Il segreto dell'acqua

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Nel 2011 un referendum popolare (da qualcuno definito più che altro populista) abrogava due parti della L.152/2006, cd. “Decreto Ronchi”: (1) l'obbligo di gara per l'affidamento del Servizio Idrico Integrato (gara che escludeva i soggetti pubblici) e (2) la remunerazione del capitale investito per i soggetti affidatari, che per effetto di varie leggi combinate fra loro risultava essere il 7% nel 2011 (tasso di riferimento tuttora soggetto a semplice delibera del Ministro dell'Industria e delle Attività Produttive).

Il referendum fu definito dai promotori “per l'acqua pubblica” e “contro i profitti sull'acqua”, all'epoca mi schierai a favore del SI', non perchè convinto dalla demagogia dei promotori, ma perchè colpito dalle distorsioni del Decreto Ronchi, che non prevedeva gare “a evidenza economica” (vince il più economico), ma anche “gare di bellezza”, dove potrebbe anche vincere quella di più facili costumi (usanza italiana, pare), e la remunerazione del capitale era poi soggetta ai capricci del Ministro dell'Industria (all'epoca dell'approvazione tale Scajola, sensibile alle case con vista Colosseo).

A distanza di tre anni si può parlare di “acqua pubblica” e “niente profitti sull'acqua”? Ovviamente no, anzi, l'effetto è stato di segno opposto: aumento delle tariffe dappertutto, e profitti in aumento, alla faccia della retorica. 

In questo post mostrerò i bilanci delle società erogatrici del servizio idrico in alcune grandi città e/o aree: Milano, Roma, Torino, Bologna, Bari, un paragrafo a parte lo dedicherò alla mia città, Napoli, dove la gestione e le contraddizioni del referendum si sono manifestate tutte con effetti anche divertenti.

Cominciamo dalla Capitale: l'acqua a Roma è erogata dall'ACEA S.p.a., una multiutility di proprietà al 51% del Comune di Roma (quindi sostanzialmente pubblica), quotata in Borsa. L'ACEA sul suo sito si vanta dei “mirabolanti risultati economici”, oltre che di essere la prima fornitrice di acqua potabile dell'Italia, con oltre 8 milioni di persone servite I "mirabolanti risultati economici" dell'ACEA sono tutti nel servizio Acqua (nel Settore Energia riesce perfino a perdere). Dei 390 milioni di utile ben 221 derivano dalla vendita del servizio di Acqua Potabile (circa il 60% dell'utile), mentre il fatturato pesa solo per il 20%. In soldoni: l'ACEA fattura 654 mln di acqua e ne ricava un utile di 221, quasi il 30%. 

A Milano pensano sempre in grande, per cui hanno addirittura costituito una holding che racchiude le società degli Acquedotti di Milano e della Brianza, la società è la capholding, è una “monoutility”, ovvero opera solo nel ciclo delle acque. La societa' dovrebbe essere limpida, pura e trasparente come l'acqua, peccato che non pubblichi i bilanci sul sito (oppure li hanno nascosti bene). Alcuni numeri però scappano: serve oltre 2 milioni di lumbard, fattura 283 mln di €, l'utile è ignoto (pudore ?), ma conosciamo, bontà loro, l'EBITDA, che è pari a 120 mln, un bel 42 % del fatturato. Not bad. Probabilmente fra ammortamenti, tasse e qualche fondo rischi l'utile netto è circa un terzo dell'EBTDA, probabilmente per difetto, non per eccesso, e quindi diciamo che il netto sarà circa 40 mln, per mia stima.

In provincia di Torino la società erogatrice del servizio, che copre il 99,6% della popolazione, oltre ad altri ATO della Regione, è la SMAT, al 100% pubblica, di proprietà dei comuni. La società ha fatturato nel 2013 € 325 mln circa con un UTILE NETTO di circa 67 mln, circa il 20% del fatturato. La bellissima “gestione pubblica” in Piemonte è talmente bella che ha fatto inferocire alcuni gruppi. Liberisti selvaggi ? No: i comitati acqua pubblica di un piccolo comune.

Arriviamo a Bologna, dove troviamo il colosso italiano delle multiutility: HERA. Per gli appassionati di Agents of Shield e Avengers devo dire che assomiglia molto di più all'Hydra che a una multiutility, comunque veniamo agli aridi numeri (anche questi un po' complessi da trovare, ma ci sono: la Hera nel settore Acqua fattura 780 mln (in aumento grazie agli aumenti tariffari) e ha un MOL (Margine Operativo Lordo) di 217 mln, pari al 26 % del fatturato. Not bad anche qui. A naso direi che gli utili di settore (gli utili del settore idrico rappresentano un quarto degli utili di Hydra (HERA) lordi sarebbero circa 120 mln, il 15 % del fatturato, netti circa 80 mln.”Minchia,Signor Tenente” (cit.).

Per non farci mancar niente andiamo nella regione “rossa” per eccellenza: la Puglia e l'Acquedotto Pugliese. Cominciamo dal fare i complimenti agli estensori del bilancio: pur essendo un bel tomo c'è veramente tutto, dalla storia degli aumenti tariffari ai metodi di calcolo. L'Acquedotto Pugliese è il terzo in Italia pur utenti forniti (oltre 4 milioni) fra Puglia, Basilicata e Campania. In verità alla Basilicata fornisce solo l'acqua, la rete di distribuzione è della Regione Basilicata, quindi l'AP guadagna solo dal fatto di aver captato delle sorgenti. Ma l'acqua non era un bene di tutti ? Vendola non fa parte del “Comitato Acqua Pubblica-Bene Comune”? Si vede che la mano destra non sa quel che fa la sinistra... Comunque il vecchio colabrodo DC è diventato una macchina da soldi: a fronte di un fatturato complessivo di 480 mln di € (praticamente stabile) ha un MOL (Margine Operativo Lordo) di 150 mln di € e un utile netto (dopo le imposte) di 41 mln, pari all'8,75% netto, pulito. Come era la storia di “niente profitti sull'acqua ?”. 

E adesso, per le comiche finali, guardiamo al bilancio dell'ABC (Acqua Bene Comune), la società che gestisce l'acquedotto di Napoli. Mi dilungherò un po' su questa società perchè è assolutamente sintomatica della cialtronaggine di certi politici. Innanzitutto una brevissima storia: l'acquedotto di Napoli era gestito da una S.p.a. in house fino all'elezione di De Magistris, che fa parte del movimento “Acqua Bene Comune”, non appena eletto fece cambiare lo statuto dell'ARIN, trasformandolo da S.p.a. in un ibrido dell'ordinamento italiano: l'azienda speciale pubblica. Nel preambolo possiamo leggere: 

 

L'Azienda speciale Acqua Bene Comune Napoli ABC –trae le mosse dalla consapevolezza che le profonde trasformazioni del diritto e dell’economia su scala mondiale chiamino al ripensamento della categoria dei beni pubblici. Cardine della prospettiva che si ha ragione di adottare è il sovvertimento del principio che definisce le caratteristiche dei beni pubblici in base al regime giuridico ad essi imposto dallo Stato, attesa l’insufficienza di quest’ultimo, come categoria concettuale non meno che come entità politica a farsi unico promotore degli interessi delle popolazioni, contenendo ed indirizzando le forze che muovono economia e diritto. 

 

In soldoni: poiché non so che dire affermo che da oggi lo Stato non rappresenta più niente, prigioniero del Nuovo Ordine Mondiale, quindi la sparo grossa. Talmente grossa che continuo:

 

In conseguenza della sua qualifica, l’acqua bene comune: Spetta a tutti ed a ciascun cittadino, in ragione di un quantitativo minimo corrispondente al fabbisogno vitale, da somministrarsi in via tendenzialmente gratuita e comunque a prezzi inferiori a quelli di mercato, poiché direttamente e funzionalmente collegato al godimento dei diritti fondamentali che, tanto per l'ordinamento costituzionale italiano, quanto per lunga, risalente e condivisa elaborazione in seno alla civiltà europea, sono riconosciuti all'umana persona.

Fin qui il roboante preambolo nello statuto di ABC , che all'art 2, Titolo 1 afferma senza mezzi termini:

ABC non ha finalità di lucro e persegue il pareggio di bilancio. Ispira il proprio operato a criteri di economicità, ecologia, efficienza e solidarietà sociale, in attuazione dei principi di trasparenza, informazione e partecipazione democratica, verso uno sviluppo sostenibile delle comunità umane che tenda all’eguaglianza sostanziale.

 

No comment. Poi ci deve essere un virus, perchè all'art.28si afferma senza mezzi termini, parlando di un Fondo di solidarietà Internazionale per regalare l'acqua al Terzo Mondo (di cui Napoli, grazie ai suoi governanti, ambisce a farne parte):

 

Tenuto conto della sua vocazione pubblica e della natura dell'acqua bene comune, e considerato il disposto dell'articolo 26 del presente statuto, ABC può destinare una quota degli utili ad opere infrastrutturali di captazione e somministrazione della risorsa idrica nei Paesi del Terzo Mondo.

 

Ma come, qui si parla di utili, ma non eravate per il pareggio di bilancio, no ai profitti sull'acqua, l'acqua sociale e gratuita, bla,bla,bla, e adesso spuntano gli utili ? Ma questo apparente contrasto è di tutto il mondo “acqua”: pubblico a chiacchere,ma,come abbiamo visto, attentissimo al vile denaro, sterco de lo dimonio, che può produrre.

L'ABC, ex ARIN, serve una popolazione di 1.650.000 persone, praticamente l'area della città di Napoli. Veniamo al bilancio, l'ultimo disponibile sul sito è quello 2013, raffrontato anche con il 2012, l'ABC (che ha vari contenziosi in corso con Regione e Comune per il recupero di oneri affibbiati all'ABC, ma con cui ABC nulla ha a che fare) ha un calo del fatturato da 99 mln di € circa a 95 mln di € circa, con anche un calo dell'utile netto (??) da 2,3 mln a 1,4 mln. Ci sono poi anche altre parti divertenti nel bilancio, come il richiamo a un contenzioso con l'INPS di natura incerta. È successo che trasformandosi da S.p.a. in azienda Speciale i lavoratori sono passati dalla gestione privata INPS all'INPDAP, e i lavoratori per non perdere i contributi versati devono effettuare il “ricongiungimento”, che dal 2010 è a titolo oneroso, ovvero devi pagare, i lavoratori dicono (giustamente): paghi tu cara ARIN-ABC-COMUNE, la società dice: “Il Comune quando ci ha trasformato ha scritto nell'atto di trasformazione che tutti gli eventuali oneri ricadono sull'Ente (il Comune), quindi pagano loro”, il Comune dice “non ho un centesimo, cavoli vostri”, e l'INPS, Sede di Napoli,non riesce a effettuare il ricalcolo. Benvenuti nel Sud.

Dopo questo intermezzo, in cui anche un rappresentante dell'acqua come “diritto divino”, quale il Sindaco De Magistris, fa poi suoi i principi del profitto, anzi li usa, vediamo una tavola riassuntiva dell'acqua “pubblica”:

 

 

Denominazione

 
 

Popolazione servita

 
 

Fatturato in €

 
 

Utile (perdita)

 
 

ACEA s.p.a.

 
 

8.000.000

 
 

€ 654.000.000,00

 
 

€ 221.000.000,00

 
 

Capholding

 
 

2.000.000

 
 

€ 283.000.000,00

 
 

€ 40.000.000,00 (stima)

 
 

SMAT

 
 

2.350.000 (TO)

 
 

€ 325.000.000,00

 
 

€ 67.000.000,00

 
 

HERA S.p.a.

 
 

6.000.000 (stima)

 
 

€ 780.000.000,00

 
 

€ 80.000.000,00 (stima)

 
 

Acquedotto Pugliese

 
 

4.000.000

 
 

€ 480.000.000,00

 
 

€ 41.000.000,00

 
 

ABC

 
 

1.650.000

 
 

€ 95.000.000,00

 
 

€ 1.400.000,00

 
 

TOTALI

 
 

24.000.000

 
 

€ 2.617.000.000,00

 
 

€ 450.400.000,00

 

I dati sono stati ripresi da quanto pubblicato dalle società sui siti ufficiali, non sempre sono chiari (alla faccia della trasparenza), soprattutto le multiutility, HERA in particolare, mischiano anche altri costi e/o ricavi (ad esempio: HERA è produttrice di energia, il costo principale degli acqudotti è l'energia elettrica, e non è chiaro se HERA sposta i costi (ricavi) da un settore all'altro, sta di fatto che Hera ha l'acqua (pubblica) più cara d'Italia, con un costo di € 1,81/mc, mentre la media è di € 1,55/mc, come dichiarato dalla stessa HERA, con ricavi un aumento grazie agli aumenti tariffari.

Riassumendo: un referendum popolare (populista) ha sancito, secondo i promotori, che l'acqua è pubblica e i profitti sull'acqua non si devono fare, la realtà è che l'acqua era già pubblica, salvo alcune realtà piccole, e che i profitti non solo si fanno, ma vanno alla grande, con percentuali sconosciute in qualsiasi altro ramo d'attività, e che le tariffe sono comunque in aumento, perchè sono legate agli investimenti (futuri, peraltro), senza nessun altro parametro, un gran bel risultato per chi grida “niente profitti sull'acqua”...

Ovviamente la scarsa trasparenza e la quantità di denaro sicuro (mi vien da dire liquido) che gira nel settore idrico mi porta a pensare che al mondo politico italiano alla fine il risultato del referendum stia pure bene, anzi, è andato oltre le più rosee aspettative, chi paga, tanto, è sempre il cittadino. Chissà se poi alla fine era meglio la padella della brace.

 

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Commenti

Ci sono 14 commenti

Moni Ovadia e Sergio Cusani (do you remember?) erano in piazza a Milano a festeggiare la vittoria del sí, con Ovadia che dichiarava giunta l'ora di nazionalizzare tutti i ''beni strategici che non possono essere lasciati in mano alla speculazione selvaggia o alla regolazione brutale del compra e vendi''.  Fu il trionfo della sinistra onirica. Il problema resta sempre lo stesso. I sogni finiscono, e la realtà fa capolino.

Grazie per la documentazione su come i cittadini italiani vengono imbrogliati ancora una volta ovunque mettano mano i politici. Citi alcuni prezzi al mc dell'acqua nell'articolo, hai i dati per completare la tabella con il prezzo medio per mc per i casi investigati?

un calcio negli stinchi: quattro anni fa hai votato sì, dopo lunghi ragionamenti e acutissimi distinguo che avevano poi  convinto e stremato anche michele boldrin.

il senso politico della vittoria dei sì era però evidentissimo, fatale ed irreversibile. comitati dell'acqua, carlini petrini,  gigini  e nogarini sindaci a furor di popolo, quando mai ce ne potremo più liberare?

visto che però il vostro voto è stato irrilevante e considerata anche la tua odierna sincera resipiscenza , sospendo la pena. in segno di pace,

leggiamoci insieme questa sbrodolata di padre enzo bianchi, 

personaggio che mi sta simpatico anche se devo ancora capire bene perchè.

Io lo rifarei, ovvero rivoterei sì: il decreto Ronchi era un autentico schifo fatto ad uso e consumo dei soliti (ig)noti.

Ma già allora dissi che gli effetti non sarebbero stati quelli voluti dai promotori del referendum, e il rischio (puntualmente verificatosi) era che i profitti sarebbero invece volati in alto, pubblici invece che privati, ma l'effetto quello sarebbe stato.

Quello che noto è che sono addirittura schizzati verso l'alto (non me lo aspettavo nemmeno io) e mi domando se invece era meglio privatizzare i profitti e cercare di fare pressione sulle tariffe in altro modo.

Ma era una padella contro una brace: sempre cotto finivi, perchè il meccanismo della rivalutazione del capitale a essere, secondo me, una truffa, ed era meglio avere gare con price cap, i profitti cavoli tuoi. Poi pubblico o privato non significava assolutamente niente, come si è dimostrato, solo una fuffa ideologica, e questo io lo sbatto volentieri in faccia ai promotori del referendum.

Le tariffe non vengono scelte, come farebbe un'azienda tradizionale, in base a propri obiettivi. L'Autorità ha predisposto un metodo di tariffazione (in realtà mi pare siano 4) che sfido chiunque a trovare (e magari ci si riesce) e poi anche a capirlo (pressoché impossibile). Alla faccia della trasparenza

Ci sono, sono riportati nel bilancio dell'Acquedotto Pugliese che ho linkato. Sostanzialmente il criterio base è quello della renumerazione del capitale investito, criterio farlocco dal mio punto di vista, ma sarebbe oggetto di un post separato, non di un commento.

Comunque anche a me i criteri sono parsi tutto fuorchè limpidi.

Salva questo articolo è in discussione su un altro sito se qualcuno vuole partecipare alla discussione sull'altro sito è il benvenuto. www.hookii.it/referendum-acqua-pubblica/

Giusto un paio di precisazioni sul post:

  • - Senza entrare nel dibattito sul referendum Si / No (piu’ideologico che altro), la realta’ e’ che il risultato principale e’ stato l’incertezza - circa 3 anni di blocco di investimenti e finanziamenti bancari soprattutto per le piccole utilities.

  • - A parziale difesa del metodo di ritorno sul capitale investito, il regolatore puo’ comunque modificare I return rate (or alti) consentiti nel tempo…e cosi’incentivare o meno nuovi investimenti. E poi se non sbaglio, cé’un “efficiency factor” che premia l’efficienza tecnica e riduzione di costi.

  • - I margini di ebitda riportato nel settore sono estremamente alti, ma anche assai alte sono le voci di depreciation/amortisation…per un discorso piu’ ragionato dovreste parlare di free cash flows. Vero e’ pero’ che, alla fine, le varie aziende del settore acqua distribuiscono dividendi generalmente sostanziosi …