ROMA - Segretario, in questo amaro day-after elettorale c'è una parola chiave che lei non ha ancora pronunciato.
"Qual è?"
È la parola "sconfitta".
"Io non ho alcuna difficoltà a parlare di sconfitta. Ma attenzione. La
sconfitta c'è stata nella sfida per il governo: ero il primo a sapere
che questa era una missione difficilissima, che non era certo facile
vincere in soli quattro mesi invertendo una tendenza negativa
consolidata in due anni. Ma se guardiamo alla costruzione di una grande
forza riformista, allora non si può proprio parlare di sconfitta: è
stato un miracolo, perché oggi quella forza ha recuperato più di 10
punti, esiste ed è finalmente una realtà del Paese".
Trad. Dai, non mi dire che ci credevi veramente quando dicevo che potevo vincere. Abbiamo evitato il tracollo e mi considero contento di questo.
Ma è una "realtà" che Berlusconi ha oscurato, nonostante l'ottima
campagna elettorale che ha fatto lei. Si ricorda la lezione di Nenni
sulle "piazze piene e le urne vuote"?
"Piazze piene ne ho avute, eccome. Ma ho avuto piene anche le urne: ora
il Pd ha una forza impensabile fino a sei mesi fa...".
Ma il Pdl ha ottenuto alla Camera oltre 17 milioni di voti, circa 3,5
milioni in più del Pd e dell'Idv.
"Dal voto è confermata la forza della destra, con un radicamento in
molti strati dell'opinione pubblica. Ma mi faccia dire che è emerso
anche il Pd, che ha ottenuto oltre 12 milioni di voti, il livello più
alto dal '96, e una percentuale che per un partito del centrosinistra è
la più alta nella storia repubblicana".
D'accordo. Ma non si può accontentare di aver ottenuto 160 mila voti in
più. Il Nord si conferma off limits, e anche al Sud voi guadagnate solo
1 punto, e il Pdl ne guadagna 15. Come mai?
"Il Pd è andato molto bene nelle zone
urbane e nei capoluoghi di provincia. A Torino siamo cresciuti del
6,6%, a Milano del 9,1%, a Venezia del 6,9, a Genova del 6,3%, a
Bologna del 6,8%, nelle aree del Nord-Est siamo il primo partito. Anche
al Sud a Napoli il Pd è cresciuto del 5,4%, a Palermo del 7%. Al
contrario, abbiamo sofferto nelle aree più diffuse e periferiche, e qui
pesano fattori sociali e politici".
Trad. Come percentuale il PD vale meno del PCI nel 1976. Ci andiamo sopra solo se aggiungiamo Di Pietro. In più nel 1976 c'era un robusto PSI che si poteva ancora definire forza riformista, adesso c'è il vuoto. Prima di tornare a quei livelli dovremo piangere in cinese, ma cosa ci posso fare?
Dica la verità: non hanno pesato anche le candidature imposte da Roma?
Non è stata un'illusione pensare che con Calearo si risolveva la
Questione Settentrionale?
"No, sulle candidature non abbiamo proprio nulla da rimproverarci.
Finalmente competenze ed esperienze sociali, e abbiamo raddoppiato il
numero delle donne e dei giovani".
Trad. Cosa c'entrano le candidature? La gente vota i partiti, mica i candidati.
Allora perché, da questo voto, il centrosinistra esce di nuovo
minoranza in Italia?
"Abbiamo perso per due ragioni di fondo. La prima ragione riguarda il
Paese. La società italiana è fortemente attraversata da un sentimento
di insicurezza, per esempio rispetto al fenomeno dell'immigrazione, e
di paura per un possibile peggioramento delle condizioni di vita. Il
voto riflette questo bisogno di protezione, che non a caso ha premiato
soprattutto la Lega. Noi, in quattro mesi di campagna elettorale,
abbiamo capovolto i ruoli, presentandoci come una grande forza di
modernizzazione. Ma nel Paese, evidentemente, ha prevalso un istinto di
difesa e di conservazione, di cui la destra si è fatta interprete.
Dobbiamo aprire una grande riflessione sui mutamenti della società
italiana, chiamando a raccolta le energie e le competenze migliori. È
uno dei nostri primi impegni".
Trad. Non lo so. Anzi, lo so ma la risposta mi fa paura. Quindi meglio far finta di non saperla e rimandare. Questo vuol dire "aprire una grande riflessione".
Vuol dire che non avete sbagliato voi, ma hanno sbagliato gli elettori?
"Non ho detto questo. Ma certo non posso nascondere una certa
inquietudine per il fatto che un candidato premier che attacca il Capo
dello Stato, sostiene che i magistrati devono fare un test di sanità
mentale, dice che Mangano è un eroe, definisce grulli tutti quelli che
non votano per lui, ottiene un consenso così vasto. Ci sono alcuni
punti fermi, senza i quali una democrazia non è più tale. E allora mi
chiedo: dov'erano i liberali, quando Berlusconi diceva che Mangano è un
eroe? Dov'erano tutti i pensatori illuminati, che continuano
giustamente ad occuparsi del '56, quando Berlusconi strappava il
programma del Pd?".
Trad. Si.
Toccava a voi convincerli. Come toccava a voi convincere i moderati,
senza rinnegare i valori della laicità.
"Su questo, con tutto il rispetto, vorrei dire una parola anche sulla
Chiesa: mi sta benissimo che si intervenga con passione su temi come il
testamento biologico, ma forse la battaglia su certi valori fondanti
della democrazia andrebbe fatta con la stessa intensità con la quale si
combatte quella per i temi etici. Noi, ora, quella battaglia vogliamo
farla fino in fondo, anche a costo di ritrovarci al nostro fianco solo
un terzo del Paese".
Trad. Lo so che toccava a noi ma non ci siamo riusciti.
Mi permetta di dirglielo: lei così non ripete l'errore del vecchio Pci
berlingueriano, rinchiuso nel mito della diversità come valore in sé?
Invece che la critica sul voto, non è più utile l'autocritica?
"No, guardi, semmai noi ormai abbiamo il vizio opposto, che è quello di
dare sempre e prima di tutto la colpa a noi stessi. Dovremmo, solo su
questo, prendere esempio da Berlusconi, che ha già perso due volte,
senza mai fare lo straccio di un'autocritica, ed è sempre andato avanti
per la sua strada".
Trad. Se comincio con l'autocritica poi c'è sempre qualcuno che salta su a parlare della casta, dell'urgenza di abbandonare i privilegi, dell'invadenza della poltica, dell'eccessiva spesa pubblica, delle tasse altissime... Mica si può finir lì. Io tiro dritto.
Mi spieghi la seconda ragione per la quale avete perso.
"La seconda ragione riguarda noi stessi. Il nuovo centrosinistra, che
noi abbiamo rilanciato con un atto fondativo senza ritorno, la
creazione di un grande partito riformista che ha rotto con le vecchie
alleanze e si è presentato da solo agli elettori, ha dovuto combattere
con l'immagine negativa del vecchio centrosinistra. Negli strati
profondi della popolazione i lasciti della vecchia maggioranza hanno
finito per essere solo due: troppe tasse, troppi veti incrociati.
Questo pregiudizio, alimentato ad arte dalla tv e appesantito dal
disastro dei rifiuti e dalla crisi dell'Alitalia, ci ha impedito di
coronare con successo la rimonta. In campagna elettorale abbiamo fatto
scelte dirompenti, e pronunciato parole di innovazione mai ascoltate
prima a sinistra: sul fisco, sulla sicurezza, sulla certezza della
pena, sulla fine della cultura dei veti. Ma in soli quattro mesi,
evidentemente, i nostri messaggi non hanno prodotto un accumulo
sufficiente presso l'elettorato. Avremmo avuto bisogno di più
tempo...".
Trad. Perché il governo Prodi ha fatto cagare. Hai voglia poi di raccontare alla gente che io rappresento il nuovo.
Lei sta dicendo quindi che avete perso per colpa dell'eredità del
governo Prodi?
"Io su Prodi continuo a distinguere. C'è un Prodi uomo di Stato, uno
dei più grandi che la storia repubblicana abbia conosciuto. E c'è la
vecchia maggioranza, che in questi due anni ha scontato, suo malgrado,
una caduta oggettiva di consensi, dall'indulto alla prima Legge
Finanziaria. Prodi, e noi con lui, abbiamo pagato una conflittualità
permanente dentro una coalizione paralizzata dalla cultura dei no. Ecco
perché i partiti della ex Unione hanno ottenuto risultati pessimi. Ma
guarda caso, tutti tranne uno: il Pd. È questo, oggi, che mi fa dire
che la nostra scelta di discontinuità è stata giusta, e che il nostro
coraggio è stato premiato. Se domenica scorsa ci fossimo ripresentati
agli elettori con l'assetto del 2006, oggi saremmo stati travolti da
uno tsunami dal quale il centrosinistra non si sarebbe mai più
ripreso".
Trad. Sì. Ti dirò di più, se ci fossimo presentati con la stessa coalizione che Prodi aveva messo assieme nel 2006 avremmo preso una botta sui denti ancora peggiore. Abbiamo limitato le perdite solo perché abbiamo cercato di distinguerci, con qualche successo, dal governo Prodi e dalla coalizione che lo ha sostenuto.
Giusto. Ma uno tsunami c'è stato lo stesso. La Sinistra Arcobaleno non esiste più. Colpa vostra, dicono da quelle parti.
"La tragedia elettorale che ha portato la Sinistra Arcobaleno fuori dal
Parlamento non è una buona cosa per la nostra democrazia. Ma loro
scontano due errori, e fingere di non vederli mi sembra quasi
altrettanto grave che addossare al Pd le colpe per la loro scomparsa.
Il primo errore è stato quello di aver bombardato fin dal primo giorno
il governo Prodi: la prova sta già in quegli oltre 100 tra ministri e
sottosegretari con i quali è nato quell'esecutivo. Il secondo errore è
riassunto nelle parole di Bertinotti al suo giornale, quando il 4
dicembre 2007 dichiarò testualmente "è fallito il progetto del governo"
e definì Prodi, con le parole di Flaiano su Cardarelli, "il più grande
poeta morente"...".
Trad. E ben gli sta, così imparano a fare i furbetti che io-sto-al-governo-e-poi-gli manifesto-contro. Se lo son meritato e io sto godendo come un riccio.
Solo questo? La Sinistra Arcobaleno non ha pagato anche la campagna sul
voto utile, la cannibalizzazione del Pd?
"Ma quale cannibalizzazione? La Sinistra Arcobaleno non ha capito la
società moderna. Vuole una prova? Quando lanciai la mia campagna sulla
sicurezza, e dissi che non è né di destra né di sinistra, l'estremismo
di "Liberazione" li portò ad accusarmi di fascismo. Ecco cosa hanno
pagato. Il non aver capito che soprattutto negli strati più popolari
c'era un bisogno crescente di protezione. Il non aver capito che
occorrevano decisioni forti sul Welfare, sui rifiuti, sulla Tav, e che
la cultura del no ci avrebbe portati alla rovina".
Trad.
Io alle elezioni i voti cerco di fregarli a tutti. Ovvio che è più facile fregarli a chi è più vicino. Si aggiunga che i dirigenti della Sinistra Arcobaleno mi hanno facilitato il compito, dicendo una quantità enorme di bestialità.
E adesso che succede? Riaprirete il dialogo con la sinistra ormai extraparlamentare?
"Al dialogo siamo sempre pronti. Le dirò di più: in Parlamento, come
forza riformista, cercheremo di rappresentare anche le culture presenti
alla nostra sinistra. Ma indietro non si torna. Discuteremo con loro,
ma non saremo mai loro".
Trad. Adesso che loro sono fuori dal Parlamento e noi siamo all'opposizione cercheremo di sfruttare la nostra maggiore visibilità mediatica per succhiare quel che resta; tra l'altro stando all'opposizione è più facile fare "quelli di sinistra" e attirarsi le simpatie dei sinistrorsi romantici. Quindi per i prossimi 5 anni noi in Parlamento (e in tivù) a combattere Berlusconi, loro a farsi le seghe mentali su "Liberazione" interrogandosi sulle ragioni della sconfitta e sul ruolo del comunismo nel ventunesimo secolo. Ammesso che gli duri, "Liberazione", senza i soldi del gruppo parlamentare. Con un po' di fortuna alla fine della legislatura ce li saremo tolti per sempre dalle balle.
Che mi dice di Casini? Ieri vi siete visti: farete l'opposizione a
Berlusconi insieme?
"La rottura dell'Udc con Berlusconi è stata tardiva, purtroppo. Se dopo
la caduta di Prodi avessero detto sì a un governo Marini per le
riforme, oggi la storia sarebbe diversa. Anche loro portano una grande
responsabilità, per quello che è accaduto. Nonostante questo, il
dialogo con Casini sarà molto serrato. Dovrà essere un nostro sforzo
nei prossimi mesi, a partire dalla condivisione dell'opposizione".
Trad. E come fai a fidarti di quelli lì, che fino a ieri stavano con Berlusconi? Finché dura faremo insieme opposizione, ma chissà dove sarà Casini tra sei mesi.
Ancora una volta vi aspetta la lunga traversata nel deserto. Siete
preparati?
"Faremo un'opposizione molto forte. Berlusconi non si illuda: non gli
faremo sconti, e il nostro fair play in campagna elettorale non ci
impedirà di alzare la voce, ogni volta che vedremo violati o messi a
rischio i valori costituzionali che ho indicato nella lettera-appello
lanciata prima del voto. Faremo un'opposizione riformista, dura ma non
ideologica. Vigileremo sul rispetto delle regole. Incalzeremo il futuro
premier sulla montagna di promesse che ha seminato in campagna
elettorale, dall'abolizione dell'Ici a quella dell'Irap. E stavolta non
finirà come ai tempi del contratto con gli italiani, che il Cavaliere
ha disatteso all'85%. Il governo-ombra servirà anche a questo. Non so
quanto durerà Berlusconi, ma so che la crisi economica morderà in modo
drammatico, e vedo già che le prime crepe stanno uscendo fuori. Faremo
in modo di far esplodere le contraddizioni, che ci saranno, su questo
non ho dubbi. La Lega avanza già pretese esorbitanti. Questo creerà
grandi tensioni, anche a Nord".
Trad. No che non siamo preparati. Siamo ridotti a sperare che la coalizione di destra, un'armata Brancaleone che cerca di mettere insieme interessi diversissimi, esploda da sola. Se succederà non sarà certo perché noi li abbiamo incalzati con le nostre proposte.
Insomma, il Veltrusconi è morto e sepolto?
"Non è mai esistito. Faremo una battaglia senza quartiere, sui valori e
sulle politiche, La nostra idea di società resta radicalmente diversa
dalla loro".
Trad. Mi pigli in giro? Ma li hai visti i risultati elettorali? Il veltrusconi c'era solo in caso di pareggio al Senato.
In questo clima che fine fanno le riforme? Per ora il Cavaliere sembra
disponibile al dialogo...
"Finora non l'ho visto né sentito. Se il futuro premier ritiene utile e
opportuno parlare con il leader dell'opposizione, la linea del mio
telefono è sempre libera. Ma se invece fa eleggere Schifani presidente
del Senato, Fini presidente della Camera e Tajani commissario Ue,
allora comincerà un altro film. L'Italia ha bisogno di ritrovare
equilibrio istituzionale e serenità".
Trad. Riforme? Ma se è dai tempi della bicamerale che non si fa nulla. Figuriamoci.
La sfida di Rutelli a Roma può essere la prima occasione di rivincita,
secondo lei?
"Roma è cambiata enormemente in questi 15 anni. E' una città che cresce
in economia e occupazione molto più del resto del Paese. È una città
che ha in corso una trasformazione paragonabile a quella delle altre
metropoli europee. È un bene che questa ispirazione continui. Ed è un
bene che ci sia un sindaco, come era capitato a me, di un colore
politico diverso da quello del premier, perché questo è utile alla
dialettica democratica del Paese".
Trad. Son qua che mi tocco le balle.
Ma perchè Veltroni non ha risposto come te? Avrebbe fatto una figura migliore.
The horror, the horror.
Heart of darkness