Il futuro dell'euro e dell'Unione Europea; la lezione greca

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Considerazioni, in forma di dialogo, sulle questioni di fondo che l'eterna "crisi greca" sembra sollevare alla luce dell'accordo di lunedì mattina. Son lunghe e forse più convergenti di quanto potrebbe divertire il lettore ma, a nostro avviso, queste sono, sino a ora, le lezioni da apprendere.

Tralasciamo i dettagli e le scaramucce del momento e diamo per scontato che il lettore conosca la sostanza dell'accordo e di come si è arrivati ad esso.

Mentre scriviamo non è ancora chiaro se il processo continuerà (la posizione dell'IMF sul debito rende i prossimi passi incerti) ma poche ore fa il parlamento greco ha approvato l'accordo con una fetta di Syriza che votava contro assieme ad Alba Dorata mentre tutta l'opposizione approvava, assieme al grosso della maggioranza. Chiamiamolo un passo avanti, vedremo dopo se nella direzione corretta o meno. Gli argomenti con cui Tsipras ha richiesto l'approvazione sono interessanti di per se e meriterebbero una discussione approfondita assieme al fatto che - forse e nonostante la pavidità di quasi tutta la classe politica greca - non è impossibile che in tempi relativamente brevi si arrivi in Grecia a un governo di unità nazionale. Ma non mettiamo troppa carne sul fuoco, altrimenti non arriviamo ad alcunché. Il nostro tema, oggi, è l'accordo raggiunto lunedì, come si è arrivati a esso, se fosse realisticamente e davvero possibile una soluzione migliore (fosse essa un diverso accordo o una rottura) e di chi siano le responsabilità, buone o cattive, per quanto è accaduto e sta accadendo.

Evitiamo anche di rifare la storia del mondo, ossia di ridiscutere quel che è successo dal 2010 a, diciamo, inizio 2015 e di cosa si sarebbe potuto fare altrimenti. Non perché non sia rilevante, lo è senz'altro e c'è molto da imparare, ma perché provare a riconsiderare tutto da cima a fondo è impossibile in questo momento. Partiamo dalla situazione che si era venuta a creare durante il mese di giugno, diciamo da quanto Tsipras ha deciso di rifiutare la vecchia proposta dell'Eurogruppo e di indire il referendumo OXI/NAI sulla medesima. La prima domanda che ci poniamo è la seguente: nelle circostanze della settimana scorsa (sia politiche che economiche) è ragionevole sostenere che un altro accordo era possibile, un accordo "migliore" (per chi e in che senso) di quello raggiunto lunedì mattina?

Michele: La mia risposta è che - al di là di alcuni dettagli tecnici e al di là del fatto, rilevante ma aggiustabile, che anche questa volta ci s'illude erroneamente di poter far ripartire rapidamente l'economia greca in modo tale che possa ottenere quasi subito surplus primari del bilancio pubblico - questo accordo è praticamente l'unico possibile in alternativa all'uscita - forzata o accompagnata, poi vedremo - della Grecia dall'area euro, con conseguente default sul debito. È l'unico possibile per tre ragioni:

(i) Perché con la scelta del referendum il governo greco ha cercato di stabilire un inaccettabile precedente: che il debito sovrano internazionale è sempre ripudiabile a costo zero purché la maggioranza degli elettori del paese che ripudia siano favorevoli. Se un precedente del genere fosse passato avremmo potuto dire addio a troppe cose utili. Per cominciare avremmo potuto tranquillamente chiudere IMF, World Bank, IADB e quant'altro ... - ok, a me personalmente farebbe piacere, ma per altre ragioni e non certo in questa maniera!  In secondo luogo l'intera operazione, difficoltosa e ardita, che Mario Draghi (fra gli altri, ma lui in primis) ha diretto dal 2011 in poi e che ha portato alla creazione dell'EFS e dei vari meccanismi di cooperazione finanziaria dell'area euro, sarebbe saltata in un attimo. Rendiamoci conto che, se la BCE oggi riesce a fare QE ed è riuscita a calmierare gli spread sul debito sovrano intervenendo sui mercati, è anche e soprattutto grazie alla garanzia che l'esistenza di quel meccanismo ha fornito ai partner "forti" dell'area euro. Perché, ovviamente, l'intero disegno si fonda sul fatto che i paesi dell'aerea euro che richiedono aiuti finanziari dai loro partner attraverso tale meccanismo (che per brevità chiameremo "salvastati") si impegnano a rispettare le regole del gioco e a non ripudiare unilateralmente gli impegni finanziari che sottoscrivono. Pochi, in Italia, sembrano essersi reso conto di tale "banale" implicazione, erano tutti troppo impegnati ad acquistare il biglietto per andare ad Atene a festeggiare la maggior vittoria di Pirro del secolo, ma le persone serie questa cosa l'hanno capita. Quindi era assolutamente necessario provare, nei fatti, che il debito non si ripudia unilateralmente con un atto di forza - meglio, con un bluff - se si vuol continuare a far parte dell'area Euro e dell'Eurogruppo. Inutile prendersela con i nordici cattivi, la follia è stata di Tsipras che ha invece voluto sottoporre il ripudio unilaterale del debito a referendum. 

(ii) Perché la classe politica greca è ancora meno affidabile dell'italiana. Questo vale in particolare per Syriza ed Alba Dorata, che abbiamo visto di quali loschi figuri siano popolate, ma anche per gli altri partiti greci "storici" che sembrano persino ora incapaci di assumersi le responsabilità che il futuro del loro paese richiederebbe. Questo implica, molto brutalmente, che delle due dobbiamo sceglierne una: o la Grecia se ne va per gli affari suoi oppure, SE vogliamo tenerla dentro all'Eurogruppo, ALLORA va messa in amministrazione politica controllata. Inutile abbandonarsi alla retorica populista secondo cui così facendo non rispettiamo la "sovranità nazionale": al contrario, non dobbiamo rispettarla se vogliamo l'Europa Unita, un punto su cui torno più tardi. Ed e' anche abbastanza inutile ripetere che mai la Grecia avrebbe dovuto entrare nell'euro. Chi è interessato a quest'ultima questione si rivolga a Prodi, Mitterand ed alla socialdemocrazia europea che, principalmente, fece carte false a fine anni '90 perché i compagni del PASOK portassero il loro paese nell'euro. Qui va detto chiaro e tondo che senza regole pesanti che rendano almeno alcune riforme "incentive compatible" non era nemmeno il caso di provarci a dare una mano alla Grecia e a mantenerla nell'euro. Il che spiega, con buona pace delle anime belle e ipocrite che hanno gridato allo scandalo, perché Schaueble abbia utilizzato la provocazione dell'euroexit per 5 anni al fine di andare a vedere le loro carte. Che non avevano.

(iii) E infine, questo punto è forse  una variante di (i) ma merita d'essere sottolineato a parte, perché l'accordo doveva essere sottoscritto da svariati paesi (Irlanda, Portogallo, Spagna, eccetera) che i prezzi li hanno pagati ed hanno fatto ciò che era necessario fare per uscire dalla buca in cui si erano cacciati. Usare due pesi e due misure ripetutamente non è compatibile con un'unione monetaria, men che meno se questa aspira a diventare fiscale o persino politica. Detto altrimenti: cos’altro avrebbe dovuto fare l’Europa? Si è riusciti a convincere anche paesi più poveri della Grecia o che stanno facendo tagli seri a dare risorse alla Grecia per la terza volta in pochi anni e a fronte di inadempienze greche gravi e ripetute: io questo lo chiamo successo e manifestazione di solidarietà! Fare l'opposto avrebbe richiesto che i 2 "grandi" (Francia e Germania, che in realtà sono 1,5 ...) imponessero ai piccoli adempienti e ai grandi in difficoltà (Spagna ed Italia) di pagare due volte e questo, in un gioco ripetuto, è semplicemente folle, pragmaticamente parlando, oltre che ingiusto politicamente e moralmente.

In sintesi: l'accordo è più pesante di quanto avrebbe potuto essere perché occorreva assolutamente tenere fermo il principio della non ripudiabilità unilaterale del debito nell'area euro, perché occorreva rendere palese che le regole valgono per tutti e che tutti vanno trattati nella medesima maniera e perché la classe politica greca, in assenza di vincoli esterni, è assolutamente non affidabile. L'alternativa, ovviamente, era lasciarli andare. Ma se devono rimanere dentro (come tutti auspicano e loro stessi continuano a chiedere) allora bisognava sia aiutarli, che vincolarli, che "punirli". È un gioco ripetuto, storia vecchia ma che pochi riescono a tenere a mente anche se la Storia continua a confermarne l'enorme rilevanza. 

Brighella: Come dici tu, Michele, quest'accordo è pesante. È un accordo figlio della follia mostrata dal governo che da inizio anno è al potere in Grecia, un governo che in pochi mesi ha polverizzato ogni record di scelleratezza. Credendo di comportarsi come scaltri commercianti in un suk, Tsipras e Varoufakis hanno invece ben presto palesato, ai tavoli della trattativa, la propria vera natura di giocatori delle tre carte. Ciò che scrivevamo qualche mese fa su questo blog si è purtroppo avverato:  una variabile chiave in qualsiasi trattativa è la fiducia reciproca, ma i governanti greci sono risciti a frantumarla con incredibile celerità. L'ultimo vergognoso smacco, che ha fatto capitolare ogni residua credibilità del governo, è stata l'indizione del referendum di inizio luglio. È difficile immaginare un modo peggiore per prendere per i fondelli tutti quanti, dai partner europei agli elettori greci.

In un'ultima mossa levantina Tsipras e Varoufakis offrirono, a poche ore dal referendum da essi stessi voluto, di ritornare al tavolo delle trattative. Un ulteriore inaffidabile voltafaccia, a cui i leader europei non abboccarono. Nel fare ciò, resero però chiaro a Tsipras che il significato politico del referendum, a quello stadio terminale delle trattative, era univoco: un rifiuto della proposta europea sarebbe stato un rifiuto della possibilità di rimanere nell'euro, un'accettazione invece avrebbe permesso l'avvio del programma e la permanenza nell'euro. O dentro o fuori, quindi. A differenza di Tsipras, i leader europei non giocavano al gioco delle tre carte, erano seri, e dopo mesi di interazioni Tsipras non poteva non averlo capito. Ma non fu questa la realtà che Tsipras riportò a i propri elettori. A loro disse che, nel paese dei balocchi, non esistono trade-off: gli europei bluffano, perché nell'euro si rimane anche con un "no", anzi, un "no" avrebbe avuto il solo effetto aumentare la posizione di forza del governo greco. Si può rompere unilateralmente, senza conseguenze. Sappiamo come questa scelleratezza sia andata a finire. Della credibilità, ormai, non rimangono neanche i cocci. Mettere nel piatto ulteriori soldi sulla base della fiducia, cioè lasciando una certa libertà di manovra al governo greco, non è putroppo (e lo dico con rammarico) più possibile.

Della follia greca ho detto. A questo punto un ulteriore programma, se proprio dev'esserci, non può che essere invasivo. Ma, se programma dev'essere, è questo il migliore programma possibile? Io credo che ci siano due linee di miglioramento. La prima: promettere tagli condizionati (all'attuazione di riforme) del debito. Questo è un punto caldo ma lo è da un mero punto di vista politico, più che economico. Credo sia stato un errore non mettere mai sul piatto della trattative la possibilità di un taglio condizionato del debito, lasciando però aperta la porta alla possibilità di ulteriori allungamenti di scadenze e abbassamenti dei tassi ("reprofiling" del debito). Per capire questa mia affermazione bisogna partire dal fatto che Tsipras e Syriza sono arrivati al potere con una piattaforma elettorale che metteva il taglio del debito in cima agli slogan. La questione del taglio del debito è progressivamente diventata un simbolo di rivolta, se così la vogliamo chiamare, non solo all'interno della Grecia, ma anche per molti movimenti (alcuni marcatamente populisti) in vari paesi europei. Dietro alla richiesta di tagliare il debito si sono schierati, alcuni con argomenti ragionevoli e altri con mera propaganda di basso livello, un gran numero di economisti a forte impatto mediatico. Attorno alla questione del debito ruota (confusa, nei fatti, da certe narrazioni retoriche) la tematica del "salvataggio delle banche" - dammi un attimo e ne parlo.

Il livello del debito è, prima di tutto, un simbolo politico. Come spesso capita, i simboli hanno però più valore emotivo che sostanziale. Economicamente un taglio del debito è equivalente ad un "reprofiling" che ne riduca significativamente il valore attuale. Tutte le parti in causa, dal FMI alla Commissione Europea, sostengono che un reprofiling significativo sarebbe necessario anche nel caso di successo del programma. Solo l'FMI però supporta esplicitamente il taglio del debito. La posizione nordeuropea (e di conseguenza quella della Commissione) si è invece irrigidita nel negare un haircut ma accettare un reprofiling. Il problema politico pare, qui, essere tutto interno al mondo nordico: anche se costa tanto quanto un reprofiling, la parola haircut è per loro un taboo. Il secondo aspetto che del programma va migliorato è l'ossessione con gli avanzi primari di breve periodo. La Grecia non è in condizioni, dopo le controriforme di Tsipras, di ripartire rapidamente e ha già subìto un forte aggiustamento fiscale che, fino all'arrivo al governo di Syriza ed al conseguente blocco delle trattative e dell'economia, aveva riportato il deficit all'interno di un livello ragionevole. La necessaria riforma delle pensioni, approvata ieri, dà ulteriore garanzia al miglioramento strutturale dei conti. Puntare ad un irragiungibile avanzo primario, magari con ulteriori aumenti di tasse in un'economia debole, non ha davvero senso. La Grecia, visti i forti miglioramenti conseguiti, avrebbe bisogno di un po' di respiro e di riforme strutturali, non certo di un'ulteriore e un po' miope stretta fiscale. Ma su questo punto l'FMI ha già suonato chiaramente, e giustamente, il campanello d'allarme.

Michele: Facciamo il punto, allora. Nella misura in cui si fa la scelta strategica di mantenere la Grecia nell'euro un accordo di questo tipo è inevitabile e, alla fine, anche appropriato. Con due caveat, uno a mio avviso più simbolico che altro mentre il secondo è sostanziale. Il caveat simbolico è quello del debito: reprofiling or haircut non fa differenza ma credo che il punto di fondo sia il costo effettivo di servizio del debito. Tu ed io stessi abbiamo evidenziato, pochi mesi fa, come questo sia estremamente basso. Glielo si può abbassare ancora allungandogli le scadenze? Nessuna obiezione da parte mia e credo che si farà. La scelta "nordica" di dire il no simbolico sull'haircut è parallela a quella di Syriza di chiedere l'haircut. Quando prendi una posizione politica aggressiva e la trasformi in un simbolo, allora il tuo avversario, che in questo caso deve anche pagarne il costo, farà la stessa cosa. Andare a trattative economiche con bandiere simboliche è semplicemente una sciocchezza. Sui surplus siamo d'accordo, l'avevo accennato e mi auguro modifichino in quella direzione i tempi ed i livelli di surplus richiesti. Su questo credo che noi si possa dire ben poco se non sottolineare che tutte quelle componenti dell'accordo che implicano un aumento della tassazione complessiva sono probabilmente dannose. Un conto è tagliare le spese folli, un conto è riformare le pensioni e renderle ragionevoli, un conto è ridurre evasione fiscale e rendere efficiente il sistema di raccolta delle imposte ed un altro conto, di segno opposto, sono gli aumenti di imposte senza riduzioni compensatorie altrove. Pessima ricetta che ricorda troppo i gravi errori di Monti. Rimane però da sottolineare un punto importante, e cioé che la Troika, alla fine, sta trasferendo un'ulteriore e notevole quantità di soldi alla Grecia, che il trasferimento è già iniziato oggi e che senza questi continui sussidi il sistema finanziario greco sarebbe già crollato a causa della fuga di capitali attuata dai greci stessi. Questo il punto cruciale: la popolazione greca sembra continuare ad agire in una maniera dannosa per la propria economia ed il resto d'Europa continua a trasferire risorse per impedire si suicidino. Di fronte a questo abbiamo questa continua polemica di molti, persino di qualche noto economista amico nostro, secondo cui tutto l'intervento, dal 2010 in poi, è dovuto puramente al desiderio di aiutare le "banche" (non ben specificate) e non la "gente" ...

Brighella: Ecco, appunto, le banche. Ti avevo promesso che ne avrei parlato proprio perché questa questione dimostra quanto la retorica sul debito continuerà a perseguitare anche il nuovo piano di salvataggio. Di debito greco e banche se n'è discusso e se ne discute tanto ed in malo modo. Ogni tanto si legge di economisti che confondono volutamente analisi dei fatti con discutibili posizioni politiche. Parto quindi chiarendo qualche fatto su cosa sia successo nel 2010 e 2011, il periodo che più o meno si trova in mezzo fra l'attivazione del primo prestito Troika ed il default del 2012. Delle vicende che circondano l'approvazione del programma Troika da parte del Board del FMI abbiamo parlato altrove su questo blog. La domanda che qui pongo è la seguente: quanto i capitali pubblici sono andati a sostituire, in quel periodo, i capitali privati esteri che fuggivano dalla Grecia? Nota, per favore, la neutralità della mia domanda e della risposta che cercherò di dare. Non sono interessato, almeno a questo stadio, a dare fulminanti risposte da Twitter riguardo a chi abbia guadagnato o perso dal primo prestito Troika, domanda, questa, molto più complessa della mera analisi dei flussi finanziari. La mia analisi sarà comunque parziale, nel senso che dovrò operare una scelta un po' brutale degli indicatori da presentare (debiti e crediti a valori di facciata oppure a valori di mercato? Crediti verso il solo governo o verso tutta l'economia? E via discorrendo con variazioni sul tema). Per quanto essa sia parziale credo che, tuttavia, l'analisi che faccio possa essere utile per fissare alcuni paletti e ordini di grandezza.  

Una prima angolatura da utilizzare per cominciare a rispondere alla nostra domanda è di focalizzarci sui titoli di debito (securities) del governo greco. I dati pubblicati dalla banca centrale greca dicono che a fine 2009 il valore di facciata dei titoli di debito pubblico in mano agli stranieri privati (banche, fondi d'investimento e quant'altro) era pari a 203 miliardi di euro. A fine 2011 si era scesi a 116 . Una caduta di circa 90 miliardi. Una seconda angolatura che può essere utile è l'analisi dell'esposizione delle banche straniere nei confronti del totale dell'economia greca. I dati in questione sono ottenibili dal sito della BRI. L'esposizione totale delle banche straniere nei confronti dell'economia greca scese dai 140 miliardi (di cui circa 30 milardi per le banche tedesche e 60 miliardi per quelle francesi) della fine 2009, a 70 milardi (di cui circa 10 tedeschi e 35 francesi) miliardi della fine 2011. La caduta, qui, è dell'ordine dei 70 miliardi (NB: in tutti questi calcoli ci sono ragioni - fluttuazione nel prezzo dei titoli, interventi della BCE, etc - per cui le misure calcolate potrebbero sia sovrastimare che sottostimare il fenomeno. Teniamo comunque per buoni i numeri, per ora).

Una cifra che si aggira sui 70-90 miliardi è dunque (un po' brutalmente) indicativa del deflusso di capitali privati stranieri che si è verificato fra l'annuncio del programma Troika e l'haircut. Nello stesso periodo l'afflusso di capitali pubblici (ufficiali) dall'estero è stato di circa 110 miliardi: 73 miliardi vengono dall'esborso del programma Troika, mentre 34 miliardi circa arrivano dagli acquisti di titoli greci effettuati dal programma SMP della BCE. Ne consegue che l'afflusso di capitali ufficiale fra l'inizio del programma Troika ed il default sia servito per circa il 60-80% a coprire il concomitante deflusso di capitali privati terrorizzati (vedi spread) dalla situazione debitoria in cui la repubblica greca versava. Il rimante 20-40% circa, cioè qualcosa attorno ai 20-40 miliardi, ha invece rappresentato un afflusso netto. Per maggiore sicurezza, provo anche a fare un cross-check di questi numeri. Un controllo rapido può venire dai dati di bilancia dei  pagamenti. Il cumulo del conto corrente greco per gli anni 2010 e 2011 dà un valore di (meno) 43 miliardi. Dunque, nel periodo pre-default, il programma troika ha permesso di fare il rollover totale dei debiti esterni (pubblici e privati) della Grecia, e di aggiungerci sopra ulteriori afflussi di capitali per un totale di 43 miliardi, una cifra quest'ultima che torna con l'intervallo di 20-40 miliardi ottenuto dagli indicatori precedenti. Tagliamo quindi la testa al toro e diciamo che 40 miliardi (il 37% del totale) dei fondi pubblici si è trasformato in effettivi flussi netti all'economia greca, mentre i rimanenti 70 miliardi (63% del totale) di fondi pubblici sono andati a sostituire i capitali privati, soprattutto banche estere, in fuga. Quest'analisi, per quanto parziale, porta a dire due cose. Primo: c'è stata una forte sostituzione, sia in termini percentuali che in termini assoluti, fra crediti pubblici e crediti privati nei due anni precedenti al default. Secondo: grazie al programma di aggiustamento, l'economia greca ha comunque beneficiato di un importante afflusso netto di risorse.

Fissati alcuni paletti oggettivi, proviamo ora a rispondere ad una domanda ancora più difficile dal punto di vista della quantificazione: chi ha guadagnato e chi ha perso dall'intervento dei creditori ufficiali negli anni 2010 e 2011? [NB: sottolineo di nuovo le date, perché è inutile mischiare mele con patate parlando della ricapitalizzazione delle banche greche, che è roba del 2013]. È sicuramente vero che il ritardato default della Grecia ha fatto sì che, nel biennio in questione, i creditori privati internazionali vedessero ripagati una bella fetta dei propri crediti, fossero essi nei confronti del governo greco o nei confronti dell'economia privata, grazie ai finanziamenti ufficiali ricevuti dal paese. È un problema questo? Dipende per chi. I cittadini europei (ma anche brasiliani o vietnamiti, per quanto riguardo la quota di prestito FMI) potrebbero lamentarsi con i propri governanti di aver implicitamente ricapitalizzato le banche europee non-greche senza chiedere in cambio una sola azione. Per esempio i cittadini europei al di fuori della Grecia potrebbero lamentarsi (io sono fra questi) che ci sono forse modi migliori per far sì che l'intervento pubblico garantisca, in momenti di crisi, la stabilità del sistema bancario europeo. Per questo "salvataggio", se così lo vogliamo chiamare, stanno pagando non i contribuenti greci ma, principalmente, gli altri contribuenti europei. Per due ragioni. La prima è che i contribuenti greci hanno goduto, grazie al programma, di un significativo afflusso di capitali (diciamo 40 miliardi) alla propria economia. Secondo, quest'afflusso di capitali è avvenuto a condizioni finanziarie (tassi di interesse e scadenze) incredibilmente vantaggiose. Sono condizioni tanto vantaggiose che, in termini di valore attuale, l'effettivo peso del debito pubblico greco è molto più basso di quello che il mero valore nominale farebbe pensare.

Possiamo dire che la sostituzione fra crediti privati e crediti pubblici ha permesso un vantagiosissimo "reprofiling" del debito pubblico greco equivalente ad un significativo haircut. Per farsi un'idea di quanto grosso sia questo haircut implicito puoi dare uno sguardo qui. Paradossalmente, la rigidità da parte dei paesi nordeuropei nell'accettare i "reprofiling" rifiutando però a più riprese l'ipotesi di un haircut esplicito del debito, non fa altro che perpetuare nell'opinione pubblica l'impressione distorta che per aver tenuto in piedi le proprie banche i governi europei stiano succhiando soldi ai cittadini greci. Niente di più falso. I cittadini greci hanno ricevuto 40 miliardi di prestito diretto alla loro economia, più un grosso sconto (generato proprio dalla sostituzione fra costosi crediti detenuti dai privati e convenientissimi crediti ufficiali) sul debito che avevano accumulato nei confronti dei finanziatori esteri. Certo, siccome nulla si distrugge e nulla si crea, qualcuno ha pagato per quello sconto. Lo hanno pagato i cittadini europei, che "ci hanno messo la differenza", finita a ripagare i crediti vantati dalle banche dei propri paesi. Una mera operazione contabile, che togliesse le condizioni di favore applicate al governo greco e le trasformasse in un esplicito haircut, renderebbe palese la realtà delle cose, e sgombererebbe il campo da assurde discussioni. Stendo infine un velo pietoso sull'idea che la quota di finanziamenti internazionali che, nelle più svariate forme, sono finiti in tasca alla banche greche (per esempio come pagamenti di interessi nel periodo 2010-2011 sul debito pubblico greco o, successivamente al default del 2012, come ricapitalizzazioni) siano da calcolare nella voce "il prestito internazionale ha aiutato solo le banche succhiando il sangue dei cittadini greci". I soldi internazionali che hanno tenuto in piedi le banche greche sono probabilmente stati i soldi che più hanno aiutato proprio i cittadini greci, evitando un collasso ancor peggiore dell'economia: cosa significhi vivere con le banche chiuse i cittadini greci lo stanno vedendo in questi giorni.

Michele: condivido l'analisi che fai e mi permetto di aggiungere alcune ulteriori chiarificazioni, visto che il tema non solo è sempre oggetto di discussioni molto accese ma è stato anche recentemente oggetto di polemiche sul sito de LaVoce. Anzitutto: la riduzione dell'esposizione delle banche estere (francesi, tedesche e quant'altre) verso l'economia greca avvenuta tra la fine del 2009 e l'haircut del 2012 non consiste solo in sostituzioni uno ad uno di crediti privati con crediti pubblici. Consiste soprattutto di vendite sul mercato di titoli e posizioni creditorie che, avvenendo in una situazione di spread molto alti, implica quasi certamente gravi perdite in conto capitale. E queste perdite se le sono messe via le "banche" che hanno venduto: se in portafoglio hai il titolo a 100 di nominale (ossia, due anni fa hai prestato 100 che ti dovrebbero restituire fra tre anni) e lo liquidi ora quando vale 75, hai una perdita di 25 e bastano 75 euro di fondi pubblici per rimpiazzare i 100 di privati. A questo punto tu, banca europea, hai perso 25, il debitore greco (che aveva ricevuto 100) continua a tenersi i soldi presi a prestito (che dovrà restituire a scadenza al nuovo proprietario del titolo) e l'operazione di sostituzione è costata "solo" 75. Non ho trovato alcun paper che abbia cercato di fare questi calcoli decentemente e suppongo sia impossibile ma occorre che i valori contabili che tu menzioni vengano corretti per questo effetto di deprezzamento. Questo vuol dire che il flusso netto di nuove risorse finanziarie all'economia greca, nel periodo pre-default, è probabilmente sostanzialmente maggiore della stima di circa 40 miliardi che i dati di contabilità permettono di stabilire come lower bound. Per questa ragione le stime molto inferiori che alcuni hanno fatto girare sono totalmente, ed imbarazzantemente, farlocche perché a questi numeri vanno aggiunti i pagamenti degli interessi sul debito in essere. Su questo vale la pena insistere perché gira, almeno in Italia, una specie di follia popolare "anti banche" secondo cui pagare gli interessi dovuti è una specie di grave crimine. 

Molti infatti argomentano che, se non dovessimo pagare gli interessi sul debito pubblico non avremmo bisogno del surplus primario senza rendersi conto che se non paghi interessi sul debito nessuno ti fa credito e questo ti forza, per definizione, a fare un surplus primario o almeno un pareggio di bilancio ogni maledetto anno! Questo implica che i fondi della Troika inviati in Grecia ed usati per pagare interessi sul debito greco in essere hanno giocato un ruolo vitale e salvifico per il popolo greco in questi 5 anni. Se quegli interessi non fossero stati pagati nessuno avrebbe più fatto credito alla Grecia e l'economia greca sarebbe davvero crollata. E l'economia greca, in questi 5 anni, ha continuato a prendere a prestito quantità ingenti di fondi! Chiunque pretenda di fare un'analisi tecnica del problema omettendo questo fatto cruciale mente consapevolmente, sia chiaro.  E, visto che ci siamo, meglio ricordare una volta ancora che i tedeschi, sin dal primo momento e poi anche nel 2012, volevano punire pesantemente le banche private che avevano prestato alla Grecia, praticando un haircut molto più forte sui loro crediti. Detto altrimenti la loro posizione è stata molto più coerente, nel tempo, di quella di altri e, soprattutto, molto più punitiva con il sistema bancario europeo. Chi, invece, ha probabilmente "muddled the water" più di tutti, in questa storia, sono stati i francesi, sia direttamente come parte dell'Eurogruppo sia indirettamente attraverso l'IMF che controllano da allora ed il cui ruolo, in tutta questa vicenda, è ambiguo assai. Ma qui sto scadendo nella polemica politica, quindi lasciamo stare. 

Brighella: come sai io non mi occupo mai, per deformazione professionale, di questioni politiche. Almeno in pubblico... Però approfitto della tua tendenza a volerle affrontare per provare a sollevarne un paio, che sono ovviamente rilevanti nel chiedersi dove andare ora e cosa fare. La questione non è risolta per nulla, dobbiamo vedere cosa succede nel parlamento greco, se fanno il rimpasto, se fanno davvero le riforme e riescono ad attuarle, se in Grecia torna un minimo di ottimismo nel paese e con esso un minimo di investimenti e se, quando apriranno le banche la settimana prossima, i depositanti greci si fideranno della garanzia europea e non correranno a ritirare i loro risparmi oppure ... oppure correranno a ritirare il poco rimasto. Insomma, il rischio che tutto fallisca è ancora lì e quindi il rischio di una Grexit è ancora lì tanto che, anche ieri, Schaueble ci è ritornato sopra dicendo che, a suo avviso, è ancora la maniera migliore per la Grecia di uscire dai guai, se vuole uscirne. A me sembra chiaro che quando dice questo (ed Issing rilascia un'altra intervista che gli fa da spalla) Schaueble non ha in mente scenari "alla Bagnai" ma una cosa molto più prosaica. La seguente: la Grecia esce dall'euro, fa di fatto default sul debito estero (quindi l'uomo sta accettando di perdere i soldi, semplicemente non vuole legalizzarlo come pratica possibile stando dentro all'euro e al meccanismo salvastati), ritorna alla dracma, svaluta brutalmente (quindi riducendo brutalmente i salari e le pensioni reali interne, che la Grecia importa tantissimo) e poi fa le riforme "alla irlandese" per così dire. Il nostro amico Francesco Lippi, sulla sua pagina di FB, ha proposto una cosa del tutto simile, seppur in modo breve e sintetico. Pagato l'amaro prezzo dell'uscita, della riduzione dei salari reali per allinearli alla produttività, delle riforme e dell'eliminazione del deficit strutturale pubblico, la Grecia potrà considerare di tornare nell'euro, se così ritiene opportuno. Ora, a me una prospettiva del genere sembra ancora possibile, forse persino auspicabile nel caso questo ultimo piano non funzioni. Che ne dici?

Michele: dico che, una volta ancora, condivido e che, anche io, mi sono venuto convincendo in questi mesi che forse quella sarebbe stata la soluzione migliore anche se maggiormente traumatica per i greci. Ma molto meno traumatica per noi e per il resto dell'UE. Perché, alla faccia delle cazzate dei teorici nostrani dell'euroexit, è il paese che esce dal sistema che paga il prezzo, non gli altri. Però, chiarito questo, è anche appropriato sottolineare che oramai un tabù si è rotto: per mesi tutti ad enfatizzare i costi di Grexit per l’Europa, tutti sicuri che sarebbe stata una catastrofe (soprattutto gli economisti USA, che a mio avviso hanno un qualche problema psicologico con l'euro e l'UE ...), tutti a decretare l'effetto domino e la fine dell’euro se la Grecia esce. Io lo credo sempre meno e mi sembra che i fatti diano supporto a questa opinione, a mio avviso non salta nulla, anzi il meccanismo funzionerebbe e l'euro si rafforzerebbe dopo questa esperienza. Questo mi porta ad affrontare un tema politico di sostanziale rilevanza e, vista la tua reclutanza a parlare di politica, lo farò io. Poi, per chiudere, magari torniamo alla Grexit. 

Il tema è il seguente. A leggere la maggioranza dei commentatori e ad ascoltare le piattole televisive sembra che l'unica soluzione a tutto sia "più Europa solidale", più integrazione politica, nessuno che esce da nulla e più soldi per chiunque li chieda. È il coro della maggioranza chiacchierona, quella che chiede una “ever closer union” ogni volta che c'è un problema e che poi, però, non vuole mai pagare il conto perché pensa che il conto lo paghi sempre "Bruxelles" che, notoriamente, non sta in Italia. Questa stessa maggioranza chiacchierona vorrebbe infatti che l'UE assomigliasse sempre di più all'Italia dove vi sono gli inefficienti, i sussidiati ed i protetti "per destino" e dove alcuni pagano per tutti sempre e comunque. Soprattutto sul piano territoriale la maggioranza chiacchierona (tipicamente vicina al PD o paraggi, ma non solo) desidera che il Nord Europa giochi con noi "mediterranei" lo stesso ruolo di "vacca da mungere" che il Settentrione gioca da mezzo secolo con le regioni del Mezzogiorno. E non riesce a comprendere che in Finlandia, in Olanda o anche persino in Slovacchia oltre che in Germania, vi siano degli esseri umani normali che non hanno voglia di sussidiare i mediterranei chiacchieroni vita natural durante. Vale la pena osservare, di passaggio, che ovviamente i leghisti sono una bestia folle a parte perché essi vorrebbero, in un colpo solo, tre cose: che il Nord Italia non sussidiasse più il Sud, che il Nord Europa sussidiasse il Sud Europa e che l'Italia uscisse dall'Euro. E questa folle bestialità oggi, in Italia, viaggia verso il 20% dei voti. Ma torniamo allo slogan "ci vuole più Europa" come soluzione di tutti i problemi. 

Su questo tema mi permetto di citare da un articolo recente di Franco Debenedetti che coglie il punto molto chiaramente. Egli fa osservare che, ovviamente, l'accordo richiede una cessione di sovranità della Grecia a istituzioni sovranazionali e che questa cessione, così criticata, è condizione sine qua non per l'unione fiscale che quegli stessi critici continuano ad invocare! Perché, alla fine, se davvero davvero vuoi che gli altri paesi paghino con le loro tasse i tuoi debiti, ossia vuoi una qualche forma di unione fiscale, allora devi permettere agli altri paesi di decidere come spendi i soldi e che tasse raccogli. Il mitico "governo federale" fa proprio questo, nient'altro: in modo esplicito e da più di 200 anni negli USA, in modo implicito e confuso ed a seguito della crisi finanziaria nell'UE. Scrive Franco

 



Se ne rendono conto i flagellanti della confraternita degli Stati Uniti d’Europa? Prima c’è stato l’errore di ingigantire il valore della posta del ricatto. Adesso si sta commettendo l’errore di ingigantire le conseguenze di come s’è presa la decisione, ci si straccia le vesti perché così si sarebbe allontanato, forse per sempre, il progetto degli Stati Uniti d’Europa. Ma mentre i pericoli di una Grexit non erano del tutto infondati, non c’è nulla a provare che quello degli Stati Uniti d’Europa sia un progetto realistico. Dai referendum francesi e danesi alle divisioni tra nord e sud Europa emerse in questa occasione, dall’affievolirsi dell’euroentusiasmo perfino nei più eurofili dei paesi al peso politico acquisito dai tanti populismi, che ci sono motivi solidi per chiedersi se quello degli Stati Uniti d’Europa sia un’aspirazione dei popoli o un sogno da repubblica dei filosofi. Se i trasferimenti di risorse producono tensioni politiche all’interno di un paese che 150 di storia hanno provato a unire, non ci vuol molto a immaginare quali si creerebbero tra paesi che 400 anni di storia hanno diviso. 

 


Il che mi permette di ritornare al punto, che è il seguente. Io credo che l'Eurogruppo e la BCE (e l'IMF) debbano assolutamente fare la loro parte come da accordi nei mesi che vengono, questo nella misura in cui Tsipras ed i greci faranno la loro. Non solo, io credo, come credi tu, che sarà utile allentare, appena fanno un po' di riforme serie, le richieste di surplus primari e le aspettative di grande e rapida crescita. Questo dev'essere chiaro, nessun nudging out della Grecia. Ma, al contempo, credo occorra continuare a ragionare seriamente sull'opzione perché il pericolo che i greci non mantengano i patti ci sono tutti e non possiamo permetterci un altro round di trattative e di ricatti come durante gli ultimi sei mesi. Insomma io sono dell'opinione che un salvataggio del progetto Euro ed Unione Europea - soprattutto un suo ridisegno attraverso un'effettiva unione bancaria, maggiore integrazione economica e l'adozione di procedure chiare per il default sul debito sovrano - possa richiedere un'uscita (temporanea o meno, la storia dirà) della Grecia dall'Euro SE i governanti ed il popolo greco violano una volta ancora i patti appena firmati. Tu come la vedi? Dobbiamo pagare qualsiasi prezzo per tenere la Grecia nell'Euro?

Brighella: Sull'uscita della Grecia dall'euro anche io sono diventato possibilista e condivido che non sarebbe la fine del mondo, anzi ... Ma hai già detto e non mi dilungo. Però credo che occorra farlo, se lo si deve fare ossia se i greci ci costringono a farlo, cercando di evitare nel contempo che escano dall'UE. Detto altrimenti: se violano i patti vanno accompagnati per mano fuori dall'euro dando loro, letteralmente, aiuti economici nello stile Piano Marshall; ma dobbiamo tenerli per mano e garantirci che non arrivino alla porta di uscita dalla UE. Facendo questo ci guadagnamo che, evitando un loro tracollo ancora maggiore (trattati commerciali, etc) e per noi assolutamente gratuito, riduciamo la possibilità di trovarci governi di colonnelli e marxisti alle porte. Ci guadagnamo perché la distruzione volontaria della Grecia butterebbe ulteriore benzina sul fuoco di partiti populisti (no-euro, xenofobi e via elencando) che ci ritroviamo in casa. Una distruzione, quasi con un po' di soddisfazione punitiva, della Grecia aumenterebbe le tensioni politiche all'interno dell'Unione. Tenere la Grecia all'interno delle UE permette a noi di avere maggiori garanzie che resti un paese democratico, non isolato dal resto dell'Europa occidentale. Se c'è una cosa buona nell'idea politica di costruzione europea è proprio quella che pace, democrazia, sicurezza e cooperazione siano beni il cui valore non va mai sottovalutato. Quindi sì, ci guadagnamo. Anche perché il costo finanziario per noi di tenerli almeno all'interno della UE è veramente basso, o vuoi che gli sbattiamo fuori da tutto così da togliere loro, in questo momento, anche i fondi strutturali? Lo so, tu sei da sempre contrario ai fondi strutturali per tutti, capisco. Ma mi sembra una proposizione politicamente impossibile eliminarli ora, quindi se li teniamo per tutti teniamoli anche per i greci! Crescere qualche nuova generazione di greci consapevoli della superficialità con cui il resto dell'Unione ha sbattuto la loro patria in mezzo al freddo e ai lupi non mi sembra una grande idea. Perché magari puoi sperare che la nuova generazione cresca consapevole delle colpe dei propri clown politici nell'aver causato l'uscita dall'euro, ma credo sarebbe impossibile (lo è per me, figurarsi) per loro darsi conto del cosa ci abbiamo guadagnato noi a mandare il loro paese al macero, economico e democratico.

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Commenti

Ci sono 73 commenti

Un aspetto che mi interessa dell'accordo sono i 50mld di asset pubblici da privatizzare, che andranno in parte a ripagare il debito. All'SED a varsavia, a pranzo ho sentito la proposta di vendere le isole greche ai pensionati tedeschi, come soluzione per ripagare il debito. Pensavo fosse poco realistico, ma a questo punto sembra si sia arrivati a questo. Qualcuno ha capito di quali asset da privatizzare la grecia sia a disposizione per il fondo?

Ciao Andrea. 

Non so i dettagli ma mi limito a dire che 50 miliardi sono il 27% del PIL greco. Non sono sicuro sia fattibile.

Si potrebbero vendere piccole isole o pezzi di isole in lease pluridecennale, con ground rent che vada 100% verso la riduzione del debito pubblico.

L'unico appunto, io proverei a venderle ai Cinesi:

credo sia difficilissimo valutare se un Grexit dall'Euro (non dalla EU) sia economicamente conveniente per gli altri paesi.  Penso però che potrebbe essere politicamente conveniente, almeno nei paesi con forti movimenti populisti anti-euro. La probabile catastrofe economica in una Grecia fuori dall'euro ridurrebbe molto l'appeal dell'uscita dall'euro e quindi i voti di Salvini e di Grillo

 

La probabile catastrofe economica in una Grecia fuori dall'euro ridurrebbe molto l'appeal dell'uscita dall'euro e quindi i voti di Salvini e di Grillo

 

La molto probabile catastrofe economica e sociale hellenica nella mente politica del Sig. Renzi o chi per lui va comunque controbilanciata con il come spiegare ai contribuenti italiani come e  perché si sia deciso di bruciare 65 miliardi di Euro, che nel caso ci faranno pagare tutti fino all'ultimo spillo, anzi, ce li faranno pagare a noi, a nostri figli, ai nostri nipoti e ai pronipoti (se siamo fortunati), come ad esempio la Guerra d'Abissinia.

Tra l'altro, con questo nuovo accordo, qualcuno ha calcolato quanti soldi dei contribuenti italiani arriveranno a mettere a rischio? Ci arriviamo agli 80 miliardi?

Ma guai a spiegarglielo, ti danno del cinico invece che del patriottico!

P.S. Tra l'altro, vedo che mezzo mondo continua a non capire perché la posizione di Schaueble che, al contempo, dice "niente haircut se state nell'euro" e "vi conviene fare default e uscire" sia non solo coerente ma, anche, prova d'una certa lungimiranza istituzionale. Mi sa che scriverò un post "leggero" sul tema, associandolo alla necessità di essere anti-razzisti in pubblico anche se siamo razzisti in privato. E' che in Italia proprio la cultura delle "regole pubbliche" e della loro fondamentale utilita' storica non si riesce a diffonderla, non ci son cazzi ...

Dal divertente balletto di questi giorni si sono capite alcune cose:
1. Perfino due buffoni come Tsipras e Varoufakis arrivati al dunque, dopo aver esaurito tutti i bluff, hanno capito che l'uscita dall'Euro tanto indolore non era, credo che questa lezione sia arrivata ai tanti euroscettici di casa nostra. La fila fuori dalle banche e la limitazione nei movimenti di contante e capitale sono stati un ottimo spot.

2. Il ruolo della BCE sempre più politico, suo malgrado. Di questo si dovrà cominciare a tener conto.

3. La Francia mi sembra si stia indirizzando verso una strana china....

Io sono sempre stato a favore della democrazia diretta (o meglio, dell'introduzione di elementi di democrazia diretta in maniera efficiente, commissurata al progresso tecnologico), ma nel caso hellenico, non si é trattato di un tentativo di intodurre un elemento di democrazia diretta, ma di un maldrestro tentativo da parte di una casta (o meglio di wannabe a casta) di usare la democrazia diretta in maniera impropria come foglia di fico per le proprie incapacitá, impreparazione ed inettitudine.

Se ο κύριος Τσίπρας e soprattutto ο κύριος Βαρουφάκης avessero posto una domanda ben piú semplice ma ben diversa:

 

"Sei d'accordo che la Grecia debba rimanere nell'Eurozona, e quindi che si facciano tutte le riforme ed i sacrifici a ció necessari?"

 

avrebbero vinto tutti, qualsiasi fosse stato l'esito del referendum, ad iniziare dai suoi stessi promotori.

P.S.: per avere un'idea a cosa si sono trovati a dover rispondere gli elettori hellenici:

Hellenic Referendum 20150705 by Alessandro Riolo

Non si fanno referendum su temi fiscali, punto. Sono non incentive compatible, end of story.

Ed il referendum, in generale, e' uno strumento di democrazia diretta utile solo in ambiti ristretti, popolazioni relativamente piccole ed omogenee, questioni estremamente puntuali e ben definite dove moral hazard ed adverse selection non operino. Altrimenti e' solo uno strumento di pericolosissima demagogia, come Tsipras ha imparato a proprie spese, e dei greci. 

Ai redattori di NFA (e a chiunque interessato). Spero che non venga considearato OT, ma da non-esperto di economia (e senza inventarmi o seguire teorie strane, ma linkando es. a volte il vostro sito) in questi giorni ho scritto un po' di commenti (troppi, semetterò) sul Guardian. Qui:

profile.theguardian.com/user/id/15096067

 

L'idea era di spiegare, in un luogo e in un momento in un certo numero di cittadini europei si fanno un'opinione sul futuro dell'EU, perché l'Italia non è la Grecia (ancora). E come potremmo stare utilmente insieme nell'eurozona.

Anche dall'opinione pubblica europea (votante) dipendono in parte i nostri destini (ovvio che principalmente dipendono dalle benedette riforme strutturali da fare, era solo per dire perché ne ho scritto lì).

Se vi va di leggere, sarebbe bello avere un feedback.

O magari vi viene l'idea di scrivere su NfA un articolo in inglese che illustri sinteticamente la situazione italiana (e la vostra e altrui consapevolezza delle riforme da fare) per il pubblico europeo: dove altro possono leggere una roba del genere? Pensateci, grazie.

dovremmo scrivere di piu' e trovarne il tempo e  la forza. Ma la marea montante di cazzate e follie e tanta e tale che viene invece, forse anche complice il caldo che pure nel MidWest e' sostanziale, lasciarli perdere e che s'impicchino alle loro cazzate :)

Ma se vuoi provarci, mettendo insieme i tuoi commenti, facci sapere. Grazie, ciao.  

 

Ed e' anche abbastanza inutile ripetere che mai la Grecia avrebbe dovuto entrare nell'euro. Chi è interessato a quest'ultima questione si rivolga a Prodi […]

 

 La Grecia ha potuto imbrogliare perché Francia e Germania non hanno voluto regole

Prodi: la Grecia ha imbrogliato? Colpa di Francia e Germania

http://www.romanoprodi.it/interviste/la-grecia-ha-potuto-imbrogliare-perche-francia-e-germania-non-hanno-voluto-regole_5516.html 

Cerchiamo di far capire alle giovani generazioni Greche, che la colpa di tutto questo è della loro classe politica, e non dell'Europa, ma anzi...

Non bisogna creare un'atmosfera tipo  "post Versailles" .

 

Cerchiamo di far capire alle giovani generazioni Greche

 

Saranno praticamente inesistenti, perché finché non chiuderanno le frontiere, emigreranno tutti o quasi, come i loro coetanei italiani, e se anche chiudessero le frontiere, comunque le coorti under 30 in Grecia sono, come in Italia, Germania o Spagna, molto meno numerose delle over 30-under 65.

Ripubblico qui un grafico che avevo giá proposto in un altro commento su un'altra discussione su NfA.

La Grecia praticamente non ha futuro, e come l'Italia, non vedo come potrá ripagare o anche soltanto mantenere l'attuale livello di debito pubblico nei prossimi 20-30 anni, a meno di un massiccio programma di immigrazione (o di uno o piú ristrutturazioni del debito pubblico).

Struttura demografica hellenica

Tutto estremamente condivisibile,incluse le considerazioni di natura politica, immediatamente dopo l' accordo fu tutto assolutamente surreale e fu abbastanza chiaro il pasticcio in cui l' europa si era infilata... A mio avviso Boldrin centra il punto della questione citando l' unione bancaria che mi sembra il nodo che alleggerirebbe le tensioni politiche salvataggi e dipendenze varie, ancor più che un unione fiscale che sposterebbe semplicemente il problema, trovo sia ben più importante e funzionale un unione bancaria.

Dato che Cochrane è molto più preparato e bravo di me linko il suo post che esprime il concetto con semplicità:

http://johnhcochrane.blogspot.be/2015/07/greece-again.html

andiamo parlando da anni, io fra gli altri. Credo che nella (fallimentare) campagna per le europee fosse il tema che piu' ho toccato. Fa piacere che anche John lo ripeta, e' uno che legge ed ascolta :)

L'Unione bancaria europea già c'è, in parte già operativa. Non capisco quindi cosa intendete debba esserci in più o di diverso.

La scelta di Tsipras di un attore come Ministro del Lavoro che dovrebbe riformare le pensioni suona beffarda,sembra il film di Toto’:"Tototruffa 62’!Ho la vaga sensazione che questa scelta non sia stata casuale,probabilmente hanno poca voglia di fare sul serio per cui,purtroppo,temo che tra non molto la saga Grecia-Troika ricomincera'!

Arnold Schwarzenegger, governatore per 8 anni della California, e Ronald Reagan, noto presidente.

rationale. Out of pro-vocation (etimologia latina): la Grecia ha un'infinita' di opzioni; it won't be a picnic! Parliamone Maxwell-style (anche' perche' il ...Cartesian diver. ...Cartesian-top-down)

   ° Con circa l'85 per cento del debito greco verso official lenders un Grexit scatenerebbe immediatamente significative perdite su prestiti governativi bilaterali, partecipazioni BCE di obbligazioni e prestiti fatti da fondi di salvataggio e nell'ambito del sistema di regolamento di destinazione, etc.

   ° Order of magnitude:  circa € 256bn (£ 182bn). L'esposizione di Germania, Francia, Italia, Spagna, Paesi Bassi e Finlandia sono  \sim \!\, € 73bn, € 55 miliardi, 48 miliardi €, € 33 miliardi, 15 miliardi di € e € 5 miliardi rispettivamente.

°   Grexit potrebbe anche innescare (trigger) fuga di capitali da altri paesi vulnerabili, e geograficamente vicini (Demo---qualcosa, piu' che cartesiani..)L'accesso ai mercati monetari per tali stati cadrebbe e gli oneri finanziari ^ alle stelle 

°   Issue 'politiche' : Si potrebbe anche fornire un impulso di nazionalisti partiti euroscettici, come Ukip, Podemos della Spagna, della Francia Fronte Nazionale e AfD della Germania.

° In caso di default Grecia e / o Grexit, sarebbe difficile da fermare la speculazione su altri paesi periferici, minando le basi dell'euro. Anche senza una Grexit completo, ogni concessione alla Grecia si tradurrebbe nella possibilita' che altri paesi cerchino relax sui bilanci e la riforma.

°    Debito e sostenibilità fiscale all'interno della zona euro diventerebbe  irraggiungibile.

Non ci sono buone opzioni a sinistra per risolvere la crisi greca.

Conclusione (allegorica): IQ test agli elettori, reservoir di consenso e cattura di voti da decenni, e classe politica Barzelletta.

Per fortuna, il Gelataio di Rignano di altro spessore culturale...e l'illegalita' devastante che impera in Italia Bulgakov's style ci pone naturalmente al riparo da ogni rischio. Speriamo che il M5pippe capisca che exit=default (sufficiente l'effetto annuncio. >2 X 10 alla dodicesima...Ah, la matematica...)  

MEDICE, CURA TE IPSUM... (ops. apologies for the mishaps...circa 20 milioni di pensionati ..ed un grazie al Dottor Antonino Di Matteo (ed alla relativa scorta..)  Neo-feudalism! ma che bello occuparsi delle isolette Greche..., vero?)

Cordiali saluti, fine provocatio.

 

tutti sicuri che sarebbe stata una catastrofe (soprattutto gli economisti USA, che a mio avviso hanno un qualche problema psicologico con l'euro e l'UE ...)

 

Sono contento di sentirlo dire da qualcuno che ne capisce di economia, perchè è un'impressione che ho molto spesso leggendo "commentatori" USA (ma non essendo economista mi è difficile stabilire se son io o son loro ad avere un bias).

hanno in parecchi un problema molto serio, specialmente quelli "di sinistra" ... amano un'europa divisa e fatta di piccoli paesi in cui dominano "intellettuali' che danno ragione a loro ...

è un pensiero fastidioso che prende anche me. però oltre l'aneddoto personale non vado, non saprei che dati invocare... non so: il rapporto fra i premi nobel barbuti, corretto per l'evoluzione delle mode, con il numero di interventi memorabili che vengono richiesti agli stessi nei momenti di crisi e poi vedere se c'è un trend riconoscibile?

forse quella prospettiva "americana" che ci rimbalza addosso, in definitiva il punto di vista di new york, è fatalmente sbrigativa, ci sono per loro tanti fronti e confini! provvedano i nostri pontieri, quelli che abbiamo spedito a studiar là con profitto, a spiegargli meglio non miserabili personaggi italioti, ma dov'è l'europa, quanti abitanti ci sono, le loro principali tribù, etc.

Questo post è come al solito interessante, istruttivo e di alto livello culturale. L'unico difetto che trovo è che manchi un veero contraddittorio con chi la pensa diversamente. Proposta: invece che fra Michele e Brighella, che dicono le stesse cose da puntidi vista diversi, perchè non faree una discussione fra i due e qualcun altro degli economisti diciamo "pro" Grecia?

Le posizioni di M&B mi sembrano "pro grecia" :-)

post pieno di spunti. ne colgo uno : il problema della governance ue.

la cessione di sovranità che va insieme ai vari pacchetti di salvataggi, apre praterie ai populisti. oggi, o meglio ieri, erano nella forma di syriza. domani potrebbe essere alba dorata. Questo è indipendente dalla bontà o meno del programma. A fine 2014 si parlava di come gestire il ritorno sul mercato della Grecia e di seconda o terza performance di crescita a livello di PIL, eppure le elezioni le ha vinte Syriza. La politica economica va scritta da un organismo nel quale i cittadini sentono di essere rappresentati e che sia visto come amico. i negoziati intergovernativi alla fine lasciano spazio al noi vs loro. Per questo ritengo sia necessaria una forma di unione politica, federazione o confederazione che dir si voglia. Che non è quella paventata da Michele,ma un bilancio comune che si occupi di poche cose e una no bail out rule scritta a caratteri cubitali.

qualcuno potrebbe girare questa notizuola a Drgahi  e Junker por favor, prima di dare altro denaro ai nostri fratelli ellenici? :-) 

che continueranno a dargl soldi, nonostante, già adesso, dichiarano apertamente di non voler rispettare gli accordi?