchool ed aver lavorato come corporatelawyer. Certo, non tutti i nostri preti sono avvocati, e probabilmente non vorremmo che lo fossero. Fatto sta che tutti i preti giovani che incontro mi impressionano per il loro entusiasmo e per le loro capacità intellettuali.
Chiudo con una battuta. A distanza di anni, a parte sensazioni personali non facilmente descrivibili, di questa visita ci ricorderemo il bellissimo motto ufficale, "ChristOurHope", e la difficoltà con cui il Santo Padre pronuncia l'articolo "the." Intendiamoci: Benedetto XVI parla splendidamente perlomeno Inglese, Francese, Spagnolo, Tedesco, e Italiano (ha usato tutti questi idiomi durante questi sei giorni). Detto questo, tutti ci ricorderemo di "In zenameof ze Father, ofze Son, andofzeHolySpirit"...
Aspettate... voglio anche citare (non letteralmente) una metafora utilizzata dal Papa durante l'omelia a SaintPatrick. Eccola. Da fuori, le vetrate delle chiese gotiche sono poco più che pezzi di vetro. Diversamente, all'interno, la luce che li attraversa crea affascinanti effetti cromatici. Lo stesso si può dire della fede. Agli occhi dell'osservatore esterno, non dà sensazione alcuna. Da dentro, invece, è bellissima.
Know your enemy.