Nell'ultimo anno si è parlato quasi esclusivamente di fannulloni, ma nel ddl Brunetta appena diventato legge (meglio, legge-delega al governo) c'è molto di più. Il testo approvato dal parlamento lo trovate qui. La sintesi del Sole24Ore qui.
I principi-chiave contenuti nella legge-delega e ai quali il governo dovrà ispirarsi nell'emanare i decreti di riforma sono essenzialmente quattro: convergenza, meritocrazia, valutazione e pubblicità/trasparenza. Specificamente:
- Convergenza degli "assetti regolativi" del pubblico impiego a quelli dell'impiego privato.
- Meritocrazia nella remunerazione e negli avanzamenti di carriera dei dipendenti pubblici.
- Valutazione dei dipendenti e delle amministrazioni.
- Pubblicità e trasparenza degli indicatori e delle valutazioni.
I primi due principi, nella loro generalità, implicano l'abbattimento di privilegi (cioé rendite) di cui godono alcuni e la tutela dei diritti di altri all'interno dell'amministrazione pubblica. In questo senso non possono che essere condivisi. Incidentalmente, sono principi di sinistra ed è bizzarro che si appresti a realizzarli (salvo buon fine) un governo di destra. O forse non c'è nulla bizzarro e si è finalmente capito che abbattimento delle rendite e meritrocrazia sono principi socialmente benefici e quindi non sono di parte. In questo recente post su nFA, ad esempio, si è molto chiaramente e con abbondanza di dati spiegato perché l'abbattimento delle rendite da pubblico impiego costituisca un'importante politica per la ripresa della cresctita in Italia.
La realizzazione del primo principio sarà essenzialmente una battaglia coi sindacati e quindi verosimilmente richiederà, purtroppo, concessioni che andranno nella direzione di negare il principio stesso. È infatti difficile immaginare che i maggiori sindacati accettino la riduzione dei privilegi dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati in cambio di niente. Sarebbe un errore: se vogliono veramente fare qualcosa di sinistra questi sindacati dovrebbero sostenere almeno i principi di convergenza e meritocrazia. Altrimenti dimostrerebbero di non tutelare gli interessi che affermano di tutelare. I primi commenti non sono stati incoraggianti.
Il quarto principio è molto importante e perciò è da apprezzare il fatto che il governo si sia autovincolato all'articolo 4, punto 2, lettera h della legge-delega ad
assicurare la totale accessibilità dei dati relativi ai servizi resi dalla pubblica amministrazione [...] anche attraverso la disponibilità immediata mediante la rete internet di tutti i dati sui quali si basano le valutazioni, affinché possano essere oggetto di autonoma analisi ed elaborazione.
Di nuovo, non si può che apprezzare. Questi dati però vanno prodotti, cioé la realizzazione del quarto principio dipende dal terzo. Ancora più importante, anche la realizzazione del secondo principio dipende dal terzo, cioé dalla possibilità di misurare la produttività delle varie amministrazioni e dei singoli dipendenti pubblici, in particolare dei dirigenti. Senza valutazione la meritocrazia è un principio vuoto. Equivarrebbe a fare la pubblica amministrazione senza fare gli amministratori pubblici.
In altre parole, non serve a nulla alterare le regole se non si alterano anche gli incentivi. In Italia, e ovunque si sopravvaluti il diritto, sembra esserci una misconcezione per cui sono le affermazioni di principio, del "dover essere", che creano gli incentivi. Mi spiego con un esempio. Fare una legge per cui "tutti i cittadini devono essere onesti" non serve a nulla se i cittadini non trovano conveniente (in considerazione della propria moralità o di un mero calcolo costi-benefici) essere onesti. A quel punto, tra l'altro, la norma è superflua. Così, nel caso specifico, se il merito non fosse oggettivamente verificabile nessuno trovererebbe conveniente essere meritevole e quindi non servirebbe a nulla decretare che negli avanzamenti di carriera conta il merito.
È quindi fondamentale che il governo realizzi congiuntamente il secondo e terzo principio, e questo è l'oceano che, nella legge-delega, c'è tra il dire e il fare. Vediamo perché. Gli articoli che si occupano di misurazione, valutazione, e meritocrazia come incentivo sono gli articoli 4, 5, e 9.
L'articolo 4 contiene l'ambizioso obiettivo di valutare singolarmente gli oltre tre milioni di dipendenti pubblici e le centinaia di amministrazioni a cui questi afferiscono. Non si indica come verranno valutati i singoli, mentre per le amministrazioni si richiede che la valutazione debba avvenire relativamente agli obiettivi indicati annualmente dall'amministrazione stessa. Ho dovuto rileggere questa disposizione due volte per essere sicuro di aver capito bene. Dice proprio cosi:
prevedere l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di predisporre, in via preventiva, gli obiettivi che l'amministrazione si pone per ciascun anno e di rilevare, in via consuntiva, quanta parte degli obiettivi dell'anno precedente è stata effettivamente conseguita.
Ecco l'incentivo contenuto in questa norma per l'amministratore scaltro: indicare obiettivi minimi facilmente raggiungibili e altrettanto facilmente verificabili e così assicurarsi sempre il raggiungimento degli stessi.
Sempre l'articolo 4, in ossequio al principio per cui i problemi si risolvono riunendosi per deliberare di istituire una commissione che si riunisca per risolvere i problemi, prevede l'istituzione di un organismo centrale di valutazione composto da cinque esperti che devono essere allo stesso tempo indipendenti e nominati dal governo, e che dal 2010 potranno spendere 8 (otto) milioni di euro l'anno. Il compito di questo organismo sarà
indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione
Un momento... ma questo non è già, o potrebbe essere, il mestiere della Corte dei Conti? A che servono i cinque esperti foraggiati di denaro pubblico? Comunque sia per questa cifra non possiamo che aspettarci grandi cose.
Consiglio al governo: non istituisca questa ennesima inutile commissione. Le commissioni non hanno mai risolto nessun problema. Piuttosto istituisca, con quei soldi, un research grant e metta in competizione i migliori microeconometrici sul mercato mondiale. Di sicuro messi in concorrenza tra loro di fronte a un piatto così allettante saprebbero trovare il modo di misurare l'output della pubblica amministrazione italiana e valutare amministrazioni e dirigenti. Sarebbe un fiore all'occhiello.
L'articolo 5 si occupa esplicitamente di incentivi e merito, ed è l'articolo più deludente perché finisce col delegare le modalità attuative alla contrattazione collettiva. Cioé ci saranno attorno a un tavolo il governo e i sindacati a decidere come introdurre merito e incentivi nella pubblica amministrazione. Se non l'hanno fatto finora perché mai dovrebbero farlo dopo l'emanazione dei decreti attuativi del governo? La retorica su merito e incentivi che pervade la legge-delega rischia quindi di restare, appunto, lettera morta: norma senza incentivo.
Il bizzarro articolo 9 affida al CNEL il compito di relazionare e pubblicizzare annualmente i livelli e la qualità dei servizi erogati dalla pubblica amministrazione. Ma non c'è già l'organismo centrale di valutazione? Coi suoi otto milioni all'anno riuscirà pure, dopo aver valutato, a scrivere e diffondere una relazione. Perché duplicare così le funzioni? Mi pare una riprova dell'inutilità del CNEL, già argomentata su nFA. Rinnoviamo l'appello consigliando al governo di non lanciare una ciambella di salvataggio al CNEL trovandogli qualcosina da fare: piuttosto, lo chiuda subito e basta.
Se proprio si vuole procedere come indicato nella legge-delega, ecco un consiglio semplice per risolvere l'intricato e difficile problema della valutazione: chiediamo agli utenti di valutare le amministrazioni (lo spazio c'è perché l'articolo 4 parla esplicitamente di "coinvolgimento degli utenti" nella valutazione), facciamoli "votare" sulla qualità dei servizi pubblici rendendo i dirigenti responsabili nel bene e nel male dei risultati di queste "votazioni", rendiamoli cioé una sorta di residual claimants. Se i dirigenti vengono confermati/premiati o declassati/puniti in base alle valutazioni delle proprie unità, questo dovrebbe incentivarli a prendersi cura della produttività dei dipendenti cui fanno capo. Per tornare al tormentone della scorsa estate, il ''fannullismo'' è possibile solo se i dirigenti non fanno il proprio mestiere di organizzazione e direzione del lavoro. La legge-delega purtroppo non va in questa direzione perché si preoccupa di specificare che i dirigenti non saranno equiparabili a datori di lavoro. Potrebbe invece essere una buona idea.
Aspettiamo di vedere i decreti attuativi tra nove mesi, e nel frattempo speriamo che il governo rifletta almeno su alcuni di questi consigli.
Notizia di oggi. Ottimo, davvero ottimo, va dato pieno credito. Il prossimo passo, oltre all'estensione su scala nazionale che naturalmente richiedera' tempo, e' utilizzare la distribuzione delle faccine per valutare l'ufficio -- sara' comunque difficile valutare i singoli dipendenti in questo modo -- e renderne i dirigenti responsabili, come suggerisco nel post.
Ma la strada e' ancora lunga se si devono sempre mettere le mani avanti perche' in Italia "valutazione" e' interpretata come "grande fratello".