Nessuno in Italia sembra rendersi conto dell'anomalia, anzi della follia di tutto questo.
Sono in corso delle elezioni private, o meglio un referendum privato, per approvare o disapprovare alcune leggi dello stato. Tale referendum è stato organizzato da tre lobbies (i sindacati CGIL-CISL-UIL) che rappresentano una risibile minoranza dei cittadini elettori. Gli iscritti alla CGIL sono circa 5.6M, quelli della CISL sono 4.3M e quelli della UIL 1.8M, per un totale di 11.7M: ovvero il 25% del corpo elettorale italiano. Di questi 11.7M di cittadini, circa il 45-50% sono pensionati. Il referendum in questione non è regolato (ed ovviamente non e' richiesto) da alcuna legislazione, né è oggetto di imparziale supervisione da parte di terzi. Nella costituzione italiana, che io sappia, non si dice che prima di essere approvate da esecutivo e legislativo le leggi italiane debbano essere sottoposte a referendum consultativo organizzato da CGIL-CISL-UIL.
Alla faccia del dettato costituzionale, invece, da quasi quarant'anni a questa parte in Italia tutti (tutti?) hanno accettato la seguente prassi. I dirigenti di tre associazioni private - a volte son quattro, la quarta si chiama Confindustria; in alcuni rarissimi casi altre si aggiungono all'indecente partouze, tipo Confesercenti, Confcommercio, e Confartigianato - concludono un accordo con l'esecutivo, accordo che vorrebbero far applicare a tutti i cittadini italiani trasformandone il contenuto in legge dello stato. I medesimi dirigenti poi chiedono ai loro iscritti e simpatizzanti se i contenuti dell'accordo sono di loro gradimento. Nel frattempo, finche' questa consultazione del tutto privata ed a-costituzionale si svolge, governo e parlamento democraticamente eletti siedono passivi, in attesa del responso di coloro che in CGIL-CISL-UIL si riconoscono. Se la consultazione da' risultato negativo, si ritorna al tavolo negoziale, altrimenti si legifera.
Il referendum si svolge in maniera del tutto anomala, ed è completamente gestito dalle tre organizzazioni private in questione: i seggi sono nelle loro sedi, o dove i funzionari sindacali abbiano deciso di installarli. La campagna elettorale è gestita dalle organizzazioni sindacali, e la scelta a disposizione è fra un "si'" globale ed un "no" altrettanto globale. Chi non soddisfa i requisiti decisi unilateralmente dalle tre organizzazioni non ha diritto di voto; come spiego sotto, questo significa che a circa 2/3 dei cittadini italiani di maggiore eta' è proibito partecipare ad un referendum che pure deciderà delle loro imposte, delle loro pensioni, delle loro condizioni di lavoro, dei loro assegni familiari. Un elettore su tre, invece, gode dello speciale diritto di approvare o disapprovare la legislazione in materia.
Io pensavo che decidere e legislare su questi temi fosse compito esclusivo e principale dei poteri esecutivo e legislativo, secondo le modalità e le procedure a tutti note. Pensavo che per questo ci fossero le elezioni, i parlamenti e le centinaia di lautamente compensati parlamentari, con le loro commissioni, i loro uffici legislativi, i loro esperti. Sembra invece di no: in Italia la legislazione fiscale, pensionistica, del lavoro e assistenziale la decidono gli iscritti a tre associazioni private chiamate CGIL-CISL-UIL. E a tutti sembra una gran bella cosa, una cosa normale, un segno di democrazia e civiltà. Scrive il giornalista de La Repubblica:
Il voto. Alle urne (fino alle 14 di mercoledì), oltre ai
lavoratori a tempo indeterminato e ai pensionati, possono andare anche
precari e disoccupati, presentando la busta paga o il certificato di
iscrizione al collocamento. Positivi i commenti sull'affluenza da parte
dei sindacati, che contano di superare il risultato del referendum del
1995 sulla riforma delle pensioni. Allora votarono oltre 4,4 milioni di
lavoratori e vinsero i "sì". Le previsioni parlano di circa 5 milioni
di votanti.
Credo di aver letto bene: secondo i capi di queste associazioni private, voteranno 5M di persone, ossia meno di metà degli "aventi diritto" (mai il virgolettato mi è risultato più necessario). I cittadini italiani sono quasi 60M, ed i maggiori di 18 anni sono circa 48M! Questo implica che (approssimativamente) un 11% super-privilegiato del corpo elettorale decide, in forma privata, la sostanza della legislazione assistenziale, fiscale, pensionistica e lavorativa. Gli altri 9/10 che si adeguino e non rompano: sono cittadini di serie B.
In realta' gli aventi diritto al voto sono leggermente di piu' degli iscritti al sindacato, bonta' loro. Apprendo, sempre su La Repubblica, che i criteri per votare sono i seguenti
Possono votare lavoratori dipendenti, pensionati, precari e disoccupati
presentando nei seggi la busta paga, il libretto di pensione o il
certificato del collocamento. Al voto si arriva dopo 53.000 [assemblee, credo] fatte per
spiegare l'accordo sul welfare a lavoratori e pensionati.
Insomma, in teoria sono "autorizzati" a votare 15/16 milioni di persone - da cui il mio calcolo precedente: 16/48 = 1/3 del corpo elettorale si arroga il diritto di decidere per tutti. Ma in realta', come i sindacati stessi ci spiegano e come e' ovvio attendersi conoscendo il funzionamento della macchina sindacale italiana, finiranno per votare in 5 o 6 milioni al piu': ossia l'11-12% del corpo elettorale. Ad informarsi si scopre che non voteranno solo su contenuti tipicamente sindacali, ma persino sulle politiche a favore della competitivita' e sulla regolamentazione dell'immigrazione. Praticamente l'intera politica economica del governo Prodi viene decisa dai sindacati CGIL-CISL-UIL, ci spiega tutto felice l'articolista di La Repubblica, che ovviamente non nota alcuna anomalia.
Quesiti - Riguardano i nove grandi temi del protocollo: giovani,
donne, ammortizzatori sociali, immigrati ed extracomunitari, mercato
del lavoro, pensionati, lavori particolarmente usuranti, l'età del
pensionamento, le misure a sostegno delle competitività.
E tutti sono contenti che si faccia così, nessuno grida al colpo di stato, alla violazione delle più banali regole della democrazia rappresentativa, all'usurpazione dello stato di diritto ed all'umiliazione del parlamento: sembra di essere in una "democrazia popolare" (credo le chiamassero così, al tempo) in cui gli iscritti al partito decidono per tutti, ed il resto della popolazione si adegua, timorosa della propria incolumità.
Sono pazzo io o in Italia state molto male?
Condivido il fatto che il potere dei sindacati in Italia sia una autentica iattura: di questo ho gia scritto in precedenza su questo sito.
Non sono sicuro pero' di condividere quanto dici riguardo le regole della democrazia. Il sindacato e' una delle tante lobby, e le lobby hanno un preciso ruolo da svolgere nel processo democratico: quello di contribuire alla definizione delle leggi. Sulla procedura di "contrattazione" fra lobby e parlamento/governo non ho molto da dire; parlamento e lobby hanno tutti i diritti di interagire nei modi che
ritengono opportuni nella definizione delle leggi. Questo fanno le
lobby in tutto il mondo: scrivono le leggi, contrattano nelle
commissioni parlamentari sui comma, etc... e' proprio il loro ruolo! Ci possono essere lobby e governi con procedure diverse, quelli con le procedure piu' efficienti emergeranno.
L'anomalia non e' che il governo si accordi o contratti con i sindacati. E' la procedura specifica adottata, e cioe' il fatto che il governo si sieda ad attendere il risultato del referendum, senza interrogarsi sul fatto che un referendum svoltosi a giochi fatti non fa che supportare l'idea che le decisioni vengano prese ed imposte dall'alto della gerarchia sindacale. Perche' il governo non si interroga sulla effettiva rappresentativita' dei sindacalisti con cui sta contrattando? Credono davvero che la certificazione di un referendum ex-post conferisca legittimita' rappresentativa ai vertici sindacali.
L'anomalia non e' che il governo si accordi o contratti con i sindacati. E' la procedura specifica adottata, e cioe' il fatto che il governo si sieda ad attendere il risultato del referendum, senza interrogarsi sul fatto che un referendum svoltosi a giochi fatti non fa che supportare l'idea che le decisioni vengano prese ed imposte dall'alto della gerarchia sindacale. Perche' il governo non si interroga sulla effettiva rappresentativita' dei sindacalisti con cui sta contrattando? Credono davvero che la certificazione di un referendum ex-post conferisca legittimita' rappresentativa ai vertici sindacali.
Il problema è che il governo si regge al senato su un paio di voti e quindi ha la necessità continua di trovare puntelli esterni dato che non è sufficientemente forte da imporre la sua politica.
Il "referendum" - sul quale l'analisi di Boldrin è lucida e pienamente condivisibile - rappresenta uno di questi puntelli, nel senso che una possibile approvazione dell'intesa da parte dell'elettorato di riferimento di Rifondazione & Co. limita il rischio di una azione di cecchinaggio parlamentare cui potrebbero sentirsi spinti i parlamentari della sinistra "antagonista" (qualunque cosa questo termine vuole dire).
Il che non toglie che sempre di triste spettacolo si tratta.