Avevo cominciato a scrivere un commento al post di michele, ma poi era venuto troppo lungo e ho pensato di avvalermi della qualifica di "editor" per mettere un post separato.
Premetto
che mi trovo pienamente d'accordo con michele sulla questione sostanza
e forma. Mi sembra vergognosa la differenza di trattamento da parte
della chiesa cattolica tra Welby e la signorina spagnola molto
aristocratica. Vergognosa magari alla mia personale sensibilita'
morale, ma del tutto razionale se l'obiettivo dell'organizzazione
chiesa e' quello di tenersi buoni i potenti. Cosa, secondo me, in
contraddizione col Vangelo (vedi Luca 14, 12-14), ma lasciamo stare.
Mi sembra anche
una vera minchiata tutto 'sto accanimento contro i suicidi, visto che -
come abbiamo ampiamente sviscerato - possiamo tutti pensare ad
un'infinita' di situazioni in cui il suicidio puo' essere moralmente
giustificato, puo' rappresentare un dono ad altri, oppure una forma di
martirio... (bellissima l'immagine - in uno dei commenti di michele - del tipo che si butta giu' dalla
torre Eiffel perche' la redigenda costituzione europea non mette Dio al
centro... eccetera!).
Ma veniamo alle domande serie poste da palma e michele.
...il problema di sostanza e forma non sembra interessare molto
coloro i quali si manifestano come credenti. Non mi sorprende del
tutto: per sentirsi parte d'una religione rivelata e organizzata,
strutturata, con gerarchie interne ed eterne, rituali minuziosi, regole
e regolette di tutti i tipi, occorre evidentemente credere che vi sia
della sostanza nelle forme, e financo nel purissimo formalismo dei
riti. In sostanza, la risposta che odo pur nel silenzio che ha fatto
seguito alla mia domanda, e' che a "Dio" la forma interessa alquanto.
Secondo la mia personalissima opinione, "Dio" se ne fotte alquanto
della forma. [Disclaimer: mi rendo conto che sto antropoformizzando
Dio, per quanto ne sappiamo Dio potrebbe essere il tessuto di
"superstrings" e "membrane" che stanno alla base dell'universo e che
vibrano creando musica celestiale, oppure un'intelligenza cibernetica
che si diverte a creare realta' virtuali per tutti noi].
Che Dio se ne fotta della forma lo deduco da una serie di episodi
riportati dal Vangelo (essendo credente, credo che Gesu' sia figlio di
Dio e che ne riporti abbastanza fedelmente la "weltanschaung"). Ad
esempio, le osservazioni su scribi (Luca 20, 45-47) e farisei (Luca 18, 9-14), oppure la tirata sulla guarigione di sabato (Luca 13, 10-17), gia' riportata in un altro commento al pezzo di michele.
Chiedono ancora michele e palma,
"se vedete un nesso tra l'insegnamento cristiano e il comportamento della chiesa, ditemi quale sia".
Ammetto che spesso il nesso e' molto debole, soprattutto alle alte
gerarchie. Mi difendo qui sostenendo che esiste un numero abbastanza
alto di sacerdoti, suore, frati, gesuiti e altri membri della chiesa cattolica che
vivono l'insegnamento del Vangelo in modo molto coerente, e che
soprattutto aborriscono la forma e puntano tutto sulla sostanza,
sull'onesta' interiore ed intellettuale, sulla coerenza, anche quando
costa moltissimo essere coerenti. Io, almeno, ne ho conosciuti
parecchi. Che percentuale rappresentino della chiesa cattolica non lo
so, ne' voglio azzardare una stima.
Infine la domanda piu' difficile, di palma:
"Amici credenti, non mi avete ancora detto a cosa credete."
Io, personalmente, credo in Gesu' figlio di Dio, come descritto nei
Vangeli (e lasciamo stare le disquisizioni su vangeli autentici,
apocrifi, ecc). E credo nei suoi insegnamenti, cercando in modo
essenzialmente fallimentare di metterli in pratica. Credo anche nel
regno di Dio, quale descritto ad esempio in Luca 13, 18-21.
Credo in questa misteriosa trinita' di Dio, Gesu' e
Spirito Santo, quest'ultimo meglio immaginato (da me) come un vento
leggero, come nella descrizione del primo libro dei Re (1Re 19, 9.11-13):
In quei giorni, essendo giunto Elia al monte di Dio, l'Oreb, entrò in
una caverna per passarvi la notte, quand'ecco il Signore gli disse:
"Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore". Ecco, il Signore
passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e
spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento.
Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto.
Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo
il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si
coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della
caverna.
Posso dirvi come mi regolo io.
Innanzitutto non sono sicuro di essere credente, soprattutto perchè temo che qualcuno si affretterebbe subito a classificarmi , catalogarmi, inferire le mie scelte e opinioni, ascrivermi al suo partito e ovviamente, aspettarsi che io mi comporti in un certo modo. Tuttavia non posso definirmi ateo, e trovo la condizione di agnostico piuttosto povera intellettualmente (oltre che pericolosa: tanto il problema del divino, prima o poi, affiora). Pertanto posso definirmi credente, per esclusione.
Cerco di tenere il mio problema con la divinità come un problema essenzialmente privato. Già questo non sarebbe approvato dal credente attivo, perché quest'ultimo agisce affinché i principi in cui crede vengano affermati nella società.
Sono stato battezzato senza che nessuno me lo avesse chiesto, tuttavia ho sempre pensato che "sbattezzarmi" (si può fare, volendo) sarebbe un'esagerazione, almeno finché non mi sono chiarito le idee. I miei genitori hanno scelto per me talmente tante cose che da adulto avrei potuto rifiutare, che non mi sembra il caso di iniziare da una delle più importanti, ma sicuramente inoffensive: se voglio, posso sempre cambiare religione.
Se qualcuno mi chiede se sono "cattolico", ho grossi problemi a rispondere, perché nel nostro strano paese, "cattolico" viene contrapposto a "laico": in genere metto la crocetta su entrambe le caselle, perché le due cose per me non sono in contraddizione, ma così il mio questionario viene cestinato.
Come mi regolo rispetto al magistero della chiesa cattolica romana.
La chiesa cattolica romana ha una sola funzione "nobile": quella di elaborare la dottrina del Vangelo secondo un'impostazione unitaria che rimane, peraltro, storicamente determinata e non inevitabile.
In questo senso, la sua dottrina è un riferimento per tutti i cristiani, anche per i non cattolici, e oggetto di studio e confronto. Tale attività ha impedito, tra l'altro, la deriva che si riscontra ad esempio tra i protestanti, tra i quali la pluralità di sviluppi dottrinali non necessariamente produce una religione o una spiritualità migliori.
Tutto ciò premesso, in quest'attività la chiesa cattolica romana è sicuramente autorevole, ma non infallibile. Quindi se la mia coscienza crede che la chiesa cattolica romana abbia preso una posizione sbagliata su un certo tema, tranquillamente la rifiuto.
Quindi rifiuto, tranquillamente, il rifiuto della chiesa cattolica romana verso la contraccezione, verso l'aborto, verso l'eutanasia, verso il matrimonio degli ecclesiastici, verso il sacerdozio femminile, verso i dico (che non mi stanno bene per altri motivi, totalmente laici).
In particolare, sono contrario alle ingerenze della chiesa cattolica romana nella politica italiana, fatto abnorme che riguarda la lotta per il potere temporale e non ha niente a che vedere con la dottrina, e favorevole alla soppressione degli aspetti politici del concordato (come le norme sull'insegnamento della religione).
In particolare, non mi aspetto che le gerarchie ecclesiastiche siano moralmente migliori di me o di chiunque altro: come ogni realtà di potere storicamente determinata, anche il papa e i cardinali sono tentati da prese di posizione dettate dalla volontà di mantenere o conseguire potere e commettono errori, anche gravissimi, che io come credente posso liberamente valutare. Questo toglie poco all'importanza della loro funzione, che rimane, ma risponde alla domanda del titolo.
Da quel poco che ho capito chiacchierando con un sacerdote di fiducia, nessuna di queste mie prese di posizione mi candida all'inferno, e neanche alla scomunica (ma forse sulla scomunica potrei sbagliarmi).
E' chiaro peraltro che il punto cruciale è nell'impegno. Personalmente, non ritengo di dovermi impegnare per una società più cristiana, o più cattolica, perché sono fermamente convinto che la pluralità di convinzioni morali è un tratto tipicamente umano che vale la pena di difendere, e che la libertà di pensiero sia un dono divino.