Ha fatto notizia ieri la decisione del giudice Henry Hudson, della corte distrettuale federale della Virginia, che ha accettato l'eccezione di costituzionalità della nuova legge sulla riforma sanitaria, ossia l'ha dichiarata incostituzionale (il testo completo della decisione è qui; la mia discussione è basata soprattutto sui rapporti della stampa, ad esempio qui e qui). Nei mesi scorsi altri giudici avevano invece raggiunto il giudizio opposto. La decisione spettera' certamente alla Corte Suprema.
La componente della riforma sanitaria della cui costituzionalità si discute è essenzialmente una sola: l'obbligo esteso a tutti i cittadini di acquistare una assicurazione sanitaria privata - obbligo che, se disatteso, è punito con una multa (la parola inglese è "penalty"; vedremo dopo che è importante).
La costituzione americana, come è noto, tende a limitare alquanto i poteri del congresso federale, in generale e rispetto ai poteri degli stati membri della federazione. In particolare, una clausola, chiamata "commerce clause" (Articolo 1, Sezione 8, Clausola 3) provvede ad elencare questi poteri:
[The Congress shall have Power] To regulate Commerce with foreign Nations, and among the several States, and with the Indian tribes
trad. [Il Congresso ha il potere] di regolamentare il commercio internazionale, il commercio tra gli stati della federazione, e il commercio con le tribù indiane
La clausola è interpretata univocamente ad indicare che, al di là dei casi enumerati, il parlamento non ha il potere di regolamentare l'attività economica. A rafforzare questa interpretazione è la Sezione 9 dell'Articolo 1 che enumera i limiti del potere del Congresso.
La commerce clause tende ad essere interpretata però in senso alquanto esteso, in quanto abbinata alla "necessary and proper clause" (Articolo 1, Sezione 8, Clausola 4) che garantisce al Congresso il potere di legiferare riguardo a tutto ciò che sia necessario e appropriato ("necessary and proper" in inglese) alla esecuzione dei poteri enumerati della commerce clause.
Su questa base, ad esempio, il Congresso è autorizzato a legiferare riguardo misure di polizia e su questa base la Corte Suprema ha giudicato a favore della costituzionalità della creazione di una banca centrale federale, in linea con l'argomento di Alexander Hamilton (e contro Thomas Jefferson) che una banca centrale che potesse emettere debito fosse necessaria allo sviluppo del commercio tra stati.
Non è il caso qui di discutere in dettaglio quanto una estesa interpretazione della commerce clause sia stata ammessa e rifiutata dalla giurisprudenza nel corso degli anni. Basti notare che corti supreme a ideologia conservatrice tendono a propendere per una interpretazione ristretta della clausola, mentre corti supreme più progressiste tendono ad ammettere una interpretazione più estesa. E' interessante a questo proposito notare che il presidente Roosevelt, per evitare che la Corte Suprema dichiarasse la maggior parte degli interventi del New Deal incostituzionali, sulla base della commerce clause, ha seriamente considerato l'opportunità di una specie di golpe istituzionale (avrebbe aumentato il numero di giudici, aggiungendone uno per ogni giudice di età superiore ai 70 anni). Il passaggio a sinistra di due giudici ha tolto le castagne dal fuoco del New Deal (Honi soit qui mal y pense e associ questi fatti ai recenti accadimenti in un congresso alla provincia dell'impero).
Torniamo alla riforma sanitaria di Obama. La commerce clause non sarebbe violata dall'obbligo di acquisto di una assicurazione sanitaria se questo obbligo fosse necessario a garantire il funzionamento di un mercato assicurativo integrato a livello nazionale (tra stati). Il Ministero della Giustizia dell'amministrazione Obama ha argomentato proprio secondo queste linee. Gli individui che non si assicurano hanno effetti importanti sulle condizioni generali del mercato assicurativo perché influiscono sulla composizione del rischio aggregato. Più direttamente, se è vero come è vero che sono gli individui prevalentemente sani a scegliere di non assicurarsi, essi implicitamente peggiorano la composizione del rischio sul mercato.
Su quale base quindi il giudice della Virginia ha accettato l'eccezione di costituzionalità? Il suo argomento è che una fondamentale differenza sussista tra scelte attive e scelte passive (la terminologia è mia). La scelta di non assicurarsi è una scelta passiva, nel senso che non richiede alcuna azione, l'individuo non fa nulla. Permettere al Congresso di imporre l'obbligo di una azione specifica, cioè di costringere un individuo a partecipare involontariamente a un piano assicurativo, argomenta il giudice, è un intervento inaccettabile
this dispute is not simply about regulating the business of insurance — or crafting a scheme of universal health insurance coverage — it’s about an individual’s right to choose to participate.
[trad.] la questione non concerne semplicemente la regolamentazione dei mercati assicurativi - o la definizione di un sistema di assicurazione sanitaria universale - concerne piuttosto il diritto di un individuo di scegliere di partecipare [al mercato assicurativo]
Il giudice argomenta indirettamente, mi pare, che la commerce clause permette la regolamentazione dei mercati assicurativi e permetterebbe addirittura uno schema di assicurazione universale (all'italiana) finanziato dalle entrate fiscali, ma non l'imposizione di una attiva partecipazione in un mercato privato. Ma perché regolamentare scelte attive e scelte passive in questo contesto sarebbe fondamentalmente diverso? Perché, argomenta ancora il giudice, bisogna pur tirare la linea da qualche parte per garantire la libertà individuale (la terminologia è mia):
The unchecked expansion of congressional power to the limits suggested by the Minimum Essential Coverage Provision [the individual mandate] would invite unbridled exercise of federal police powers.
[trad.] L'espansione incontrollata del potere del congresso al limite implicito nell'obbligo di assicurazione inviterebbe all'uso senza restrizioni dei poteri di polizia dello stato federale.
Insomma, se estendiamo l'interpretazione della commerce clause ad accettare l'obbligo di assicurazione, come facciamo poi a fermare un congresso che voglia costringere ogni cittadino americano a cambiare macchina e frigorifero per far ripartire l'economia? Tutto sommato, senza domanda aggregata ce lo sogniamo il commercio tra stati (e, come non si stanca di dire P. Krugman, la domanda aggregata va stimolata).
Mi pare indubbio che la distinzione tra scelte passive e attive del giudice della Virginia sia sostanzialmente arbitraria. I costituzionalisti scesi in difesa della riforma hanno buon gioco a ridicolizzarla come sofistica: scegliere di non scegliere è o non è una scelta?
Mi pare però che la preoccupazione del giudice sia condivisibile in generale. Non per ragioni ideologiche, che limitare il potere del congresso sia bene. Ma perché l'argomento usato per estendere commerce clause la rende essenzialmente vuota - e questo è certamente in contrasto con lo spirito e la lettera della costituzione. (Le opinioni dei costituzionalisti che leggo, mi pare non comprendano questo l'argomento). In qualunque mercato la composizione di domanda e offerta ne determina le condizioni, ad esempio i prezzi. Scegliendo di non acquistare un'auto, i niuorchesi come me e Giorgio hanno un effetto sul prezzo delle auto. Nessuno si sognerebbe di argomentare però che costringerci a comprare la macchina sia costituzionale.
Quello che il Ministero della Giustizia e i costituzionalisti scesi in difesa della riforma sanitaria argomentano, anche se non fanno il punto con chiarezza, è che il mercato assicurativo è diverso: in sostanza, chi non si assicura ha comunque in principio accesso a prestazioni sanitarie che, per quanto limitate, sono a spese della comunità, e degli assicurati in particolare. Questo perché i) ragioni etiche ci impediscono di non garantire prestazioni sanitarie in caso di emergenza, e perché ii) la riforma sanitaria richiede che le assicurazioni private non discriminino in caso di condizioni mediche pre-esistenti (e quindi un individuo potrebbe aver incentivo ad assicurarsi solo una volta che una malattia fosse diagnosticata).
Un economista direbbe che nel mercato dell'assicurazione sanitaria, così come configurato da i) e ii), opera una fondamentale esternalità. E' naturale quindi fare un passo in più ed accettare la commerce clause non sempre e comunque ma nel caso dell'esistenza di una esternalità. Questo permetterebbe di limitare l'estensione del potere del congresso, la "unchecked expansion of congressional power", come auspicato dal giudice della Virginia ma in modo a mio parere meno arbitrario di come da lui proposto.
Implicitamente, mi pare che la giurisprudenza possa convergere ad una interpretazione della commerce clause che implichi che il potere legislativo del Congresso sia essenzialmente limitato dall'esistenza di una esternalità. Questo sarebbe, almeno a grandi linee, quanto la teoria economica - cioè "la verità" - suggerirebbe. Se a questo giungesse: complimenti alla common law.
In questo caso, secondo questa interpretazione, la riforma sanitaria di Obama sarebbe costituzionale? Si, ma... c'è un ma.
Il fatto è che il punto ii) e' una conseguenza della riforma stessa. In altre parole l'esternalità che la legge aggirerebbe con l'obbligo di assicurazione è dovuta ad un'altra prescrizione della legge stessa, e cioè che le assicurazioni private non discriminino in caso di condizioni mediche pre-esistenti. In questo senso non è affatto chiaro che nel mercato dell'assicurazione operi una esternalità necessaria, vorrei dire "naturale". L'esternalità di cui al punto i) rimane ma è meno rilevante ed è più naturalmente risolta finanziandola a mezzo di imposte.
Naturalmente c'è un altro modo di argomentare a favore della costituzionalità dell'obbligo di assicurazione, che il Ministero della Giustizia, sembra voler usare ma con precauzione: l'obbligo di assicurazione potrebbe essere equiparato all'obbligo di stilare una dichiarazione dei redditi e la multa ad una tassa. Il congresso ovviamente dispone costituzionalmente del potere di imporre tali obblighi. Ma per ragioni politiche l'amministrazione Obama non ha nessun desiderio di essere accusata di aver imposto una nuova tassa (e il giudice della Virginia nota esplicitamente che la legge la chiama "penalty"). E poi anche concettualmente, il fatto che l'obbligo di assicurazione riferisca ad una assicurazione privata rende l'associazione con l'obbligo fiscale quantomeno debole. Certo, l'opzione pubblica finanziata esplicitamente da imposizione fiscale sarebbe una via d'uscita. Pelosi sarebbe felicissima, ma ha perso il congresso e non mi pare che l'opzione pubblica possa essere sulla carta, almeno nel breve periodo.
Ci sono precedenti storici significativi: la corte suprema aveva bocciato i provvedimenti del New Deal in piu' occasioni e Roosevelt infatti procedette a nominare suoi scagnozzi alla corte minacciando i rimanenti
Quello che sarebbe anche da indagare è il piotere di "nulliification" dei singoli stati in base al quale - se ricordo bene - alcuni stati del sud "nullificarono" negli anni '30 (del 19esimo secolo) la tariffa all'importazione imposta dagli stati del nord. La cui riproposizione alcuni decenni dopo condusse alla secessione e alla geurra civile
In America le Corti sono vincolate nelle decisioni dalle decisioni precendenti di Corti di eguale livello o di livello superiore. La Corte Suprema americana è invece l'unica Corte che non ha questo vincolo.
Come lei stesso afferma, la incostituzionalità del potere di nullificazione per i singoli stati, l'ha decisa la Guerra Civile...
La combinazione di Commerce + Necessary and Proper Clauses ha quasi sempre prevalso sul X emendamento (quello che riserva agli stati i poteri non concessi dalla Costituzione al governo federale).
Alla fine tutto si può mercificare qualsiasi cosa...