La storia di Quinto credo la conosciate tutti, se non la conoscete andate sulla mia pagina di FB in data 16 luglio 2015 e da lì risalite, via commenti ed altri link, ai vari dettagli come raccontati dalle parti coinvolte. Avrete, credo, un quadro relativamente completo degli avvenimenti e dei commenti che ad essi sono seguiti, compresi i miei :)
La storia di Schäuble che voglio commentare (dovete fidarvi del mio resoconto, come io peraltro mi fido dei resoconti giornalistici, perché il tempo per cercare i vari link mi manca) è la seguente. Risulta che WS abbia manifestato sia opposizione ad ogni default sul debito greco - come condizione di un accordo fra Eurogruppo e governo greco per la concessione di ulteriori aiuti - sia appoggio ad una uscita "temporanea" della Grecia dal sistema dell'Euro (con conseguente default del debito greco ed adozione di una moneta nazionale) quale, a suo avviso, via migliore per la risoluzione della crisi greca. Due posizioni apparentemente contraddittorie prese, letteralmente, in tempo reale: durante le trattative ha proposto la "temporary exit" mentre si opponeva ad ogni haircut. Pazzo? Non credo.
La mia spiegazione è ovviamente ipotetica (ho tante conoscenze in giro per il mondo ma WS non è una di esse anche se, dopo aver riflettuto sulla sua condotta, ammetto che mi piacerebbe conoscerlo ...) ma non importa. Si fonda sull'ipotesi di un "WS privato" ed un "WS pubblico" che esistono in contemporanea.
Il WS privato ha fatto i conti con la realtà della "polis" greca e si è detto che hanno bisogno di uno shock gigantesco, catartico, sia per liberarsi del peso del passato (che il loro enorme debito riassume in un brutto numero) sia per provare a comportarsi diversamente in modo da poter, forse, nello spazio di alcuni anni essere in grado di partecipare a quel club chiamato "Euro" in cui, al momento, non sembrano trovarsi a casa loro. Da qui l'idea-provocazione che se ne escano per un tot di tempo, provino a liberarsi del debito, a fare come ritengono giusto fare nella più totale autonomia per vedere poi, a seconda di quel che scelgono e di come vadano le cose, se in quel club vogliono e riescono ad entrarci oppure no. Magari funziona, magari no. Magari han ragione i teorici de "la svalutazione è come l'aspirina, fa passare tutto anche il cancro" e magari no. Magari diventano un'economia super efficiente con uno stato funzionale e snello tipo HK, magari no. Certo è che al WS privato quella sembra l'opzione migliore, per i greci ed anche per gli altri partner che, così facendo, non dovrebbero correre di nuovo il rischio di prestare ai greci una quantità esorbitante di miliardi sperando facciano il loro dovere per poi magari scoprire che il loro dovere non l'hanno fatto e che anche quei soldi son stati gettati al vento.
Il WS pubblico fa il ministro della Germania e, in quanto tale, ritiene di dover fare gli interessi degli elettori che gli hanno dato quel mandato. Quel mandato implica che, se stai nell'Euro, non fai default dei debiti che hai contratto con i tuoi partner internazionali e con il "fondo salvastati" europeo in particolare. Perché questa regola sia fondamentale per l'esistenza ed il funzionamento del sistema dell'Euro stesso l'ho spiegato in un post recentissimo con Brighella e rimando il lettore al mio primo intervento in quel post per i dettagli. Il punto che mi interessa è semplice: se l'Euro (per il mio apologo: una istituzione collettiva) deve funzionare bisogna che le parti che vi partecipano non facciano default sui debiti che contraggono una con l'altra finché in quell'istituzione vogliono rimanere. Altrimenti ne va della reputazione e credibilità dell'istituzione stessa e, se queste se ne vanno, presto o tardi se ne andrà anche l'istituzione stessa che abbiamo creato perché riteniamo che i costi dei vincoli che ci impone siano inferiori ai guadagni che ci porta. Quindi, se credi in quell'istituzione e vuoi mantenerla paghi il prezzo di rispettare le sue regole fondamentali anche quando il farlo ha un costo, nell'immediato, notevole. Nota bene: non è necessario che WS abbia ragione (dal punto della "scienza" economica, se così vogliamo chiamarla) nell'affermare tale regola. Magari questa regola è una cretinata assoluta, magari una common currency è sostenibile nel lungo periodo anche facendo continuamente default sui debiti mutualmente contratti, anzi: magari funziona persino meglio se, ogni due o tre anni, uno dei partecipanti all'Euro fa default sui suoi debiti verso gli altri, la BCE ed il fondo salvastati. Magari, non voglio entrarci. Il punto è che ora come ora questa regola è la regola su cui tutti convengono, è quella sulla base della quale WS è stato eletto e poi nominato ministro dai suoi elettori ed è quella che, teoricamente, tutti gli altri partner accettano. Sbagliata davanti a Iddio? Forse, ma creduta ed accettata ora e qui dagli uomini e donne che dell'Euro fanno parte.
E qui viene il primo punto, che risolve l'apparente contraddizione nel comportamento di WS: SE la Grecia vuole fare default lo faccia, ma esca dall'Euro. Se vuole rimanere nell'Euro non faccia default perché quest'ultima è una regola fondante del sistema Euro. Magari uscire e fare default è meglio per la Grecia, anzi (dice il WS privato) io credo lo sia. Ma (aggiunge il WS pubblico) finché le regole dell'Euro sono queste io, ministro della Germania, voglio che queste regole vengano rispettate perché dal loro rispetto dipende, nel lungo periodo, la credibilità e reputazione di questa istituzione. Che voglio salvaguardare. Punkt.
Finita da poco la trattativa con Tsipras, WS decide di prendersi una vacanza italiana (ai crucchi, si sa, l'Italia appare sin dai tempi di Goethe il posto giusto dove rilassarsi) e va a Schönefeld dove prende un aereo low-cost per l'aeroporto di Treviso che è sulla Noalese in località San Giuseppe o Sant'Angelo (i locali mi danno versioni contrastanti senza spiegarmi perché, ma fa lo stesso ...). In ogni caso, avendolo usato anche quindici giorni fa confermo che è ad un tiro di schioppo da Quinto di Treviso, Infatti, è così vicino a Quinto che WS decide di farsi accompagnare a piedi sino a Quinto da un certo MB che gli spinge la sedia a rotelle. Mentre fanno questa relativamente breve passeggiata, MB racconta a WS quello che accade a Quinto e WS chiede ad MB che ne pensa e che farebbe lui se fosse un'autorità pubblica, chessò: il presidente della Regione Veneto o anche solo il sindaco di Quinto (che fa comune, anche se ovviamente non dovrebbe in un'Italia ideale, ma fa lo stesso). Ed MB gli racconta una storia in cui appaiono, guarda caso, un MB privato ed uno pubblico. Quest'ultimo solo perché WS gli ha chiesto di "fingere" d'essere il sindaco di Quinto o il presidente del Veneto.
MB dice: guarda, io sono di queste parti e queste zone le conosco bene perché le ho girate tutte in bicicletta. Qui la crisi sta colpendo duramente perché il modello veneto della piccola impresa non è riuscito, da 30 anni a questa parte, ad adattarsi alla globalizzazione e a rimanere on top of the world com'era una volta. Certo, è ancora pieno di stupende realtà industriali che si fanno valere sui mercati del mondo ma il grosso delle imprese è in difficoltà, i salari non crescono, i profitti calano, l'occupazione pure. La situazione è pessima e lo è da molti anni, l'esasperazione è notevole, lo stato centrale fa schifo e quello periferico pure, le tasse sono alte per chi le paga e l'evasione è diventata autodifesa, il sistema di polizia e giudiziario è impantanato, la micro criminalità cresce ed ha raggiunto livelli insopportabili, l'arrivo di decine di migliaia di "stranieri" di ogni tipo sta creando conflitti enormi, molti di questi si comportano in modo incivile e compiono atti di micro-criminalità quotidiana che il sistema statale non riesce né a reprimere né a controllare. Insomma, è un casino e la gente non sa che pesci pigliare. Ora hanno inviato, dal Ministero dell'Interno via prefettura, anche un centinaio di rifugiati raccolti probabilmente su qualche barcone nel Mediterraneo e gli hanno affittato degli appartamenti in un complesso residenziale relativamente nuovo dove c'erano appartamenti liberi ma dove già vivevano varie famiglie italiane che avevano acquistato i loro appartamenti o li avevano affittati. E questi hanno paura che l'arrivo, teoricamente "temporaneo" ma con lo stato italiano non si sa mai cosa voglia dire "temporaneo", aggravi il degrado e faccia ridurre il valore dei loro acquisti e trasformi il quartiere in un posto degradato ed invivibile. Questi rifugiati non si sa chi siano, sono tutti africani, insomma lontani mille miglia da questo mondo. Gli abitanti sono incazzati e non li vogliono proprio.
E tu come la vedi, chiede WS a MB? Risponde MB: fra me e te, in confidenza, io la gente la capisco perché capisco le loro motivazioni. Ti dirò di più, una cosa del tutto personale che nulla ha a che fare con la gente di qui. Io, istintivamente, sono un poco razzista: ho difficoltà ad interagire con persone molto diverse da me anche se ho girato il mondo, con alcuni ci riesco meglio che con altri però devo dire che la paura ancestrale ed antica del "negro", per ragioni che non so neanche razionalizzare, ce l'ho e lo so. Si comportano in modo troppo diverso da me, hanno sistemi culturali e valoriali altri dai miei lungo molte dimensioni rilevanti, constato che obiettivamente il loro tasso di criminalità, micro o macro che sia, è maggiore di quella dei locali e, anche se capisco perché sia così, ammetto un profondo fastidio personale. Mi piacerebbe che non ci fossero e vorrei non dovermi confrontare con il problema. Chiamalo "piccolo e ridicolo mondo antico" ma, istintivamente, vorrei che gli dei mi restituissero il Veneto dei miei vent'anni che questo tipo di problemi e contraddizioni non li doveva affrontare.
Molto bene, dice WS, ti capisco perfettamente. Ho da sempre la stessa reazione con gli immigranti nel mio paese, assolutamente la stessa. Però, tu capisci, la cosa non finisce lì, non finisce nel nostro privato. No, effettivamente non finisce lì, risponde MB e l'ho appreso emigrando io stesso in un paese che si è fatto, in tre secoli circa, quasi solo di immigrati dai quattro angoli del mondo. Quindi, se vuoi che ti racconti cosa il MB pubblico pensa, te lo dico. Dimmelo, risponde con un sorriso sardonico il vecchio WS sulla (pesante) sedia a rotelle che MB, tutto sudato perché fa un caldo boia, continua a spingere. Va bene e, siccome è cosa complessa, te lo dico telegraficamente perché siamo quasi arrivati e tu, come i lettori di nFA, sei sveglio abbastanza per capire i dettagli dei passaggi omessi.
1) Questi sono rifugiati e non immigrati clandestini. Una regola base della convivenza internazionale che nell'ultimo secolo abbiamo provato con difficoltà a costruire (noi occidentali, insegnandola spesso ad altri) è che i rifugiati da guerre e disastri d'ogni tipo cerchiamo di accoglierli ed assisterli affinché si trovino una vita migliore per la semplice ragione che questo ci impone la nostra morale di essere umani, ed anche perché ce lo impone il sentimento egoistico secondo cui potrebbe toccare a noi la stessa sorte in un qualche futuro. Gli umani hanno una memoria lunga. E queste due osservazioni, allo MB pubblico, già bastano per ritenere che la reazione del sindaco di Quinto e del presidente della regione Veneto agli eventi di Quinto sia esecrabile: hanno tradito il loro ruolo.
2) Ospitare costoro in una situazione di crisi economica non è facile, anzi costa molto e tende a costare di più, relativamente, per i più deboli nel paese che li accoglie. Questo perché, tanto per essere cinici, siccome devi ospitarli a basso prezzo non affitti di certo appartamenti ed hotel nelle zone di lusso dove vivono i ricchi, perché costerebbe enormemente, ma cerchi abitazioni là dove costano meno. E dove costano meno è anche dove vive la gente meno abbiente e più indifesa ed in difficoltà. Uno stato che funzioni deve saper fare questo in modo da minimizzare il danno per i più deboli e possibilmente compensandoli per le perdite che possano subire. Di nuovo, il conflitto è fra il breve ed il lungo: se risparmi nel breve devi credibilmente compensare nel lungo chi oggi subisce i costi.
3) Il problema vero è che c'è un conflitto enorme fra i costi di breve periodo ed i guadagni nel lungo. I primi sono plateali, i secondi molto meno. I secondi vengono dal fatto che il rifugiato (o anche il clandestino) è una risorsa potenziale di capitale umano, nella maggioranza dei casi, ed un delinquente in una minoranza dei casi. Separare il grano dal loglio per valorizzare ciò che, nel lungo periodo e specialmente per un paese in calo demografico rapido come l'Italia, il "foresto" può apportare non può essere lasciato all'iniziativa dei privati cittadini. È compito di chi governa perché siamo di fronte ad un costo/guadagno collettivo e questi vanno equamente redistribuiti. Una classe politica degna del suo nome e ruolo dovrebbe fare proprio questo, applicando ed imponendo regole con lungimiranza. Una classe politica fallimentare ed avventuriera cercherà di avvantaggiarsi (chi da un lato chi dall'altro) delle difficoltà di breve periodo per portare a casa voti, costi quel che costi. Di nuovo: uno stato fallimentare ed una classe politica inetta saranno completamente incapaci di fare questo, ed infatti lo sono.
4) No, non puoi prenderli tutti, devi stabilire chiaramente e pubblicamente regole e criteri di accettazione. E poi le devi applicare quelle regole spiegando ai cittadini dove sono i costi (che vanno ripartiti) e dove i benefici (che vanno ripartiti anch'essi). L'alternativa è il populismo scatenato d'una parte e dall'altra: da un lato chi vuole sentirsi "buono e generoso" (facendo pagare il prezzo ad altri) e dall'altro lato chi vuol pretendere di difendere l'identità nazionale (fomentando la paura del "foresto", quella che tutti abbiamo). Oggi in Italia l'una parte e l'altra questo hanno scatenato: la guerra per bande alla ricerca d'un guadagno politico di breve a fronte d'un imbarbarimento progressivo. Anche qui, una volta ancora, siamo di fronte alla contraddizione fra interessi/istinti personali e guadagni/regole collettive.
L'apologo finisce qui. WS in realtà non è mai andato a Treviso, tantomeno a Quinto, perché son comunque cazzi in quel di Berlino; ed MB, che a Quinto c'è passato due settimane fa, se ne sta a St Louis a cercare di lavorare. Ma mentre rifletteva sulla crisi greca e su quella di Quinto ha pensato di condividere con voi l'idea che parlino entrambe d'una stessa assenza: della consapevolezza che le regole che fondano le istituzioni collettive, quelle del vivere comune, vanno rispettate costi quel che costi. Questo il ruolo della politica e non, come alcuni sembrano teorizzare, della loro continua violazione perché occorre "adattarsi al vento che tira".
Il vento, specialmente qui nel MidWest, cambia spesso e rapidamente di direzione, finendo per non averne alcuna. Alcuni raccontano che da questo fatto abbiano origine i tornado.
Beh, condivido tutto, ma penso che ci sono degli inevitabili corollari, specialmente nel caso di Quinto (premetto che ho visto la discussione su FB, ma una mia legge personale mi impone di non partecipare ai tuoi thread, visto che tendono a infinito come numero di partecipanti).
Il primo corollario è che in Italia i politici non influenzano le masse: vanno dove vanno le masse perchè il loro incentivo è l'elezione, che per loro è un imperativo morale superiore a qualsiasi legge. E non mi stupirei se il il Signor Zaia facesse una bella leggina regionale anti-immigrati-rifugiati, giusto per dire che lui sta dalla parte della legge (magari già c'è, inapplicata da qualche parte).
Quindi il guadagno politico NON è nell'aver scatenato la guerra fra bande, ma nel seguirlo.
Il secondo corollario è che per seguire la legge devi avere leggi chiare e magistratura veloce e indipendente, già la prima parte (leggi chiare) non c'è, figuriamoci la seconda, ovvero abbiamo un problema di razionalità ed aspettative, da te ben esemplificato con la spiegazione dei costi/benefici futuri, ma mancando il secondo passaggio come si può pretendere che il primo sia accettato, compreso, e faccia parte di un imperativo morale ?
Adesso lo so (e me lo aspetto) mi dirai che "dura lex, sed lex", ed io concordo, socraticamente (lo dobbiamo alla Grecia -)), ma proprio socraticamente dubito che noi abbiamo una legge di "comunità" che è condivisa, anzi, siamo talmente immersi nel nostro "particulare" che non abbiamo proprio idea, come italiani, cosa significhi essere una comunità.
Questo e' esattamente la morale dell'apologo.
P.S. Non condivido l'idea che il politico segua gli umori popolari, al contrario credo proprio li crei. Gli umori popolari non esistono quasi mai "autonomamente", in assenza di opinion leader che li coordinino, definiscano, omogeneizzino e, soprattutto, forniscano di supporto "informativo". Se ho tempo ci torno, anche se mi sembra ovvio.