Anteponendo le conclusioni al ragionamento elenco i tre motivi per cui considero il PD un bene. Perchè, data la
regolarità con cui in Italia il partito unificato è minore della somma delle
parti, il PD accelererà l'altrimenti troppo lento processo di evaporazione dei
reduci dell'arco costituzionale. Perchè forzando l'agglomerazione alla propria
sinistra dei reduci del 1977, risalterà la follia reazionaria delle ideologie
di cui codesti s'ammantano. Perchè la creazione mediatica del "nuovo capo" renderà
inevitabile la fine dell'era Berlusconi-Bossi-Fini, dando alla destra
l'opportunità (che il padrone di Mediaset soffocò 14 anni fa) di scegliersi
leaders meno indecenti, magari dibattendo pubblicamente sui propri fondamenti
ideologico-politici.
L'interesse: son
curioso di vedere come i reduci dell'arco costituzionale che resse l'Italia dal
1946 al 1993 conseguano convivere in un'entità politica comune realizzando, con trent'anni di ritardo, quel compromesso storico che Enrico Berlinguer riteneva
strumento essenziale per "riformare" (nel senso suo) l'Italia. Appartengo
alla generazione che patì il compromesso storico e le cui aspirazioni di politica
e di riforma vennero castrate sul nascere dal medesimo: attendo l'epilogo ridicolo di un film altrimenti orrendo.
L'antipatia: potrebbe
essere altrimenti ? Non so intendere come si possa anche solo vagamente sperare
che un progetto di tal fatta possa partorire alcunchè di positivo per uno come me. Un partito politico è fatto di tre ingredienti: il personale, le
ideologie, e le classi sociali di riferimento. Nel caso del PD questi tre ingredienti sono o
scadenti o di pessima qualità; non credo che mischiandoli ne possa uscire un composto migliore.
Il personale. Da quando - grazie all'opera solo parzialmente
distruttrice e quindi doppiamente monca, di Mani Pulite e della caduta dell'URSS
- è venuta meno la barriera all'accesso al governo che la fabula dell'arco costituzionale
costituiva, costoro si vanno inventando un trucco dietro all'altro
per mantenere e riaffermare i privilegi di casta nei quali han sempre vissuto.
Prima venne la "gioiosa macchina di guerra", immediatamente sfasciata assieme al suo conduttore. Poi l'imbecille arroganza di Bossi, che vendette un'occasione storica per un piatto di lenticchie, aprì la porta al tradimento di Dini, che giocò a fare il primo ministro per conto terzi. Il governuccolo che ne scaturì permise a costoro di riprendere fiato coltivando un intero orto botanico di partiti e coalizioni. Prodi, De Mita, Napolitano, Marini, Amato, Boselli, Rognoni, Mattarella, D'Alema,
Veltroni, Fassino, Bassolino, Bindi, Violante, Rutelli, Dini, Cofferati ... gli assenti
all'appello sono tali solo perchè defunti o migrati a quell'altra, speculare,
operazione politica: la costruzione del partito dei reduci del 1977. Trattasi non di età media (solita fissazione sui sintomi invece che sulle cause) ma piuttosto delle carriere politiche e degli atti concreti compiuti da costoro dalla metà anni 70 ad oggi. Trattasi di una classe dirigente e di un personale politico fallimentare e delegettimato. Trattasi di persone che non solo non hanno mai detto o fatto qualcosa di minimamente decente, ma che in genere non sono neanche riusciti a realizzare quanto avevano roboantemente promesso. Trattasi di quanto costoro han fatto dal maggio 2006 ad oggi: nonostante siano di gran lunga la componente maggioritaria della compagine governativa essi continuano a fare ciò che sindacati e Rifondazione ordinano loro. Le già miserrime liberalizzazioni di Bersani si sono ridotte ad una farsa, la lotta all'evasione fiscale è tutta fumo e niente arrosto e comunque ci remano contro anche alcuni di loro, il rigore finanziario sbandierato 10 mesi fa si è trasformato nel suo contrario, la privatizzazione Alitalia è affare semi-deliquenziale in cui un privato amico diventerà monopolista del trasporto aereo interno con spese di personale cafone-cialtrone a carico del contribuente, a colpi di coordinamento con le parti sociali la riforma delle pensioni s'è trasformata nella controriforma che aumenta la spesa ... L'incompetenza di costoro, anche solo a perseguire obiettivi da essi stessi assunti, mi sembra palese. D'una sola cosa sembrano capaci: mantenersi saldamente a bordo d'una berlina blu con scorta ed autista romano. Del loro nuovo leader ha gia' detto tutto Palma: da uno che promette e non mantiene cosa vi aspettate?
Le ideologie. E' presto detto: cattocomunismo. Il signor VW, è riuscito a fugare qualsiasi dubbio con la simbolica visita a Barbiana in vigilia di candidatura. Lorenzo Milani, un eroe della mia prima adolescenza, era un uomo intelligente e coraggioso ma, purtroppo, era anche un uomo terribilmente confuso. Egli fu, sia di fatto che simbolicamente, uno dei padri fondatori del catto-comunismo e dei disastri che questa incoerente ideologia tutta italiana ci ha regalato da cinquant'anni a questa parte. Piu' di Rodano e Dossetti, piu' di La Valle ed Ossicini, piu' di Turoldo e Balducci, Lorenzo Milani riuscì con i suoi atti ed i suoi scritti ad influenzare almeno due generazioni di giovani italiani, per i quali divenne un mito. Purtroppo, come tutti i miti, sarebbe stato utile se fosse stato massivamente ascoltato per pochi anni (non lo fu) e poi rapidamente dimenticato (e nemmeno questo accadde). Quasi tutto quanto l'uomo predicò risulta oggi insensato, inapplicabile e fondamentalmente dannoso. Che VW l'abbia scelto come punto di riferimento ideologico (contornato dalle immagini vuote di contenuto di Gandhi e Bob Kennedy ...) la dice fin troppo lunga sullo schema ideologico-culturale di costui. Una lettura attenta del suo discorso, alcuni dei "migliori" passaggi del quale sono stati correttamente sottolineati da Rabbi, conferma che lo scheletro ideologico del nuovo partito è composto al 50% della caratteristica aria fritta mediatico-romana su cui il VW ha costruito la sua carriera sin dai lontani anni di FGCI (a leggere La Repubblica, in questi giorni, viene il voltastomaco: sembra la Пра́вда degli anni 70) ed il cattocomunismo più subdolo e sdolcinato. Il cattocomunismo - vogliamo discuterne? Se proprio serve, lo faremo - è la doppia negazione del pensiero liberale: ossia è peggio ancora delle due ideologie componenti prese isolatamente. Come da una tale ideologia possa sorgere alcunchè di utile, io non so intendere.
Classi sociali di riferimento. Questo diverrà più chiaro, mi auguro, la settimana prossima quando cominceremo a pubblicare i risultati di un lavoro empirico originale sulle opinioni degli elettori italiani riguardo a politiche liberiste. Ma non credo di dire niente di particolarmente sorprendente nel ricordare che le classi sociali di riferimento (diciamo, quelle che costituiscono più del 50% della sua base elettorale) del nascituro PD non sono i gruppi sociali produttivi del Centro-Nord dell'Italia. Sono invece i dipendenti statali, in particolare insegnanti di ogni ordine e grado, gli occupati nei servizi pubblici o pubblicamente controllati (dai trasporti alle telecomunicazioni), i pensionati d'ogni età e tipologia, e qualche residuo dipendente della grande industria italiana che fu. Ognuno di questi gruppi vuole, per definizione, più stato e meno mercato, più redistribuzione via leva fiscale e meno guadagni di produttività, più potere di monopolio e meno competizione, più spesa pubblica improduttiva e meno investimenti privati. In soldoni, i gruppi sociali di riferimento del PD vogliono che si continui sulla strada seguita sino ad oggi dal governo Prodi, senza deviare d'un solo millimetro. La presenza, nelle stanze di servizio dei piani alti del PD e nella foresteria "tecnica", di sparuti rappresentanti della borghesia "illuminata" residente nelle grandi città italiane (da quali luci tale borghesia venga da quarant'anni illuminata non m'è dato intendere) non cambia la sostanza delle cose. Di tale borghesia intellettual-imprenditoriale e dei suoi strani rapporti con la politica romana preferisco parlare in altra sede (l'estate sta arrivando e di qualche tema di riserva ho bisogno). Qui m'interessa solo sottolineare che, nella miglior tradizione catto-comunista, le "mosche cocchiere" (note altrimenti come "compagni di strada") un ruolo del tutto collaterale e strumentale (nel senso di strumentalizzato) devono avere, hanno sempre avuto e tuttora hanno. I ripetuti fallimenti della cosidetta "ala liberal" dell'attuale compagine governativa - ergo: del nascituro PD - di svolgere una funzione altra da quella del punching-ball ne sono solo l'ennesima conferma. La ragione di tale irrilevanza sono ovvie: la classe sociale da cui costoro provengono (oltre ch'essere di dimensioni infinitesimali) fa da sempre finta (via editorialisti di Corriere-Repubblica-Stampa-Sole) d'essere liberal-democratica e molto, molto "British", ma non lo è. Non lo è nelle proprie pratiche economiche (devo forse far cognomi e raccontar di grandi aziende ubicate tra Milano e Torino?), non lo è nella sua relazione con il potere politico, non lo è nelle sue pratiche sociali, non lo è nella meritocrazia mai esercitata e molto teorizzata. Soprattutto, non lo è nel segreto dell'urna: gli abitanti del centro di Milano, Torino, Bologna, Roma, Genova, Firenze e Napoli (per non parlare di Padova, Verona, Parma, Mantova, Brescia, ...) non votano Unione e non voteranno PD. Per tradizione antica e di Leopardiana memoria, nella stessa maniera in cui ogni mattina comprano Libero ed il Corriere celando il primo dentro al secondo, quando vanno alle urne si turano il naso e votano CdL, sic et simpliciter.
Le implicazioni politiche di questi banali fatti sono semplici. Nonostante il can-can mediatico senza pari diretto a far credere che d'una svolta
epocale si tratta, che la Prima Repubblica ora è davvero finita, che VW è il futuro partner di Hillary, stiamo semplicemente assistendo alla realizzazione del compromesso storico attraverso la nascita di un "partito democristiano" adeguato alle circostanze. Della DC il PD conserva e riproduce la struttura a correnti e fazioni, l'assegnazione delle cariche di potere secondo il bilancino delle tessere e dei voti, una classe dirigente composta da professionisti della politica che mai hanno lavorato, un sottoinsieme delle classi sociali di riferimento (spariti i coltivatori diretti li sostituiscono gli insegnanti, ma han perso piccoli imprenditori, artigiani e commercianti), la natura di "partito di stato" che se perde il potere si scioglie, ed ovviamente l'ideologia catto-comunista.
Qualcuno dirà che quest'ultima affermazione non è poi così ovvia: forse mi sbaglio, ma a me lo sembra. Alla sinistra del PD si sta formando il nuovo "partito comunista", che giocherà nei confronti del PD lo stesso ruolo che PSI prima e PCI poi giocarono nei confronti della DC. La sinistra DC, da sempre una componente essenziale di quel partito, viene oggi rimpiazzata da coloro che arrivano dai DS mentre le componenti di "destra" vengono dai DL e da quei settori minoritari che si autodefiniscono "liberali" e che ho menzionato poc'anzi. Vale la pena ricordare che, anche nella DC, fu sempre presente una micro-corrente "liberale" che aveva, come riferimento sociale, gli stessi gruppi intellettual-imprenditoriali degli attuali "liberali" del PD.
Differenze fondamentali: il PD è oggi più a sinistra della DC (infatti, il suo primo segretario sarà un uomo della corrente di sinistra) per la semplicissima ragione che la destra in Italia è ora saldamente occupata dalla CdL; il PD non può neanche lontanamente sognarsi di governare senza un'alleanza solida e di lungo periodo con il nuovo partito comunista. Questo implica che (1) politiche liberali non potranno mai venire dal PD o da governi di cui faccia parte, (2) la componente liberale dello stesso o si adeguerà all'eterno ruolo di strumentale mosca cocchiera che accude esclusivamente al proprio orticello d'interessi particolari e non conta nulla su tutto il resto, o dovrà presto andarsene, (3) quei gruppi sociali - esistono: saran anche piccoli ma non son minuscoli - che abbisognano di politiche liberali, si scopriranno ancor più orfani di riferimenti politici dopo la nascita del PD di quanto non lo fossero prima, (4) tali gruppi hanno, oggi più che mai, interesse ed incentivo ad organizzarsi in una qualche forma e a far sentire la propria voce, pena lo stritolamento economico.
Le conclusioni riassunte all'inizio mi sembrano conseguenti. La prima e la seconda sono ovvie, mentre forse più dubbia risulta essere la terza. A mio avviso la comparsa di VW e la progressiva realizzazione che non v'è spazio per i liberali nel PD determineranno una domanda di nuova leadership per la CdL oltre all'emergere di una qualche forza esplicitamente liberale (se dentro o fuori della CdL, non saprei dire e mi sembra poco rilevante.) Consapevole di questo, Berlusconi sta cercando quasi disperatamente di arrivare alle elezioni al più presto possibile, per rimanere candidato primo ministro (ed ovviamente vincere), bloccare qualsiasi dibattito interno alla CdL e manovrare la scelta del successore. Il tempo gioca contro di lui: il tempo non solo rende il trio BBF sempre più vecchio e ridicolo ma permette ad altri di emergere, di porre la questione della nuova leadership e, forse, di porre la questione liberale. Vediamo come si arriva al 2008, ma forse è il caso di guardare al futuro con moderato ottimismo.
P.S. Per i piu giovani: una volta esisteva un periodico divertente, che si chiamava Il Male. Un giorno Armando Cossutta partì per Mosca, dove andava a prendere ordini. Pubblicarono una vignetta composta di due disegni. Il primo mostrava di profilo l'Armando con valigia che s'imbarcava, il secondo mostrava il medesimo che sbarcava. Le diciture erano, rispettivamente, "partito comunista italiano" e "tornato comunista russo". A Salvati (che secondo Wikipedia il PD lo propose per primo), Veltroni e compagnia sta succedendo lo stesso. Partiti democratici arrivano democristiani.
Credo che ci sia un gruppo sociale rilevante che abbisognerebbe urgentemente di riforme liberali: i giovani, specie se precari. Purtroppo per lo più cercano esattamente il contrario.
Non credo però che Berlusconi si farà intimorire dalla domanda di nuova leadership, mi pare più probabile che continui a fare il padre-padrone.Spero di sbagliarmi.
Ho la stessa impressione. Le ambizioni dei piu' mi paiono ben descritte da una vecchia canzone dei "Gufi", che probabilmente sono troppo giovani per conoscere:
Non mi piace suonare il contrabbasso
né cercare un po' di gloria nel successo
non mi piace girare col maglione
tanto meno cantare nei night club.
Io vado in banca
stipendio fisso
così mi piazzo
e non se ne parla più.
L'utilitaria
la compro a rate
e per l'estate
mi faccio un vestito blu.
Voglio andare a Como ogni domenica
le mie ferie le passo tutte a Rimini
giocherò al totocalcio tutti i sabati
per parlarne coi colleghi al lunedì.
Io vado in banca stipendio fisso
così mi piazzo e non se ne parla più.
Purtroppo per loro, gli impieghi a vita degli anni '60 non esistono piu' neanche in banca.