Vado telegrafico, che il tempo è quello che è.
1) La prima cosa che ho appreso è che, evidentemente, in Confindustria non solo ci leggono ma in qualche modo non trovano del tutto idiota quello che predichiamo. Sì, perché l'invito a parlare non mi è certo arrivato per i miei lavori sulla proprietà intellettuale o i cicli endogeni ma, esplicitamente, per nFA. Tanto che, all'inizio, non ci ho creduto ed ho voluto verificare direttamente che non fosse una bufala. E non è arrivato l'altro giorno, quando tutti hanno cominciato ad avere l'impressione che i piani alti di Confindustria si stiano stancando di come vanno le cose, ma molti mesi fa. In periodo, diciamo così, non sospetto. Insomma, era un riconoscimento ad nFA ed al lavoro che qui si svolge. Approfitto per ringraziare, non retoricamente, coloro che han deciso di invitare nFA a dire a la sua (pur brevemente) a Genova: mi è sembrato un atto di coraggio.
2) Coerentemente con questa impressione, ho percepito in loco un abisso fra il mondo imprenditoriale e quello della politica. Di politici ce n'erano parecchi in giro, come c'erano generali, cardinali ed autorità varie. In Italia c'è sempre questo teatrino consociativo in ogni "occasione importante": devono essere presenti tutti quelli che contano, anche se non hanno nulla da dire e non gliene frega nulla di quel che si discute. Ma fa lo stesso. Il punto di fondo è la differenza sia intellettuale che di interessi fra ciò che dicevano gli imprenditori con cui parlavo e ciò che dicevano i politici. Persino a cena o a pranzo. Aria fritta e pomposi discorsi pseudo-intellettuali da un lato: il massimo del pomposo lo raggiunge Sacconi, che ora si è inventato questa favola dell'antropologia positiva vs la negativa (vi prego di notare chi firma l'articolo sul CdS) per giustificare il suo fare i comodi di CL e nient'altro ... e cita a vanvera in una maniera veramente spassosa, spassosissima. Domande concrete, risposte concrete ed anche un'onesta ammissione d'impotenza (abbiamo bisogno di idee nuove e gente nuova, era la frase più ripetuta) dall'altro lato, dal lato degli imprenditori. Una differenza veramente siderale.
3) In linea con questo fatto, il discorso governativo (c'erano sia Brunetta che Sacconi) mi ha impressionato per la sua pochezza. Uno, Brunetta, mi ha fatto quasi tenerezza (non lo vedevo da mezza vita e ci conosciamo da una) salvo farmi saltare la mosca al naso giusto a cena affermando che questo è il migliore governo del dopoguerra. Tanto per non smentirmi, ho cominciato a citare i numeri ... qualcuno più tardi ha parlato di un battibecco; io ho chiarito che si trattava semplicemente d'una innocua disputa accademica :-) Nel suo intervento anteriore aveva difeso i grandi risultati raggiunti: -35% di assenteismo (ma non ha citato una misura di produttività effettiva) e le cartelle elettroniche dell'INPS. Yup, questi son lì che si chiedono come uscire dal destino argentino ed il buon Renato gli racconta che fra qualche semestre tutte le aziende avranno le cartelle INPS elettroniche. Impagabile!
Sacconi, oltre a far della filosofia alquanto imbarazzante, si è praticamente arrogato il merito del metodo "Marchionne" o "Pomigliano", se volete. Propaganda elettorale pura e dura, con una frase ad effetto, tesa a scatenare l'applauso, ogni 4 o 5 minuti. E qui viene la parte rilevante: gli applausi non arrivavano, per quanto li cercasse non arrivavano. Brunetta, almeno, si è preso gli applausi simpatia, ma Sacconi si è preso solo quelli di circostanza mentre il suo discorso era attentissimamente studiato per avere applausi a scena aperta ogni 4 o 5 minuti. A momenti sembrava un comizio di piazza, con i classici "crescendo" che finiscono in un grido che dovrebbe essere coperto dall'applauso della folla. Invece niente, una razionale e totale freddezza. Mano a mano che avanzava ed ascoltavo commenti (ero, alla fin fine, in prima fila ...) mi dicevo timido timido "forse un micropelino di speranza c'è ...".
4) Non so come metterla ma Guglielmo Epifani mi è sembrato un uomo prigioniero di un ruolo che gli hanno cucito addosso, mentre lui lasciava fare per antiche lealtà. Un uomo consapevole che l'unica maniera per togliersi quell'abito, che ora non gli va proprio perché fa danno a coloro che ha voluto difendere, sia d'andarsene lasciando il posto a Susanna Camusso. Forse mi sbaglio, ma l'impressione mia è che non veda l'ora che accada ... A cucirglielo, con la sua collaborazione sia chiaro, è stata la FIOM e quella fetta della CGIL che è chiaramente controllata da follie bertinottian-vendoliste-ferrerian-ocomediavolovoletechiamarle. È la quarta volta in quattro mesi che ci "sbattiamo addosso" e non posso negare di coltivare una certa simpatia per l'uomo, che non avevo mai conosciuto prima. Quando si dimette lo invitiamo a scrivere su nFA, che ne dite ... ?
5) Infine, la cosa che forse mi ha impressionato di più è stata l'incapacità di Pierluigi Bersani di dire (e, temo, capire) cose sensate e rilevanti per la situazione attuale. Quello che ha detto lo potete sentire qui, assieme a tutti gli altri interventi. Quello che è rimasto nella mia mente sono le seguenti impressioni:
(i) Voler d'apparire come un uomo pratico e di governo, che sa fare le cose. Parzialmente riuscito, ma il livello delle cose che vuole fare è quello del buon amministratore comunale o, forse, regionale. Il discorso globale, per il paese, non c'è. Non c'è la visione d'insieme né, soprattutto, una proposta di governo. Non di alleanze, sia chiaro, ma di un programma minimo di governo dell'economia e della società altro da quanto abbiamo visto negli ultimi vent'anni. Vuoto totale di idee. Una versione di "sinistra" di Renato Brunetta, solo meno esagerata se volete e più composta: il praticismo delle piccole cose, che sono così piccole che non le vedi e fondamentalmente inadeguate alla dimensione della crisi e dei problemi da affrontare.
(ii) La promessa d'una proposta del PD per una riforma fiscale. Qui ha detto cose generiche (ridurremo le imposte sui redditi da lavoro: vedremo cosa intende; io so cosa intendo io quando lo dico, ma l'ho anche scritto ...) o scontate-populiste (faremo pagare le tasse ai ricchi evasori ... recuperando 60 miliardi, se ricordo bene, di gettito ...). Di dove tagliare le spese, non una parola. Di ridurre il carico fiscale complessivo, nemmeno!
(iii) La cosa più importante, a metà dell'intervento, è consistita nel tentativo di proporre una visione d'insieme della crisi, delle sue cause e soluzioni. Qui è caduto il palco assieme alle mie braccia: ha praticamente ripetuto una versione "krugmaniana" della lettera dei 100 economisti. Non scherzo: la crisi viene dalla disuguaglianza dei redditi che ha ucciso la domanda, la domanda è stata tenuta in piedi con credito ingiustificato che ha prodotto ricchezza "falsa", ora non si riparte perché la distribuzione continua ad essere diseguale e quindi non c'è domanda. Conclusione, occorre redistribuire perché l'economia riparta. Fine del discorso.
Non mi dilungo ad articolare perché questa risposta, specialmente quando si ha in mente l'Italia, non valga nulla e non arrivi nemmeno a sfiorare i problemi strutturali che affliggono il nostro paese da ben prima della Grande Recessione del 2008-201?. Questi temi li abbiamo sviscerati e continueremo a farlo, quindi evito ripetizioni. Sottolineo solo che, a Genova, era chiaro a tutti e veniva sottolineato da tutti gli interventi di non politici che la crisi italiana viene da ben prima ed ha cause proprie: produttività ed occupazione, crescita ed efficienza della PA, spesa pubblica e fisco, dualità nord/sud e protetti/sprotetti ... di tutto questo nel discorso "generale" di Pierluigi Bersani non v'era traccia. Mi ha trasmesso la sensazione profonda di un uomo forse ben intenzionato, ma assolutamente inconsapevole di quali siano le questioni e del livello a cui vanno affrontate. Questa è una battuta solo per me e per quei 4 gatti che conoscono Mariano Rajoy e l'opinione che di lui abbiamo in Spagna: PB mi è sembrato una versione emiliana e di "sinistra" di MR ...
Chiudo con un aneddoto che è anche un appello pubblico a Pierluigi Bersani ed alla dirigenza del PD. Non perché creda mi ascoltino, ma perché credo sia doveroso dirle, certe cose, nell'interesse del paese. Alla fine della giornata, dopo essermi chiesto varie volte se valeva la pena farlo, ho deciso di confermare che sono un burino. In un piccolo crocchio mi sono presentato (era l'unico della prima fila che durante il mio intervento era uscito a fare qualcosa d'altro ...) e gli ho detto a bruciapelo "Non mi rispondere, che non devi. Voglio solo darti un consiglio che tale forse non ti sembrerà ma che è davvero spassionato perché, credimi sulla parola, non mi sto candidando. Ma fatti un favore: cambia team economico, quello che hai ti sta affossando e non è all'altezza della situazione. Ce ne sono di economisti di "sinistra" in Italia ed all'estero che vi possono dare una mano e son disposti a farlo. Cercali e molla quelli che hai, ti stan portando su di una strada senza uscita."
Non credo mi ascolterà, t'immagini. Credo proprio abbia pensato: "Ma cosa vuole questo cafone?". Eppure non mi pento: il PD non è il mio partito di riferimento ma, d'altra parte, è la cosa più grande che c'è all'opposizione e che, a mio avviso, vi rimarrà. Il paese non ha solo bisogno di una destra (e di una maggioranza, che son oggi la stessa cosa) altra da quella indegna che ha. Ha anche bisogno di un'opposizione e di una sinistra (che son pure la stessa cosa, almeno per ora) completamente diversa da quella di oggi. Per cominciare a costruirla devono cominciare a ripensare completamente l'economia e la crisi italiana uscendo dagli schemini, neanche folli ma semplicemente incoerenti ed inconcludenti, nei quali ora si agitano senza incontrare trazione alcuna. Se non cominciano da lì, se non cominciano a capire la crisi italiana e le sue radici antiche non andranno mai da nessuna parte e, con loro, non ci andrà mai neanche il paese da nessuna parte. Buona, per lo meno.
E' putroppo una banalita' sentita e risentita, ma credo che la distanza tra politica e problemi reali di economia (produttivita', riforme fiscali, competitivita' etc...) non sia mai stata piu' ampia che in questo periodo (inteso come ultimi anni). La mia sensazione e' che ormai, nonostante tutti si lamentino della situazione economica, quello che porta voti e' altro, per cui i politici fanno orecchie da mercante e si tira avanti...
La tua relazione, Michele, conferma queste mie sensazioni, purtroppo.